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T.A.R.
LOMBARDIA, Brescia, Sez. II - 1 agosto 2011, n. 1231
ACQUA E CORSI D’ACQUA - Argini -
Divieto di costruzione ex art. 96, lett. f), T.U. n. 523/1904 - Carattere
legale, assoluto e inderogabile - Normativa locale - Deroga di carattere
eccezionale - Limiti. Il divieto di costruzione di opere dagli argini dei
corsi d'acqua, previsto dall'art. 96, lett. f), t.u. 25.07.1904 n. 523, ha
carattere legale, assoluto e inderogabile, ed è diretto al fine di assicurare
non solo la possibilità di sfruttamento delle acque demaniali, ma anche (e
soprattutto) il libero deflusso delle acque (cfr. Cassazione civile, sez. un.,
30.07.2009, n. 17784); esso è cioè teso a garantire le normali operazioni di
ripulitura/manutenzione e a impedire le esondazioni delle acque. La deroga
contenuta nella lettera F del citato art. 96, per cui la distanza minima si
applica in mancanza di “discipline vigenti nelle diverse località” è quindi di
carattere eccezionale e ciò significa che la normativa locale (espressa anche
mediante uno strumento urbanistico), per prevalere sulla norma generale, deve
avere carattere specifico (cfr. Cassazione civile, sez. un., 18.07.2008, n.
19813). Di conseguenza, solo se lo scopo dell'attività costruttiva lungo il
corso d'acqua è quello specifico di salvaguardarne il regime idraulico la
disciplina locale assume valenza derogatoria della norma statale, in quanto
meglio ne attua l'interesse pubblico perseguito (cfr. TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 13.06.2007 n. 540); ne deriva che nessuna opera realizzata in
violazione della norma de qua può essere sanata e che è legittimo il diniego di
rilascio di concessione edilizia in sanatoria relativamente ad un fabbricato
realizzato all'interno della c.d. fascia di servitù idraulica (art. 33 l.
28.02.1985 n. 47). Pres. ed Est. Calderoni - O. s.r.l. (avv.ti Ferrari e
Fontana) c .Regione Lombardia (avv. Vivone) e altro (n.c.) - TAR LOMBARDIA,
Brescia, Sez. II - 1 agosto 2011, n. 1231
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N. 01231/2011 REG.PROV.COLL.
N. 01336/1996 REG.RIC.
N. 01621/1996 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1336 del 1996, proposto da:
O.S.C. Impianti Srl, rappresentata e difesa dagli avv. Italo Ferrari e
Gianfranco Fontana, con domicilio eletto presso il loro studio in Brescia, via
Diaz, 28;
contro
- Regione Lombardia, rappresentata e difesa dall'avv. Pio Dario Vivone, con
domicilio presso Segreteria T.A.R. in Brescia, via Carlo Zima, 3;
- Dirigente Generale Servizio prov.le Genio civile di Brescia, n.c.;
nei confronti di
Comune di Cellatica, n.c.;
sul ricorso numero di registro generale 1621 del 1996, proposto da:
O.S.C. Impianti Srl, rappresentata e difesa dagli avv. Italo Ferrari e
Gianfranco Fontana, con domicilio eletto presso il loro studio in Brescia, via
Diaz, 28;
contro
Comune di Cellatica, rappresentato e difeso dall'avv. Cesare Trebeschi, con
domicilio eletto presso il medesimo in Brescia, via Battaglie, 50 (030/3754058);
per l'annullamento
quanto al ricorso n. 1336 del 1996:
del provvedimento dirigenziale 25.7.96, n. 4470 (parere negativo dal punto di
vista idraulico su intervento edilizio);
quanto al ricorso n. 1621 del 1996:
del diniego di concessione edilizia in sanatoria 10.10.96, n. 8561 e
dell’ingiunzione a demolire opere edilizie 10.10.96, n. 21;
Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Regione Lombardia e di Comune di
Cellatica;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 aprile 2011 il dott. Giorgio
Calderoni e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
I. Con un primo ricorso n. 1336/1996, la S.r.l. O.S.C. impianti (d’ora in poi,
anche solo OSC) espone di aver realizzato, in assenza di concessione edilizia,
due depositi coperti (insistenti su di un muro di contenimento, previamente
autorizzato dal Genio civile di Brescia il 18.9.1989) e di aver presentato:
- il 29.4.1996, ancora al Genio civile, richiesta di nulla osta per i suddetti
depositi;
- il 26.4.1996, al Comune di Cellatica, domanda di condono edilizio per gli
stessi.
Avverso il parere sfavorevole, sotto il profilo idraulico, pronunciato il
25.7.1996 dal Genio civile, vengono dedotte, con il citato ricorso n. 1336/1996,
le seguenti censure:
1) difetto di motivazione, poiché il provvedimento si limiterebbe ad affermare
genericamente la contrarietà dell’intervento alla normativa vigente (normativa
che, tuttavia, parte ricorrente individua - all’incipit del motivo successivo -
nell’art. 96 lett. “f” R.D. 5.7.1904, n. 523) e difetterebbe dell’indicazione
del termine e dell’Autorità cui ricorrere;
2) eccesso di potere per:
- contraddittorietà con il precedente parere favorevole 18.9.1989, che aveva
autorizzato un intervento di assai maggiore impatto sotto il profilo idraulico
(muro di contenimento con fondamenta poste sotto la quota d’acqua del torrente
Mandolossa e preventivo sbancamento della scarpata);
- illogicità, poiché nella specie non risulterebbe pregiudizio alcuno al libero
deflusso delle acque e alla possibilità di sfruttamento delle stesse.
II. Resiste al ricorso la Regione Lombardia, richiamandosi nella memoria di
costituzione al divieto di scavare e costruire a distanza di m. 10 dal piede
esterno dell’argine o dal ciglio spondale, stabilito dal già citato art. 96/f e
sostenendo che, pertanto, non sussisterebbe alcuna contraddittorietà con il
precedente parere 18.8.1989, in quanto gli interventi ivi autorizzati sarebbero
consentiti dagli artt. 58 e 95 del medesimo R.D. 523/904 (opere di difesa).
Infine, con memoria depositata in vista dell’odierna udienza di discussione, la
Regione insiste sul carattere inderogabile del divieto di cui al menzionato art.
96 lett. f).
III. Con un ulteriore ricorso n. 1621/1996, la Società OSC impugna, altresì, il
successivo diniego di concessione edilizia in sanatoria, opposto dal Sindaco di
Cellatica il 10 ottobre 1996, con richiamo al parere negativo 25.7.1996 del
Genio Civile; nonché l’ordinanza di demolizione n. 21, emessa in pari data.
Queste le censure dedotte:
- invalidità derivata dall’illegittimità del presupposto parere 25.7.1996 del
Genio civile, oggetto del precedente ricorso n. 1336/1996; violazione dell’art.
33 lett. b) l. 28.2.1985, n. 47, perché difetterebbe il carattere di assolutezza
del vincolo di inedificabilità, non prevedendo il PRG di Cellatica apposite
fasce di rispetto né distanze minime dal torrente Mandolossa per l’edificazione;
- eccesso di potere per contraddittorietà con precedenti determinazioni
dell’Amministrazione comunale (rilascio di precedente concessione edilizia che
aveva derogato, per lo stabilimento industriale, alla distanza di 10 metri) e
per contraddittorietà interna tra diniego di concessione (che imporrebbe il
rispetto della distanza di 10 metri dal torrente) e ordine di demolizione (che
imporrebbe, di fatto, una fascia di rispetto di m. 5);
- illegittimità dell’ordinanza di demolizione, per violazione del principio che
impone la previa decisione sull’eventuale domanda di concessione edilizia in
sanatoria.
IV. Resiste a questo ricorso il Comune di Cellatica che, con memoria depositata
in vista dell’odierna udienza di discussione, si richiama in particolare alle
sentenze Cons. Stato n. 1814 del 2009 e della Sez. I di questo TAR n. 986 del
2010.
V. Ciò premesso, il Collegio deve preliminarmente disporre la riunione dei due
ricorsi in epigrafe, anche in esito ad apposita istanza in tal senso formulata
dalla Società ricorrente nel secondo di essi.
V.1. Quanto al merito degli stessi, il Collegio osserva che - in ordine al
fondamentale thema decidendum della controversia (carattere inderogabile o meno
del vincolo di inedificabilità posto dall’art. 96 lett. “f” R.D. n. 523/1904) -
la tesi difensiva di OSC contrasta con l’indirizzo assolutamente costante della
giurisprudenza civile e amministrativa, espresso anche dalle pronunce richiamate
dalla difesa del Comune di Cellatica e attestato sui seguenti principi:
a) in linea generale il divieto di costruzione di opere dagli argini dei corsi
d'acqua, previsto dall'art. 96, lett. f), t.u. 25.07.1904 n. 523, ha carattere
legale, assoluto e inderogabile, ed è diretto al fine di assicurare non solo la
possibilità di sfruttamento delle acque demaniali, ma anche (e soprattutto) il
libero deflusso delle acque scorrenti nei fiumi, torrenti, canali e scolatoi
pubblici (cfr. Cassazione civile, sez. un., 30.07.2009, n. 17784, citata dalla
Regione nella propria memoria conclusiva); cioè, esso è teso a garantire le
normali operazioni di ripulitura/manutenzione e a impedire le esondazioni delle
acque;
b) la deroga contenuta nella lettera F del citato art. 96, per cui la distanza
minima si applica in mancanza di “discipline vigenti nelle diverse località” è
quindi di carattere eccezionale e - come è stato chiarito dalla giurisprudenza
della Suprema corte - “ciò significa che la normativa locale, per prevalere
sulla norma generale, deve avere carattere specifico, ossia essere una normativa
espressamente dedicata alla regolamentazione della tutela delle acque e alla
distanza dagli argini delle costruzioni, che tenga esplicitamente conto della
regola generale espressa dalla normativa statale e delle peculiari condizioni
delle acque e degli argini che la norma locale prende in considerazione al fine
di stabilirvi l'eventuale deroga.
Nulla vieta che la norma locale sia espressa anche mediante l'utilizzo di uno
strumento urbanistico, come può essere il piano regolatore generale, ma occorre
che tale strumento contenga una norma esplicitamente dedicata alla
regolamentazione delle distanze delle costruzioni dagli argini anche in
eventuale deroga al R.D. 25.07.1904, n. 523, art. 96, lett. f), in relazione
alla specifica condizione locale delle acque di cui trattasi” (Cassazione
civile, sez. un., 18.07.2008, n. 19813).
Dunque, solo se lo scopo dell'attività costruttiva lungo il corso d'acqua è
quello specifico di salvaguardarne il regime idraulico la disciplina locale
assume valenza derogatoria della norma statale, in quanto meglio ne attua
l'interesse pubblico perseguito. In caso contrario, qualora la norma locale si
proponesse finalità diverse, quali sono ad es. quelle meramente urbanistiche,
essa non derogherebbe alla citata disciplina statale che - in quanto informata a
tutelare il buon regime delle acque pubbliche nonché a prevenire i danni che
possono derivare da una disordinata attività costruttiva e manutentiva lungo i
corsi d'acqua - impone divieti da qualificarsi come tassativi (così TAR
Lombardia-Brescia, sentenza 13.06.2007 n. 540);
c) ne consegue che nessuna opera realizzata in violazione della norma de qua può
essere sanata e che è legittimo il diniego di rilascio di concessione edilizia
in sanatoria relativamente ad un fabbricato realizzato all'interno della c.d.
fascia di servitù idraulica, atteso che, nell'ipotesi di costruzione abusiva
realizzata in contrasto con tale divieto, trova applicazione l'art. 33 l.
28.02.1985 n. 47 sul condono edilizio, il quale contempla i vincoli di
inedificabilità, includendo in tale ambito i casi in cui le norme vietino in
modo assoluto di edificare in determinate aree (da ultimo: TAR Roma-Latina, Sez.
I, sentenza 15.12.2010 n. 1981).
V.2. Nella specie e secondo quanto deduce la stessa OSC nel ricorso n. 1621/96,
nel PRG di Cellatica difetta una siffatta e specifica disciplina di natura
idraulica, cosicché devono considerarsi legittimi tanto il parere contrario del
Genio civile, quanto il diniego di sanatoria opposto dal Sindaco di Cellatica.
V.3.1. Né a rovesciare detta conclusione possono indurre le ulteriori censure –
per così dire di “complemento” – dedotte da OSC avverso detti provvedimenti nei
propri ricorsi.
V.3.2. In presenza del carattere assoluto e inderogabile del divieto di cui al
più volte citato art. 96 lett. f), il parere dell’ex Genio civile assume,
infatti, un carattere evidentemente vincolato, di talché il parere medesimo non
può essere ritenuto passibile delle censure di difetto di motivazione e
illogicità, dedotte con il secondo motivo del ricorso n, 1336/96, stante che
nessuna valutazione di carattere discrezionale poteva essere compiuta da tale
Ufficio.
V.3.3. Allo stesso modo, il carattere vincolato del parere esclude che possano,
verso lo stesso, essere mosse le doglianze di contraddittorietà con precedenti
determinazioni o le generiche e non suffragate deduzioni circa l’assenza di
pregiudizi al deflusso e sfruttamento delle acque, pure articolate con il
secondo mezzo del citato ricorso.
Peraltro, sussiste anche una radicale diversità tra le opere prese a raffronto,
essendo quelle autorizzate di carattere “difensivo” (muro di contenimento) e
dunque autorizzabili ex artt. 58-95 R.D. 523/1904 (come esattamente osservato
dalla Regione sin dalla memoria di costituzione); mentre quelle di cui è causa
consistono nella realizzazione di edifici funzionali all’attività della Società
ricorrente (depositi).
V.3.4. Neppure possono valere a inficiare la legittimità del parere del Genio
civile le imperfezioni formali denunciate con il primo motivo del ricorso
1336/96, in quanto la stessa OSC:
- è stata in grado di individuare esattamente la norma di cui il predetto
Ufficio ha inteso fare applicazione;
- ha prodotto ritualmente e tempestivamente il presente ricorso giurisdizionale.
V.3.5. Per quanto rispettivamente esposto ai precedenti capi V.1. lett. c) e
V.3.3., il richiamo al parere negativo dell’ex Genio civile vale a conferire
analogo carattere vincolato al diniego di sanatoria opposto dal Sindaco di
Cellatica, cosicché neppure nei confronti di tale provvedimento è configurabile
l’eventuale vizio di contraddittorietà con precedenti determinazioni, favorevoli
a OSC, assunte dall’Amministrazione comunale, tanto più che valgono anche per lo
stesso le considerazioni sopra svolte al secondo periodo del capo V.3.3. in
ordine alla intrinseca diversità tra le opere precedenti e quelle attuali.
Stante, poi, l’acclarata legittimità del parere del Genio civile, nessun vizio
di illegittimità derivata può ravvisarsi nei riguardi del conseguente diniego
edilizio sindacale.
V.4. Quale ultimo anello della catena procedimentale a valle si colloca, poi,
l’ordinanza di demolizione, correttamente emessa dallo stesso Sindaco subito
dopo aver espresso il diniego di sanatoria, cioè in pari data ma con numero di
protocollo successivo e con richiamo espresso al predetto diniego: la sequenza
procedimentale risulta, dunque, coerente, legittima e rispettosa del principio
(invocato da OSC) per cui la previa decisione sull’istanza di sanatoria
costituisce presupposto indispensabile del provvedimento sanzionatorio; i due
provvedimenti si collocano,pertanto, tra loro in linea di assoluta
consequenzialità logico-giuridica, senza che tra gli stessi possa ravvisarsi
quella contraddittorietà pure dedotta da OSC.
V.5. In conclusione, entrambi i ricorsi vanno respinti.
Le spese di lite possono, tuttavia, integralmente compensarsi tra tutte le parti
rispettivamente in causa, avuto riguardo all’epoca risalente della instaurazione
della controversia e alla circostanza che, ai fini della presente decisione, si
è fatto riferimento a orientamenti giurisprudenziali definitivamente
consolidatisi nelle (prolungate) more della sua trattazione.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di
Brescia (Sezione Seconda)
definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti, così
decide:
1. riunisce i ricorsi medesimi;
2. li respinge entrambi;
3. compensa integralmente, tra tutte le parti rispettivamente in causa, le spese
di lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 13 aprile 2011 con
l'intervento dei magistrati:
Giorgio Calderoni, Presidente, Estensore
Mauro Pedron, Primo Referendario
Stefano Tenca, Primo Referendario
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 01/08/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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