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T.A.R. CAMPANIA, Salerno, Sez. II - 26 gennaio 2011, n. 112
DIRITTO URBANISTICO - Vincoli preordinati all’esproprio - Decorrenza del termine
quinquennale di efficacia - Azzeramento della disciplina urbanistica
territoriale - Differenza rispetto alla scadenza delle disposizioni
vincolistiche contenute in piani attuativi. L’intervenuta scadenza dei
vincoli preordinati all’espropriazione, per effetto del decorso del termine di
efficacia quinquennale, comporta che l’area rimane priva di disciplina
urbanistica ed è soggetta alle previsioni di cui all’art. 4 ultimo comma della
legge n. 10/1977 (ora art. 9 del T.U. n. 380/2001), sino all’adozione, da parte
del Comune, di nuove, specifiche prescrizioni (ex multis, T.A.R Toscana Firenze,
sez. I, 10 dicembre 2009, n. 3267). Tale fenomeno di azzeramento della
disciplina urbanistica territoriale non si produce invece in caso di scadenza di
disposizioni vincolistiche contenute in piani di rango attuativo, perché in tal
caso il decorso del termine decennale di efficacia del piano fa venire meno solo
i vincoli finalizzati all'espropriazione e le altre limitazioni della proprietà
privata imposti dallo strumento attuativo, ma non anche la disciplina
urbanistico- edilizia da esso dettata, che continua a trovare applicazione fino
all'approvazione di un nuovo piano attuativo o di un nuovo P.R.G. (cfr. T.A.R
Marche, sez. I, n. 457/2009). Pres. f.f. Mele, Est. Sabbato - N.L. e altro (avv.
Fortunato) c. Comune di Sarno (Avv. Stato) -
TAR CAMPANIA, Salerno, Sez. II - 26 gennaio 2011, n. 112
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N. 00112/2011 REG.PROV.COLL.
N. 01662/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1662 del 2009, integrato da motivi
aggiunti, proposto da:
Nappo Luca e Squitieri Angelina, entrambi rappresentati e difesi dall'avv.
Marcello Fortunato, con domicilio eletto presso il suo studio in Salerno, Via
SS. Martiri Salernitani, n. 31;
contro
Comune di Sarno, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;
per l'annullamento
(ricorso introduttivo)
a - della determina prot. n. 3364 del 17.06.2009, successivamente conosciuta,
con la quale il responsabile dell’Area Tecnica del Comune di Sarno ha rigettato
l’istanza di permesso di costruire presentata dai ricorrenti;
b - della relazione istruttoria prot. n. 3742 del 17.06.2009;
c - ove e per quanto occorra, del Decreto prot. n. 1248 del 23.10.1973 con il
quale il Presidente della Regione Campania ha approvato con prescrizioni il
P.d.F. del Comune di Sarno;
d- di tutti gli atti presupposti, collegati, connessi e conseguenziali;
(motivi aggiunti)
e- della nota del 22.12.2009, con la quale il Responsabile del Servizio Area
tecnica del Comune di Sarno ha comunicato la conferma del parere sfavorevole
sull’istanza di permesso di costruire presentata dai ricorrenti;
f - della relazione istruttoria prot. n. 6938 del 14.2.2009;
g - della nota prot. n. 22221 del 16.12.2009, prot. sev. 5941 del 17.12.2009, a
firma del Responsabile del servizio Manutenzione – Ricostruzione – Urbanistica
del Comune di Sarno;
h - ove e per quanto occorra, della nota prot. n. 6640 del 25.11.2009, con la
quale il Comune di Sarno ha comunicato l’avvio del procedimento di riesame ed ha
richiesto un’integrazione documentale;
i - ove e per quanto occorra, del Decreto prot. n. 1248 del 23.10.1973 con il
quale il Presidente della Regione Campania ha approvato con prescrizioni il
P.d.F. del Comune di Sarno:
l- di tutti gli atti presupposti, collegati, connessi e conseguenziali.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 dicembre 2010 il dott. Giovanni
Sabbato e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso spedito per la notifica in data 3 ottobre 2009 e ritualmente
depositato il 13 ottobre successivo, i sigg.ri Luca Nappo e Angelina Squitieri
hanno impugnato gli atti di cui in epigrafe, invocandone l’annullamento.
Hanno premesso che, essendo proprietari di un’area sita in agro del Comune di
Sarno ed inclusa nella zona B1 del vigente P.d.F., hanno presentato istanza di
permesso di costruire che, con il provvedimento di cui in epigrafe sub a) prot.
n. 3364 del 17.06.2009, è stata denegata assumendo l’Amministrazione che l’area,
per effetto della intervenuta scadenza del vincolo preordinato all’esproprio
introdotto in sede di approvazione regionale del P.d.F., sarebbe da qualificare
“bianca” e pertanto edificabile nei limiti di cui all’art. 9 del T.U. Edilizia
d.P.R. n. 380/2001. I ricorrenti hanno quindi sollevato, avverso tale diniego,
le censure, sotto distinti e concorrenti profili, della violazione di legge e
dell’eccesso di potere, lamentando: la violazione dell’art. 10 bis l.n. 241/90;
la erroneità della determinazione denegante, in quanto l’area non sarebbe da
qualificare “bianca” siccome attratta alla disciplina pianificatoria (zona “B”
residenziale) applicabile ai terreni circostanti; disparità di trattamento
rispetto a precedenti analoghe istanze. I ricorrenti hanno concluso per
l’accoglimento del gravame.
Il Comune di Sarno, ancorché ritualmente intimato, non si è costituito in
giudizio.
Alla camera di consiglio del 29 ottobre 2009 la domanda di sospensiva è stata
accolta ordinando il riesame del provvedimento impugnato.
Con ricorso per motivi aggiunti, spedito per la notifica in data 20 febbraio
2010 e ritualmente depositato il successivo1° marzo, i ricorrenti hanno
impugnato il sopravvenuto provvedimento di conferma del della domanda
edificatoria, atto meglio distinto in epigrafe sub e) del 22.12.2009,
lamentando, oltre ai vizi già articolati in sede introduttiva, la violazione di
giudicato di cui all’ordinanza cautelare di questa sezione n. 974/2009. I
ricorrenti hanno concluso per l’annullamento degli atti impugnati.
Alla pubblica udienza del 21 dicembre 2010 il ricorso, sulle conclusioni delle
parti costituite, è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
I. Preliminarmente, occorre dichiarare l’improcedibilità del ricorso
introduttivo siccome proposto avverso l’originario diniego alla domanda
edificatoria avanzata dai ricorrenti, provvedimento ormai definitivamente
superato dalle successive negative determinazioni assunte dall’Amministrazione a
seguito di riesame della vicenda. Difatti, qualora l'amministrazione, sulla
scorta di una rinnovata istruttoria e sulla base di una nuova motivazione,
dimostri di voler confermare la volizione espressa in un precedente
provvedimento, il successivo provvedimento ha valore di atto di conferma, e non
di atto meramente confermativo, con la conseguenza che deve essere dichiarato
improcedibile, per sopravvenuta carenza di interesse, il ricorso diretto avverso
il provvedimento che, in pendenza del giudizio, sia stato sostituito dal
provvedimento di conferma. Infatti il provvedimento di conferma, anche se frutto
di un riesame non spontaneo, ma indotto - come nel caso di specie - da
un'ordinanza cautelare del g.a., riflette nuove valutazioni dell'amministrazione
e implica il definitivo superamento di quelle poste a base del provvedimento
confermato, sicché il ricorrente non ha più interesse alla coltivazione del
gravame proposto avverso tale provvedimento, non potendo conseguire alcuna
utilità da un eventuale esito favorevole dello stesso (T.A.R Campania Napoli,
sez. VII, 12 marzo 2007, n. 1785).
Il ricorso va conclusivamente dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza
di interesse.
II. Il ricorso per motivi aggiunti è infondato.
III. Innanzitutto non coglie nel segno la censura articolata col primo motivo di
ricorso, relativa alla violazione del giudicato cautelare formatosi in ordine
all’ordinanza della Sezione n. 974/2009, in quanto l’Amministrazione,
nell’articolare la motivazione posta a corredo del diniego a seguito del riesame
disposto dal Tribunale, ha mostrato di soffermarsi quantomeno sulla censura,
avente rilievo centrale nell’economia del ricorso, della inapplicabilità della
disciplina in materia di zone bianche ai sensi dell’art. 9 TUEd (d.P.R. n.
380/2001). La censura è quindi da respingere.
IV. Nemmeno assume carica persuasiva la doglianza con la quale si lamenta il
difetto di contraddittorio procedimentale per omissione del cd. preavviso di
diniego, in quanto “le norme che impongono l'osservanza degli adempimenti
procedimentali di cui agli artt. 7, 8 e 10 bis, l. 7 agosto 1990 n. 241 vanno
interpretate alla luce del successivo art. 21 octies, comma 2, che richiede al
giudice di valutare il contenuto sostanziale del provvedimento, e quindi di non
annullare l'atto nel caso in cui le violazioni formali non abbiano inciso sulla
sua legittimità sostanziale” (T.A.R Basilicata Potenza, sez. I, 10 settembre
2010, n. 588). Il vizio articolato deve quindi reputarsi recessivo rispetto alla
fondamentale questione agitata in ricorso in ordine alla individuazione della
disciplina urbanistica localmente vigente e di cui si dirà in sede di disamina
dei successivi motivi di gravame. Anche tale censura è quindi da respingere.
V. Occorre premettere alla disamina delle ulteriori doglianze articolate in
ricorso che il provvedimento oggetto di gravame, segnatamente il parere
sfavorevole del Responsabile del Servizio in data 16 dicembre 2009, pone a base
della determinazione assunta un duplice rilievo ostativo. Per il primo dei due
profili motivazionali si valorizza, come nel precedente diniego, la natura
vincolistica della destinazione a zona “per attrezzature” imposta dalla Regione
Campania in sede di approvazione del nuovo strumento urbanistico del Comune di
Sarno (D.P.G.R.C. n. 1248 del 23/10/1973) cosicchè si afferma testualmente che
“il lotto in esame pur recando GRAFICAMENTE la dizione B1 (Zona residenziale di
completamento) non ha mai avuto GIURIDICAMENTE tale destinazione”. Da ciò
deriverebbe, a parere dell’Amministrazione, che l’area debba considerarsi “zona
bianca”, cioè priva di pianificazione territoriale, e quindi sottoposta ai
rigorosi limiti imposti alla suscettibilità edificatoria dall’art. 9 TUEd (d.P.R.
n. 380/2001). Per il secondo profilo, l’Ufficio pone in rilievo che il progetto
sarebbe “in ogni caso non rispondente alle norme del Regolamento Edilizio
vigente per inosservanza delle distanze da confini, fabbricati ed attigua linea
ferroviaria, in rapporto all’altezza proposta”. Trattasi pertanto, come è facile
constatare dalla semplice lettura degli stralci della motivazione su riportati,
di due versanti argomentativi che evidenziano due autonomi profili della
vicenda, in quanto il primo accede alla ricostruzione della disciplina
urbanistica localmente vigente, il secondo invece impinge nelle caratteristiche
progettuali dell’intervento, ravvisando la violazione della normativa edilizia
in materia di distanze. La riflessione non è di poco momento, atteso che la
conseguente natura plurimotivata del provvedimento oggetto di gravame, in virtù
della quale ciascuno dei motivi posti a suo fondamento costituisce autonoma
causa giustificatrice dell’atto in grado di sorreggerlo anche nel caso in cui
gli altri fossero travolti dalle deduzioni di parte ricorrente, fa sì che
l’esito dell’invocato scrutinio sulle censure intese a contestare il primo dei
due corni motivazionali rende il ricorso complessivamente meritevole di
reiezione.
Ordunque, le doglianze di parte ricorrente relative al primo versante
motivazionale valorizzano, in sostanza, la origine procedimentale della
destinazione vincolistica “ad attrezzature” a suo tempo introdotta dalla Regione
Campania, assumendo che la sua scadenza, secondo il termine quinquennale
stabilito dall’art. 2 l.n. 1187/1968, comporterebbe la riemersione della
disciplina pianificatoria (“zona residenziale di tipo B1”) relativa alla più
vasta area nella quale si inserisce il lotto in considerazione, con conseguente
astratta assentibilità dell’intervento.
La censura non coglie nel segno
Secondo orientamento univoco della giurisprudenza amministrativa la intervenuta
scadenza dei vincoli preordinati all’espropriazione, o comunque sostanzialmente
ablativi, del decorso del termine di efficacia quinquennale comporta che l’area
rimane priva di disciplina urbanistica ed è soggetta alle previsioni di cui
all’art. 4 ultimo comma della legge n. 10/1977 (ora art. 9 del T.U. n.
380/2001), sino all’adozione, da parte del Comune, di nuove, specifiche
prescrizioni (ex multis, T.A.R Toscana Firenze, sez. I, 10 dicembre 2009, n.
3267). Tale fenomeno di azzeramento della disciplina urbanistica territoriale
non si produce invece in caso di scadenza di disposizioni vincolistiche
contenute in piani di rango attuativo, perché in tal caso “il decorso del
termine decennale di efficacia del piano fa venire meno solo i vincoli
finalizzati all'espropriazione e le altre limitazioni della proprietà privata
imposti dallo strumento attuativo, ma non anche la disciplina urbanistico-
edilizia da esso dettata, che continua a trovare applicazione fino
all'approvazione di un nuovo piano attuativo o di un nuovo Piano Regolatore
Generale” (cfr. T.A.R Marche Ancona, sez. I, 03 giugno 2009, n. 457). Ora,
calato nella fattispecie all’esame del Collegio il predetto insegnamento
giurisprudenziale, avuto riguardo alla pacifica natura espropriativa della
destinazione di zona introdotta in sede regionale, comunque configurabile
secondo la griglia di criteri stabiliti dal Consiglio di Stato (sez. IV, 25
maggio 2005, n. 2718), non può condividersi l’assunto sul quale si regge
l’intera impalcatura concettuale che ispira il ricorso e cioè che alla scadenza
del vincolo “ad attrezzature” consegua la riespansione della disciplina
urbanistica originariamente contemplata dal piano prima delle correzioni
apportate dal Presidente della Regione Campania in sede di approvazione dello
strumento urbanistico. Il Consiglio di Stato (sez. IV, 21 aprile 2010, n. 2262)
ha già avuto modo di precisare che “l'obbligo di provvedere alla
rideterminazione urbanistica di un'area, in relazione alla quale sono decaduti i
vincoli espropriativi precedentemente in vigore, non comporta che essa riceva
una destinazione urbanistica edificatoria o nel senso voluto dal privato,
essendo in ogni caso rimessa al potere discrezionale dell'Amministrazione
comunale la verifica e la scelta della destinazione che, in coerenza con la più
generale disciplina urbanistica del territorio, risulti più idonea e più
adeguata in relazione all'interesse pubblico al corretto e armonico utilizzo del
territorio, potendo anche ammettersi la reiterazione degli stessi vincoli
scaduti, sebbene nei limiti di una congrua e specifica motivazione sulla
perdurante attualità della previsione, comparata con gli interessi privati”. Non
vi è dubbio che indulgere alla tesi di parte ricorrente comporterebbe il
deprecabile effetto di consentire l’edificazione generalizzata di interesse
privato su di un’area che andava invece riservata all’edificazione pubblica, di
talché sarebbero tradita l’esigenza di assicurare un equilibrato e corretto uso
del territorio. Non conduce a diverse conclusioni innanzitutto la circostanza,
valorizzata in ricorso, dell’introduzione del vincolo su iniziativa della
Regione e non del Comune, sia perché il programma di fabbricazione costituisce
un atto complesso dal punto di vista soggettivo, siccome promanante dalla
volontà di entrambi i citati Enti territoriali, sia perché il più volte
richiamato art. 2 l. 19 novembre 1968 n. 1187 sul limite quinquennale di durata
dei vincoli di piano regolatore generale preordinati all' espropriazione o che
comportino l'inedificabilità non contiene distingui di sorta facenti leva sulla
esatta paternità del vincolo urbanistico nel complesso iter che connota il suo
procedimento formativo. Parimenti priva di rilievo è quanto documentato dal
ricorrente in ordine all’orientamento di segno contrario assunto
dall’Amministrazione comunale rispetto ad istanze edificatorie riguardanti
l’area interessata dal vincolo, in quanto il vizio di disparità di trattamento e
travisamento non ha alcun modo di configurarsi laddove l’Amministrazione sia
deputata, come nel caso di specie, non ad effettuare apprezzamenti discrezionali
ma all’applicazione rigorosa della normativa di riferimento (T.A.R Lazio Roma,
sez. I, 07 settembre 2010, n. 32113). Dalle considerazioni appena formulate
deriva che l’area d’interesse deve intendersi soggetta alle prescrizioni
dell’art. 9 TUEd siccome qualificabile zona bianca per effetto dell’intervenuta
scadenza della previsione vincolistica di PdF.
In conclusione, la censura in esame va respinta siccome infondata.
Tanto è sufficiente per la complessiva reiezione del ricorso, attesa l’idoneità
del segmento motivazionale relativo alla qualificazione dell’area interessata
dall’intervento come zona bianca.
VI. Nessuna determinazione va assunta sulle spese di giudizio stante la mancata
costituzione dell’Amministrazione intimata.
P.Q.M.
definitivamente pronunciando sul ricorso n. 1662/09, come in epigrafe proposto,
così decide:
- dichiara il ricorso introduttivo improcedibile per sopravvenuta carenza di
interesse;
- respinge i motivi aggiunti, come da motivazione.
Nulla spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 21 dicembre 2010 con
l'intervento dei magistrati:
Francesco Mele, Presidente FF
Francesco Gaudieri, Consigliere
Giovanni Sabbato, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 26/01/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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