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T.A.R.
LOMBARDIA, Brescia, Sez. II - 1 agosto 2011, n. 1228
ACQUA E CORSI D’ACQUA - Fascia di
rispetto dagli argini - Art. 96, lett. f) R.D. n. 523/1904 - Regolamenti
comunali - Tolleranza verso abusi edilizi - Conferimento di diritti edificatori
- Esclusione. I regolamenti comunali (o le linee-guida regionali) possano
disciplinare diversamente la fascia di rispetto dagli argini prevista dall’art.
96 lett. f) del RD 523/1904 solo sulla base di un esame dettagliato della
condizione dei luoghi, così da garantire in misura equivalente gli interessi
pubblici (idraulici e ambientali) coinvolti (v. TAR Brescia Sez. I 26 febbraio
2010 n. 986; TAR Brescia Sez. I 26 giugno 2007 n. 578). In questo quadro la
tolleranza mantenuta in passato verso certe tipologie di edificazione non
acquista lo status di elemento normativo e non può costituire un presupposto
idoneo per conferire ulteriori diritti edificatori. Pres. Calderoni, Est. Pedron
- S. s.n.c. (avv. Canu) c. Comune di Corteno Golgi (avv.ti Fontana, Ferrari e
Fontana) - TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. II - 1 agosto 2011, n. 1228
DIRITTO URBANISTICO - Edifici in rovina - Ricostruzione - Superficie,
volumetria e distanze - Mantenimento del patrimonio giuridico incorporato
nell’edificio - Strumenti di pianificazione sopravvenuti - Effetti. La
ricostruzione di edifici in rovina può essere ricompresa tra gli interventi di
ristrutturazione. In proposito si osserva che con la rovina dell’edificio il
patrimonio giuridico incorporato nello stesso (superficie coperta, volumetria,
distanze dai confini e dagli altri edifici) non scompare automaticamente ma
diventa latente e può riespandersi (v. TAR Brescia Sez. I 13 maggio 2009 n.
1028). Qualora però sopravvengano strumenti di pianificazione che cancellano il
rilievo urbanistico del sedime (o elevano le caratteristiche strutturali
necessarie per considerare esistente un edificio) si interrompe il collegamento
con la precedente edificazione e i proprietari subiscono il ridimensionamento
economico del bene. Queste scelte urbanistiche sono ampiamente discrezionali e
corrispondono all’esigenza di garantire la certezza della situazione di base su
cui si innestano la programmazione e la successiva trasformazione del
territorio. Se al contrario nei piani urbanistici sopravvenuti il tema della
riedificazione degli immobili in rovina non viene espressamente affrontato vale
il principio privatistico che tutela nella sua interezza il diritto di
proprietà, compresa la facoltà di ricostituzione materiale del bene, con il solo
limite esterno dei diritti incompatibili nel frattempo acquisiti dai terzi.
Pres. Calderoni, Est. Pedron - S. s.n.c. (avv. Canu) c. Comune di Corteno Golgi
(avv.ti Fontana, Ferrari e Fontana) - TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. II - 1
agosto 2011, n. 1228
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N. 01228/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00736/1999 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 736 del 1999, proposto da:
SEGHERIA BIANCHI GIACOMO SNC DI BIANCHI GUGLIELMO & C., rappresentata e difesa
dall'avv. Silvano Canu, con domicilio eletto presso la segreteria del TAR in
Brescia, via Zima 3;
contro
COMUNE DI CORTENO GOLGI, rappresentato e difeso dagli avv. Gianfranco Fontana,
Italo Ferrari e Francesco Fontana, con domicilio eletto presso i medesimi legali
in Brescia, via Diaz 28;
per l'annullamento
- del provvedimento del responsabile del Servizio Tecnico prot. n. 868/2133 del
9 aprile 1999, con il quale è stata respinta la domanda di concessione edilizia
presentata l’11 febbraio 1999 per mancato rispetto della distanza minima dal
torrente Ogliolo;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Corteno Golgi;
Viste le memorie difensive;
Visti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 aprile 2011 il dott. Mauro Pedron;
Uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Considerato quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. La ricorrente Segheria Bianchi Giacomo snc di Bianchi Guglielmo & C. mediante
atto notificato il 7 giugno 1999 e depositato il 30 giugno 1999 ha impugnato il
provvedimento del responsabile del Servizio Tecnico del 9 aprile 1999 con il
quale è stata respinta la domanda di concessione edilizia riguardante un
capannone. Il diniego si basa sul mancato rispetto della distanza minima di 10
metri dal torrente Ogliolo prevista dall’art. 96 lett. f) del RD 25 luglio 1904
n. 523 e ribadita specificamente per il territorio comunale dalla DGR n. 6/28925
del 3 giugno 1997 (modifiche d’ufficio al PRG).
2. Il Comune di Corteno Golgi si è costituito in giudizio eccependo il difetto
di giurisdizione e chiedendo nel merito la reiezione del ricorso.
3. La vicenda è così riassumibile:
(a) lungo la sponda sud del torrente vi sono vari edifici un tempo adibiti a
segheria. La vicinanza al torrente consentiva infatti di utilizzare l’acqua come
energia motrice in grado di azionare i macchinari per il taglio del legno. Uno
di questi edifici è la storica Segheria Veneziana (recentemente recuperata come
museo);
(b) accanto alla Segheria Veneziana si trova l’area di proprietà della
ricorrente, dove è in funzione una moderna segheria che produce tetti in legno e
capriate lamellari. Il compendio immobiliare si compone di diversi mappali (n.
85-88-304-309-308-303-86-310-94-95);
(c) sui predetti mappali insistono alcuni edifici, un silos e alcuni spazi
aperti utilizzati per movimentazione e deposito. In corrispondenza di uno di
questi spazi (in parte occupato da una tettoia) la ricorrente ha progettato la
realizzazione di un capannone con superficie pari a 444,78 mq, che dovrebbe
integrare la dotazione aziendale;
(d) il capannone sarebbe di per sé conforme alla destinazione urbanistica (zona
D – industriale e artigianale – art. 33 delle NTA) ma il titolo edilizio è stato
negato in quanto il Comune ha ritenuto che si configurasse un’ipotesi di nuova
costruzione ricadente nella fascia del vincolo idraulico di cui all’art. 96
lett. f) del RD 523/1904 (in base al progetto la distanza dal torrente varia da
0,30 metri a 2,20 metri);
(e) in effetti, al momento della richiesta di concessione edilizia, nel punto
prescelto (mappali n. 85-94-95) non preesistevano materialmente altri edifici.
Era chiaro inoltre che il capannone non poteva costituire lo sviluppo (tramite
ristrutturazione e ampliamento) della piccola tettoia posta su una porzione del
sedime di progetto, essendovi eccessiva sproporzione nelle dimensioni dei due
manufatti (v. anche la documentazione fotografica e cartografica depositata dal
Comune il 16 marzo 2011);
(f) la ricorrente qualifica però l’intervento come ristrutturazione evidenziando
che nella mappa catastale del 1960 i mappali n. 94-95 risultavano occupati da
edifici. Vi sarebbero poi stati dei crolli negli anni 1962-1963, rispetto ai
quali il nuovo intervento dovrebbe essere considerato come ricostruzione (con
ampliamento);
(g) nel 2006 è stato approvato un piano di recupero che ha permesso il
consolidamento dell’edificio situato sui mappali n. 96-97, contiguo allo spazio
oggetto della vicenda in questione;
(h) infine il Comune segnala che all’interno dell’area della ricorrente (ma non
nello spazio interessato dalla richiesta di titolo edilizio) una tettoia
esistente situata lungo il torrente è stata sostituita con una tettoia abusiva.
Quest’ultima si trova in una posizione diversa dalla precedente, con 9 pilastri
di appoggio collocati sul muro di argine del torrente.
4. La ricorrente sostiene la propria pretesa all’edificazione con una serie di
argomenti che si possono sintetizzare in due punti: (i) nel Comune di Corteno
Golgi vi è un’antica consuetudine che ammette la costruzione sulle rive del
torrente, e dunque la fascia sottoposta a vincolo idraulico sarebbe
sostanzialmente azzerata: saremmo in presenza di una di quelle “discipline
vigenti nelle diverse località” rispetto alle quali l’art. 96 lett. f) del RD
523/1904 si qualifica come norma sussidiaria; (ii) vi sarebbe comunque
travisamento dei fatti, in quanto il capannone progettato non integrerebbe un
intervento di nuova costruzione ma una ristrutturazione con ampliamento
(oltretutto la parte ampliata si collocherebbe a una distanza maggiore di 10
metri dal torrente).
5. Sulle questioni evidenziate dalle parti si possono svolgere le seguenti
considerazioni:
(a) il caso in esame rientra nella giurisdizione amministrativa, e non in quella
del Tribunale superiore delle acque pubbliche, in quanto la prospettiva da cui
viene osservata la controversia è quella dei diritti edificatori. Il problema
del regolare deflusso delle acque, che costituisce la ragione del vincolo
idraulico, non viene in rilievo quale oggetto concreto e immediato del
provvedimento impugnato, come richiesto dall’art. 143 comma 1 lett. a) del RD 11
dicembre 1933 n. 1775, ma rimane sullo sfondo quale mero presupposto del vincolo
stesso. In effetti il provvedimento impugnato nel richiamare il vincolo
idraulico non evidenzia profili di interferenza in concreto tra l’edificazione
progettata dalla ricorrente e il regime delle acque ma utilizza la disciplina
del vincolo idraulico come limite estrinseco per le nuove costruzioni. Poiché
nel presente ricorso è messo in discussione proprio il carattere di novità della
costruzione, e quindi la stessa applicabilità dell’art. 96 lett. f) del RD
523/1904, è chiaro che la fattispecie concreta è solo tangenziale alla materia
delle acque pubbliche, mentre attiene nella sostanza alla disciplina urbanistica
e agli strumenti di pianificazione;
(b) nel merito non appare condivisibile la tesi della ricorrente secondo cui la
consuetudine dell’edificazione lungo le sponde integrerebbe una disciplina
locale in grado di impedire l’applicazione dell’art. 96 lett. f) del RD
523/1904. A parte l’ovvia considerazione che nel caso in esame il Comune, per
effetto delle modifiche d’ufficio al PRG introdotte nel 1997 dalla Regione, era
dotato di una normativa esattamente riproduttiva di quella nazionale sul vincolo
idraulico, si ritiene che i regolamenti comunali (o le linee-guida regionali)
possano disciplinare diversamente la fascia di rispetto dagli argini solo sulla
base di un esame dettagliato della condizione dei luoghi, così da garantire in
misura equivalente gli interessi pubblici (idraulici e ambientali) coinvolti (v.
TAR Brescia Sez. I 26 febbraio 2010 n. 986; TAR Brescia Sez. I 26 giugno 2007 n.
578). In questo quadro la tolleranza mantenuta in passato verso certe tipologie
di edificazione non acquista lo status di elemento normativo e non può
costituire un presupposto idoneo per conferire ulteriori diritti edificatori;
(c) quanto è stato edificato nel remoto passato nella fascia di rispetto e
risulta ormai consolidato può invece essere tutelato sul piano
urbanistico-edilizio e permette il riconoscimento di nuovi diritti edificatori,
nei limiti discrezionalmente stabiliti dagli strumenti pianificatori comunali;
(d) sotto questo profilo può trovare parziale accoglimento il secondo motivo di
ricorso. L’elemento decisivo appare la mappa catastale del 1960, la quale
registra la presenza di edifici sui mappali n. 94-95, dove il progetto localizza
il nuovo capannone. Il Comune ha raccolto elementi che attestano l’inesistenza
di edifici sulla medesima superficie alla data di presentazione della domanda di
concessione edilizia. Tuttavia questa circostanza non è in contraddizione
insanabile con la documentazione catastale: in realtà, essendo necessario
rispettare il valore probatorio attribuito dalla legge alle mappe catastali (v.
art. 950 comma 3 c.c.), si può presumere che successivamente al 1960 una parte
dei fabbricati abbia subito cedimenti e crolli;
(e) la ricostruzione di edifici in rovina può essere ricompresa tra gli
interventi di ristrutturazione. In proposito si osserva che con la rovina
dell’edificio il patrimonio giuridico incorporato nello stesso (superficie
coperta, volumetria, distanze dai confini e dagli altri edifici) non scompare
automaticamente ma diventa latente e può riespandersi (v. TAR Brescia Sez. I 13
maggio 2009 n. 1028). Qualora però sopravvengano strumenti di pianificazione che
cancellano il rilievo urbanistico del sedime (o elevano le caratteristiche
strutturali necessarie per considerare esistente un edificio) si interrompe il
collegamento con la precedente edificazione e i proprietari subiscono il
ridimensionamento economico del bene. Queste scelte urbanistiche sono ampiamente
discrezionali e corrispondono all’esigenza di garantire la certezza della
situazione di base su cui si innestano la programmazione e la successiva
trasformazione del territorio. Se al contrario nei piani urbanistici
sopravvenuti il tema della riedificazione degli immobili in rovina non viene
espressamente affrontato (e questa, per quanto risulta, è la situazione nel caso
in esame) vale il principio privatistico che tutela nella sua interezza il
diritto di proprietà, compresa la facoltà di ricostituzione materiale del bene,
con il solo limite esterno dei diritti incompatibili nel frattempo acquisiti dai
terzi;
(f) dunque la pretesa della ricorrente di edificare un capannone in sostituzione
dell’edificio preesistente, con la medesima destinazione, appare fondata;
(g) rimane il problema dell’esatta quantificazione del volume e della superficie
coperta. In questo come nella maggior parte dei casi si tratta di un calcolo non
agevole. Le difficoltà pratiche non incidono tuttavia in senso soppressivo sul
diritto edificatorio, che come si è visto può essere cancellato solo da una
nuova pianificazione urbanistica. Spetta comunque ai privati l’onere di
dimostrare con ogni mezzo (mappe catastali, documentazione fotografica,
testimonianze) le presumibili dimensioni. Nello specifico la ricorrente ha
fornito alcuni indizi rilevanti. Gli uffici comunali dovranno ora vagliare con
attenzione il materiale prodotto per giungere a una stima prudenziale;
(h) occorre precisare che mentre il volume costituisce un elemento rigido del
diritto di riedificazione non altrettanto può dirsi per la superficie coperta e
per il sedime. Come avviene anche nelle ipotesi ordinarie di demolizione e
ricostruzione, e quindi a maggior ragione in una fattispecie dove la
ricostruzione segue di anni la cancellazione del fabbricato preesistente,
l’amministrazione può imporre la parziale rilocalizzazione e una nuova
disposizione del volume, contemperando l’interesse dei privati con l’interesse
pubblico. Nella situazione in esame è evidente che l’interesse pubblico consiste
nell’esigenza di salvaguardare la funzione del vincolo idraulico evitando
un’eccessiva concentrazione di volume in prossimità degli argini. Dunque il
Comune potrà motivatamente esigere correzioni al progetto originario al fine di
allontanare l’edificazione dagli argini, peraltro sempre all’interno dell’area
di proprietà della ricorrente classificata in zona D. Se poi a causa di
concomitanti disposizioni limitative non fosse possibile insediare in altri
punti del compendio tutto il volume dell’edificio preesistente, il residuo
potrebbe, secondo i principi generali della materia urbanistica, essere
trasformato in un bonus di cubatura artigianale utilizzabile altrove (e cedibile
a terzi);
(i) a margine si osserva che i rilievi mossi dal Comune circa la realizzazione
di opere abusive sull’area di proprietà della ricorrente non condizionano e non
ampliano la materia del presente giudizio. Rimangono comunque intatti i poteri
di vigilanza e repressione normalmente esercitabili dagli uffici comunali in
presenza di verifiche o segnalazioni di abusi.
6. In conclusione il ricorso deve essere accolto parzialmente, nel senso che il
provvedimento impugnato viene annullato ma i diritti edificatori della
ricorrente sono accertati nei limiti esposti sopra al punto 5. L’effetto
conformativo della presente sentenza impone al Comune di riesaminare la
richiesta della ricorrente (eventualmente modificata o integrata) sulla base
delle suddette indicazioni. Il carattere parziale dell’accoglimento e le
particolarità della vicenda consentono la compensazione delle spese tra le
parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di
Brescia (Sezione Seconda)
definitivamente pronunciando, accoglie parzialmente il ricorso come precisato in
motivazione. Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 27 aprile 2011 con
l'intervento dei magistrati:
Giorgio Calderoni, Presidente
Mauro Pedron, Primo Referendario, Estensore
Stefano Tenca, Primo Referendario
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 01/08/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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