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T.A.R.
LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 31 gennaio 2011, n. 188
DIRITTO URBANISTICO - Contributo
di costruzione - Titolo edilizio utilizzato in parte - Conseguenze. Il
contributo di costruzione è il corrispettivo del diritto di costruire e quando
il diritto di costruire non è esercitato viene meno il titolo in forza del quale
il Comune ha incassato il contributo di costruzione. Questo principio vale anche
quando il titolo edilizio è stato utilizzato soltanto in parte, nel qual caso
esso viene meno pro quota (T.a.r. Lombardia, Milano, sez. II, sentenza n. 728
del 24/03/2010). Pres. Petruzzelli, Est. Russo - T.B. (avv. Franchina) c. Comune
di Gandino (n.c.) - TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 31 gennaio 2011, n. 188
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N. 00188/2011 REG.PROV.COLL.
N. 01117/2000 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1117 del 2000, proposto da:
TORRI BATTISTA, rappresentato e difeso dall'avv. Mario Franchina, con domicilio
eletto presso T.A.R. Segreteria in Brescia, via Carlo Zima, 3;
contro
COMUNE DI GANDINO, non costituito in giudizio;
per l'annullamento
della concessione edilizia 11.5.1998, N. 48/98 (limitatamente a liquidazione del
contributo di concessione e condanna alla restituzione del contributo con
interessi e rivalutazione)
Visti il ricorso e tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 gennaio 2011 il dott. Carmine Russo
e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
FATTO
L’odierno ricorrente impugna la concessione edilizia n. 48/98 nella parte in cui
quantificava il contributo di costruzione dovuto in lire 8.057.423, contributo
che egli afferma non essere dovuto in toto.
Il ricorrente chiede, in particolare, che l’amministrazione sia condannata a
restituirgli la somma in parola (posto che il contributo richiesto è stato
comunque corrisposto per poter effettuare i lavori), oltre interessi legali e
rivalutazione monetaria.
La vicenda in cui si inserisce il presente contenzioso è la seguente:
- il ricorrente aveva già ottenuto una prima concessione edilizia 27. 10. 1994,
i cui lavori non aveva completato nel termine triennale di legge, e di cui aveva
chiesto il rinnovo,
- il rinnovo era stato ottenuto con la concessione 48/98 che però aveva previsto
di nuovo il pagamento del contributo di costruzione in quanto, a suo giudizio,
si tratterebbe di nuovo titolo, autonomo rispetto al precedente.
Trattandosi di un ricorso in materia di giurisdizione esclusiva, attinente ad un
giudizio sul rapporto, non sono formulati dei veri e propri motivi. Il
ricorrente, infatti, si limita ad evidenziare che, a suo giudizio,
l’obbligazione di pagamento del contributo di costruzione è il corrispettivo
dell’attività edilizia, e non del mero rilascio del titolo, talchè la nuova
concessione avrebbe dovuto tener conto anche di quanto già pagato dal ricorrente
per i lavori non eseguiti e di cui era stato chiesto di rinnovare il titolo
abilitativo.
Nessuno si costituiva per le parti convenute in giudizio.
Il ricorso veniva discusso nella pubblica udienza del 12. 1. 2011, all’esito
della quale veniva trattenuto in decisione.
DIRITTO
I. Il ricorso è parzialmente fondato.
II. Sull’an della pretesa del ricorrente va osservato quanto segue.
Il contributo di costruzione è il corrispettivo del diritto di costruire e
quando il diritto di costruire non è esercitato viene meno il titolo in forza
del quale il Comune ha incassato il contributo di costruzione. Questo principio
vale anche quando il titolo edilizio è stato utilizzato soltanto in parte, nel
qual caso esso viene meno pro quota (T.a.r. Lombardia, Milano, sez. II, sentenza
n. 728 del 24/03/2010: il diritto alla restituzione sorge non solamente nel caso
in cui la mancata realizzazione delle opere sia totale, ma anche ove il permesso
di costruire sia stato utilizzato soltanto parzialmente, tenuto conto che sia la
quota degli oneri di urbanizzazione che la quota relativa al costo di
costruzione sono correlati, sia pure sotto profili differenti, all'oggetto della
costruzione. L'avvalimento solo parziale delle facoltà edificatorie consentite
da un permesso di costruire comporta dunque il sorgere, in capo al titolare, del
diritto alla rideterminazione del contributo ed alla restituzione della quota di
esso che è stata calcolata con riferimento alla porzione non realizzata).
Il ragionamento del Comune - secondo cui occorre pagare tutto ciò che è dovuto
per la nuova concessione senza stornare il pregresso di cui al limite verrà
chiesto il rimborso -, al di là del fatto che il rimborso è stato chiesto e non
ottenuto, non può reggere perché la seconda concessione, rilasciata dal Comune
ai ricorrenti sullo stesso edificio del titolo precedente e per completare i
lavori rimasti in sospeso a seguito dell’abbandono di quel titolo edilizio, è di
rinnovo della concessione.
L’argomento della unicità del titolo è stata quindi valutata anche dal Comune e
risolta in senso positivo. Nel momento in cui si ragiona in termini di titolo
unico tra concessione del 1994 e concessione del 1998 non si può far pagare il
contributo di costruzione due volte, e doveva quindi stornarsi per sottrazione
quanto pagato dai ricorrenti in occasione della prima concessione.
II. Sul quantum della pretesa del ricorrente.
Della somma originariamente chiesta dal Comune (lire 8.057.423) almeno 302.850
lire erano dovute, perché nella concessione rinnovata erano stati aggiunti
lavori ulteriori che contribuivano ad aumentare l’importo del contributo e che
non erano assorbiti dal pagamento precedente.
Lo stesso ricorrente riconosce la circostanza nella memoria conclusiva,
rettificando parzialmente la somma richiesta.
Ne consegue che il Comune deve essere condannato alla restituzione di soli
7.754.573 lire.
III. Sono stati chiesti gli interessi e la rivalutazione automatica.
Gli interessi legali devono essere riconosciuti. Si versa, infatti, in presenza
di interessi corrispettivi (art. 1282 c.c.), che sono fondati sulla naturale
fecondità del denaro, e che prescindono pertanto da profili di colpa, che
rileverebbero in presenza di interessi con funzione risarcitoria quali quelli
moratori (art. 1224 c.c.).
Quanto alla loro decorrenza, la norma generale dell’art. 1282 c.c. prevede che
gli interessi decorrano dal momento in cui il credito è liquido ed esigibile. In
base alla teoria generale, credito esigibile è quello che non è sottoposto a
condizione sospensiva o termine in favore del debitore; credito liquido è quello
il cui ammontare è certo o accertabile mediante operazioni di mero conteggio
aritmetico.
Nel caso in esame, posto che non vi possono essere questioni sulla esigibilità
del credito, non ve ne sono neanche sulla liquidità dello stesso, in quanto la
determinazione del credito degli oneri di urbanizzazione è frutto di un mero
calcolo aritmetico fondato sull’applicazione dei criteri predeterminati previsti
dalla legge. Ne consegue che il credito in esame era liquido fin dalla data in
cui è sorto.
Il primo atto in cui è stato richiesto il pagamento risulta essere la domanda
del 15. 12. 1998 (ricevuta al protocollo lo stesso 15. 12. 1998), depositata dal
ricorrente con il doc. 6 (cfr. T.a.r. Lombardia, Milano, sez. II, 728/10: il
privato, sulle somme indebitamente riscosse dalla P.A., ha diritto agli
interessi legali i quali, qualora non vi siano elementi che escludano la buona
fede dell'Amministrazione, spettano dalla data della domanda).
Ne consegue che gli interessi legali devono essere riconosciuti dal 15. 12.
1998.
IV. E’ dovuta anche la rivalutazione automatica.
E’ vero che il credito di restituzione del contributo di costruzione pagato in
misura maggiorata non è un credito di valore, ma un credito di valuta in cui la
rivalutazione è possibile soltanto se si prova il maggior danno ex art. 1224 co.
2 c.c., qui del tutto pretermesso dall’esposizione dei ricorrenti.
Ma è anche vero che Cass. civ., sezioni unite, sentenza 18 luglio 2008 n. 19499
ha sostenuto che nelle obbligazioni pecuniarie, in difetto di discipline
particolari dettate da norme speciali, il maggior danno di cui all'art. 1224
c.c., comma 2, rispetto a quello già coperto dagli interessi moratori è, in via
generale, riconoscibile in via presuntiva, per qualunque creditore che ne
domandi il risarcimento, nella eventuale differenza, a decorrere dalla data di
insorgenza della mora, tra il tasso del rendimento medio annuo netto dei titoli
di Stato di durata non superiore a dodici mesi ed il saggio degli interessi
legali determinato per ogni anno ai sensi dell'art. 1284 c.c., comma 1, salva la
possibilità per il debitore di provare che il creditore non ha subito un maggior
danno o che lo ha subito in misura inferiore e per il creditore di provare il
maggior danno effettivamente subito.
Nel caso in esame, in cui nessuna delle parti in causa si è preoccupata di
provare alcunché sulla esistenza o meno di un maggior danno va applicato
pertanto il criterio presuntivo appena citato.
Per escludere la rivalutazione automatica non è sufficiente affermare (come
aveva fatto in passato T.a.r. Marche 296/04) che si tratterebbe di indebito
oggettivo, ai sensi dell'art. 2033 c.c., in quanto anche l’indebito oggettivo
non è altro che “una obbligazione pecuniaria di fonte legale (art. 2033 c.c.)
assoggettata alla disciplina propria di tali obbligazioni, in particolare alla
disposizione dell'art. 1224 c.c. in tema di interessi moratori e risarcimento
del maggior danno per il ritardo nell'adempimento” (Cass. civ, sez. lav.,
4833/09).
Dalle somme dovute a titolo di rivalutazione monetaria va defalcata la somma
percepita a titolo di interessi legali, in quanto – non trattandosi di credito
di lavoro – non è consentito il cumulo tra interessi e rivalutazione.
V. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo (vi è
nota spese del difensore, che si assume come criterio di calcolo).
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di
Brescia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in
epigrafe proposto:
ACCOGLIE PARZIALMENTE il ricorso, e per l’effetto, condanna il Comune a
restituire ai ricorrenti la somma di lire 7.754.573, oltre interessi legali e
rivalutazione monetaria (calcolati come in motivazione) a partire dal 15. 12.
1998 e fino alla data dell’effettivo pagamento.
RESPINGE per il resto.
CONDANNA il Comune di Gandino al pagamento in favore del ricorrente delle spese
di lite, che determina in euro 4.300 (comprese i.v.a. e c.p.a).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 12 gennaio 2011 con
l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Petruzzelli, Presidente
Sergio Conti, Consigliere
Carmine Russo, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 31/01/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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