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T.A.R. LAZIO, Roma, Sez. I ter - 31 maggio 2011, n. 4915
RIFIUTI - Controversie attinenti alla gestione dei rifiuti - Competenza
inderogabile del Tar Lazio - Art. 135, c. 1, lett. e) c.p.a. - Clausole
convenzionali di deroga del foro - Irrilevanza. L’art. 135, comma 1, lett.
e), C.p.a., attribuisce alla competenza funzionale inderogabile del TAR del
Lazio tutte le controversie di cui all’art. 133, comma 1, lett. p), C.p.a., tra
le quali quelle “… comunque attinenti alla complessiva azione di gestione del
ciclo dei rifiuti”, sicchè non rilevano, ai fini della competenza territoriale,
eventuali clausole derogatorie del foro convenzionalmente stabilite dalle parti.
Pres. Borea, Est. Rovis - I. s.p.a. (avv.ti Sechi e Sticchi Damiani) c. regione
Puglia (avv. Matassa) e Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento
Protezione Civile (Avv. Stato) -
TAR LAZIO, Roma, Sez. I-ter - 31 maggio 2011, n. 4915
RIFIUTI - Rifiuti derivanti da attività di selezione meccanica degli RSU -
Natura di rifiuti speciali - Esclusione - Abrogazione dell’art. 184, c. 3, lett.
n) del d.lgs. n. 152/2006 - Classificazione quali rifiuti urbani. La lettera
n) del terzo comma dell’articolo 184 del Codice dell’Ambiente (che classificava
nell’ambito dei ‘rifiuti speciali’ i rifiuti derivati dalle attività di
selezione meccanica dei rifiuti solidi urbani) è stata soppressa dall'art. 2,
comma 21-bis, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e, quindi, i rifiuti derivati
dalle attività di selezione meccanica dei rifiuti solidi urbani non possono
essere più considerati e classificati quali rifiuti speciali, ma rientrano
nell’ambito della classificazione dei rifiuti urbani. In senso contrario non può
essere richiamato l’Allegato D) alla Parte IV del Codice dell’Ambiente - recante
l’Elenco dei rifiuti di cui alla Decisione 2000/532/CE - il quale indica i
rifiuti urbani con un codice CER a sei cifre che inizia con la serie 20, mentre
i codici CER contrassegnati con la serie iniziale 19 identificano rifiuti
speciali. Infatti, il citato Allegato D) precisa che il codice a sei cifre
riferito a ciascun rifiuto è utile per identificare la ‘fonte che genera il
rifiuto’ stesso e, quindi, per individuare la disciplina applicabile occorre,
comunque, fare riferimento alla normativa primaria contenuta nell’articolo 184,
commi 2 e 3, del d.lgs. n. 152/2006, che reca la puntuale classificazione dei
rifiuti urbani e di quelli speciali. Pres. Borea, Est. Rovis - I. s.p.a.
(avv.ti Sechi e Sticchi Damiani) c. regione Puglia (avv. Matassa) e Presidenza
del Consiglio dei Ministri - Dipartimento Protezione Civile (Avv. Stato) -
TAR LAZIO, Roma, Sez. I-ter - 31 maggio 2011, n. 4915
RIFIUTI - Separazione meccanica della frazione secca dalla frazione umida -
Trasformazione del rifiuto da urbano a speciale - Impossibilità - Principio di
autosufficienza - Divieto di smaltimento in regioni diverse da quella di
produzione. La semplice separazione meccanica della frazione secca dalla
frazione umida di un rifiuto non può comportare il mutamento della natura del
rifiuto da urbano a speciale, con conseguente sottrazione del ‘rifiuto speciale’
alla disciplina del ‘rifiuto urbano’. Si giungerebbe altrimenti alla conclusione
irrazionale che ciò che non può essere smaltito e trasportato fuori Regione
“intero” (il rifiuto urbano), possa poi essere smaltito e trasportato una volta
“frazionato” (il rifiuto speciale con codice CER 19.12.12). In sostanza, a tal
fine non può essere considerata decisiva l’attribuzione del codice CER 19.12.12,
perché le operazioni di tritovagliatura si pongono come preliminari rispetto a
quella che sarà l’operazione compiuta di recupero o smaltimento cui il rifiuto
deve essere sottoposto e non sono, quindi, utili, da sole, a cambiare la
classificazione del rifiuto secondo l’origine. Affermare il contrario
significherebbe consentire - mediante la semplice operazione meccanica e di
riduzione del volume - di disattendere la normativa che disciplina la gestione
dei rifiuti urbani, il principio di autosufficienza ed il divieto di smaltimento
in regioni diverse da quella di produzione (cfr. Cass. Penale, Sez. III, 9
dicembre 2009, n. 46843: Tribunale di Milano, Ufficio GIP, 23 marzo 2006).
Pres. Borea, Est. Rovis - I. s.p.a. (avv.ti Sechi e Sticchi Damiani) c. regione
Puglia (avv. Matassa) e Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento
Protezione Civile (Avv. Stato) -
TAR LAZIO, Roma, Sez. I-ter - 31 maggio 2011, n. 4915
RIFIUTI - Legislazione eccezionale introdotta per fronteggiare l’emergenza
rifiuti in Campania - Eccezioni al principio di smaltimento intra regionale dei
rifiuti urbani - Esclusione - Necessità di specifico assenso. La
legislazione statale di natura eccezionale e derogatoria, introdotta per
fronteggiare l’emergenza rifiuti in Campania non prevede eccezioni al principio
di smaltimento intra-regionale dei rifiuti urbani, quali devono essere
classificati quelli con codice CER 19.12.12: l’assenso della Regione Puglia al
trasferimento dei rifiuti campani è pertanto il presupposto che abilita lo
smaltimento dei rifiuti campani nel territorio pugliese, in base alla previsioni
contenute nell’art. 182, comma 3 del d.lgs. n. 152 del 3.4.2006, nell’art. 5,
comma 3, del d.l. n. 263 del 9 ottobre 2006, nell’art. 1, comma 7 del d.l. n.
196 del 26 novembre 2010. In base alla disciplina emergenziale, fino alla
cessazione dello stato di emergenza, non sarebbe stato possibile conferire
extra-regione rifiuti solidi urbani o speciali non pericolosi provenienti dagli
STIR campani, in mancanza o al di fuori specifici accordi stipulati tra la
Regione Campania e le regioni disponibili ai conferimenti nel proprio
territorio. Pres. Borea, Est. Rovis - I. s.p.a. (avv.ti Sechi e Sticchi Damiani)
c. regione Puglia (avv. Matassa) e Presidenza del Consiglio dei Ministri -
Dipartimento Protezione Civile (Avv. Stato) -
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N. 04915/2011 REG.PROV.COLL.
N. 01872/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1872 del 2011, proposto da Italcave
S.p.a., rappresentata e difeso dagli avv.ti Giampaolo Sechi ed Ernesto Sticchi
Damiani, con domicilio eletto presso Studio Legale Studio Bdl in Roma, via Bocca
di Leone, 78;
contro
Regione Puglia, rappresentata e difesa dall'avv. Nino Matassa, con domicilio
eletto presso Studio Legale Placidi in Roma, via Cosseria, 2;
Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Campania (ARPAC) (non
costituita);
Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento Protezione Civile -
rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per
legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
e con l'intervento di
ad adiuvandum, A. De Sarlo A. & C. S.a.s., rappresentata e difesa dall'avv.
Pasquale Rago, con domicilio eletto presso Gabriella Rago in Roma, via Caio
Mario n.7;
per l’annullamento
previa adozione di idonee misure cautelari,
- della nota prot. n. A00089/10-02-2011-n.1258 del 10 febbraio 2011, a firma
congiunta del Dirigente dell’Ufficio Inquinamento e Grandi Impianti, del
Dirigente del Servizio Gestione dei Rifiuti e Bonifiche e del Dirigente del
Servizio Ecologia della Regione Puglia, inviata a mezzo telefax a Italcave
S.p.A. in data 10 febbraio 2011, avente ad oggetto “Società Italcave Spa.
Diffida cessazione conferimenti”;
- ove occorra, della nota prot. n. 6514/2011 del 22 febbraio 2011 a firma del
Direttore Generale dell’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della
Campania (ARPAC), comunicata a mezzo telefax a Italcave S.p.A. in data 23
febbraio 2011, con la quale 1’ARPAC ha riscontrato la nota prot. n.
A00089/l0-02-2011-n.1258 del 10 febbraio 2011 della Regione Puglia;
- ove occorra, della nota del 9 febbraio 2011, menzionata nella nota prot. n.
A00089/10-02-2011-n.1258 del 10 febbraio 2011 della Regione Puglia, con la quale
la Polizia Provinciale di Taranto ed il Comando dei Carabinieri per la Tutela
dell’Ambiente - NOE di Lecce hanno comunicato alla Regione Puglia “l‘avvenuto
accertamento del conferimento di rifiuti CER 19.12.12 provenienti dagli STIR di
Tufino, Battipaglia e Giugliano della Regione Campania e derivanti dalla
tritovagliatura di rifiuti urbani evidenziando, tra l’altro, la difformità di
detti conferimenti rispetto alle previsioni definite dal Protocollo di Intesa
stipulato tra Regione Puglia e Regione Campania in data 3 dicembre 2010 e dai
successivi tavoli tecnici”;
- ove occorra, nei limiti dell’interesse di Italcave S.p.A. ed in via
estremamente subordinata, del Protocollo di intesa tra la Regione Puglia e la
Regione Campania del 3 dicembre 2010 e dei relativi atti regionali presupposti e
conseguenti;
- di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Puglia e della
Presidenza del Consiglio dei Ministri;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 maggio 2011 il dott. Roberto
Proietti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Italcave S.p.A. gestisce, in forza della Determinazione del Dirigente del
Servizio Ecologia della Regione Puglia n. 67 del 24 febbraio 2009 (recante
l’autorizzazione integrata ambientale IPPC ai sensi del D.lgs. n. 59/2005) e
della Determinazione del Dirigente del Servizio Ecologia della Regione Puglia n.
421 del 23 agosto 2010 (recante l’inquadramento in sottocategoria ex art. 7,
comma 1, lett. c) del D.M. 3 agosto 2005 con deroga al parametro DOC per alcune
tipologie di rifiuti) un impianto complesso di discarica per rifiuti speciali
non pericolosi con annessa piattaforma di selezione ed inertizzazione, ubicato
in Taranto, Contrada La Riccia, Giardinello.
In forza delle due determinazioni citate, Italcave S.p.A. è autorizzata a
ricevere nella propria discarica, tra le diverse tipologie di rifiuti speciali
non pericolosi, anche i rifiuti speciali contraddistinti e identificati con il
codice CER 19.12.12 (come risulta dall’Allegato A alla Determinazione n.
67/2009, punto 5.1.c, recante l’indicazione dei codici CER smaltibili presso la
discarica).
In base a quanto previsto dall’Allegato D) alla parte Quarta del D.Lgs. n.
152/2006 (recante l’elenco dei rifiuti, con indicazione dei codici CER,
istituito conformemente all’articolo 1, lettera a), della Direttiva 75/442/CEE e
all’articolo 1, paragrafo 4, della Direttiva 91/689/CEE) i rifiuti urbani sono
contraddistinti da un codice CER a sei cifre che inizia con la serie 20, mentre
i codici CER contrassegnati con la serie iniziale 19 identificano rifiuti non
urbani, ma speciali. In particolare, i rifiuti il cui codice CER inizia con le
cifre 19.12 consistono in rifiuti prodotti dal trattamento meccanico (ad
esempio, selezione, triturazione, compattazione, riduzione in pellet) di altri
rifiuti. Tra questi, il codice CER 19.12.10 contrassegna i “rifiuti combustibili
(CDR: combustibile derivato da rifiuti)”; il codice CER 19.12.11 identifica
“altri rifiuti (compresi materiali misti) prodotti dal trattamento meccanico dei
rifiuti, contenenti sostanze pericolose”; il codice CER 19.12.12 contrassegna,
infine, “altri rifiuti (compresi i materiali misti) prodotti dal trattamento
meccanico dei rifiuti, diversi da quelli di cui alla voce 19.12.11”.
Nell’estate del 2010, a causa delle criticità nella gestione del ciclo dei
rifiuti in Campania, l’Unità Operativa costituita nell’ambito della Presidenza
del Consiglio dei Ministri - Dipartimento di Protezione Civile, per la chiusura
dell’emergenza rifiuti in Campania, ha ritenuto di assumere una iniziativa volta
ad alleggerire la pressione sulle discariche campane. L’Unità Operativa, con
bando pubblicato sulla GURI n. 97 del 23 agosto 2010, ha indetto una gara
d’appalto per l’affidamento a terzi, dietro corrispettivo a carico della
Protezione Civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del servizio di
trasporto e smaltimento “fuori Regione” di 61.000 tonnellate di rifiuti campani,
qualificati come rifiuti speciali non pericolosi, contrassegnati con il codice
CER 19.12.12, prodotti dagli STIR (Stabilimenti di Tritovagliatura e Imballaggio
Rifiuti) della Regione Campania. Lo scopo perseguito dalla Protezione Civile era
quello si smaltire i rifiuti speciali non pericolosi contrassegnati con il
codice CER 19.12.12 (in quanto rifiuti speciali e non urbani) fuori dalla
Regione Campania, previo accordo volontario, in regime di mercato, tra gli
operatori economici dello smaltimento della Campania e quelli delle altre
Regioni. Tuttavia, data la momentanea situazione di elevata criticità, la
Protezione Civile ha ritenuto di dover intervenire per sostenere, con risorse
pubbliche a carico della finanza statale, lo smaltimento extra-regionale dei
rifiuti speciali con il codice CER 19.12.12, i quali avevano ormai intasato i
siti di smaltimento campani, al fine di non rimettere soltanto al libero gioco
del mercato il flusso in direzione di altre Regioni e di rendere certo lo
smaltimento fuori regione almeno di un quantitativo minimo di tali rifiuti
speciali.
La gara d’appalto si è conclusa con l’aggiudicazione in favore del Consorzio
Interprovinciale Trasporti Ecoambientali (CITE) di Salerno il quale, in sede di
offerta, ha indicato come impianti finali di smaltimento tre discariche per
rifiuti speciali ubicate nella Regione Puglia, tra le quali (oltre alla
discarica di Taranto gestita da Vergine Spa ed alla discarica di Grottaglie
gestita da Ecolevante Spa) la discarica di Taranto gestita dalla ricorrente
Italcave Spa.
A seguito dell’aggiudicazione della gara, la Regione Campania e la Regione
Puglia hanno: - preso atto della circostanza che, nel frattempo, era entrato in
vigore il D.l. n. 196 del 26 novembre 2010, il quale aveva sollecitato il
Governo a promuovere, su base volontaria e consensuale, un accordo
interregionale in sede di Conferenza Stato-Regioni per assicurare, a fini di
solidarietà con la Regione Campania, una partecipazione delle altre Regioni, nel
senso di accogliere nel proprio territorio una quota di rifiuti della Regione
Campania; - tenuto conto che nella seduta del 29 novembre 2010 della Conferenza
Stato-Regioni, era stato raggiunto un accordo interistituzionale di base per
favorire l’accoglienza, in altre Regioni, almeno di una parte dei rifiuti
campani; - conseguentemente, stipulato un Protocollo di intesa in data 3
dicembre 2010 con il quale hanno disciplinato, nella prospettiva di una leale
collaborazione ispirata dal principio solidaristico, l’ingresso e lo smaltimento
in Puglia di una parte di quei rifiuti che avevano formato oggetto della gara
d’appalto indetta dalla Protezione Civile nell’agosto del 2010, ma non hanno
stabilito alcuna disciplina o prescrizione relativamente a rifiuti diversi ed
estranei alla citata gara d’appalto.
Con gli artt. 1 e 2 del Protocollo di intesa, le due Regioni hanno disciplinato
i rifiuti che sarebbero stati trasportati in Puglia “dal Consorzio CITE quale
aggiudicatario del servizio di smaltimento, incluso caricamento e trasporto, di
cui al bando di gara pubblicato sul Supplemento della G.U. 5° Serie Speciale –
Contratti pubblici n. 97 del 23 agosto 2010, di cui l’Unità Operativa è Stazione
appaltante”, intendendosi per quest’ultima la “Unità Operativa costituita
nell‘ambito della Presidenza del Consiglio dei Ministri Dipartimento di
Protezione Civile per la chiusura dell’emergenza rifiuti in Campania” (art. 2,
lett. b) e c) del Protocollo). La finalità del Protocollo è stata chiaramente
individuata dalle parti affermando che “il presente Protocollo di intesa è
stipulato al fine di individuare le modalità tecnico-operative di conferimento
di 45.000 tonnellate di rifiuti speciali non pericolosi (CER 19.12.12 e/o CER
19.05.01) provenienti dagli impianti STIR di Tufino, Giugliano S. Maria C. V.,
Battipaglia e Caivano della Regione Campania presso gli impianti di discarica di
rifiuti speciali nel territorio ubicati nel territorio della Regione Puglia”.
Tra tali modalità tecnico-operative di conferimento delle suddette 45.000
tonnellate di rifiuti speciali non pericolosi di cui alla gara della Protezione
Civile, il Protocollo di intesa prevedeva un ruolo attivo dell’Agenzia Regionale
per la Protezione Ambientale della Regione Campania, con il supporto
dell’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale nella Regione Puglia. Le due
ARPA regionali, infatti, avrebbero dovuto effettuare dei controlli tecnici, non
imposti come obbligatori dalla normativa ambientale vigente ma, ulteriori ed
aggiuntivi rispetto agli standards fissati dalla legge in materia di rifiuti, al
fine di incrementare la sorveglianza su tali flussi.
Tuttavia, il Protocollo di intesa non stabiliva una regola di esclusività del
conferimento extraregionale ivi disciplinato, vietando l’ingresso in Puglia di
rifiuti speciali con il codice CER 19.12.12 ulteriori e diversi rispetto al
flusso delle 45.000 tonnellate disciplinate dal Protocollo. Ciò in quanto il
Protocollo era solo finalizzato ad assicurare alla Regione Campania il sostegno
e l’impegno della Regione Puglia per ricevere almeno le citate 45.000 tonnellate
quale quota parte delle 61.000 tonnellate il cui servizio di smaltimento e
trasporto extraregionale era stato posto in gara dall’Unità Operativa della
Protezione Civile.
Essendo la discarica sita in Taranto e gestita dalla Italcave S.p.A. uno dei tre
siti di smaltimento volontariamente individuati dal Consorzio in qualità di
aggiudicatario della gara indetta dalla Protezione Civile nell’agosto del 2010,
la Società ha cominciato, a partire dal mese di dicembre 2010, a ricevere nella
propria discarica alcuni quantitativi di rifiuti speciali non pericolosi con
codice CER 19.12.12 oggetto della gara d’appalto della Protezione Civile e,
dunque, disciplinati dal Protocollo di intesa tra Regione Puglia e Regione
Campania, in forza del contratto di smaltimento sottoscritto in data 11 dicembre
2010 con il Consorzio CITE.
Tuttavia, esercitando la propria libertà di iniziativa economica e
imprenditoriale e muovendo dal principio fondamentale (fissato dalla normativa
comunitaria e nazionale) della libera circolazione sul territorio nazionale dei
rifiuti speciali non pericolosi (insuscettibile di limitazione da parte delle
Regioni), Italcave S.p.A. ha sottoscritto dei contratti di smaltimento con
operatori autorizzati della Campania per accogliere nella propria discarica, a
prescindere dai quantitativi di rifiuti oggetto della gara d’appalto della
Protezione Civile e del Protocollo di intesa, ed in via autonoma rispetto ad
essi, ulteriori quantitativi di rifiuti speciali non pericolosi, sempre
contrassegnati con il codice CER 19.12.12 e provenienti dagli STIR della Regione
Campania. In particolare, si tratta delle appendici nn. 003 e 004 del 18 gennaio
2011 al contratto di smaltimento stipulato con CITE in data 11 dicembre 2010
(per rifiuti contrassegnati dal codice CER 19.12.12 provenienti dagli STIR di
Giugliano e di Tufino) e del contratto di smaltimento sottoscritto in data 30
novembre 2010 con la ditta De Sarlo A. & C. Sas di Battipaglia, con le relative
appendici e addenda (per rifiuti contrassegnati dal codice CER 19.12.12
provenienti dallo STIR di Battipaglia) (cfr. la consulenza tecnica a firma del
Dr.Ghimenti).
Proprio sul conferimento nella discarica di Italcave S.p.A. dei suddetti rifiuti
speciali non pericolosi con codice CER 19.12.12, in quanto fuori gara ed
estranei al Protocollo di intesa, è sorta la contestazione da parte della
Regione Puglia, poiché con nota del 9 febbraio 2011 la Polizia Provinciale di
Taranto ed il Comando dei Carabinieri per la tutela dell’Ambiente NOE di Lecce,
hanno comunicato all’Amministrazione regionale “l’avvenuto accertamento del
conferimento di rifiuti CER 19.12.12 provenienti dagli STIR di Tufino,
Battipaglia e Giugliano della Regione Campania e derivanti dalla tritovagliatura
di rifiuti urbani evidenziando, tra l‘altro, la difformità di detti conferimenti
rispetto alle previsioni definite dal Protocollo di Intesa stipulato tra Regione
Puglia e Regione Campania in data 3 dicembre 2010 e dai successivi tavoli
tecnici”. La Polizia Provinciale ed il NOE, in sostanza, hanno segnalato alla
Regione che Italcave S.p.A. stava accettando nella propria discarica non solo i
rifiuti di cui al Protocollo di intesa del 3 dicembre 2010, ma anche ulteriori
flussi di rifiuti speciali non pericolosi, tutti contrassegnati con il Codice
CER 19.12.12, provenienti dagli STIR della Campania.
Sulla base di tale segnalazione, la Regione Puglia ha adottato la nota prot. n.
A00089/10.02.2001-n.1258 del 10 febbraio 2011, recante ad oggetto “Società
Italcave Spa. Diffida cessazione conferimenti”.
A parere della parte ricorrente, la suddetta nota regionale è formulata in
maniera ambigua ed equivoca, non consentendo di trarre da essa un’unica
interpretazione in quanto, da una parte, si sostiene che i rifiuti con codice
CER 19.12.12 sarebbero assimilabili ai rifiuti urbani ai sensi di quanto
stabilito dall’art. 6-ter della legge n. 123 del 2008 mentre, dall’altra, si
afferma l’applicabilità dell’art. 1, comma 7, del D.l. n. 196 del 26 novembre
2010, convertito in legge con modificazioni dalla L.n. 1 del 24 gennaio 2011,
ritenendo i rifiuti speciali non pericolosi aventi codici CER 19.12.12
conferibili esclusivamente nell‘ambito delle Intese stipulate tra Regione Puglia
e Regione Campania. In sostanza, l’Amministrazione regionale ha ritenuto che ad
Italcave S.p.A. sarebbe vietato accettare nella propria discarica rifiuti
speciali non pericolosi con il codice CER 19.12.12, provenienti dagli STIR della
Regione Campania, oltre il limite quantitativo di conferimenti cui si riferisce
il Protocollo di intesa tra Regione Puglia e Regione Campania del 3 dicembre
2010.
La citata nota del 10 febbraio 2011 della Regione Puglia è stata inviata, tra
gli altri, all’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Campania (ARPAC),
la quale l’ha riscontrata con nota prot. n. 65 14/2011 del 22 febbraio 2011,
avallando le tesi della Regione Puglia e affermando che, al di fuori di quanto
previsto dal Protocollo di intesa del 3 dicembre 2010, “i rifiuti eventualmente
inviati in Puglia dai gestori degli impianti STIR non possono essere accettati,
poiché violano il Protocollo del 3 dicembre 2010, a prescindere dal rispetto
delle disposizioni normative generali … eventuali altri rifiuti partiti dagli
STIR campani ed accettati nelle discariche pugliesi sono da considerarsi non
conformi al Protocollo siglato tra Regione Puglia e Regione Campania in data 3
dicembre 2010”.
Ritenendo illegittime le determinazioni assunte dalla Regione Puglia e
dall’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Campania (ARPAC),
Italcave S.p.A. ha proposto ricorso dinanzi al TAR del Lazio avanzando le
domande indicate in epigrafe.
La Regione Puglia e la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per
la Protezione Civile, costituitesi in giudizio, hanno sostenuto l’infondatezza
del ricorso e ne hanno chiesto il rigetto.
L’Amministrazione regionale ha, inoltre, eccepito l’incompetenza territoriale
del giudice adito.
E’ intervenuta in giudizio ad adiuvandum la De Carlo A. & C. S.a.s..
Con decreto presidenziale in data 4 marzo 2011 n. 842, confermato con ordinanza
del 25 marzo 2011 n. 1071, il TAR ha accolto la domanda cautelare proposta dalla
parte ricorrente.
Con successive memorie le parti hanno argomentato ulteriormente le rispettive
difese.
All’udienza del 12 maggio 2011 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la
decisione.
DIRITTO
1. In via preliminare, va rilevato che la Regione Puglia ha eccepito
l’incompetenza territoriale del Giudice adito, in favore del TAR Puglia, in
quanto: - i provvedimenti impugnati sono emanati da amministrazioni pugliesi e
producono i loro effetti unicamente all’interno della Regione Puglia; - il
Protocollo di intesa del 3 dicembre 2010 prevede che “Per qualsiasi
controversia, di natura tecnica o amministrativa, riferita alla interpretazione
ed alla esecuzione del presente protocollo di intesa, insorta in itinere o al
termine delle attività oggetto del presente atto, le parti, concordemente,
dichiarano competente il Foro di Bari” (art. 10).
Il Collegio ritiene che l’eccezione sia infondata in quanto l’art. 135, comma 1,
lett. e), C.p.a., attribuisce alla competenza funzionale inderogabile del TAR
del Lazio tutte le controversie di cui all’art. 133, comma 1, lett. p), C.p.a.,
tra le quali quelle “… comunque attinenti alla complessiva azione di gestione
del ciclo dei rifiuti”.
In tale ambito rientra la vicenda oggetto di causa, caratterizzata
dall’impugnazione di atti relativi al trasferimento e smaltimento di rifiuti con
codice CER 19.12.12 dalla Regione Campania e la Regione Puglia e, quindi, va
affermata la competenza del TAR del Lazio a giudicare la controversia.
2. Passando all’esame del merito della controversia, va rilevato che Italcave
S.p.A. ha proposto un unico articolato motivo di ricorso per contestare gli atti
impugnati, deducendo i seguenti vizi: erronea presupposizione in diritto,
erronea e falsa interpretazione ed applicazione del Protocollo di intesa
stipulato tra Regione Puglia e Regione Campania in data 3 dicembre 2010 e
dell’art. 1, comma 7, del d.l. n. 196/2010, conv. in l.n. 1/2011; violazione dei
principi dell’ordinamento comunitario e nazionale in materia di libera
circolazione tra le diverse Regioni dei rifiuti speciali non pericolosi, con
particolare riferimento all’art. 182 del d.lgs. n. 152/2006, all’art. 4-octies
del d.l. n. 97/2008, conv. in l.n. 129/2008, all’art. 8 del d.lgs. n. 205/2010,
alla direttiva 2008/98/CE, ai principi enunciati dalla Corte Costituzionale;
violazione dell’art. 120 Cost.; violazione, erronea e falsa interpretazione ed
applicazione dell’art. 6-ter del d.l. n. 90/2008, conv. in l.n. 123/2008, letto
in combinato disposto con il sopravvenuto art. 4-novies del d.l. n. 97/2008,
conv. in l.n. 129/2008.
2.1. In particolare, la ricorrente ha evidenziato l’ambiguità e la difficoltà di
interpretazione dell’impugnata diffida della Regione Puglia, affermando
l’erroneità dell’assimilazione dei rifiuti campani con codice CER 19.12.12 ai
rifiuti urbani che, secondo la Regione Campania, sarebbe stata stabilita (nel
pieno dello stato di emergenza in Campania) dall’art. 6-ter del D.l. n. 90/2008,
conv. in L.n. 123/2008, con conseguente divieto (oltre che per i rifiuti urbani,
anche) per i rifiuti speciali assimilati agli urbani, di smaltimento
extraregionale, derogabile solo con un accordo tra Regioni (come previsto
dall’art. 182, comma 3, del D.lgs. n. 152/2006). Pertanto, al di fuori di un
accordo interregionale (quale, nella fattispecie, il Protocollo di intesa del 3
dicembre 2010), sarebbe impossibile qualsiasi ulteriore e diverso conferimento
extra-regionale.
A parere della Società ricorrente tale tesi è sbagliata in quanto è vero che
l’art. 6-ter del D.l. n. 90 del 23 maggio 2008, nel testo introdotto dalla legge
di conversione n. 123 del 14 luglio 2008, dopo aver qualificato e classificato
alcuni rifiuti (tra i quali quelli con codice CER 19.12.12) come speciali, ha
assimilato i rifiuti speciali con Codice CER 19.12.12, se provenienti dagli STIR
campani, ai rifiuti urbani con codice CER 20.03.01 (corrispondente, ai sensi
dell’Allegato D alla Parte Quarte del D.Lgs. n. 152/2006, ai “rifiuti urbani non
differenziati”). Ma è anche vero che, in considerazione di quanto disposto dal
comma 2 del citato articolo 6-ter, l’assimilazione dei rifiuti speciali con
codice CER 19.12.12 ai rifiuti urbani con codice CER 20.03.01 è stata disposta
dal legislatore esclusivamente “ai fini delle successive fasi di gestione” di
quei rifiuti e, quindi, allo scopo di essere smaltiti, in deroga e per ragioni
di emergenza, nel ciclo dei rifiuti interno alla Regione Campania, anche in
discariche per rifiuti urbani (molto più numerose sul territorio rispetto alle
discariche per rifiuti speciali), le quali, ordinariamente, non dovrebbero
ricevere rifiuti speciali.
A conferma di ciò va considerato che le “successive fasi di gestione” dei
rifiuti con codice CER 19.12.12, provenienti dagli STIR campani, trovano
disciplina negli articoli 8 e 9 dello stesso D.l. n. 90/2008, i quali
stabiliscono che “nelle more del funzionamento a regime del sistema di
smaltimento dei rifiuti della regione Campania di cui al presente decreto e
ferma restando la necessità di adottare misure di salvaguardia ambientale e di
tutela igienico-sanitaria, è autorizzato l’esercizio degli impianti in cui i
rifiuti aventi i codici CER 19.12.10, 19.12.12, 19.05.01, 19.05.03, 20.03.01 e
20.03.99 sono scaricati al fine di essere preparati per il successivo trasporto
in un impianto di recupero, trattamento o smaltimento, e sono altresì
autorizzati lo stoccaggio dei rifiuti in attesa dello smaltimento ed il deposito
temporaneo limitatamente ai rifiuti aventi i medesimi codici sopra richiamati”
(art. 8, comma 2, D.l. n. 90/2008); “allo scopo di consentire lo smaltimento in
piena sicurezza dei rifiuti urbani prodotti nella regione Campania ….. è
autorizzata la realizzazione, nel pieno rispetto della normativa comunitaria
tecnica di settore, dei siti da destinare a discarica presso i seguenti comuni:
……” (art. 9, comma 1, del D.l. n. 90/2008); “gli impianti di cui al comma 1 sono
autorizzati allo smaltimento dei rifiuti contraddistinti dai seguenti codici CER:
19.12.12; 19.05.01; 19.05.93; 20.03.01; 19.01.12; …” (art. 9, comma 2, del D.l.
n. 90/2008).
Peraltro, l’art. 4-novies del D.l. 3 giugno 2008 n. 97 (Disposizioni urgenti in
materia di monitoraggio e trasparenza dei meccanismi di allocazione della spesa
pubblica, nonché in materia fiscale e di proroga di termini), ha precisato che
“I rifiuti provenienti dagli impianti di selezione e trattamento di Caivano
(NA), Tufino (NA), Giugliano (NA), Santa Maria Capua Vetere (CE), Avellino -
località Pianodardine, Battipaglia (SA) e Casalduni (BN), ai fini delle
successive fasi di gestione nell’ambito della regione Campania, sono sempre
assimilati alla tipologia di rifiuti aventi codice CER 20.03.01”, confermando
che, le “successive fasi di gestione”, ai cui fini l’art. 6-ter del decreto
legge n. 90/2008 aveva stabilito l’assimilazione dei rifiuti speciali con Codice
CER 19.12.12 ai rifiuti urbani con codice CER 20.03.01, erano da intendersi (non
esterne, ma) interne al ciclo dei rifiuti della Regione Campania (anche perché
gli artt. 8 e 9 del D.l. n. 90/2008 consentivano modalità peculiari di
stoccaggio e deposito temporaneo ed abilitavano le costruende discariche per
rifiuti urbani a ricevere anche i rifiuti speciali con il codice CER 19.12.12).
Ne consegue che è erroneo assimilare, ex comma 2 dell’articolo 6-ter del D.l. n.
90/2008, i rifiuti speciali con codici CER 19.12.12 a quelli urbani con codice
CER 20.03.01 ai fini dello smaltimento extra-regionale.
2.2. A parere della Società ricorrente, la diffida impugnata va considerata
erronea e, quindi, illegittima anche ove fosse da intendersi nel senso che - a
prescindere dell’argomento dell’assimilazione ai rifiuti urbani - il Protocollo
di intesa tra Regione Puglia e Regione Campania del 3 dicembre 2010, dovrebbe
essere considerato quale unico titolo legittimante l’ingresso in Puglia di
rifiuti speciali non pericolosi con codice CER 19.12.12 provenienti dalla
Campania, con conseguente impossibilità di stipulare ed eseguire contratti di
conferimento nell’esercizio della libertà di iniziativa economica, tra Italcave
S.p.A. (in qualità di gestore di una discarica di rifiuti speciali regolarmente
autorizzata a ricevere quelli con codice CER 19.12.12) e operatori della Regione
Campania (altrettanto regolarmente autorizzati a conferirli).
Tale tesi risulta smentita dallo stesso testo del Protocollo di intesa del 3
dicembre 2010, il quale non fissa la regola dell’esclusività, vietando ai
gestori delle discariche pugliesi di rifiuti speciali di accettare questi ultimi
ove provengano dalla Campania ma non facciano parte dell’oggetto della gara
d’appalto sopra descritta, bandita della Protezione Civile. L’accordo stipulato
tra la Regione Puglia e la Regione Campania ha un oggetto limitato, in quanto
circoscritto a 45.000 tonnellate di rifiuti oggetto della gara aggiudicata
dall’Unità Operativa nell’agosto del 2010, senza dettare ulteriori prescrizioni
o divieti.
E, del resto, non avrebbe potuto essere diversamente, posto che l’art. 120,
comma 1, Cost. vieta alle Regioni di “adottare provvedimenti che ostacolino in
qualsiasi modo la libera circolazione delle cose e delle persone tra le
regioni”, di “istituire dazi di importazione o esportazione o transito tra le
Regioni” e di “limitare l‘esercizio del diritto al lavoro in qualunque parte del
territorio nazionale”. Tale norma è stata richiamata dalla Corte Costituzionale
per dichiarare incostituzionali leggi regionali che avevano introdotto divieti,
assoluti o anche relativi, all’ingresso, al transito o allo smaltimento nel
territorio regionale di rifiuti speciali, pericolosi o non pericolosi, di
provenienza extra-regionale (cfr. sentenze n. 161 del 21/4/2005; n. 62 del
29/1/2005; n. 505 del 4/12/2002; n. 335 del 19/10/2001; n. 281 del 14/7/2000; n.
10 del 23/1/2009).
In sostanza, per essere in linea con l’articolo 120 della Costituzione, il
divieto di smaltimento extraregionale può applicarsi solo ai rifiuti urbani non
pericolosi (in quanto smaltibili in discariche non specializzate e per questo
più numerose all’interno della Regione in cui il rifiuto urbano è prodotto), ma
non può sussistere con riferimento ai rifiuti speciali, pericolosi o non
pericolosi, in quanto i suddetti rifiuti “necessitano di processi di smaltimento
appropriati e specializzati”, e dunque per gli stessi vale “il diverso criterio,
pure previsto dal legislatore, della specializzazione dell’impianto di
smaltimento” (C. Cost. n. 335 del 19/10/2001 e n. 10 del 23/1/2009).
2.3. Questa linea è conforme anche al quadro della normazione comunitaria e
nazionale in materia di rifiuti, delineato dalla Direttiva 2008/98/CE (cfr. il
32° Considerando e l’articolo 16), dal Codice dell’Ambiente e dalle norme
emergenziali.
Al riguardo, va considerato che l’art. 182 del D.Lgs. n. 152/2006, al comma 3,
stabilisce che “È vietato smaltire i rifiuti urbani non pericolosi in regioni
diverse da quelle dove gli stessi sono prodotti, fatti salvi eventuali accordi
regionali o internazionali, qualora gli aspetti territoriali e l’opportunità
tecnico economica di raggiungere livelli ottimali di utenza servita lo
richiedano”. Il divieto di smaltimento extraregionale salvo accordo
interregionale, dunque, è istituto che il legislatore statale prevede solo per i
rifiuti urbani. Per i rifiuti speciali, invece, il Codice dell’Ambiente non
prevede divieti di circolazione extraregionale, evidentemente ritenendo che il
principio dovesse essere quello della libertà di circolazione sul territorio
nazionale, senza limitazioni geografiche o territoriali, dovendo il rifiuto
speciale essere conferito in impianti appropriati e specializzati a prescindere
dalla loro ubicazione.
La medesima linea ha seguito la legislazione statale eccezionale, introdotta per
fronteggiare l’emergenza rifiuti in Campania, ed, in particolare, l’art.
4-octies del D.l. n. 97/2008, convertito in L.n. 129/2008 (Disposizioni in
materia di trasferimento e smaltimento dei rifiuti nella regione Campania), che
ha integrato e precisato quanto stabilito dalle precedenti disposizioni
emergenziali di cui al D.l. n. 263/2006 e al D.l. n. 90/2008, da cui risulta
che, fino alla cessazione dello stato di emergenza (intervenuta il 31 dicembre
del 2009), il legislatore statale aveva scelto di riservare ai soli rifiuti
urbani il divieto di smaltimento extraregionale salvo accordo interregionale,
evitando di estendere tale disciplina ai rifiuti speciali.
La diffida della Regione Puglia del 10 febbraio 2011 richiama anche l’art. 1,
comma 7, del D.l. n. 196/2010, convertito dalla L.n. 1/2011, ma neanche questa
disposizione consente di giungere alle conclusioni cui è pervenuta
l’Amministrazione regionale, perché la norma citata non stabilisce alcun divieto
di smaltimento extraregionale di rifiuti speciali derogabile solo con accordo
tra Regioni, ma tende a promuove (attraverso l’azione del Governo nazionale)
accordi interregionali di solidarietà con la Campania ai fini dello smaltimento
extra-regionale di rifiuti da questa ultima prodotti; non fissa regole di
esclusività di tali (eventuali) accordi tra Regioni ai fini della legittimazione
di conferimenti extra-regionali di rifiuti speciali, i quali non vengono né
preclusi né limitati tanto in assenza quanto in presenza di tali accordi
interregionali; si riferisce a conferimenti extra-regionali la cui necessità
sorge ove si verifichi la non autosufficienza del sistema di gestione dei
rifiuti urbani non pericolosi prodotti in Campania, tale da non poter essere
risolta con le strutture e dotazioni esistenti nella stessa Regione e, quindi,
gli accordi tra Regioni consentono lo smaltimento extra-regionale di rifiuti
urbani prodotti in Campania, non già di rifiuti speciali, considerando,
peraltro, che l’art. 182, comma 3, del D.Lgs. n. 152/2006 stabilisce solo per i
rifiuti urbani un divieto di smaltimento extra-regionale, derogabile solo
attraverso accordi tra Regioni che, appunto, ex l’art. 1, comma 7, del D.l. n.
196/2010, il Governo è chiamato a promuovere e favorire.
2.4. Dal quadro normativo sopra delineato, deriva che al di fuori della gara
d’appalto bandita dalla Protezione civile e del Protocollo di intesa del 3
dicembre 2010, lo smaltimento extra regionale di ulteriori quantitativi di
rifiuti speciali, non per iniziativa pubblica (come e accaduto nel caso della
gara indetta dalla Protezione Civile nell’agosto 2010), ma per iniziativa
privata, non a carico di risorse pubbliche statali, non può ritenersi limitato.
In via subordinata, la Società ricorrente ha chiesto l’annullamento del
Protocollo di intesa del 3 dicembre 2010 e degli atti regionali ad esso
presupposti e conseguenti (tra i quali la delibera di ratifica della Giunta
regionale pugliese n. 2744 del 7 dicembre 2010) ove interpretati nel senso
prospettato dalla Regione Puglia nella diffida del 10 febbraio 2011.
2.5. Va considerato, infine, a parere della ricorrente, che la legislazione
statale di natura eccezionale e derogatoria, introdotta per fronteggiare
l’emergenza rifiuti in Campania, non è più applicabile al caso di specie, perché
lo stato di emergenza dichiarato ai sensi dell’art. 5 della legge n. 225 del
1992, è cessato al 31 dicembre 2009 (cfr. art. 19 d.l. n. 90/2008), mentre tutti
gli atti e i comportamenti che riguardano la vicenda oggetto di causa sono stati
assunti e posti in essere successivamente a tale data, sicché è inutile
richiamare la disciplina emergenziale per tentare di giustificare i
provvedimenti impugnati.
3. La Regione Puglia ha contestato le censure avanzate dalla ricorrente
depositando note e documenti, affermando l’infondatezza del ricorso e
chiedendone il rigetto.
3.1. In particolare, l’Amministrazione regionale – richiamando la disciplina
ordinaria ed eccezionale dettata in materia di rifiuti ed, in particolare,
l’art. 182, d.lgs. n. 152/2006, l’art. 5, comma 3, d.l. n. 263/2006, l’art.
6-ter, comma 2, d.l. n. 90/2008, l’art. 4-octies, d.l. n. 97/2008 e l’art. 1,
d.l. n. 196/2010 - ha affermato l’assimilazione dei rifiuti con codice CER
19.12.12 a quelli con codice CER 20.03.01 e la conseguente impossibilità di
smaltirli al di fuori della Regione Campania, se non mediante un accordo
interregionale ex art. 1, comma 7, d.l. n. 196/2010. In attuazione di tale
disposizione è stato raggiunto un accordo interregionale nell’ambito della
seduta della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
Province autonome di Trento e di Bolzano del 29 novembre 2010, e,
conseguentemente, la Regione Puglia ha stipulato con la Regione Campania il
Protocollo di intesa del 3 dicembre 2010 “al fine di individuare le modalità
tecnico operative di conferimento di 45.000 tonnellate di rifiuti speciali non
pericolosi (CER 19.12.12 e/o CER 19.05.01) provenienti dagli impianti STIR di
Tufino, Giugliano, S. Maria C.V., Battipaglia e Caivano della Regione Campania
presso gli impianti di discarica di rifiuti speciali ubicati nel territorio
della Regione Puglia” (rifiuti prodotti dagli STIR campani elencati all’art. 6,
comma 1, del d.l. n. 90/2008, per i quali è prevista l’assimilazione, a
prescindere dalle tipologie, alla disciplina dei rifiuti urbani non
differenziati e, quindi, il divieto di conferimento extra-regionale in assenza
di accordi istituzionali).
In tale Protocollo di Intesa si è tenuto conto del fatto che il 23 agosto 2010
l’Unità operativa della Presidenza del Consiglio dei Ministri Dipartimento della
Protezione civile per la chiusura dell’emergenza rifiuti in Campania, aveva
indetto bando di gara per l’appalto del servizio di smaltimento, incluso
caricamento e trasporto, fuori Regione ed in territorio italiano, di 61.000
tonnellate di rifiuti speciali non pericolosi codice CER 19.12.12 (frazione
umida tritovagliata) prodotta e stoccata negli Stabilimenti di Tritovagliatura e
Imballaggio Rifiuti urbani (STIR) della Regione Campania, subordinndo l’offerta
alla stipula di un Protocollo d’intesa fra Regione Campania e regione
disponibile al ricevimento della predetta tipologia di rifiuti.
Quindi, non sarebbe stato consentito conferire extra-regione rifiuti solidi
urbani o speciali non pericolosi provenienti dagli STIR campani, in mancanza o
al di fuori specifici accordi stipulati tra la Regione Campania e le regioni
disponibili ai conferimenti nel proprio territorio.
A tale conclusione – confermata dal Ministero dell’Ambiente con nota prot. n.
100 33/TRI/DI del 28 febbraio 2011 - si giunge anche sulla base
dell’interpretazione della disciplina legislativa emergenziale contenuta nei
dd.ll. n. 90 e 97 del 2008.
Peraltro, i rifiuti CER 19.12.12 provenienti dagli STIR campani non possono
essere qualificati come “speciali”, ma vanno qualificati come “urbani” o
“frazione di urbani”. Infatti, nessuna norma classifica i rifiuti con codice CER
19.12.12 come speciali, mentre la giurisprudenza ha precisato che tali rifiuti
rientrano nel ciclo dei rifiuti urbani (cfr. Cass. Penale, Sez. III, 9 dicembre
2009, n. 46843: Tribunale di Milano, Ufficio GIP, 23 marzo 2006).
Tali considerazioni, peraltro, sembrano essere state condivise dalla stessa
Regione Campania la quale ha concluso accordi analoghi al Protocollo di intesa
impugnato, definendo i rifiuti aventi codice CER 19.12.12 provenienti dagli STIR
campani, sostanzialmente, come ‘urbani’.
4. La Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per la Protezione
Civile, si è difesa in giudizio depositando documentazione relativa alla
vicenda.
5. Con atto di intervento in data 23 aprile 2011 la De Carlo A. & C. S.a.s. è
intervenuta in giudizio sostenendo le ragioni della Società ricorrente.
6. Il Collegio – ad un esame della controversia più approfondito rispetto a
quello consentito nella fase cautelare – ritiene che il ricorso sia infondato
per le ragioni di seguito esposte.
6.1. Alla valutazione delle censure proposte dalla Società ricorrente, occorre
premettere un sintetico quadro normativo di riferimento.
Il D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (recante il Codice dell’Ambiente) - Parte quarta
– Titolo I – detta norme in materia di gestione dei rifiuti, prevedendo, tra
l’altro: - il divieto di smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi in
regioni diverse da quelle dove gli stessi sono prodotti, fatti salvi eventuali
accordi regionali o internazionali, qualora gli aspetti territoriali e
l'opportunità tecnico economica di raggiungere livelli ottimali di utenza
servita lo richiedano (art. 182, comma 3); - il principio di autosufficienza e
prossimità (art. 182-bis); - la classificazione dei rifiuti urbani e di quelli
speciali (art. 184, commi 2 e 3 e All. D alla Parte IV del Codice
dell’Ambiente).
La lettera n) del terzo comma dell’articolo 184 del Codice dell’Ambiente (che
classificava nell’ambito dei ‘rifiuti speciali’ i rifiuti derivati dalle
attività di selezione meccanica dei rifiuti solidi urbani) è stata soppressa
dall'art. 2, comma 21-bis, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 e, quindi, i rifiuti
derivati dalle attività di selezione meccanica dei rifiuti solidi urbani non
possono essere più considerati e classificati quali rifiuti speciali, ma
rientrano nell’ambito della classificazione dei rifiuti urbani.
In senso contrario non può essere richiamato l’Allegato D) alla Parte IV del
Codice dell’Ambiente - recante l’Elenco dei rifiuti di cui alla Decisione della
Commissione 2000/532/CE del 3 maggio 2000 – il quale indica i rifiuti urbani con
un codice CER a sei cifre che inizia con la serie 20, mentre i codici CER
contrassegnati con la serie iniziale 19 identificano rifiuti speciali. In
particolare, i rifiuti il cui codice CER inizia con le cifre 19.12 consistono in
rifiuti prodotti dal trattamento meccanico (ad esempio, selezione, triturazione,
compattazione, riduzione in pellet) di altri rifiuti; tra questi, il codice CER
19.12.10 contrassegna i “rifiuti combustibili (CDR: combustibile derivato da
rifiuti)”; il codice CER 19.12.11 identifica “altri rifiuti (compresi materiali
misti) prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti, contenenti sostanze
pericolose”; il codice CER 19.12.12 contrassegna, infine, “altri rifiuti
(compresi i materiali misti) prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti,
diversi da quelli di cui alla voce 19.12.11”.
Infatti, il citato Allegato D) prevede che ai rifiuti inclusi nell'elenco si
applicano le disposizioni di cui alla direttiva 2008/98/CE, a condizione che non
trovino applicazione le disposizioni di cui agli articoli 2, 5 e 7 della
direttiva 2008/98/CE, ma precisa che il codice a sei cifre riferito a ciascun
rifiuto è utile per identificare la ‘fonte che genera il rifiuto’ stesso e,
quindi, per individuare la disciplina applicabile occorre, comunque, fare
riferimento alla normativa primaria contenuta nel Codice dell’Ambiente. Quindi,
è vero che il codice CER 19 individua rifiuti prodotti da impianti di
trattamento dei rifiuti, impianti di trattamento delle acque reflue fuori sito,
nonché dalla potabilizzazione dell'acqua e dalla sua preparazione per uso
industriale, mentre il codice CER 20 individua Rifiuti urbani (rifiuti domestici
e assimilabili prodotti da attività commerciali e industriali nonché dalle
istituzioni) inclusi i rifiuti della raccolta differenziata, ma è chiaro che per
qualificare e in concreto i rifiuti va tenuto conto di quanto stabilito dalla
norma primaria contenuta dell’articolo 184, commi 2 e 3, del d.lgs. n. 152/2006,
che reca la puntuale classificazione dei rifiuti urbani e di quelli speciali.
In sostanza, per classificare i rifiuti oggetto di causa e individuare la
disciplina agli stessi applicabile, occorre considerare che la lettera n) del
terzo comma dell’articolo 184 del Codice dell’Ambiente è stata soppressa
dall'art. 2, comma 21-bis, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, con la conseguenza
che i rifiuti derivati dalle attività di selezione meccanica dei rifiuti solidi
urbani (contraddistinti con il codice CER 19.12.12), in precedenza inclusi tra i
rifiuti speciali, a seguito della citata modifica, devono essere considerati
come rientranti tra i rifiuti urbani (contraddistinti con il codice CER 20).
Ciò appare in linea anche con quanto stabilito a livello comunitario con la Dir.
19-11-2008 n. 2008/98/CE (direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio
relativa ai rifiuti) posto che applicare ad un determinato rifiuto una
disciplina più stringente (quale quella relativa ai rifiuti urbani) rispetto ad
altra (ed, in particolare, a quella avente ad oggetto determinati rifiuti
speciali non pericolosi), è conforme alla ratio delle citate disposizioni
comunitarie finalizzate a proteggere l'ambiente e la salute umana prevenendo o
riducendo gli impatti negativi della produzione e della gestione dei rifiuti.
Il Collegio, quindi, condivide l’orientamento giurisprudenziale indicato
dall’Amministrazione regionale pugliese secondo il quale affermare che la
semplice separazione meccanica della frazione secca dalla frazione umida di un
rifiuto non può comportare il mutamento della natura del rifiuto da urbano a
speciale, con conseguente sottrazione del ‘rifiuto speciale’ alla disciplina del
‘rifiuto urbano’. Altrettanto si giungerebbe alla conclusione irrazionale che
ciò che non può essere smaltito e trasportato fuori Regione “intero” (il rifiuto
urbano), possa poi essere smaltito e trasportato una volta “frazionato” (il
rifiuto speciale con codice CER 19.12.12). In sostanza, a tal fine non può
essere considerata decisiva l’attribuzione del codice CER 19.12.12, perché le
operazioni di tritovagliatura (e, cioè, il trattamento che consiste in una
operazione di pretrattamento composta di triturazione e vagliatura; la fase di
triturazione serve a ridurre il volume dei rifiuti, mentre la vagliatura ha lo
scopo di separare i diversi tipi di materiale, ad esempio, in base alla
pesantezza, che compongono un determinato rifiuto) si pongono come preliminari
rispetto a quella che sarà l’operazione compiuta di recupero o smaltimento cui
il rifiuto deve essere sottoposto e non sono, quindi, utili, da sole, a cambiare
la classificazione del rifiuto secondo l’origine. Affermare il contrario
significherebbe consentire – mediante la semplice operazione meccanica e di
riduzione del volume – di disattendere la normativa che disciplina la gestione
dei rifiuti urbani, il principio di autosufficienza ed il divieto di smaltimento
in regioni diverse da quella di produzione (cfr. Cass. Penale, Sez. III, 9
dicembre 2009, n. 46843: Tribunale di Milano, Ufficio GIP, 23 marzo 2006).
In conclusione, deve ritenersi che proprio considerazioni del genere espresso
dalla richiamata giurisprudenza abbiano indotto il legislatore ad abrogare la
lettera n) del terzo comma dell’articolo 184 del Codice dell’Ambiente (soppressa
dall'art. 2, comma 21-bis, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4) sostanzialmente,
facendo rientrare i rifiuti derivati dalle attività di selezione meccanica dei
rifiuti solidi urbani (in precedenza inclusi tra i rifiuti speciali) nell’ambito
della classificazione dei rifiuti urbani.
Le medesime considerazioni, peraltro, sembrano essere state sostanzialmente
condivise dalla stessa Regione Campania la quale, con del. G.R. n. 899 del
14.12.2010, n. 942 del 21.12.2010 e n. 1002 del 30.12.2010, ha approvato accordi
analoghi all’impugnato Protocollo di intesa del 3 dicembre 2010, con le Regioni
Emila-Romagna, Toscana e Lazio, per il conferimento nelle discariche delle tre
Regioni di destinazione, di rifiuti aventi codice CER 19.12.12 provenienti dagli
STIR campani, sostanzialmente, definendo tali rifiuti come ‘urbani’.
Lungo la stessa linea va considerato che anche nel bando di gara del 24 agosto
2010, relativo all’appalto bandito dal Dipartimento della Protezione civile, i
rifiuti con codice CER 19.12.12 sono definiti ‘rifiuti urbani tritovagliati’.
6.2. Ciò posto, va considerata la disciplina emergenziale emanata per tentare di
superare la situazione di criticità relativa al trattamento dei rifiuti in
Campania, individuando le norme applicabili al caso di specie, partendo dal D.L.
9 ottobre 2006, n. 263 (recante Misure straordinarie per fronteggiare
l'emergenza nel settore dei rifiuti nella regione Campania. Misure per la
raccolta differenziata), il cui articolo 5 ha stabilito che “Fino alla
cessazione dello stato di emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti
nella regione Campania, per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani o speciali
non pericolosi provenienti dalle attività di selezione, trattamento e raccolta
dei rifiuti solidi urbani, che potranno essere destinati in via eccezionale
fuori regione, sono utilizzate e messe in sicurezza le discariche già
autorizzate o realizzate dal Commissario delegato-prefetto di Napoli, nonché le
ulteriori discariche che il Commissario delegato può individuare per
l'attuazione degli obiettivi fissati dal presente decreto. …” (comma 1), e che
“Il trasferimento, in una regione nella quale è stato dichiarato lo stato di
emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti, di una parte dei rifiuti
prodotti può essere disposto dal Commissario delegato, solo previa intesa con la
regione interessata e comunque tenendo conto del livello di esaurimento delle
discariche esistenti nel territorio della regione medesima” (comma 3-bis).
Con D.L. 23 maggio 2008, n. 90 (recante Misure straordinarie per fronteggiare
l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania e
ulteriori disposizioni di protezione) si è, poi stabilito che: - “Nelle more
dell'espletamento delle procedure di valutazione di cui all'articolo 6, comma 1,
è autorizzato, presso gli impianti ivi indicati, il trattamento meccanico dei
rifiuti urbani, per i quali, all'esito delle relative lavorazioni, si applica in
ogni caso, fermo quanto disposto dall'articolo 18, la disciplina prevista per i
rifiuti codice CER 19.12.12, CER 19.12.02, CER 19.05.01, CER 19.05.03; presso i
medesimi impianti sono altresì autorizzate le attività di stoccaggio e di
trasferenza dei rifiuti stessi.I rifiuti aventi codice CER 19.05.03, previa
autorizzazione regionale, possono essere impiegati quale materiale di
ricomposizione ambientale per la copertura e risagomatura di cave abbandonate e
dismesse, di discariche chiuse ed esaurite, ovvero quale materiale di copertura
giornaliera per gli impianti di discarica in esercizio” (art. 6-ter, comma 1 -
Disciplina tecnica per il trattamento dei rifiuti); - “Fermo quanto disposto
dall'articolo 18, e in deroga alle disposizioni di cui all'allegato D alla parte
IV del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, i rifiuti comunque provenienti
dagli impianti di cui al comma 1 del presente articolo sono destinati ad
attività di recupero ovvero di smaltimento secondo quanto previsto dagli
allegati B e C alla parte IV del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e
successive modificazioni, e, ai fini delle successive fasi di gestione, detti
rifiuti sono sempre assimilati, per quanto previsto dall'articolo 184 del
decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come modificato dall'articolo 2 del
decreto legislativo 16 gennaio 2008, n. 4, alla tipologia di rifiuti avente
codice CER 20.03.01” (art. 6-ter, comma 2 - Disciplina tecnica per il
trattamento dei rifiuti); - “Fatte salve le intese ai sensi dell'articolo 5,
comma 3, del decreto-legge 9 ottobre 2006, n. 263, convertito, con
modificazioni, dalla legge 6 dicembre 2006, n. 290, fino alla cessazione dello
stato di emergenza di cui all'articolo 19 del presente decreto, è vietato il
trasferimento, lo smaltimento o il recupero di rifiuti in altre regioni” (art.
9, comma 7-bis - Discariche).
Con D.L. 3 giugno 2008, n. 97 (recante Disposizioni urgenti in materia di
monitoraggio e trasparenza dei meccanismi di allocazione della spesa pubblica,
nonché in materia fiscale e di proroga di termini) è stato stabilito che “Fatte
salve le intese ai sensi dell’ articolo 5, comma 3, del decreto-legge 9 ottobre
2006, n. 263, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 dicembre 2006, n.
290, fino alla cessazione dello stato di emergenza nella gestione dei rifiuti
nella regione Campania, è vietato il trasferimento e lo smaltimento dei rifiuti
urbani, esclusi quelli della raccolta differenziata inviati presso impianti per
il riutilizzo, il riciclo o il recupero di materia, in altre regioni” (art.
4-octies Disposizioni in materia di trasferimento e smaltimento dei rifiuti
nella regione Campania ); e che “I rifiuti provenienti dagli impianti di
selezione e trattamento di Caivano (NA), Tufino (NA), Giugliano (NA), Santa
Maria Capua Vetere (CE), Avellino - località Pianodardine, Battipaglia (SA) e
Casalduni (BN), ai fini delle successive fasi di gestione nell’ambito della
regione Campania, sono sempre assimilati alla tipologia di rifiuti aventi codice
CER 20.03.01” (art. 4-novies Ulteriori disposizioni in materia di trattamento
dei rifiuti e di impianti di termovalorizzazione).
Il D.L. 26 novembre 2010, n. 196 (recante Disposizioni relative al subentro
delle amministrazioni territoriali della regione Campania nelle attività di
gestione del ciclo integrato dei rifiuti), infine, ha previsto che “Fino alla
completa realizzazione degli impianti necessari per la chiusura del ciclo
integrato di gestione dei rifiuti nella regione Campania previsti dal
decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge
14 luglio 2008, n. 123, così come modificato dal presente decreto, ove si
verifichi la non autosufficienza del sistema di gestione dei rifiuti urbani non
pericolosi prodotti in Campania, tale da non poter essere risolta con le
strutture e dotazioni esistenti nella stessa Regione, il Governo promuove,
nell'ambito di una seduta della Conferenza permanente per i rapporti tra lo
Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, appositamente
convocata anche in via d'urgenza, su richiesta della Regione, un accordo
interregionale volto allo smaltimento dei rifiuti campani anche in altre
regioni. L'attuazione del presente comma non comporta nuovi o maggiori oneri a
carico della finanza pubblica” (art. 1, comma 7).
Dall’esame delle norme richiamate, emerge chiaramente che la disciplina
emergenziale indicata non prevede eccezioni al principio di smaltimento
intra-regionale dei rifiuti urbani, quali devono essere classificati quelli con
codice CER 19.12.12, per le ragioni sopra descritte.
Ma, alla luce della richiamata legislazione emergenziale, le censure di parte
ricorrente risultano infondate anche se si volesse affermare che i rifiuti con
codice CER 19.12.12 devono seguire la disciplina dei rifiuti speciali non
pericolosi.
Infatti, tentando di coordinare le disposizioni emergenziali richiamate e di
applicarle correttamente al caso di specie, va evidenziato che già l’art. 5,
commi 1 e 3, del d.l. n. 263/2006, consentiva lo smaltimento fuori dalla Regione
Campania (oltre che dei rifiuti solidi urbani, anche dei rifiuti) speciali non
pericolosi provenienti dalle attività di selezione, il trattamento e la raccolta
dei rifiuti solidi urbani (e, quindi, dei rifiuti con codice CER 19.12.12) solo
in via eccezionale e previa intesa con le regioni interessate.
Ciò è stato, sostanzialmente, confermato dalla normativa emergenziale
successiva, in quanto l’art. 6-ter, comma 2, del d.l. n. 23 maggio 2008, n. 90,
per tutte le tipologie di rifiuti provenienti dagli STIR campani e per ogni fase
di gestione ad essi relativa, prevedendo l’assimilazione dei rifiuti speciali ai
rifiuti urbani non differenziati (come confermato dal Ministero dell’Ambiente
con nota prot. n. 100 33/TRI/DI del 28 febbraio 2011) e, quindi, fissando un
divieto generale di trasporto extra regione. L’art. 4-novies, del d.l. n. n.
97/2008, conferma che tali rifiuti possono essere smaltiti solo nell’ambito
della Regione Campania, in quanto tale disposizione va letta alla luce di quanto
stabilito dall’art. 4-octies del medesimo decreto legge, il quale prevede che
“Fatte salve le intese ai sensi dell’articolo 5, comma 3, del decreto legge 9
ottobre 2006, n. 263, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 dicembre
2006, n. 290, fino alla cessazione dello stato di emergenza nella gestione dei
rifiuti nella regione Campania, è vietato il trasferimento e lo smaltimento dei
rifiuti urbani, esclusi quelli della raccolta differenziata inviati presso
impianti per il riutilizzo, il riciclo o il recupero di materia, in altre
regioni”. Ne consegue che il trasferimento fuori regione è ammesso solo per i
rifiuti oggetto raccolta differenziata inviati presso impianti per il
riutilizzo, il riciclo o il recupero di materia, in altre regioni. L’art. 1,
comma 7, del d.l. 26 novembre 2010, n. 196 (recante Disposizioni relative al
subentro delle amministrazioni territoriali della regione Campania nelle
attività di gestione del ciclo integrato dei rifiuti), infine, ha stabilito che
fino alla completa realizzazione degli impianti necessari per la chiusura del
ciclo integrato di gestione dei rifiuti nella regione Campania previsti dal d.l.
n. 90/2008, in caso di non autosufficienza del sistema di gestione dei rifiuti
urbani non pericolosi prodotti in Campania, tale da non poter essere risolta con
le strutture e dotazioni esistenti nella stessa Regione, il Governo promuove,
nell'ambito di una seduta della Conferenza permanente per i rapporti tra lo
Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, appositamente
convocata anche in via d'urgenza, su richiesta della Regione, un accordo
interregionale volto allo smaltimento dei rifiuti campani anche in altre
regioni.
La Società ricorrente ha affermato, tra l’altro, che la legislazione statale di
natura eccezionale e derogatoria, introdotta per fronteggiare l’emergenza
rifiuti in Campania, non è più applicabile al caso di specie, perché lo stato di
emergenza dichiarato ai sensi dell’art. 5 della legge n. 225 del 1992, sarebbe
cessato al 31 dicembre 2009 (cfr. art. 19 d.l. n. 90/2008), mentre tutti gli
atti e i comportamenti che riguardano la vicenda oggetto di causa sono stati
assunti e posti in essere successivamente a tale data, sicché sarebbe inutile
richiamare la disciplina emergenziale per tentare di giustificare i
provvedimenti impugnati.
Se ciò fosse vero, sarebbe applicabile la disciplina ordinaria contenuta nel
Codice dell’ambiente che, per le ragioni sopra espresse, non avrebbe consentito
nel caso di specie di smaltire i rifiuti campani presso discariche della Regione
Puglia. In sostanza, la formale cessazione al 31 dicembre 2009 dello stato di
emergenza rifiuti in Campania, si rivela irrilevante perché non incide sul
divieto di trasferimento fuori regione dei rifiuti urbani previsto dalla
disciplina ordinaria dall’art. 182, comma 3, del d.lgs. n. 156/2006.
Peraltro, è dubbio che lo stato di emergenza sia effettivamente cessato perché
il d.l. n. 196/2010 ha continuato a dare atto della perdurante situazione di
elevata criticità nel settore dei rifiuti nella Regione Campania, confermando
(seppure con qualche modifica che non assume particolare rilievo ai fini della
controversia in esame) la perdurante vigenza della disciplina contenuta nel d.l.
n. 90/2008, ivi compreso il secondo comma dell’articolo 6-ter di tale ultimo
decreto legge che prevede l’assimilazione dei rifiuti provenienti dagli STIR
campani ai rifiuti aventi codice CER 20.03.01.
Nel quadro normativo complessivamente considerato non assume particolare rilievo
neanche la giurisprudenza costituzionale richiamata dalla Società ricorrente
(ed, in particolare, le sentenze della Corte Costituzionale n. 335 del
19/10/2001 e n. 10 del 23/1/2009), in quanto, nei casi posti all’attenzione
della Consulta, con leggi regionali erano stati posti limiti al principio della
libera circolazione extra-regionale dei rifiuti speciali in assenza di una
specifica disciplina limitativa nazionale (nella fattispecie, esistente); si è
ritenuto fosse stata violata, in tal modo, la competenza esclusiva statale nella
materia "tutela dell'ambiente e dell'ecosistema", di cui all'art. 117, comma 2,
lettera s), cost. (nella fattispecie, rispettata, perché tutta la disciplina
sopra richiamata è stata emanata dal legislatore statale); è stato affermato il
contrasto con l'art. 120 cost., introducendo una misura che ostacolava la libera
circolazione delle persone e delle cose tra le regioni, senza che sussistessero
ragioni giustificatrici di ordine sanitario o ambientale di tale limitazione
(nella fattispecie esistenti, in considerazione della situazione emergenziale
oggetto della descritta disciplina speciale).
6.3. Passando, infine, a considerare il Protocollo di intesa datato 3 dicembre
2010, va rilevato che lo stesso è stato correttamente sottoscritto in ossequio
alla disciplina applicabile al caso di specie, realizzando l’assenso della
Regione Puglia al trasferimento dei rifiuti campani: presupposto che abilita lo
smaltimento dei rifiuti campani nel territorio pugliese, in base alla previsioni
contenute nell’art. 182, comma 3 del d.lgs. n. 152 del 3.4.2006, nell’art. 5,
comma 3, del d.l. n. 263 del 9 ottobre 2006, nell’art. 1, comma 7 del d.l. n.
196 del 26 novembre 2010, nel punto III.1.4 del bando di gara del 23 agosto
2010.
Quindi, risultano infondate le censure mosse avverso lo stesso dalla Società
ricorrente.
In tale Protocollo di Intesa, infatti, si è tenuto conto del fatto che il 23
agosto 2010 l’Unità operativa della Presidenza del Consiglio dei Ministri
Dipartimento della Protezione civile per la chiusura dell’emergenza rifiuti in
Campania, aveva indetto bando di gara per l’appalto del “Servizio di
smaltimento, incluso caricamento e trasporto, fuori Regione ed in territorio
italiano, di 61.000 tonnellate di rifiuti speciali non pericolosi codice CER
19.12.12 (frazione umida tritovagliata) prodotta e stoccata negli Stabilimenti
di Tritovagliatura e Imballaggio Rifiuti urbani (STIR) della Regione Campania” e
che in attuazione della legislazione di emergenza richiamata, il bando aveva
subordinato l’offerta alla stipula di un Protocollo d’intesa fra Regione
Campania e regione disponibile al ricevimento della predetta tipologia di
rifiuti (punto III.1.4).
Ciò a conferma del fatto che, in base alla disciplina emergenziale richiamata ed
in base a quanto stabilito dal Protocollo di intesa, fino alla cessazione dello
stato di emergenza, non sarebbe stato possibile conferire extra-regione rifiuti
solidi urbani o speciali non pericolosi provenienti dagli STIR campani, in
mancanza o al di fuori specifici accordi stipulati tra la Regione Campania e le
regioni disponibili ai conferimenti nel proprio territorio. Sotto questo
profilo, risulta smentita l’affermazione di parte ricorrente secondo la quale il
Protocollo ha fissato un ‘quantitativo minimo’ di rifiuti smaltibili presso la
Regione Puglia, perché a pagina 5 del citato Protocollo è espressamente previsto
che “Il quantitativo massimo (di rifiuti con codice CER 19.12.12) che potrà
essere smaltito negli impianti finali (pugliesi) è pari a 45.000 tonnellate”.
Quindi, la Società ricorrente avrebbe dovuto accogliere i conferimenti di
rifiuti esclusivamente nei limiti e con le modalità stabilite dal Protocollo di
intesa.
Del resto, il Protocollo di intesa consente il conferimento di rifiuti nella
misura e nella tipologia indicate prevedendo modalità tecnico-operative idonee a
garantire in ciascuna della fasi di prelievo (art. 4), trasporto (art. 5) e
conferimento dei rifiuti (art. 6) la esclusione e/o minimizzazione degli impatti
sul territorio pugliese e la tutela della salute dei cittadini. Ed è chiaro che
sarebbe illogico consentire di superare tali regole ammettendo la possibilità di
conferire rifiuti in Puglia a prescindere dal rispetto del citato Protocollo di
intesa (come avvenuto nel caso di specie: cfr. nota del NOE di Lecce e della
Polizia Provinciale di Taranto del 7 febbraio 2011).
7. Alla luce delle considerazioni che precedono il Collegio ritiene che il
ricorso sia infondato e debba essere respinto.
8. Sussistono validi motivi – legati alla particolarità delle vicenda e delle
questioni trattate - per disporre la integrale compensazione delle spese di
giudizio fra le parti in causa.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter),
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:
respinge il ricorso;
compensa le spese di giudizio fra le parti in causa;
ordina che la presente sentenza sia eseguita dalla competente Autorità
amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 maggio 2011 con
l'intervento dei magistrati:
Linda Sandulli, Presidente
Pietro Morabito, Consigliere
Roberto Proietti, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 31/05/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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