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T.A.R. LAZIO, Roma, Sez. I - 14 marzo 2011, n. 2263
INQUINAMENTO - Bonifica - Proprietario del sito inquinato - Diversità rispetto
al responsabile dell’inquinamento - Coinvolgimento nella procedura di bonifica -
Artt. 242, 244, 245, 250 e 253 d.lgs. n. 152/2006. Alla luce degli artt.
242, 244, 245, 250 e 253 del d.lgs. n. 152/2006, appare evidente che, nel
sistema sanzionatorio ambientale, il proprietario del sito inquinato è senza
dubbio soggetto diverso dal responsabile dell’inquinamento (pur potendo,
ovviamente, i due soggetti coincidere); su quest’ultimo gravano, oltre altri
tipi di responsabilità da illecito, tutti gli obblighi di intervento, di
bonifica e lato sensu ripristinatori, previsti dal Codice dell’ambiente (in
particolare, dagli artt. 242 ss.). Tuttavia, il proprietario dell’immobile, pur
incolpevole, non è immune da ogni coinvolgimento nella procedura relativa ai
siti contaminati e dalle conseguenze della constatata contaminazione. Ed
infatti, in primo luogo, il proprietario è comunque tenuto ad attuare le misure
di prevenzione di cui all’art. 242 (art. 245); in secondo luogo, il
proprietario, ancorchè non responsabile, può sempre attivare volontariamente gli
interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale (art.
245); infine, il proprietario è il soggetto sul quale l’ordinamento, in ultima
istanza, fa gravare - in mancanza di individuazione del responsabile o in caso
di sua infruttuosa escussione - le conseguenze dell’inquinamento e dei
successivi interventi (art. 253). In sostanza, se gli obblighi di bonifica,
ripristino ambientale e quant’altro occorrente a seguito della constata
contaminazione, ovvero gli obblighi di riparazione per equivalente gravano sul
responsabile dell’inquinamento, è altrettanto vero che, in subordine, qualora il
responsabile non venga individuato, ovvero risulti che non sia in grado di far
fronte alle proprie obbligazioni risarcitorie, le obbligazioni risarcitorie per
equivalente sono dall’ordinamento posti a carico del proprietario, ancorchè
“incolpevole dell’inquinamento”, attesa proprio la natura di onere reale degli
interventi effettuati (art. 253). Pres. Giovannini, Est. Forlenza - S. s.p.a.
(avv.ti Lo Pinto, Cintioli e Rotelli) c. Ministero dell'Ambiente e Tutela del
Territorio e del Mare (Avv. Stato), Regione Abruzzo e altri (n.c.) -
TAR LAZIO, Roma, Sez. I - 14 marzo 2011, n. 2263
INQUINAMENTO - Bonifica - Principio “chi inquina paga” - Mancata individuazione
del responsabile - Costo degli interventi - Proprietario dell’area. Il
d.lgs. n. 152/2006, per un verso, attua il principio “chi inquina paga”,
introdotto dall’art. 174, comma 2, del Trattato UE (secondo il quale “ la
politica della Comunità in materia ambientale mira a un elevato livello di
tutela, tenendo conto delle diversità delle situazioni nelle varie regioni della
Comunità. Essa è fondata sui principi della precauzione e dell'azione
preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei
danni causati all'ambiente, nonché sul principio "chi inquina paga",
individuando nel responsabile dell’inquinamento il soggetto responsabile per le
obbligazioni ripristinatorie e risarcitorie; per altro verso, non prevede che -
in assenza di individuazione del responsabile ovvero di impossibilità di questi
a far fronte alle proprie obbligazioni - il costo degli interventi gravi sulla
collettività (per il tramite di uno degli enti esponenziali di questa), ma pone
tali costi a carico della proprietà. D’altra parte, la ratio sottesa al
principio comunitario “chi inquina paga”, è quella di escludere che i costi
derivanti dal ripristino di siti colpiti da inquinamento venga sopportato dalla
collettività. Pres. Giovannini, Est. Forlenza - S. s.p.a. (avv.ti Lo Pinto,
Cintioli e Rotelli) c. Ministero dell'Ambiente e Tutela del Territorio e del
Mare (Avv. Stato), Regione Abruzzo e altri (n.c.) -
TAR LAZIO, Roma, Sez. I - 14 marzo 2011, n. 2263
INQUINAMENTO - Bonifica - Interventi - Proprietario - Attribuzione provvisoria
delle obbligazioni ripristinatorie - Legittimità - Rivalsa nei confronti del
responsabile - Obbligo. Se il proprietario è in definitiva il soggetto al
quale, pur senza sua responsabilità, vengono poste a carico le obbligazioni
risarcitorie conseguenti all’inquinamento (e ciò proprio e solo perché
proprietario), ben può lo stesso proprietario essere reso destinatario di un
obbligo di attuare i necessari interventi, salva successiva rivalsa nei
confronti del responsabile, che l’amministrazione ha l’obbligo di individuare.
La titolarità ultima delle obbligazioni risarcitorie rende cioè possibile anche
la attribuzione (provvisoria) delle obbligazioni ripristinatorie. (contra: Cons.
Stato, sez. V, 16 giugno 2009 n. 3885; TAR Piemonte, sez. I, 24 novembre 2010 n.
1575; TAR Toscana, sez. II, 19 maggio 2010, n. 1524) Pres. Giovannini, Est.
Forlenza - S. s.p.a. (avv.ti Lo Pinto, Cintioli e Rotelli) c. Ministero
dell'Ambiente e Tutela del Territorio e del Mare (Avv. Stato), Regione Abruzzo e
altri (n.c.) -
TAR LAZIO, Roma, Sez. I - 14 marzo 2011, n. 2263
INQUINAMENTO - Bonifica - Interventi - Proprietario - Diritto di rivalsa nei
confronti del responsabile - Obbligo di individuazione a carico della P.A.
Responsabilità nei confronti del proprietario. L’attribuzione al
proprietario di interventi sui siti contaminati non comporta alcuna
affermazione, nemmeno implicita, di una sua responsabilità per l’inquinamento;
resta fermo il diritto di rivalsa del proprietario nei confronti del
responsabile, che l’amministrazione ha obbligo di individuare, con la
conseguenza, in particolare, che, laddove l’amministrazione abbia posto gli
interventi a carico del proprietario non responsabile e non provveda
all’accertamento di questi, essa potrebbe non essere (in astratto) immune da
responsabilità nei confronti del proprietario da essa stessa gravato, in via
provvisoria, di obbligazioni ripristinatorie. Pres. Giovannini, Est. Forlenza -
S. s.p.a. (avv.ti Lo Pinto, Cintioli e Rotelli) c. Ministero dell'Ambiente e
Tutela del Territorio e del Mare (Avv. Stato), Regione Abruzzo e altri (n.c.) -
TAR LAZIO, Roma, Sez. I - 14 marzo 2011, n. 2263
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N. 02263/2011 REG.PROV.COLL.
N. 01815/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1815 del 2009, integrato da motivi
aggiunti, proposto da:
Soc Solvay Solexis Spa, rappresentato e difeso dagli avv. Giuseppe Lo Pinto,
Fabio Cintioli, Romano Rotelli, con domicilio eletto presso Studio Legale
Bonelli Erede Pappalardo in Roma, via Salaria, 259;
contro
Ministero dell'Ambiente e Tutela del Territorio e del Mare, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura Gen. dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei
Portoghesi, 12;
Regione Abruzzo, Provincia di Pescara, Comune di Bussi Sul Tirino, Agenzia
Tutela Ambiente Regione Abruzzo Arta, Azienda Usl di Pescara, Azienda Sanitaria
Locale di Pescara Dip di Popoli, Comm Delegato Crisi Socio Economico Ambientale
Fiume Aterno, Provincia di Chieti;
nei confronti di
Soc Edison Spa, Soc Montedison Srl, rappresentati e difesi dagli avv. Andreina
Degli Esposti, Wladimiro Troise Mangoni, Riccardo Villata, con domicilio eletto
presso Riccardo Villata in Roma, via L.Bissolati, 76;
per l'annullamento
- della nota del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del
Mare del 23.12.2008, prot. 28930, con la quale il Ministero ha imposto a Solvay
Solexis S.p.A. l’attivazioni di specifiche caratterizzazioni e misure di messa
in sicurezza di emergenza nelle aree inquinate di proprietà della Società
stessa;
- di ogni altro atto presupposto, connesso, conseguente, ivi compreso ove
occorre possa del verbale della conferenza dei servizi istruttoria del
28.10.2008 comprese le relative dichiarazioni rese dal Commissario delegato;
E CON I SEGUENTI MOTIVI AGGIUNTI
- del Decreto direttoriale, in parte qua, prot.n. 3284/QDV/DI/VII-VIII del
17.02.2010, ricevuto il 26.02.2010, concernente il provvedimento finale di
adozione, ex articolo 14 ter legge 7 agosto 1990 n. 241, delle determinazioni
conclusive della Conferenza dei Servizi decisoria relativa al sito di bonifica
di interesse nazionale di “Bussi sul Tirino” dell’11.02.2010;
- in parte qua del verbale della Conferenza dei Servizi decisoria del
12.02.2010;
- della Relazione dell’ISPRA Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca
Ambientale “Procedimento penale n. 12/2006 r.g.r.g. (Tribunale di Pescara) –
Valutazione del danno ambientale” del dicembre 2009 trasmessa in allegato al
predetto Decreto direttoriale prot.n. 3284/QDV/DI/VII-VIII del 17.02.2010,
ricevuto il 26.02.2010;
- di ogni altro atto e provvedimento presupposto, connesso e comunque
consequenziale;
NONCHE’ PER LA CONDANNA delle Amministrazioni resistenti, ai sensi dell’art. 7
della L. n. 1034/71, come modificata dalla L.n. 205/2000, e dell’art. 35 del
D.lgs. n. 80/98, alla reintegrazione in forma specifica ovvero, in subordine,
per la condanna di tali p.a. al risarcimento dei danni per equivalente, nelle
misure che ci si riserva di meglio quantificare in corso di causa anche in esito
ai mezzi istruttori che si fa del pari riserva di richiedere, oltre alla
rivalutazione monetaria e agli interessi legali, dal dovuto al saldo
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Ambiente e Tutela
del Territorio e del Mare e di Soc Edison Spa e di Soc Montedison Srl;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 dicembre 2010 il dott. Oberdan
Forlenza e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con ricorso notificato in data 20 febbraio 2009, depositato il successivo 6
marzo, la società ricorrente impugna, chiedendone l’annullamento, la nota 23
dicembre 2008 n. 28930, con la quale il Ministero dell’ambiente le ha imposto
“l’attivazione di specifiche caratterizzazioni e misure di messa in sicurezza di
emergenza nelle aree inquinate di proprietà della società stessa”. Chiede,
inoltre, la condanna dell’amministrazione alla reintegrazione in forma
specifica, ovvero, in subordine, al risarcimento dei danni per equivalente,
nella misura determinata in corso di causa, oltre rivalutazione monetaria ed
interessi legali.
La ricorrente premette che la nota ora impugnata è stata adottata “nell’ambito
di un procedimento di bonifica che risulta aperto fin dal 2001” ed all’epoca
condotto dal Comune di Bussi nei confronti della società Ausimont s.p.a.
(controllata da Montedison s.p.a., poi divenuta Edison s.p.a.), società dalla
quale la ricorrente “ha acquistato ed assunto la titolarità dello stabilimento e
del sito di Bussi”.
Benchè non responsabile dell’inquinamento,la soc. Solvay “ha proseguito
nell’attuare ogni misura di tutela ambientale che sia stata richiesta
dall’amministrazione competente in merito al sito di Bussi sul Tirino”.
Tuttavia, il problema ambientale ha acquisito dimensioni sempre più ampie, ed è
stato affrontato dapprima con la nomina di un Commissario straordinario delegato
per la realizzazione di interventi urgenti nell’asta fluviale del bacino del
fiume Aterno”, poi direttamente dalla Regione Abruzzo, ciò soprattutto a seguito
della “scoperta di una grandissima discarica, da subito denominata
significativamente dalla stampa come “megadiscarica dei veleni”, attualmente
ancora di proprietà di Montedison s.r.l.”.
Quest’ultima – espone la ricorrente - già in questa fase del procedimento “è
stata chiamata, in accoglimento di una istanza presentata da Solvay Solexis, a
far parte del procedimento relativo al sito di Bussi di proprietà Solvay Solexis,
evidentemente nella qualità di soggetto inquinatore”.
Successivamente “a seguito della scoperta della gravissima contaminazione
indotta dalla mega discarica dei veleni”, con OPCM 4 ottobre 2007 i poteri del
Commissario straordinario sono stati estesi ed è stato istituito il “Sito di
interesse nazionale di Bussi sul Tirino” (D.M. 29 maggio 2008).
Descritte le vicende relative all’acquisto di Ausimont e affermato che “solo
dopo avere acquisito la gestione dello stabilimento di Bussi, Solvay Solexis
subentrata nella gestione del sito dal 2002, ha dovuto constatare che la
situazione ambientale in cui versava il sito era ben più compromessa di quella
falsamente rassicurante rappresentata da Montedison durante le trattative del
2001 per la cessione delle azioni Ausimont”; affermata altresì la propria
estraneità all’inquinamento, “riconducibile ai precedenti proprietari e gestori
del sito in quanto gli inquinanti rinvenuti erano legati a processi produttivi
svolti dal gruppo Montedison fino all’inizio degli anni settanta (pagg. 7- 16
ric.), la società ricorrente propone i seguenti motivi di ricorso:
a) violazione e falsa applicazione artt. 242 ss. d. lgs. n. 152/2006 e art. 174
Trattato C.E. “chi inquina paga”; violazione art. 1 l. n. 241/1990; eccesso di
potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto; ciò in quanto il
Ministero “ha imposto attività di messa in sicurezza dei suoli e della falda a
Solvay Solexis, che non ha alcuna responsabilità nelle cause dell’inquinamento,
soltanto perché la società è proprietaria del sito”, laddove le norme
prescrivono che sia il “responsabile del’inquinamento il soggetto chiamato a
occuparsi dei processi di messa in sicurezza e bonifica dei siti inquinati”. Al
contrario, “a carico del proprietario dell’area inquinata, che non sia anche
responsabile della contaminazione, non incombe invece alcun obbligo di porre in
essere gli interventi di bonifica e di messa in sicurezza, anche se di natura
emergenziale”, poiché questi “ha soltanto la facoltà di eseguirli
spontaneamente, al fine di evitare le conseguenze derivanti dai vincoli che
gravano sulla proprietà sub specie di onere reale e di privilegio speciale
immobiliare”. Né, infine, gli interventi imposti possono essere considerati
“misure di prevenzione ascrivibili anche al proprietario incolpevole”, essendo
essi “vere e proprie misure di messa in sicurezza di emergenza, la cui
esecuzione spetta esclusivamente al responsabile dell’inquinamento”;
b) violazione e falsa applicazione art. 5 l. n. 225/1992; incompetenza;
violazione e falsa applicazione art. 242 d. lgs. n. 152/2006; artt. 1, 14 e
14-ter l. n. 241/1990; difetto di istruttoria; incompetenza; poiché il Ministero
“ha prescritto alla ricorrente l’adozione di misure straordinarie senza avere
acquisito – né in conferenza di servizi né dopo – il consenso del commissario
straordinario”, ed ha inoltre adottato la nota impugnata “al di fuori ed in
assenza di una conferenza dei servizi decisoria cui dovevano partecipare gli
enti e le autorità competenti”;
c) violazione e falsa applicazione art. 242 ss. d. lgs. n. 152/2006; violazione
artt. 1, 14 e 14-ter, l. n. 241/1990; eccesso di potere per travisamento dei
presupposti di fatto e di diritto; violazione del principio di efficienza
dell’azione amministrativa; difetto di istruttoria e della motivazione; poiché
nel caso di specie è stata imposta “l’attuazione di rilevanti interventi di
messa in sicurezza senza avere minimamente svolto la doverosa attività
istruttoria e di indagine circa l’effettiva utilità e indifferibilità delle
misure prescritte, le cause e la riconducibilità (anche ipotetica) di queste al
soggetto cui dette misure e prescrizioni sono impartite”;
d) violazione art. 21-quinquies l. n. 241/1990; violazione art. 1 l. n. 241/1990
e del principio di efficienza dell’azione amministrativa; difetto di istruttoria
e della motivazione; poiché con l’adozione della nota impugnata, il Ministero
“ha implicitamente revocato gli atti del procedimento di messa in sicurezza e di
bonifica ambientale adottati dalle autorità competenti nei procedimenti
“comunale”, “regionale” e “commissariale”, che hanno portato alla approvazione
definitiva dei piani di caratterizzazione . . . nonché delle determinazioni
amministrative degli enti che hanno approvato gli interventi sui suoli e sulla
falda acquifera”, e ciò “senza specificare le ragioni di pubblico interesse
sottese a tale mutamento di indirizzo”;
e) violazione e falsa applicazione art. 242 ss. d. lgs. n. 152/2006; difetto dei
presupposti di fatto e di diritto; contraddittorietà con precedenti
determinazioni delle P.A. competenti; irragionevolezza; poiché gli interventi
imposti “sono inutili e privi di alcun fondamento normativo”, poiché “si pongono
in aperto contrasto rispetto a quanto già realizzato da Solvay Solexis nel corso
del procedimento di bonifica” e fanno riferimento a parametri e soluzioni
tecniche privi di riscontro normativo; inoltre, detti interventi sono
“irragionevoli e contraddittori”, poiché molte delle attività richieste
“comportano un inutile dispendio di risorse”.
2. Con successivo ricorso per motivi aggiunti (depositato il 12 aprile 2010), la
società ricorrente ha impugnato una pluralità di atti e, in particolare, il
decreto del direttore del Ministero dell’ambiente 17 febbraio 2010, di adozione
delle determinazioni conclusive della conferenza di servizi decisoria, relativa
al sito di bonifica di interesse nazionale di “Bussi sul Tirino” del 11 febbraio
2010.
Preliminarmente la società, che è “nudo proprietario del sito”, premette che
oggetto di gravame “sono gli atti del procedimento di bonifica del sito
industriale di Bussi sul Tirino, nella parte in cui non identificano come
obbligato o quantomeno coobbligato Edison s.p.a. (già Montedison s.p.a.) e,
quindi, anche per il successivo iter del procedimento di bonifica non prevedano
la partecipazione diretta della controinteressata alla predisposizione e
all’esecuzione degli interventi di bonifica del sito e delle aree oggi di
proprietà di Solvay Solexis s.p.a.”.
Ciò in quanto – precisa la ricorrente – “l’accertamento delle cause
dell’inquinamento e delle relative responsabilità nel procedimento sarà infatti
determinante ai fini dell’azione di rivalsa che Solvay Solexis, in qualità di
proprietario non responsabile dell’inquinamento, eserciterà . . . nei confronti
di Edison s.p.a. (già Montedison s.p.a.), soggetto responsabile della
contaminazione del sito e delle aree di Solvay Solexis per le spese da questa
sostenute e che dovrà sostenere in futuro nonché per l’eventuale maggior danno
che essa subirà”.
La ricorrente premette altresì che con il decreto impugnato, il Ministero
“questa volta all’esito di una rituale conferenza di servizi”, ha in questo modo
“sostanzialmente assorbito il decreto del 23 dicembre 2008 impugnato con il
primo ricorso, continuando però a non coinvolgere nelle relative attività e a
non identificare il vero responsabile dell’inquinamento; Edison, l’odierna
controinteressata”.
Propone, quindi, i seguenti, ulteriori motivi di ricorso:
a) violazione e falsa applicazione artt. 242, 244 e 245 d. lgs. n. 152/2006;
eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto;
violazione art. 1 l. n. 241/1990 e del principio di efficienza dell’azione
amministrativa; difetto di istruttoria e di motivazione; poiché si sono ascritti
solo a Solvay “rilevanti e onerosissimi obblighi di messa in sicurezza del sito
e di bonifica, senza contemplare più Edison”, laddove occorre individuare il
soggetto che ha causato l’inquinamento, ordinandogli la bonifica”; d’altra
parte, il mancato coinvolgimento del soggetto responsabile pregiudica o comunque
seriamente ostacola il diritto di rivalsa per obblighi di bonifica “che pure si
volesse spontaneamente assumere come proprietario non responsabile”;
b) violazione e falsa applicazione artt. 242, 244 e 245 d. lgs. n. 152/2006;
violazione del principio “chi inquina paga”; eccesso di potere per travisamento
dei presupposti di fatto e di diritto; difetto di istruttoria; poiché non si è
considerata la posizione di Edison, la quale in qualità di soggetto responsabile
della politica ambientale del gruppo e segnatamente della gestione diretta che
essa ha avuto dello stabilimento de quo è certamente responsabile della
contaminazione del sito”; peraltro, le norme in materia di responsabilità
ambientale “lì dove si riferiscono al soggetto inquinatore, certamente
coinvolgono anche una controllante che si sia manifestamente ingerita
nell’attività della controllata” (cioè Edison nei confronti di Ausimont);
c) violazione e falsa applicazione degli artt. 242 ss. d. lgs. n. 152/2006; art.
1 l. n. 241/1990; eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e
di diritto; difetto di istruttoria e di motivazione; poichè “la mancata
identificazione di Edison come inquinatore o almeno coinquinatore provoca anche
un evidente difetto di istruttoria”, non acquisendosi da tale soggetto
“informazioni rilevantissime ai fini della corretta individuazione degli
interventi di bonifica”;
d) violazione e falsa applicazione artt. 239 ss. d. lgs. n.152/2006 e del
principio “chi inquina paga”; eccesso di potere per travisamento dei presupposti
di fatto e di diritto; irragionevolezza e contraddittorietà con precedenti
determinazioni delle P.A. competenti e difetto di istruttoria; poiché gli
interventi imposti “sono irragionevoli, contraddittori e privi di fondamento
giuridico”;
e) violazione artt. 239 ss. d. lgs. n. 152/2006 e del principio “chi inquina
paga”; violazione e falsa applicazione dell’art. 174 Trattato C.E.; violazione
artt. 311, 313, 314 d.lgs. n. 152/2006; difetto di istruttoria; violazione art.
3 l. n. 241/1990; eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e
di diritto;ciò relativamente alla trasmissione alla ricorrente della relazione
ISPRA, posto che essa è proprietario non responsabile dell’inquinamento, che non
è stata comunque consultata nel procedimento, di modo che la quantificazione del
danno “di per sé abnorme e sproporzionata . . . è stata effettuata senza alcuna
comprensione delle cause e dei fenomeni di inquinamento rilevati”,
f) incompetenza e violazione di legge, posto che il provvedimento risulta
adottato anche dal Commissario straordinario, mentre non possono coesistere nel
medesimo sito di interesse nazionale i poteri ordinari del Ministro e quelli
straordinari del Commissario.
3. Si è costituito in giudizio il Ministero dell’ambiente e della tutela del
territorio.
Si è costituta in giudizio la società Montedison, la quale, fin dalla memoria
depositata il 27 aprile 2010, ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità del
ricorso ed il proprio difetto di legittimazione passiva, posto che essa non è
mai stata “la proprietaria degli stabilimenti del polo chimico di Bussi sul
Tirino, né mai ne ha assunto la gestione”. Ha comunque concluso richiedendo il
rigetto dei ricorsi, stante la loro infondatezza.
Si è altresì costituita in giudizio la società Edison s.p.a., che ha
preliminarmente eccepito l’inammissibilità del ricorso, poiché con esso si “mira
ad ottenere l’emanazione di una sentenza che, oltre ad annullare i provvedimenti
impugnati, disponga il coinvolgimento di Edison nel procedimento amministrativo
in corso, quale soggetto responsabile dell’inquinamento, sovrapponendo il
convincimento del Tribunale ad una valutazione riservata esclusivamente alla
Pubblica Amministrazione”; in definitiva, il Tribunale finirebbe per esercitare
giurisdizione di merito in casi non previsti. Ha comunque concluso richiedendo
il rigetto dei ricorsi, stante la loro infondatezza.
All’odierna udienza la causa è stata riservata in decisione.
DIRITTO
4. Preliminarmente, il Tribunale deve dichiarare l’improcedibilità del ricorso
originario per sopravvenuto difetto di interesse, in quanto la nota 28 dicembre
2008 n. 28930, risulta superata dalla successiva emanazione del decreto 17
febbraio 2010, impugnato con il ricorso per motivi aggiunti.
La stessa ricorrente (v. memoria depositata il 2 dicembre 2010, pag. 3), ha
dichiarato, peraltro, che il ricorso introduttivo “deve intendersi ormai
assorbito dal ricorso per motivi aggiunti”, proprio in virtù dell’emanazione del
secondo provvedimento citato.
Il Tribunale ritiene, inoltre, di poter prescindere dall’esame delle eccezioni
di inammissibilità, in quanto relative al ricorso per motivi aggiunti, avanzate
dalle controinteressate Edison e Montedison, nonchè di carenza di legittimazione
passiva (avanzata dalla sola Montedison), alla luce della pronuncia adottata nel
merito.
5. Il ricorso per motivi aggiunti è infondato e deve essere, pertanto, respinto,
alla luce delle ragioni di seguito esposte.
Occorre innanzi tutto precisare, in punto di fatto, che:
- con nota 23 dicembre 2008 n. 28930, indirizzata alla società Solvay Solexis,
il Direttore generale della Direzione generale per la qualità della vita del
Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, constatato che, nel sito
di interesse nazionale da bonificare di Bussi sul Tirino, “a fronte del grave e
diffuso stato di contaminazione non risultano essere state adottate misure di
messa in sicurezza dei suoli e delle citate discariche”, ordinava alla società
in indirizzo di procedere ad una pluralità di interventi (pagg. 3-6 della nota),
riservandosi “ulteriori prescrizioni in merito alle attività di
caratterizzazione e di progettazione degli interventi di bonifica e messa in
sicurezza d’emergenza”;
- con successivo decreto 17 febbraio 2010 n. 8813, (indirizzato sia alla soc.
“Solvay Solexis s.p.a. (ex Ausimont)”, sia alla soc. “Solvay Chimica Bussi”, il
medesimo Direttore generale del Ministero dell’ambiente, a seguito della
conferenza di servizi decisoria del 11 febbraio 2010, tenuto conto che nel
verbale di detta conferenza “sono individuati gli interventi necessari per la
bonifica del sito di interesse nazionale di Bussi sul Tirino nonché i soggetti
obbligati alla loro realizzazione”; tenuto altresì conto che “i soggetti così
individuati hanno l’obbligo di adempiere alle prescrizioni stabilite
dall’amministrazione procedente”, approvava e considerava “come definitive tutte
le prescrizioni stabilite nel verbale della conferenza di servizi decisoria del
11 febbraio 2010”.
Dal verbale della conferenza di servizi 11 febbraio 2010, si evince che ciò che
riguarda la soc. Solvay Solexis è il terzo punto all’o.d.g., , con riferimento
agli interventi sub lettere a)-e). In particolare (pag. 9) si legge che “i
partecipanti alla odierna conferenza di servizi deliberano di prendere atto dei
citati documenti presentati da Solvay Solexis subordinatamente al recepimento
delle succitate prescrizioni dal numero 1 al numero 16”.
Da tale affermazione, occorre dedurre che le “prescrizioni” costituiscono gli
“interventi necessari”, di cui al decreto dirigenziale impugnato, e che il
“soggetto obbligato ala loro realizzazione” è la soc. Solvay Solexis (in quanto
presentatore dei documenti oggetto di esame in conferenza).
Appare dunque evidente dalla lettura degli atti, che né nel verbale della
conferenza di servizi del 11 febbraio 2010, cui il provvedimento impugnato
rinvia per relationem, né nello stesso decreto dirigenziale impugnato, si
procede alla individuazione del “soggetto responsabile dell’inquinamento” (e
pertanto gli interventi prescritti non sono conseguenza di un accertamento di
responsabilità), ma che le prescrizioni che i soggetti hanno “l’obbligo di
adempiere” conseguono alla accertata proprietà dei beni sui quali gli interventi
devono essere attuati, e ciò in conseguenza di presentazione di documenti
(relativi ad attività di caratterizzazione, ad attività di messa in sicurezza
d’emergenza, ad indagini idrogeologiche, etc.) effettuata proprio nella predetta
qualità di proprietari degli immobili.
In definitiva, laddove il decreto dirigenziale afferma essere intervenuta una
individuazione dei “soggetti obbligati alla loro realizzazione” (degli
interventi necessari per la bonifica del sito), lo stesso deve essere inteso
escludendo che esso intenda riferirsi ad obblighi conseguenti ad un definitivo
accertamento di responsabilità, bensì ad “obblighi” connessi alle prescrizioni
(interventi) impartite, come da verbale della conferenza di servizi. E ciò a
prescindere dalla definitiva attribuzione delle obbligazioni quale conseguenza
dell’accertamento della responsabilità dell’inquinamento.
Ciò che risulta nei confronti di Solvay Solexis s.p.a (punto 3 o.d.g. conferenza
di servizi), è riscontrabile, in pratica con lo stesso modus operandi, sia nei
confronti di Edison s.p.a. (punto 4 o.d.g.) e di ENEL s.p.a. (punto 6 o.d.g.).
6. Tanto premesso in punto di fatto, ed evincibile dalla lettura dei documenti
indicati, occorre ricordare che il d. lgs. 3 aprile 2006 n. 152 (Codice
dell’ambiente), prevede (Titolo V, “Bonifica dei siti contaminati”):
- all’art. 242, una pluralità di obblighi a carico del soggetto responsabile
dell’inquinamento, prevedendo, in particolare, che “al verificarsi di un evento
che sia potenzialmente in grado di contaminare il sito, il responsabile
dell’inquinamento mette in opera entro ventiquattro ore le misure necessarie di
prevenzione e ne da immediata comunicazione . . .” (co.1); che “il responsabile
dell’inquinamento, attuate le necessarie misure di prevenzione, svolge, nelle
zone interessate dalla contaminazione, un’indagine preliminare sui parametri
oggetto dell’inquinamento. . .” e “provvede al ripristino delle zone
contaminate” (co. 2);
- all’art. 244, relativo al potere di ordinanza, che l’amministrazione “dopo
avere svolto le opportune indagini volte ad identificare il responsabile
dell’evento di superamento” dei livelli di contaminazione, “diffida con
ordinanza motivata il responsabile della potenziale contaminazione a provvedere
ai sensi del presente titolo” (co. 2); tale ordinanza “è comunque notificata
anche al proprietario del sito” (co. 3), ai sensi e per gli effetti dell’art.
253. Inoltre, si prevede che (co. 4) “se il responsabile non sia individuabile o
non provveda il proprietario del sito né altro soggetto interessato, gli
interventi che risultassero necessari . . . sono adottati dall’amministrazione
competente in conformità a quanto disposto dall’art. 250”;
- all’art. 245, che “le procedure per gli interventi di messa in sicurezza, di
bonifica e di ripristino ambientale disciplinate dal presente titolo possono
essere comunque attivate su iniziativa degli interessati non responsabili”;
inoltre, “fatti salvi gli obblighi della potenziale contaminazione”, il
proprietario che rilevi il superamento o il pericolo di superamento della
concentrazione soglia di contaminazione., deve “attuare le misure di prevenzione
secondo la procedura di cui all’art. 242”;
- all’art. 250, che “qualora i soggetti responsabili della contaminazione non
provvedano direttamente agli adempimenti disposti dal presente titolo ovvero non
siano individuabili e non provvedano né il proprietario del sito né altri
soggetti interessati, le procedure e gli interventi di cui all’art. 242 sono
realizzati d’ufficio dal comune territorialmente competente e, ove questo non
provveda, dalla regione”;
- all’art. 253, che gli interventi costituiscono onere reale sui siti
contaminati, qualora effettuati di ufficio dall’autorità competente (co. 1), e
che le spese sostenute per gli interventi “sono assistite da privilegio speciale
immobiliare sulle aree medesime” (co. 2). Infine, il comma 3 prevede che “il
privilegio e la ripetizione delle spese possono essere esercitati, nei confronti
del proprietario del sito incolpevole dell’inquinamento o del pericolo di
inquinamento, solo a seguito del provvedimento motivato dell’autorità competente
che giustifichi, tra l’altro, l’impossibilità di accertare l’identità del
soggetto responsabile ovvero che giustifichi l’impossibilità di esercitare
azioni di rivalsa nei confronti del medesimo soggetto ovvero la loro
infruttuosità”.
Alla luce delle disposizioni citate, appare evidente che, nel sistema
sanzionatorio ambientale, il proprietario del sito inquinato è senza dubbio
soggetto diverso dal responsabile dell’inquinamento (pur potendo, ovviamente, i
due soggetti coincidere); su quest’ultimo gravano, oltre altri tipi di
responsabilità da illecito, tutti gli obblighi di intervento, di bonifica e lato
sensu ripristinatori, previsti dal Codice dell’ambiente (in particolare, dagli
artt. 242 ss.).
Tuttavia, il proprietario dell’immobile, pur incolpevole, non è immune da ogni
coinvolgimento nella procedura relativa ai siti contaminati e dalle conseguenze
della constatata contaminazione. Ed infatti:
- in primo luogo, il proprietario è comunque tenuto ad attuare le misure di
prevenzione di cui all’art. 242 (art. 245);
- in secondo luogo, il proprietario, ancorchè non responsabile, può sempre
attivare volontariamente gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di
ripristino ambientale (art. 245);
- infine, il proprietario è il soggetto sul quale l’ordinamento, in ultima
istanza, fa gravare – in mancanza di individuazione del responsabile o in caso
di sua infruttuosa escussione - le conseguenze dell’inquinamento e dei
successivi interventi (art. 253).
In sostanza, se gli obblighi di bonifica, ripristino ambientale e quant’altro
occorrente a seguito della constata contaminazione, ovvero gli obblighi di
riparazione per equivalente gravano sul responsabile dell’inquinamento, è
altrettanto vero che, in subordine, qualora il responsabile non venga
individuato, ovvero risulti che non sia in grado di far fronte alle proprie
obbligazioni risarcitorie, le obbligazioni risarcitorie per equivalente sono
dall’ordinamento posti a carico del proprietario, ancorchè “incolpevole
dell’inquinamento”, attesa proprio la natura di onere reale degli interventi
effettuati (art. 253).
In definitiva, l’ordinamento
- per un verso attua il principio “chi inquina paga”, introdotto dall’art. 174,
comma 2, del Trattato UE (secondo il quale “ la politica della Comunità in
materia ambientale mira a un elevato livello di tutela, tenendo conto delle
diversità delle situazioni nelle varie regioni della Comunità. Essa è fondata
sui principi della precauzione e dell'azione preventiva, sul principio della
correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente,
nonché sul principio "chi inquina paga", individuando nel responsabile
dell’inquinamento il soggetto responsabile per le obbligazioni ripristinatorie e
risarcitorie;
- per altro verso, non prevede che – in assenza di individuazione del
responsabile ovvero di impossibilità di questi a far fronte alle proprie
obbligazioni – il costo degli interventi gravi sulla collettività (per il
tramite di uno degli enti esponenziali di questa), ma pone tali costi a carico
della proprietà. D’altra parte, la ratio sottesa al principio comunitario “chi
inquina paga”, è quella di escludere che i costi derivanti dal ripristino di
siti colpiti da inquinamento venga sopportato dalla collettività.
Né tale previsione risulta costituzionalmente illegittima, sia in quanto essa è
destinata a trovare attuazione solo a seguito di accertata impossibilità di
individuare il responsabile o di escuterlo fruttuosamente, ciò dichiarando
attraverso un atto congruamente motivato ed assoggettato al controllo
giurisdizionale (escludendosi ogni forma di solidarietà del proprietario), sia
in quanto è principio generale del nostro ordinamento quello relativo alla
funzione sociale della proprietà (art. 42 Cost.), che giustifica anche la
conformazione, imposizione di pesi o oneri, ed infine la stessa estinzione per
espropriazione del diritto.
In conclusione, il proprietario del sito contaminato non è estraneo, ancorchè
incolpevole, alle vicende successive al constatato inquinamento, né immune
dall’attribuzione “finale”, pur con le modalità e cautele previste, delle
obbligazioni risarcitorie.
E proprio perché può essere il titolare finale di dette obbligazioni
risarcitorie, il proprietario è titolare di un interesse legittimo a che
l’amministrazione eserciti ogni attività volta alla individuazione del
responsabile, pretenda da questi le attività di ripristino necessarie per legge
in relazione alla contaminazione constatata, ovvero ponga a suo carico le spese
di quanto si è dovuto attuare di ufficio.
Allo stesso tempo, laddove l’amministrazione non avesse a ciò provveduto, ben
può il proprietario impugnare il provvedimento eventualmente emanato ai sensi
dell’art. 253, co. 3, deducendo i vizi di violazione di legge ed eccesso di
potere di cui tale atto risulterebbe affetto.
7. Orbene, proprio perché il proprietario non è estraneo alle vicende successive
all’accertata contaminazione dell’immobile oggetto del suo diritto; proprio
perché egli è tenuto ad attuare le misure di prevenzione necessarie; proprio
perché egli può – anche in vista delle conseguenze future in cui potrebbe
incorrere ex art. 253 – sempre farsi carico volontariamente degli interventi
necessari, non sussiste alcun impedimento a ritenere che il proprietario possa
essere reso destinatario dall’amministrazione competente – salvo sua rivalsa nei
confronti del responsabile – degli interventi di messa in sicurezza, bonifica e
ripristino ambientale, e ciò senza che tale attribuzione consegua o sia indice
di una sua responsabilità.
In altre parole, se il proprietario è in definitiva il soggetto al quale, pur
senza sua responsabilità, vengono poste a carico le obbligazioni risarcitorie
conseguenti all’inquinamento (e ciò proprio e solo perché proprietario), ben può
lo stesso proprietario essere reso destinatario di un obbligo di attuare i
necessari interventi, salva successiva rivalsa nei confronti del responsabile,
che l’amministrazione ha l’obbligo di individuare.
La titolarità ultima delle obbligazioni risarcitorie rende cioè possibile anche
la attribuzione (provvisoria) delle obbligazioni ripristinatorie.
Questo Tribunale è consapevole delle diverse conclusioni cui è giunta la
giurisprudenza amministrativa (Cons. Stato, sez. V, 16 giugno 2009 n. 3885; TAR
Piemonte, sez. I, 24 novembre 2010 n. 1575; TAR Toscana, sez. II, 19 maggio
2010, n. 1524), secondo la quale l'obbligo di bonifica è posto in capo al
responsabile dell'inquinamento, che le Autorità amministrative hanno l'onere di
ricercare ed individuare, mentre il proprietario non responsabile
dell'inquinamento o altri soggetti interessati hanno una mera "facoltà" di
effettuare interventi di bonifica.
Ciò nonostante, la conclusione ora esposta, che si ricava dagli articoli del
Codice dell’ambiente sopra indicati e che non è esclusa espressamente da alcuna
norma, appare ragionevole anche considerando che:
- per un verso, nel quadro di complesse operazioni dove la adozione di misure di
prevenzione (che espressamente compete al proprietario, ex art. 245) è
propedeutica o comunque connessa alle opere di bonifica e ripristino ambientale,
l’attribuzione complessiva degli interventi al proprietario può costituire la
soluzione più ragionevole ed efficiente;
- per altro verso, l’intervento dell’amministrazione, in assenza di
individuazione del responsabile, comporterebbe comunque un sacrificio del
diritto del proprietario, stando la temporanea sospensione delle sue facoltà di
godimento del bene;
- per altro verso ancora, non è escluso che, in conseguenza della esecuzione “di
ufficio” degli interventi, le spese che il proprietario vedrebbe conclusivamente
poste a proprio carico risultino più elevate, rispetto ad una sua attuazione
“diretta” degli interventi;
- infine, il proprietario è tenuto agli interventi “intra vires”, e cioè nei
limiti di valore dell’area di sua proprietà sulla quale gravano onere reale e
privilegio speciale immobiliare (TAR Veneto, sez. III, 15 settembre 2009 n.
2804), ben potendo quindi egli dolersi di un provvedimento che gli commetta
interventi di valore superiore.
E’ appena il caso di ripetere che l’attribuzione al proprietario di interventi
sui siti contaminati non comporta alcuna affermazione, nemmeno implicita, di una
sua responsabilità per l’inquinamento; che resta fermo il diritto di rivalsa del
proprietario nei confronti del responsabile; che sussiste l’obbligo
dell’amministrazione di individuare quest’ultimo, con la conseguenza, in
particolare, che, laddove l’amministrazione abbia posto gli interventi a carico
del proprietario non responsabile e non provveda all’accertamento di questi,
essa potrebbe non essere (in astratto) immune da responsabilità nei confronti
del proprietario da essa stessa gravato, in via provvisoria, di obbligazioni
ripristinatorie.
8. Nel caso di specie, si è già chiarito che con il provvedimento impugnato
l’amministrazione, pur avendo posto taluni interventi a carico della società
ricorrente, ciò ha disposto in considerazione della sua veste di proprietario
del sito inquinato, non essendo rinvenibile nell’atto citato alcuna affermazione
di responsabilità per l’inquinamento a carico della Solvay Solexis.
Così come si è già chiarito che la ricorrente deve ritenersi “obbligata” ad
eseguire gli interventi(oltre che “intra vires”, nei sensi sopra precisati) in
quanto detti obblighi sono connessi alle prescrizioni (interventi) impartite,
come da verbale della conferenza di servizi, a prescindere dalla definitiva
attribuzione delle obbligazioni quale conseguenza dell’accertamento della
responsabilità dell’inquinamento.
Ciò considerato, ed alla luce di quanto sin qui esposto, consegue l’infondatezza
dei motivi (proposti con il ricorso per motivi aggiunti) riportati sub a), b) ed
e) dell’esposizione in fatto, tutti in pratica fondati sul presupposto della
necessaria attribuzione dell’obbligo di intervenire al solo responsabile
dell’inquinamento.
Sul punto, giova ancora osservare che tali motivi di ricorso si fondano
sull’assunto di una sorta di “indifferenza” e/o “estraneità” del proprietario
alle vicende successive al’inquinamento e alle attività (e spese conseguenti)
per il ripristino ambientale, laddove l’art. 253 codice dell’ambiente non
consente tale conclusione.
In altre parole, il recepimento del principio “chi inquina paga” nel nostro
ordinamento – che vede giustamente, nei modi sopradescritti, l’affermazione
della responsabilità dell’autore dell’illecito – non giunge fino al punto di
addossare alla collettività le conseguenze di tale inquinamento, ponendo in
rilievo la particolare posizione del proprietario.
Nel caso di specie, occorre altresì aggiungere che:
- per un verso, gli interventi prescritti alla società ricorrente conseguono
proprio a proposte e documentazione dalla stessa presentate e valutate in
conferenza di servizi;
- per altro verso, nell’ambito dei detti interventi appare difficile (né tale
distinzione è stata effettuata dalla Solvay Solexis) distinguere tra interventi
di prevenzione (per i quali lo stesso art. 245 prevede l’obbligo di intervento
del proprietario) e “vere e proprie misure di messa in sicurezza di emergenza”,
che in ricorso si assume non essere tenuti ad attuare.
Infine, non può costituire motivo di illegittimità del provvedimento la non
ancora intervenuta individuazione del responsabile dell’inquinamento, dovendo
l’amministrazione comunque procedervi e ben potendo il proprietario richiedere
che l’amministrazione vi provveda, utilizzando gli strumenti di tutela previsti
dall’ordinamento avverso l’inerzia della P.A., ovvero avverso le conseguenze
dannose di tale inerzia, escludendosi per tali ragioni che – così come lamentato
con il primo motivo di ricorso - il mancato coinvolgimento del soggetto
responsabile possa pregiudicare o comunque seriamente ostacolare il diritto di
rivalsa per obblighi di bonifica (fermo restando quanto previsto dall’art. 253
Codice ambiente).
Altrettanto infondati risultano essere i motivi sub lett. c) e d)
dell’esposizione in fatto, posto che, per un verso, essi sono affetti da
genericità, non essendo indicati quali effettivi contributi istruttori su
sarebbero potuti ottenere per il tramite del previo accertamento del
responsabile dell’inquinamento, né perché gli interventi disposti sarebbero
“irragionevoli, contraddittori e privi di fondamento giuridico”.
Infine, risulta infondato anche il motivo sub f), proposto dalla ricorrente “in
via del tutto subordinata” (pag. 38 ric. per motivi aggiunti), posto che, avendo
il Commissario straordinario partecipato alla conferenza di servizi, il decreto
ministeriale si presenta solo come “provvedimento finale del procedimento”, ex
art. 14-ter l. n. 241/1990.
Né, d’altra parte, attesa la convergenza del Commissario straordinario e del
Ministero dell’ambiente sulla decisione adottata, la ricorrente ha interesse
all’accertamento del vizio di incompetenza, posto che, quale che possa essere
considerata l’amministrazione competente, avendo ambedue le amministrazioni
convenuto sul contenuto provvedimentale, quest’ultimo non subirebbe modifiche.
Per le ragioni sin qui esposte, il ricorso per motivi aggiunti deve essere
respinto.
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti spese, diritti ed onorari
di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso proposto da Solvay Solexis s.p.a. (n.
1815/2009 r.g.):
a) dichiara improcedibile il ricorso introduttivo;
b) rigetta il ricorso per motivi aggiunti;
c) compensa tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 dicembre 2010 con
l'intervento dei magistrati:
Giorgio Giovannini, Presidente
Roberto Politi, Consigliere
Oberdan Forlenza, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/03/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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