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T.A.R. EMILIA ROMAGNA, Parma, Sez. I - 28 giugno 2011, n. 223
BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Vincolo paesaggistico - Progetti originariamente
assentiti - Modificazioni - Nuova verifica di compatibilità - Presupposti.
Non ogni modificazione del progetto edilizio originariamente assentito richiede
in via automatica un’ulteriore formale verifica di compatibilità con i valori
tutelati dal vincolo paesaggistico; quando, in relazione alla tipologia del
manufatto e alle valutazioni già compiute dall’Autorità investita del potere di
rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, emerge la modestia della consistenza
delle opere aggiuntive o la obiettiva inidoneità delle stesse a mutare il quadro
di riferimento a suo tempo oggetto di valutazione, la reiterazione del
procedimento ex art. 146 del d.lgs. n. 42 del 2004 si risolve in un superfluo
accertamento dell’irrilevanza paesaggistica della “variante” al permesso di
costruire e quindi in un’inutile duplicazione di attività amministrativa,
incompatibile con il fondamentale principio di economicità codificato nell’art.
1 della legge n. 241 del 1990. Pres. Arosio, Est. Caso - E.s.p.a. (avv.ti De
Vergottini e Palladini) c. Comune di Casalgrande e altro (avv. Coli) -
TAR EMILIA ROMAGNA, Parma, Sez. I - 28 giugno 2011, n. 223
SICUREZZA - Prevenzione incendi - Impianto di distribuzione di carburanti -
Procedimento relativo all’autorizzazione petrolifera in itinere - Rilascio del
permesso di costruire - Legittimità - Art. 1, c. 2 d.lgs. n. 32/1998. Ai
sensi dell’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 32 del 1998, è l’autorizzazione
petrolifera, non il permesso di costruire, l’atto subordinato al rispetto delle
prescrizioni di “prevenzione incendi”; d’altra parte, nel sistema normativo di
cui agli artt. 1 e 2 del d.lgs. n. 32 del 1998 l’autorizzazione
all’installazione e all’esercizio dell’impianto e il permesso di costruire
costituiscono gli elementi di una fattispecie complessa a formazione
progressiva, al cui completarsi - secondo una scansione temporale non tipizzata
- si realizzano le condizioni di legge per il legittimo esercizio della relativa
attività, onde è legittimo il rilascio della concessione edilizia per la
realizzazione di un impianto di distribuzione di carburanti ancorché il
procedimento relativo alla richiesta dell’autorizzazione petrolifera sia ancora
in itinere (v. TAR Lazio, Latina, 18 settembre 2008 n. 1177). Pres. Arosio, Est.
Caso - E.s.p.a. (avv.ti De Vergottini e Palladini) c. Comune di Casalgrande e
altro (avv. Coli) -
TAR EMILIA ROMAGNA, Parma, Sez. I - 28 giugno 2011, n. 223
DIRITTO URBANISTICO - Titolo edilizio in sanatoria - Carenza della dichiarazione
di conformità di cui all’art. 17, c. 4, l.r. Emilia Romagna n. 23/2004 - Mera
irregolarità. L’eventuale carenza della dichiarazione di conformità di cui
all’art. 17, c. 4, l.r. Emilia Romagna n. 23/2004 assume i caratteri della mera
irregolarità, nel senso che - fermo restando l’onere del richiedente di
provvedere in merito - il titolo edilizio in sanatoria rilasciato senza la
preventiva produzione di detto atto non risulta per ciò solo illegittimo, ma lo
diviene unicamente in presenza di un’effettiva inosservanza di norme
urbanistiche o tecniche cui l’intervento avrebbe dovuto attenersi. Pres. Arosio,
Est. Caso - E.s.p.a. (avv.ti De Vergottini e Palladini) c. Comune di Casalgrande
e altro (avv. Coli)
- TAR EMILIA ROMAGNA, Parma, Sez. I - 28 giugno 2011, n. 223
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N. 00223/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00110/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
sezione staccata di Parma (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso n. 110 del 2009 proposto da ENI S.p.A., in persona dell’ing. Angelo
Caridi, rappresentata e difesa dall’avv. Giuseppe De Vergottini e dall’avv.
Maurizio Palladini, e presso quest’ultimo elettivamente domiciliata in Parma,
vicolo dei Mulini n. 6;
contro
il Comune di Casalgrande, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso
dall’avv. Paolo Coli ed elettivamente domiciliato in Parma, b.go G. Tommasini n.
20, presso lo studio dell’avv. Mario Ramis;
la Provincia di Reggio Emilia, in persona del Presidente p.t., rappresentata e
difesa dall’avv. Paolo Coli ed elettivamente domiciliata in Parma, b.go G.
Tommasini n. 20, presso lo studio dell’avv. Mario Ramis;
nei confronti di
Eurogas Energy di Daviddi Giuseppe, in persona del titolare Giuseppe Daviddi,
rappresentata e difesa dall’avv. Sabrina Tagliati, con domicilio presso la
Segreteria della Sezione;
per l'annullamento
- quanto all’atto introduttivo della lite - del permesso di costruire n. 49 del
30 settembre 2008 (rilasciato dal Comune di Casalgrande alla Eurogas Energy di
Daviddi Giuseppe per la realizzazione di un impianto di distribuzione di
metano), dell’autorizzazione prot. n. 17911 del 1° ottobre 2008 (relativa
all’apertura dell’impianto), del permesso di costruire n. 7 del 5 febbraio 2009
(concernente una variante al permesso di costruire n. 49/2008) e
dell’autorizzazione n. 2/2009 del 6 febbraio 2009 (relativa al potenziamento
dell’impianto), nonché del parere prot. n. 19065/77/2006 in data 3 marzo 2006
del Dirigente del Servizio Appalti, contratti e patrimonio della Provincia di
Reggio Emilia, dell’autorizzazione prot. 84730/77/2006 in data 27 novembre 2007
della Provincia di Reggio Emilia (assenso all’apertura di due accessi carrabili)
e, in parte qua, del Regolamento tassa occupazione spazi e aree pubbliche per le
concessioni ed autorizzazioni approvato con deliberazione del Consiglio
provinciale di Reggio Emilia n. 1955/11403/2612 del 19 settembre 1995;
- quanto all’atto di “motivi aggiunti” depositato il 29 maggio 2009 - del
verbale di sopralluogo in data 31 marzo 2009 della Commissione di collaudo
dell’impianto, nonché della denuncia di inizio attività n. 6814 del 2 aprile
2009 della ditta Eurogas Energy di Daviddi Giuseppe e del silenzio
successivamente serbato dall’Amministrazione comunale;
- quanto all’atto di “motivi aggiunti” depositato il 22 gennaio 2011 - del
permesso di costruire in sanatoria n. 45 del 9 ottobre 2009.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di “motivi aggiunti” depositati in data 29 maggio 2009 e 22
gennaio 2011;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Casalgrande, della
Provincia di Reggio Emilia e di Eurogas Energy di Daviddi Giuseppe;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Nominato relatore il dott. Italo Caso;
Uditi, per le parti, alla pubblica udienza del 25 maggio 2011 i difensori come
specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Con autorizzazione n. 1/2007 in data 13 luglio 2007 il Comune di Casalgrande
assentiva alla ditta Eurogas Energy di Daviddi Giuseppe l’apertura di un
impianto stradale di distribuzione di metano (già oggetto del permesso di
costruire n. 42 del 13 giugno 2007), integrando successivamente il suindicato
provvedimento abilitativo con l’atto prot. n. 16490 del 1° ottobre 2007. A
séguito, poi, della rinuncia della Eurogas Energy di Daviddi Giuseppe al
permesso di costruire e all’autorizzazione, e dell’avvio di un nuovo
procedimento ad istanza di parte – con rilascio da parte dell’Amministrazione
comunale di una nuova autorizzazione all’apertura dell’impianto (prot. n. 17911
del 1° ottobre 2008) e di un nuovo permesso di costruire (n. 49 del 30 settembre
2008) –, la società ricorrente, che è proprietaria di un distributore di
carburanti ubicato nelle immediate vicinanze dell’area interessata dalla
installazione dell’impianto, ha impugnato i due nuovi titoli abilitativi, nonché
il permesso di costruire n. 7 del 5 febbraio 2009 (concernente una variante al
permesso di costruire n. 49/2008), l’autorizzazione n. 2/2009 del 6 febbraio
2009 (relativa al potenziamento dell’impianto con aggiunta di gasolio e
benzina), il parere prot. n. 19065/77/2006 in data 3 marzo 2006 del Dirigente
del Servizio Appalti, contratti e patrimonio della Provincia di Reggio Emilia,
l’autorizzazione prot. 84730/77/2006 in data 27 novembre 2007 della Provincia di
Reggio Emilia (assenso all’apertura di due accessi carrabili) e, in parte qua,
il Regolamento tassa occupazione spazi e aree pubbliche per le concessioni ed
autorizzazioni approvato con deliberazione del Consiglio provinciale di Reggio
Emilia n. 1955/11403/2612 del 19 settembre 1995. Si duole di non avere ricevuto
la comunicazione di avvio del procedimento conseguente alle istanze della
Eurogas Energy di Daviddi Giuseppe; censura l’omessa effettuazione di
un’autonoma istruttoria, per avere l’Amministrazione comunale rilasciato i nuovi
provvedimenti sulla base degli atti e pareri in precedenza acquisiti, con la
sola eccezione della rinnovata consultazione dei Vigili del Fuoco, dell’ARPA e
dell’AUSL, mentre sarebbe stato necessario coinvolgere ancora una volta la
Provincia di Reggio Emilia, la Snam Rete Gas e la Regione Emilia-Romagna, e
sarebbe stato altresì necessario valutare le nuove opere sotto il profilo
paesaggistico; deduce la carenza dell’attestazione di idoneità del sito prevista
dall’art. 4, comma 4, del d.m. 24 maggio 2002; assume violata la normativa
regionale in materia di distanze minime tra impianti di distribuzione di
carburanti; ritiene disattese le disposizioni concernenti la sicurezza stradale,
per essere l’accesso al nuovo impianto collocato (rispetto a quello della
ricorrente) in posizione incompatibile con il limite minimo di distanza di 100
metri di cui all’art. 45 del d.P.R. n. 495 del 1992, e per non essersi comunque
tenuto conto delle esigenze di fluidità e sicurezza del traffico. Di qui la
richiesta di annullamento degli atti impugnati.
Si sono costituiti in giudizio il Comune di Casalgrande, la Provincia di Reggio
Emilia e la Eurogas Energy di Daviddi Giuseppe, opponendosi all’accoglimento del
ricorso.
Avendo in séguito appreso dell’intervenuto collaudo dell’impianto e della
denuncia di inizio attività n. 6814 del 2 aprile 2009 – con cui la Eurogas
Energy di Daviddi Giuseppe aveva promosso una variante al permesso di costruire
n. 7 del 5 febbraio 2009 –, la società ricorrente ha impugnato il verbale di
sopralluogo in data 31 marzo 2009 della Commissione di collaudo dell’impianto,
la d.i.a. e il silenzio serbato dall’Amministrazione comunale. Denuncia
l’inadeguatezza del verbale di collaudo, per difettare questo della descrizione
delle operazioni eseguite; lamenta che la verifica di conformità è stata
effettuata in relazione alla sola autorizzazione n. 2/2009 del 6 febbraio 2009,
mentre si sarebbe dovuto tenere conto anche dell’autorizzazione prot. n. 17911
del 1° ottobre 2008; deduce che la denuncia di inizio attività n. 6814 del 2
aprile 2009 è intervenuta dopo il collaudo dell’impianto; censura l’esito
positivo del collaudo, nonostante la carenza dell’attestazione sindacale di
rispondenza dell’area alle caratteristiche urbanistiche della zona e l’assenza
dell’autorizzazione allo scarico delle acque; prospetta il contrasto con la
concessione regionale del terreno rilasciata alla Eurogas Energy di Daviddi
Giuseppe per la sola realizzazione di un distributore di metano e GPL – non
quindi di benzina e gasolio –, onde sarebbe stato necessario investire della
questione la Regione Emilia-Romagna per un accertamento della compatibilità
della nuova attività con il regime idraulico del corso d’acqua limitrofo; assume
violata la normativa regionale in materia di distanze minime tra impianti di
distribuzione di carburanti; ritiene disattese le disposizioni concernenti la
sicurezza stradale, per essere l’accesso al nuovo impianto collocato (rispetto a
quello della ricorrente) in posizione incompatibile con il limite minimo di
distanza di 100 metri di cui all’art. 45 del d.P.R. n. 495 del 1992, e per non
essersi comunque tenuto conto delle esigenze di fluidità e sicurezza del
traffico; considera inammissibile il ricorso alla d.i.a. per opere già portate a
compimento e comunque richiedenti una nuova istanza di permesso di costruire; si
duole della mancata comunicazione di avvio del procedimento.
L’istanza cautelare della società ricorrente veniva respinta dalla Sezione alla
Camera di Consiglio del 14 luglio 2009 (ord. n. 120/2009).
In conseguenza, quindi, della richiesta della Eurogas di archiviazione della
d.i.a. e della presentazione di una domanda di sanatoria ex art. 17 della legge
reg. n. 23 del 2004, l’Amministrazione comunale provvedeva al rilascio del
permesso di costruire in sanatoria n. 45 del 9 ottobre 2009, impugnato dalla
società ricorrente con atto di “motivi aggiunti” depositato il 22 gennaio 2011.
Si duole l’interessata dell’omessa acquisizione di una nuova autorizzazione
paesaggistica e della mancata consultazione dei Vigili del Fuoco in ordine alla
“prevenzione incendi”; prospetta nuovamente il contrasto con la concessione
regionale del terreno rilasciata alla Eurogas Energy di Daviddi Giuseppe per la
sola realizzazione di un distributore di metano e GPL – non quindi di benzina e
gasolio –, onde sarebbe stato necessario investire della questione la Regione
Emilia-Romagna per un accertamento della compatibilità della nuova attività con
il regime idraulico del corso d’acqua limitrofo; denuncia l’assenza della
“dichiarazione di conformità” di cui all’art. 17, comma 4, della legge reg. n.
23 del 2004; lamenta la carenza del parere della Commissione per la qualità
architettonica e il paesaggio; si duole dell’omessa comunicazione di avvio del
procedimento; fa valere l’illegittimità derivata dagli atti in precedenza
impugnati.
All’udienza del 25 maggio 2011, ascoltati i rappresentanti delle parti, la causa
è passata in decisione.
Vengono innanzitutto in rilievo, e risultano tutte infondate, le censure
proposte con l’atto introduttivo della lite.
Quanto alla carenza di una nuova autorizzazione paesaggistica, osserva il
Collegio che non ogni modificazione del progetto edilizio originariamente
assentito richiede in via automatica un’ulteriore formale verifica di
compatibilità con i valori tutelati dal vincolo paesaggistico, nel senso che,
quando in relazione alla tipologia del manufatto e alle valutazioni già compiute
dall’Autorità investita del potere di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica
emerge la modestia della consistenza delle opere aggiuntive o la obiettiva
inidoneità delle stesse a mutare il quadro di riferimento a suo tempo oggetto di
valutazione, la reiterazione del procedimento ex art. 146 del d.lgs. n. 42 del
2004 si risolve in un superfluo accertamento dell’irrilevanza paesaggistica
della “variante” al permesso di costruire e quindi in un’inutile duplicazione di
attività amministrativa, incompatibile con il fondamentale principio di
economicità codificato nell’art. 1 della legge n. 241 del 1990; pertanto,
trattandosi nella fattispecie di una variante al permesso di costruire che
comporta la collocazione nella medesima area di un bombolone di GPL,
un’ulteriore colonnina di distribuzione, la traslazione di corpi di fabbrica già
previsti, la realizzazione di cisterne interrate e altre modifiche, non appare
censurabile la decisione di prescindere da una nuova autorizzazione
paesaggistica, a fronte della manifesta inidoneità dei variati aspetti
progettuali a mutare l’impatto complessivo dell’attività edilizia su di un
contesto ambientale e paesaggistico che, alla luce delle caratteristiche
generali dell’impianto da installare e dei connotati della zona, si era a suo
tempo motivatamente valutato immune da pregiudizi legati alla tipologia di
intervento oggetto del permesso di costruire, onde era insita in
quell’autorizzazione paesaggistica l’ammissibilità di adeguamenti progettuali
che non alterassero l’identità dell’impianto e non variassero la portata globale
dell’intervento edilizio. Quanto, poi, alla mancata nuova consultazione della
Provincia di Reggio Emilia e della SNAM, il Collegio concorda con le
considerazioni della difesa dell’Amministrazione comunale, a proposito di
accessi rimasti invariati e di un potenziamento dell’impianto che non può avere
di per sé modificato le esigenze di sicurezza della circolazione già vagliate, e
stante altresì la verosimile insussistenza di variazioni progettuali tali da
incidere sulle problematiche relative al metanodotto; né, poi, emergeva una
concreta necessità di coinvolgere la Regione Emilia-Romagna, mentre la scelta
dell’Amministrazione di utilizzare in parte le acquisizioni istruttorie del
precedente procedimento e di avvalersi, in particolare, dei pareri già in quella
sede resi si giustificava per lo più con la circostanza che non erano mutati
medio tempore i profili di fatto della vicenda e che l’unica variazione del
quadro normativo riguardava il venire meno dei vincoli della distanza tra
impianti, sì da far diventare del tutto superflua una reiterazione di atti che,
lungi dal rispettare il fondamentale principio di economicità dell’azione
amministrativa, si sarebbe in realtà risolta in un inutile aggravio del
procedimento. Circa, invece, l’addotta violazione del decreto in data 24 maggio
2002 del Ministero dell’Interno («Norme di prevenzione incendi per la
progettazione, costruzione ed esercizio degli impianti di distribuzione stradale
di gas naturale per autotrazione»), si osserva che il formale rilascio
dell’attestazione di cui all’art. 4 (“L’attestazione che l’area prescelta per
l’installazione dell’impianto non ricada in alcuna delle zone o aree
precedentemente indicate è rilasciata dal competente ufficio
dell’amministrazione comunale”) non costituisce un adempimento con effetti
sostanziali sul procedimento di autorizzazione all’installazione dell’impianto
perché a tali fini rileva soltanto l’idoneità in sé dell’area e non anche la
circostanza che se ne sia o meno certificata la tipologia. Quanto, ancora, alla
dedotta violazione del limite minimo di distanza dall’impianto della ricorrente
– limite stabilito da disposizioni regionali –, va ricordato che la disciplina
statale aveva medio tempore fatto venire meno tale vincolo; osserva, in
proposito, il Collegio che, come rilevato in giurisprudenza (v. Cons. Stato,
Sez. IV, 24 aprile 2009 n. 2590), la normativa di cui all’art. 83-bis, comma 17,
del decreto-legge n. 112 del 2008 (“Al fine di garantire il pieno rispetto delle
disposizioni dell’ordinamento comunitario in materia di tutela della concorrenza
e di assicurare il corretto e uniforme funzionamento del mercato,
l’installazione e l’esercizio di un impianto di distribuzione di carburanti non
possono essere subordinati alla chiusura di impianti esistenti né al rispetto di
vincoli, con finalità commerciali, relativi a contingentamenti numerici,
distanze minime tra impianti e tra impianti ed esercizi o superfici minime
commerciali o che pongono restrizioni od obblighi circa la possibilità di
offrire, nel medesimo impianto o nella stessa area, attività e servizi
integrativi”), in adesione ai rilievi formulati in sede europea circa la
violazione delle norme sulla concorrenza, ha introdotto una totale
liberalizzazione in materia, direttamente applicabile in ambito regionale (v.,
tra le altre, TAR Sicilia, Palermo, Sez. III, 25 marzo 2011 n. 565) con effetto
abrogativo delle previsioni precedenti – ove contrastanti con i principi della
tutela della concorrenza –, per ciò che attiene in particolare alle distanze tra
impianti, e d’altra parte non si comprende quale finalità diversa da quella
commerciale perseguirebbero vincoli di distanza che, per prescindere
dall’immediato raccordo con criteri localizzativi che fissino, in positivo, i
parametri cui attenersi per una ripartizione degli impianti sul territorio
realmente coerente con l’autonoma esigenza di efficienza del sistema
distributivo, si risolvono a ben vedere nel mero contenimento dell’offerta di
carburanti agli utenti del servizio e quindi nel sacrificio di una libera ed
effettiva concorrenza nel settore. Neppure convincono le censure imperniate
sulla violazione delle norme di sicurezza stradale di cui al terzo comma
dell’art. 45 del d.P.R. n. 495 del 1992 (“Nelle strade extraurbane secondarie
sono consentiti accessi privati purché realizzati a distanza non inferiore, di
norma, a 300 m tra loro, misurata tra gli assi degli accessi consecutivi per
ogni senso di marcia. L’ente proprietario della strada può derogare a tale
distanza, fino ad un minimo di 100 m …”), in quanto la giurisprudenza ha
chiarito – e il Collegio condivide tale orientamento – che agli «accessi
privati» previsti dall’art. 45 del Regolamento di esecuzione del Codice della
strada non sono ascrivibili gli accessi alle stazioni di servizio, in quanto
strutture di interesse pubblico (v. TAR Umbria 26 novembre 2001 n. 603), mentre
le esigenze di tutela della sicurezza e della fluidità del traffico vengono
rimesse all’autonoma valutazione dell’ente proprietario della strada e
richiedono un’apposita e puntuale motivazione solo quando danno luogo al rigetto
dell’istanza di autorizzazione, così come dall’invocato art. 22 del regolamento
provinciale si evince sì il limite dei 90 metri da altri accessi ma a condizione
che gli stessi riguardino attività economiche di particolare rilievo e si
rivelino meritevoli di considerazione in ragione dell’intensità e pericolosità
del traffico, in esito evidentemente a discrezionali valutazioni
dell’Amministrazione provinciale, che del resto ha assentito l’apertura degli
accessi in questione con l’introduzione di una serie di prescrizioni, indice
dell’attenzione prestata alle necessità di sicurezza della circolazione
stradale; né, per il resto, offre ulteriori elementi di riflessione il richiamo
all’art. 24 del d.lgs. n. 285 del 1992 e all’art. 60 del d.P.R. n. 495 del 1992,
dovendosi ribadire che rientra nella discrezionalità dell’ente proprietario
della strada la valutazione della sussistenza di effettivi intralci alla
circolazione e di reali limitazioni della visibilità così come l’apprezzamento
dell’osservanza dei requisiti di sicurezza e fluidità del traffico – condizioni
peraltro contestate dalla società ricorrente in modo del tutto generico –,
mentre di un’apposita e puntuale motivazione si ha necessità solo quando
interviene il rigetto dell’istanza di autorizzazione. Quanto, infine, all’omessa
comunicazione di avvio del procedimento, soccorre la disposizione di cui
all’art. 21-octies, comma 2, della legge n. 241 del 1990, secondo cui la carenza
dell’avviso ex art. 7 della medesima legge non costituisce causa di annullamento
nelle ipotesi in cui risulti dimostrato che il provvedimento non avrebbe avuto
un contenuto diverso da quello adottato.
Altre censure, anche queste prive di fondamento, sono state proposte con l’atto
di “motivi aggiunti” depositato il 29 maggio 2009.
Non appare, innanzitutto, imputabile al verbale di collaudo un’insufficiente
esposizione delle ragioni dell’esito positivo delle verifiche, in quanto la
natura esclusivamente tecnica dell’operazione (v., tra le altre, TAR Lazio, Sez.
I, 17 marzo 1999 n. 682) esclude l’obbligo di motivazione, così come questo
viene escluso allorquando l’Amministrazione esprime un giudizio di valore e si
versa, pertanto, nell’ambito della cosiddetta “discrezionalità tecnica”, non
dovendosi spiegare il perché di una scelta rispetto ad un’altra, ma soltanto
attribuire un giudizio, frutto di apprezzamenti discendenti da scienze o
tecniche (v., ex multis, TAR Lazio, Sez. II, 10 aprile 2006 n. 2571); né,
d’altra parte, una descrizione analitica di ogni attività materiale compiuta
dalla commissione di collaudo avrebbe fornito elementi utili, essendo
oggettivamente percepibili le eventuali irregolarità tecniche non rilevate.
Quanto, poi, alla presunta effettuazione del collaudo in riferimento ad una sola
delle due autorizzazioni rilasciate per l’installazione dell’impianto (la
seconda) e quindi in relazione ad una parte limitata delle relative opere,
ritiene il Collegio trattarsi di questione puramente nominalistica, se è vero
che la seconda autorizzazione, costituendo un’integrazione della prima, si è
saldata con quella per costituire un titolo abitativo unico, alle cui
prescrizioni complessive si è evidentemente poi attenuta la Commissione di
collaudo. Improcedibile, invece, è la questione fondata sulla tardività della
d.i.a. rispetto al collaudo, in quanto la ditta ha medio tempore richiesto
all’ente locale l’archiviazione della stessa; pertanto, nessun effetto essendosi
prodotto in conseguenza dell’iniziativa poi rinunciata dalla Eurogas, emerge
l’evidente venir meno dell’interesse della società ricorrente ad una pronuncia
in merito. Quanto, poi, alla denunciata assenza dell’attestazione di rispondenza
dell’area alle caratteristiche urbanistiche della zona (art. 3, comma 2, d.P.R.
n. 340/2003) e alla lamentata carenza dell’autorizzazione allo scarico delle
acque, si osserva che il primo atto non deve rivestire particolari requisiti
formali e ben può ritenersi insito nel titolo edilizio rilasciato
dall’Amministrazione comunale, mentre per lo scarico delle acque sono stati
documentati in giudizio gli assensi di Enìa, dell’AUSL e dell’ARPA (v. doc. 19
della produzione dalla difesa del Comune di Casalgrande). Quanto, ancora, alla
circostanza che la concessione regionale del terreno utilizzato dalla Eurogas
riguardava un distributore di gas metano e GPL – onde si assume dovesse la
Regione Emilia-Romagna nuovamente vagliare la compatibilità idraulica
dell’impianto allorché esteso alla erogazione del gasolio e della benzina –,
osserva il Collegio che la variazione della tipologia di carburanti non
evidenziava in realtà profili innovativi tali da richiedere una rinnovata
pronuncia dell’ente regionale, posto che la destinazione dell’area è rimasta
sostanzialmente immutata e che gli accertamenti in precedenza operati
dall’Amministrazione avevano affrontato aspetti verosimilmente non incisi dalle
modifiche sopraggiunte. Relativamente, poi, al richiamo ad atti istruttori
pregressi, alla violazione del limite di distanza dall’impianto della ricorrente
e all’inosservanza delle norme di sicurezza stradale, si tratta di censure già
proposte con l’atto introduttivo della lite, sicché è sufficiente far rinvio a
quanto già argomentato per escludere la sussistenza dei vizi denunciati.
Improcedibili, invece, sono le censure imperniate sull’inammissibilità, sotto
più profili, della d.i.a., stante – come detto – la sopraggiunta richiesta di
archiviazione della stessa. Quanto, infine, all’omessa comunicazione di avvio
del procedimento, soccorre la disposizione di cui all’art. 21-octies, comma 2,
della legge n. 241 del 1990, secondo cui la carenza dell’avviso ex art. 7 della
medesima legge non costituisce causa di annullamento nelle ipotesi in cui
risulti dimostrato che il provvedimento non avrebbe avuto un contenuto diverso
da quello adottato.
Le restanti censure, tutte infondate, derivano dall’atto di “motivi aggiunti”
depositato il 22 gennaio 2011.
Quanto, allora, alla carenza di una nuova autorizzazione paesaggistica, il
Collegio ritiene di dover far rinvio alle considerazioni già formulate in
proposito, ribadendo in particolare che nel titolo abilitativo precedentemente
rilasciato, per la descritta situazione dei luoghi e per il carattere dell’opera
da inserirvi, era insita l’ammissibilità di adeguamenti progettuali che non
alterassero l’identità dell’impianto e non variassero la portata globale
dell’intervento edilizio; privi di rilevanza paesaggistica, quindi, vanno
ritenuti la creazione di un nuovo vano impianti, alcune modifiche interne e lo
spostamento dei serbatoi interrati e dei parcheggi, perché resta sostanzialmente
immutata l’incidenza complessiva dell’intervento, e soprattutto non cambia la
natura dell’impianto e la sua conseguente capacità di gravare sul paesaggio, che
il nulla-osta precedente aveva non irragionevolmente apprezzato in ragione di un
giudizio di compatibilità legato non alle caratteristiche delle singole parti
dell’impianto ma alla connotazione globale della struttura da installare, sì da
non potere poi assumere obiettivamente rilievo quelle modifiche che non
avrebbero implicato una radicale variazione dell’opera nel suo complesso.
Quanto, poi, all’omessa acquisizione del parere dei Vigili del Fuoco, va
rilevato che, ai sensi dell’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 32 del 1998, è
l’autorizzazione petrolifera, non il permesso di costruire, l’atto subordinato
al rispetto delle prescrizioni di “prevenzione incendi”; d’altra parte, nel
sistema normativo di cui agli artt. 1 e 2 del d.lgs. n. 32 del 1998
l’autorizzazione all’installazione e all’esercizio dell’impianto e il permesso
di costruire costituiscono gli elementi di una fattispecie complessa a
formazione progressiva, al cui completarsi – secondo una scansione temporale non
tipizzata – si realizzano le condizioni di legge per il legittimo esercizio
della relativa attività, onde è stato ritenuto legittimo il rilascio della
concessione edilizia per la realizzazione di un impianto di distribuzione di
carburanti ancorché il procedimento relativo alla richiesta dell’autorizzazione
petrolifera fosse ancora in itinere (v. TAR Lazio, Latina, 18 settembre 2008 n.
1177). Quanto, ancora, alla questione legata alla concessione regionale del
terreno utilizzato dalla Eurogas per l’ubicazione dell’impianto, si tratta della
riproposizione di doglianza già esaminata e quindi non meritevole di ulteriori
considerazioni. Quanto, invece, alla denunciata assenza della “dichiarazione di
conformità” di cui all’art. 17, comma 4, della legge reg. n. 23 del 2004 (“La
richiesta del titolo abilitativo in sanatoria è accompagnata dalla dichiarazione
del professionista abilitato che attesti, ai sensi dell’articolo 481 del codice
penale, le necessarie conformità ...”), il Collegio è dell’avviso che,
indipendentemente da ogni altra indagine, l’eventuale carenza di una simile
attestazione assuma i caratteri della mera irregolarità, nel senso che – fermo
restando l’onere del richiedente di provvedere in merito – il titolo edilizio in
sanatoria rilasciato senza la preventiva produzione di detto atto non risulta
per ciò solo illegittimo, ma lo diviene unicamente in presenza di un’effettiva
inosservanza di norme urbanistiche o tecniche cui l’intervento avrebbe dovuto
attenersi. Né rileva l’omessa acquisizione del parere della Commissione per la
qualità architettonica e il paesaggio, difettando – come si è visto – il
sub-procedimento di accertamento della compatibilità paesaggistica
dell’intervento, già in precedenza oggetto di una simile verifica. Quanto,
infine, all’omessa comunicazione di avvio del procedimento, soccorre ancora una
volta la disposizione di cui all’art. 21-octies, comma 2, della legge n. 241 del
1990, secondo cui la carenza dell’avviso ex art. 7 della medesima legge non
costituisce causa di annullamento nelle ipotesi in cui risulti dimostrato che il
provvedimento non avrebbe avuto un contenuto diverso da quello adottato.
In conclusione, il ricorso va in parte respinto e in parte dichiarato
improcedibile.
La complessità delle questioni esaminate giustifica la compensazione delle spese
di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo
Regionale per l’Emilia-Romagna, Sezione di Parma, pronunciando sul ricorso in
epigrafe, in parte lo respinge e in parte lo dichiara improcedibile.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Parma, nella Camera di Consiglio del 25 maggio 2011, con
l’intervento dei magistrati:
Mario Arosio, Presidente
Italo Caso, Consigliere, Estensore
Emanuela Loria, Primo Referendario
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 28/06/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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