AmbienteDiritto.it 

Legislazione  Giurisprudenza

 


Dottrina LegislazioneGiurisprudenzaConsulenza On Line

AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it

Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562

 

 

T.A.R. EMILIA ROMAGNA, Parma, Sez. I - 15 giugno 2011, n. 194


DIRITTO URBANISTICO - Permesso di costruire rilasciato a terzi - Impugnazione - Decorrenza dei termini - Individuazione.
Ai fini della decorrenza del termine per l’impugnazione di un permesso di costruire rilasciato a terzi, occorre in generale la sua piena conoscenza, che si verifica con la consapevolezza del contenuto specifico del titolo autorizzatorio o del progetto edilizio o ancora con il verificarsi di una situazione per cui la costruzione realizzata riveli in modo certo ed inequivoco le essenziali caratteristiche dell’opera e l’eventuale non conformità della stessa alla disciplina urbanistica, sicché la prova della piena ed effettiva conoscenza del titolo edilizio può essere desunta anche da elementi presuntivi, come l’intervenuta ultimazione dei lavori o la circostanza che questi sono giunti almeno ad un punto tale che non si possa avere più alcun dubbio sulla consistenza, entità e reale portata dell’intervento edilizio assentito, essendo necessario, in altri termini, che le opere abbiano raggiunto uno stadio e uno spessore tali da renderne chiara l’illegittimità e la lesività per le posizioni soggettive del confinante, mentre non è sufficiente il mero inizio dei lavori, né tanto meno l’apposizione di un cartello recante gli estremi e l’oggetto del titolo autorizzatorio edilizio. (Cons. Stato, Sez. V, 12 luglio 2010 n. 4482). Pres. Arosio, Est. Caso -D.G. (avv. Fregni) c. Comune di Toano (avv. Coli) e altri (n.c.) - TAR EMILIA ROMAGNA, Parma, Sez. I - 15 giugno 2011, n. 194
 

 www.AmbienteDiritto.it

 

N. 00217/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00543/2004 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna

sezione staccata di Parma (Sezione Prima)



ha pronunciato la presente


SENTENZA


sul ricorso n. 318 del 2008 proposto da Dore Giuseppe, rappresentato e difeso dall’avv. Giorgio Fregni ed elettivamente domiciliato in Parma, via Garibaldi n. 22, presso lo studio dell’avv. Mattea Antonia Messina;


contro


il Comune di Toano, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Paolo Coli ed elettivamente domiciliato in Parma, borgo G. Tommasini n. 20, presso lo studio dell’avv. Mario Ramis;
la Comunità Montana dell’Appennino Reggiano e lo Sportello Unico per le Attività Produttive dell’Appennino Reggiano, non costituiti in giudizio;

nei confronti di

Parco dei Cerri Immobiliare S.r.l., in persona del legale rappresentante Alessandro Tagliazucchi, difesa e rappresentata dall’avv. Giovanni Bertolani e dall’avv. Giorgio Bertolani, ed elettivamente domiciliata in Parma, viale Mariotti n. 1, presso lo studio dell’avv. Guido Avanzini;
Dallari Ezio, rappresentato e difeso dall’avv. Giovanni Bertolani e dall’avv. Giorgio Bertolani, ed elettivamente domiciliato in Parma, viale Mariotti n. 1, presso lo studio dell’avv. Guido Avanzini;

per l'annullamento

del provvedimento in data 22 settembre 2008, con cui il Comune di Toano ha concluso il procedimento di riesame dei permessi di costruire n. 78/2007 e n. 163/2007, relativi all’intervento edilizio per il recupero della “ex Ceramica S. Antonio”;

del permesso di costruire n. 78/2007 del 21 novembre 2007, relativo alla “realizzazione di opere di urbanizzazione mancanti per l’intervento convenzionato per il recupero di insediamento esistente (ex ceramica S. Antonio) in zona artigianale D6”, posto in Cerredolo di Toano, via della Valle n. 1;

del permesso di costruire n. 163/2007 del 27 febbraio 2008, relativo alla “nuova costruzione di capannone artigianale” ubicato in Cerredolo di Toano, via della Valle n. 1;

del provvedimento autorizzativo unico n. 24/08 del 4 marzo 2008 dello Sportello Unico per le Attività Produttive dell’Appennino Reggiano;

per quanto occorrer possa e in parte qua, della deliberazione consiliare n. 24 del 28 aprile 1999, della concessione edilizia n. 51 del 1999, della deliberazione giuntale n. 51 in data 11 aprile 2000, della convenzione urbanistica stipulata il 4 maggio 2000, della deliberazione consiliare n. 61 del 24 luglio 2007 e della convenzione del 4 ottobre 2007.

Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Toano, della Parco dei Cerri Immobiliare S.r.l. e di Dallari Ezio;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;

Nominato relatore il dott. Italo Caso;

Uditi, per le parti, alla pubblica udienza del 25 maggio 2011 i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO


Nell’ambito degli interventi di recupero del comparto artigianale della “ex Ceramica S. Antonio” in zona D6 del territorio del Comune di Toano (località Cerredolo), l’Amministrazione comunale rilasciava alla Parco dei Cerri Immobiliare S.r.l. prima il permesso di costruire n. 78/2007 del 21 novembre 2007, inerente la realizzazione di opere di urbanizzazione, e poi il permesso di costruire n. 163/2007 del 27 febbraio 2008, inerente l’edificazione di un capannone artigianale in via della Valle n. 1. Indi, lo Sportello Unico per le Attività Produttive dell’Appennino Reggiano emetteva il provvedimento autorizzativo unico n. 24/08 del 4 marzo 2008, relativo alla costruzione del capannone ad uso artigianale già oggetto del titolo edilizio suindicato. Infine, in esito alla richiesta di riesame dei permessi di costruire n. 78/2007 e n. 163/2007 – avanzata da alcuni cittadini della zona –, il Comune di Toano si pronunciava negativamente, motivando sulle varie questioni proposte (v. provvedimento in data 22 settembre 2008).

Avverso tali atti ha proposto impugnativa il ricorrente, proprietario di immobile a destinazione residenziale ubicato ai confini dell’area interessata dall’intervento edilizio di che trattasi. Assume illegittimamente firmato dal geom. Dallari il progetto di realizzazione del capannone (alto 11 metri, lungo 83 metri e largo 28 metri, con struttura in cemento armato), in quanto privo di connotati delle «modeste costruzioni civili», che è il presupposto cui l’art. 16, lett. m), del r.d. n. 274 del 1929 subordina la competenza dei geometri in materia; deduce, altresì, l’incompetenza del geom. Dallari relativamente alla progettazione della nuova viabilità, a fronte della prevista modificazione delle caratteristiche stradali della zona e della conseguente necessità di una più vasta analisi dei problemi di circolazione del contesto urbano complessivamente considerato; lamenta, poi, che la tavola di progetto 1.4 reca una rappresentazione della realtà non veritiera, laddove evidenzia un’equivalenza di altezze tra vecchio e nuovo capannone che non corrisponde a quanto emerge dall’esito dei lavori, stante la maggiore altezza del manufatto ora posto in essere; denuncia, ancora, la violazione dell’art. 5 delle n.t.a. dello strumento urbanistico comunale, per non essere stata prevista una fascia di verde alberato di mascheramento a protezione del comparto edificatorio residenziale e per essere anzi quella parte di terreno occupata dall’area di sedime del capannone; censura, inoltre, sotto più profili la progettazione della nuova viabilità, che per un tratto risulterebbe di livello più basso rispetto alla situazione precedente e per questo causa di disagi e insidie per la zona residenziale, e che in altri punti evidenzierebbe l’incertezza dei confini tra area pubblica e area privata, oltre che la collocazione degli accessi carrai in prossimità di curve e quindi in violazione delle prescrizioni del Codice della strada; prospetta, poi, l’erroneità dei calcoli della superficie utile e della potenzialità edificatoria del lotto; si duole, infine, del presumibile non corretto espletamento delle procedure definite dal d.lgs. n. 152 del 2006, circa la sussistenza dei requisiti prescritti per il riutilizzo delle terre e rocce da scavo. Di qui la richiesta di annullamento degli atti impugnati.

Si sono costituiti in giudizio il Comune di Toano, la Parco dei Cerri Immobiliare S.r.l. e il geom. Ezio Dallari, opponendosi all’accoglimento del ricorso.

L’istanza cautelare del ricorrente veniva respinta dalla Sezione alla Camera di Consiglio del 27 gennaio 2009 (ord. n. 22/2009).

All’udienza del 25 maggio 2011, ascoltati i rappresentanti delle parti, la causa è passata in decisione.

Il Collegio è innanzi tutto chiamato a pronunciarsi in ordine alla tempestività dell’impugnativa del titolo edilizio relativo al capannone artigianale, avendo le controparti eccepito la tardività dell’instaurazione della lite, a fronte di opere già completate per la parte strutturale nel mese di luglio 2008 e perciò tali da far immediatamente decorrere il termine decadenziale di impugnativa in modo che risulterebbe fuori tempo utile la notificazione del ricorso effettuata il successivo 20 novembre.

L’eccezione è fondata.

Per costante giurisprudenza (v., ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 12 luglio 2010 n. 4482), ai fini della decorrenza del termine per l’impugnazione di un permesso di costruire rilasciato a terzi, occorre in generale la sua piena conoscenza, che si verifica con la consapevolezza del contenuto specifico del titolo autorizzatorio o del progetto edilizio o ancora con il verificarsi di una situazione per cui la costruzione realizzata riveli in modo certo ed inequivoco le essenziali caratteristiche dell’opera e l’eventuale non conformità della stessa alla disciplina urbanistica, sicché la prova della piena ed effettiva conoscenza del titolo edilizio può essere desunta anche da elementi presuntivi, come l’intervenuta ultimazione dei lavori o la circostanza che questi sono giunti almeno ad un punto tale che non si possa avere più alcun dubbio sulla consistenza, entità e reale portata dell’intervento edilizio assentito, essendo necessario, in altri termini, che le opere abbiano raggiunto uno stadio e uno spessore tali da renderne chiara l’illegittimità e la lesività per le posizioni soggettive del confinante, mentre non è sufficiente il mero inizio dei lavori, né tanto meno l’apposizione di un cartello recante gli estremi e l’oggetto del titolo autorizzatorio edilizio. Ora, è pacifico tra le parti che nel luglio 2008 lo stato di avanzamento dei lavori rivelasse l’avvenuta posa in opera della struttura prefabbricata e il completamento dell’intelaiatura del capannone, ovvero l’ultimazione della struttura portante dello stesso (ivi compresi pilastri, travi e opere di fondazione), mentre gli interventi di mera tamponatura perimetrale e chiusura dell’edificio sono stati effettuati successivamente; ma, allora, le dimensioni, la sagoma, i tratti identificativi del manufatto, la sua destinazione, apparivano già oggettivamente percepibili a chi risiedeva nelle immediate vicinanze dell’area interessata dai lavori, sì da potersene desumere i profili di illegittimità che il ricorrente ha poi ascritto all’insussistenza della «modesta costruzione civile» richiesta per la competenza tecnica del geometra, all’altezza superiore a quella del precedente manufatto, all’occupazione da parte del nuovo fabbricato di una parte di terreno che avrebbe dovuto invece essere destinata alla fascia di verde alberato, all’erronea determinazione della superficie utile e della potenzialità edificatoria del lotto. Donde la tardività dell’impugnativa dei relativi titoli edilizi, anche per la parte relativa all’esecuzione delle opere di urbanizzazione, oggetto di un permesso di costruire espressamente richiamato dagli elaborati progettuali che corredano il titolo abilitativo inerente il capannone e a questo direttamente collegato da un vincolo di interdipendenza funzionale.

Inammissibile, invece, è l’impugnativa del diniego di riesame dei suindicati permessi di costruire, in quanto atto emesso a séguito della richiesta di altri cittadini e quindi insuscettibile di censura da parte del ricorrente, che è estraneo a quel procedimento e che di conseguenza nessuna legittimazione vanta a contestarne l’esito.

In conclusione, il ricorso va in parte dichiarato irricevibile e in parte dichiarato inammissibile.

La peculiarità delle circostanze di fatto che contraddistinguono la controversia induce il Collegio a disporre la compensazione delle spese di lite.


P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia-Romagna, Sezione di Parma, pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo dichiara in parte irricevibile e in parte inammissibile.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Così deciso in Parma, nella Camera di Consiglio del 25 maggio 2011, con l’intervento dei magistrati:

Mario Arosio, Presidente
Italo Caso, Consigliere, Estensore
Emanuela Loria, Primo Referendario

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE



DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/06/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)



  AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562


 Vedi altre: SENTENZE PER ESTESO


Ritorna alle MASSIME della sentenza  -  Approfondisci con altre massime: GIURISPRUDENZA  -  Ricerca in: LEGISLAZIONE  -  Ricerca in: DOTTRINA

www.AmbienteDiritto.it