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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562

 

 

T.A.R. LAZIO, Roma, Sez. II ter - 19 gennaio 2011, n. 493


DIRITTO URBANISTICO - Opere abusive - Ordine di demolizione intervenuto a lunga distanza di tempo dall’ultimazione dei lavori - Motivazione - Indicazione delle ragioni di pubblico interesse che giustificano l’irrogazione della sanzioni.
L’ordine di demolizione di un’opera abusiva, intervenuto a lunga distanza di tempo dall’ultimazione dei lavori, e quindi in una situazione di consolidato affidamento del privato sulla legittimità del proprio intervento, non può essere sorretto esclusivamente dal richiamo al carattere abusivo dell’opera realizzata, avendo l’amministrazione l’obbligo di dare puntualmente conto delle ragioni di pubblico interesse che giustificano l’irrogazione della sanzione della demolizione, quali, ad esempio, il pericolo di crollo o di pregiudizio per l’igiene e la sanità pubblica. In altri termini, il decorso del tempo, in deroga al principio secondo cui la motivazione di un provvedimento repressivo in materia edilizia non necessita di alcuna motivazione diversa dal richiamo alla abusività dell’opera, impone al Comune, in ossequio alla generale regole di buona amministrazione scolpita nell’art. 97 della Costituzione, di rafforzare l’impalcatura motivazionale mediante il richiamo a situazioni che giustificano il rinnovato interesse pubblico alla rimozione della situazione antigiuridica ed al conseguente sacrificio del contrapposto interesse del privato. Pres. Filippi, Est. Chinè - I.V. s.p.a. (avv.ti Manzia e Lavitola) c. Comune di Roma (avv. Pasquali). TAR LAZIO, Roma, Sez. II ter - 19 gennaio 2011, n. 493


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N. 00493/2011 REG.PROV.COLL.

N. 00798/1994 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Ter)


ha pronunciato la presente


SENTENZA


Sul ricorso numero di registro generale 798 del 1994, proposto da:
Immobiliare Vespucci S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv. Claudio Manzia e Giuseppe Lavitola, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, sito in Roma, via Costabella, n. 23;
contro
Comune di Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Giorgio Pasquali, domiciliato in Roma, Via Tempio di Giove, n. 21;
per l’annullamento:
- della disposizione n. 890 del 10 settembre 1993 emessa dal Dirigente Superiore della Circoscrizione IX, con la quale si ordina alla ricorrente la sospensione dei lavori, la demolizione e la rimozione di opere edilizie.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Roma;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 novembre 2010 il dott. Giuseppe Chiné e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO


1. Con il ricorso introduttivo dell’odierno giudizio, la ricorrente, proprietaria di un complesso industriale costituito da capannoni, sito in Roma, via del Mandrione nn. 61/111, ha impugnato la disposizione n. 890 del 10 settembre 1993, emessa dal Dirigente Superiore della Circoscrizione IX del Comune di Roma, con cui è stata intimata alla ricorrente medesima la sospensione dei lavori, la demolizione e la rimozione di opere asseritamene abusive. In particolare, il provvedimento comunale ha inteso censurare la realizzazione da parte della ricorrente di una struttura formata da quattro pilastri a due ordini per sostenere una vasca di serbatoi d’acqua e uno sterro per la costruzione di una vasca per lo smaltimento delle acque.


La ricorrente ha dedotto che nel 1960 è stato realizzato, all’interno del citato complesso industriale, un serbatoio d’acqua, per le esigenze di sicurezza conseguenti all’utilizzazione di gran parte dei capannoni a deposito di legname.


Ha altresì dedotto che, a seguito di un esposto presentato dal presidente del locale consorzio stradale e di un successivo sopralluogo dei tecnici dell’Amministrazione comunale, gli è stata imposta la realizzazione di un depuratore, stante la mancata realizzazione della fognatura comunale. Di talché essa ricorrente ha realizzato un’opera completamente interrata, come da progetto approvato da parte dei competenti uffici comunali in data 3 giugno 1993, con comunicazione di inizio lavori presentata in data 3 giugno 1993 alla Circoscrizione IX. A ciò ha fatto seguito, in data 5 luglio 1993, la richiesta di autorizzazione alla scarico delle acque ai sensi della L.R. Lazio n. 41 del 1982.


2. A sostegno del gravame, ha articolato le seguenti doglianze: 1) Eccesso di potere per difetto di pubblico interesse, omessa valutazione comparativa degli interessi e difetto di motivazione; 2) Violazione e falsa applicazione degli artt. 10 stessa legge e all’art. 7 L. n. 94 del 25.3.1982; 3) Violazione dell’art. 13 L. 47 del 28.2.1985; 4) Violazione e falsa applicazione degli artt. 4 e segg. L. 47 del 28.2.1985 in relazione all’art. 10 stessa legge e all’art. 7 L. 94 del 25.3.1982; 5) Eccesso di potere per manifesta ingiustizia, illogicità, contrarietà e carenza del pubblico interesse; 6) Violazione dell’art. 13 L. 47 del 28.2.1985.


3. Si è costituito in giudizio il Comune di Roma, instando per il rigetto del gravame.


4. Con ordinanza n. 821 del 25 marzo 1994, la Sezione ha accolto la domanda incidentale di sospensione del provvedimento impugnato.


5. All’udienza del 25 novembre 2010, sentiti i difensori delle parti come da relativo verbale, il ricorso è stato trattenuto in decisione.


DIRITTO


1. Il ricorso si palesa in parte improcedibile, in parte fondato, nei termini di seguito meglio precisati.


2. Con l’odierno gravame la ricorrente ha censurato il provvedimento sanzionatorio emesso dal Comune di Roma con riguardo alle opere, qualificate dall’Amministrazione come abusive in quanto realizzate in assenza di concessione edilizia, consistenti in un serbatoio per l’accumulo delle acque bianche e in un depuratore per lo smaltimento delle acque nere.


Risulta per tabulas che, in pendenza di giudizio, in accoglimento della istanza presentata dalla ricorrente ex art. 13 della legge n. 47 del 1985 in data 19.11.1993 (prot. 31902), l’Amministrazione resistente ha rilasciato l’autorizzazione in sanatoria n. 45/A per la realizzazione del depuratore.


Per l’esercizio della medesima opera è stata altresì rilasciata dal Comune di Roma – Ufficio speciale legge n. 319/76 autorizzazione allo scarico con provvedimento prot. 53752 del 13.07.1994.


Tanto rilevato, con memoria difensiva depositata il 25.10.2010, la ricorrente ha dichiarato di non avere più alcun interesse alla decisione del gravame nella parte in cui intende censurare il provvedimento sanzionatorio dell’intervento edilizio ormai oggetto di sanatoria.


Ne discende l’improcedibilità in parte qua del proposto gravame.


3.1 Il gravame si palesa, invece, fondato relativamente alle misure della sospensione dei lavori, della demolizione e dell’ordine di rimozione irrogate con riferimento al serbatoio d’acqua.


Dalla documentazione prodotta in giudizio, e proveniente dalla stessa Amministrazione resistente, si evince che l’opera in questione è stata realizzata molti anni prima rispetto all’adozione del provvedimento impugnato. Più in particolare, dalla nota prot. 18594 del 20.07.1993, avente come destinatario la Procura della Repubblica presso la Procura Circondariale di Roma, a firma del Comandante del Corpo di Polizia Municipale che ha compiuto gli accertamenti di rito, si evince che la struttura in cemento armato consistente in un serbatoio d’acqua “risulta essere stata costruita in vecchia data, presumibilmente tra il 1960 e il 1962”. Nella relazione tecnica allegata alla predetta nota, redatta da personale della Circoscrizione IX che ha partecipato agli accertamenti congiunti con la Polizia Municipale, si precisa che i lavori edilizi abusivi risultano “ultimati da tempo”.


3.2 Tanto rilevato, si palesa fondata la prima censura formulata dalla ricorrente, secondo cui, a fronte di opere edilizie abusive realizzate molti anni prima dell’accertamento compiuto dal personale dell’amministrazione preposto alla vigilanza in materia edilizia, le sanzioni della demolizione e della riduzione in pristino non possono essere irrogate in assenza di una specifica verifica in ordine alla sussistenza dell’interesse pubblico e della sua prevalenza sull’interesse del privato al mantenimento delle opere.


3.3 Per giurisprudenza consolidata (cfr. T.A.R. Lazio, sez. I, 18 marzo 2010, n. 4243; T.A.R. Campania, sez. IV, 25 marzo 2010, n. 1636; T.A.R. Liguria, sez. I, 31 dicembre 2009, n. 4127), anche della Sezione (cfr. T.A.R. Roma, sez. II, 4 dicembre 2009, n. 12554), l’ordine di demolizione di un’opera abusiva, intervenuto a lunga distanza di tempo dall’ultimazione dei lavori, e quindi in una situazione di consolidato affidamento del privato sulla legittimità del proprio intervento, non può essere sorretto esclusivamente dal richiamo al carattere abusivo dell’opera realizzata, avendo l’amministrazione l’obbligo di dare puntualmente conto delle ragioni di pubblico interesse che giustificano l’irrogazione della sanzione della demolizione, quali, ad esempio, il pericolo di crollo o di pregiudizio per l’igiene e la sanità pubblica.


In sintesi, il decorso del tempo, in deroga al principio secondo cui la motivazione di un provvedimento repressivo in materia edilizia non necessita di alcuna motivazione diversa dal richiamo alla abusività dell’opera, impone al Comune, in ossequio alla generale regole di buona amministrazione scolpita nell’art. 97 della Costituzione, di rafforzare l’impalcatura motivazionale mediante il richiamo a situazioni che giustificano il rinnovato interesse pubblico alla rimozione della situazione antigiuridica ed al conseguente sacrificio del contrapposto interesse del privato.


3.4 Traslando i superiori principi all’odierno gravame, il provvedimento impugnato si palesa illegittimo, non avendo l’Amministrazione resistente fornito alcuna specifica motivazione in ordine all’interesse pubblico alla demolizione e rimozione del serbatoio, nonostante l’accertamento in atti che la realizzazione dell’opera risalisse a oltre trenta anni prima rispetto all’irrogazione della sanzione edilizia.


In accoglimento del proposto gravame, il provvedimento impugnato deve essere pertanto annullato nei limiti e termini sin qui precisati.


4. Per la natura delle questioni scrutinate sussistono comunque giusti motivi per compensare spese, diritti ed onorari di giudizio.


P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, sez. Seconda Ter, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, in parte lo dichiara improcedibile, in parte lo accoglie, nei termini e limiti meglio precisati in motivazione.
Compensa spese, diritti ed onorari di giudizio.


Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 novembre 2010 con l'intervento dei magistrati:
Maddalena Filippi, Presidente
Francesco Riccio, Consigliere
Giuseppe Chine', Primo Referendario, Estensore

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 19/01/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)



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