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T.A.R.
LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 16 febbraio 2011, n. 282
V.I.A. - DIRITTO DELL’ENERGIA -
Impianti di produzione di energia elettrica - Art. 31, c. 2, d.lgs. n. 112/98 -
Parere positivo espresso in sede di v.i.a. - Affidamento della parte circa la
realizzazione dell’impianto - Limiti - Emersione di sopravvenienze rilevanti -
Subordinazione dell’autorizzazione finale a ulteriori prescrizioni -
Legittimità. Nell'ambito della più ampia procedura volta al rilascio
dell'autorizzazione finale di cui all'art. 31, comma 2, lett b) del Dlgs. 31
marzo 1998, n. 112, il parere espresso in sede di valutazione di impatto
ambientale, sul piano istruttorio e per le tematiche ad esso inerenti, comporta
un forte vincolo procedimentale e pertanto i risultati cui è pervenuto, non
potrebbero essere legittimamente disattesi dalla successiva attività istruttoria
per le parti che costituiscono il presupposto logico essenziale del giudizio
espresso in quella sede. Tuttavia la positiva valutazione di impatto ambientale
non esaurisce ogni aspetto della procedura autorizzativa e non è pertanto idonea
ad esprimere un giudizio definitivo sull’intervento, reso possibile solo dal
rilascio dell’autorizzazione finale (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 18
gennaio 2006, n. 129). Deve pertanto ritenersi che l'Amministrazione competente
al rilascio del provvedimento finale sia comunque legittimata a chiedere
chiarimenti ed integrazioni ovvero a subordinare ad ulteriori condizioni e
prescrizioni il rilascio dell'autorizzazione finale, qualora, nel corso
dell'istruttoria, emergano nuovi elementi prima non considerati i quali rendano
evidente l'impossibilità di conseguire quelle fondamentali esigenze di
equilibrio ecologico e ambientale poste a fondamento del giudizio favorevole di
compatibilità ambientale. (cfr. Cass. civ., s.u., 7 luglio 2010, n. 16039).
Pertanto, l’affidamento della parte alla realizzazione dell’impianto determinato
dal rilascio della v.i.a. non cristallizza la situazione al momento in cui la
stessa è stata rilasciata, ma consente di valutare anche sopravvenienze, purchè
naturalmente esse vi siano e siano anche rilevanti. Pres. Petruzzelli, Est.
Russo - E. s.p.a. (avv.ti Villata e Gianolio) c. Comune di Mantova (avv.ti Bini
e Nespor) e Provincia di Mantova (avv.ti Noschese e Persegati) - TAR
LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 16 febbraio 2011, n. 282
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N. 00282/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00974/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 974 del 2009, proposto da:
ECOGEN Spa, rappresentato e difeso dagli avv. Riccardo Villata, Alberto Arrigo
Gianolio, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Mauro Ballerini in
Brescia, v.le Stazione, 37;
contro
COMUNE DI MANTOVA, rappresentato e difeso dagli avv. Maria Ughetta Bini, Stefano
Nespor, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Maria Ughetta Bini in
Brescia, via Ferramola, 14;
PROVINCIA DI MANTOVA, rappresentato e difeso dagli avv. Francesco Noschese,
Eloisa Ruggerini Persegati, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv.
Francesco Noschese in Brescia, via Cadorna, 7;
per l'annullamento
della nota prot. 18367/09 del 15/6/2009, recante comunicazione di sospensione
dell'istanza volta al rilascio del provvedimento autorizzativo per realizzare e
gestire l'impianto di cogenerazione a ciclo combinato.
Visti il ricorso e tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 gennaio 2011 il dott. Carmine Russo
e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
FATTO
La Ecogen s.p.a., società facente parte del gruppo industriale che fa capo alla
Ies s.p.a., impugna il provvedimento del 15. 6. 2009 con cui il Comune di
Mantova (a seguito di parere 15. 3. 2009 della Provincia di Mantova avente pari
contenuto) ha sospeso il procedimento volto al rilascio dell’autorizzazione a
costruire un impianto di cogenerazione a ciclo combinato da installare nella
raffineria gestita dalla Ies.
Le due amministrazioni pubbliche, oggi convenute in giudizio, hanno sospeso il
procedimento perché hanno ritenuto fosse prima necessario acquisire una nuova
valutazione d’impatto ambientale (quella precedente era del 18. 3. 2004). E
questo:
- sia perché dal momento della avvenuta valutazione si sarebbe modificata la
situazione di fatto in cui si inseriva l’impianto,
- sia perché ritenevano scaduta quella del 2004, essendo la stessa soggetta alle
disposizioni sopravvenute del Codice dell’ambiente che prevede un termine di
validità quinquennale entro cui il progetto sottoposto a valutazione d’impatto
ambientale deve essere realizzato, pena l’obbligo di rinnovare la stessa.
In questa situazione i motivi di ricorso presentati dall’azienda ricorrente sono
i seguenti:
1. il provvedimento sarebbe illegittimo perchè sarebbe stato violato il
principio di leale collaborazione tra amministrazioni pubbliche e privati;
2. il provvedimento sarebbe illegittimo perchè sarebbe stato imposto un obbligo
di ripetere la v.i.a. che non trova fondamento nel sistema normativo che prevede
la ripetizione solo in caso sia stata apportata al progetto una modifica
sostanziale di tipo peggiorativo per l’ambiente;
3. il provvedimento sarebbe illegittimo perchè non sarebbe stata risolta
correttamente dall’amministrazione la questione di diritto intertemporale sulla
efficacia di una v.i.a. (quale quella in esame) emessa prima dell’entrata in
vigore del d.lgs. 152/06, e come tale non soggetta al termine quinquennale,
termine che comunque a tutto concedere avrebbe dovuto farsi decorrere dal 13. 3.
2006 (data in cui il Ministero dell’ambiente aveva provveduto a specificare che
le modifiche apportate al progetto dell’impianto derivavano da prescrizioni del
Ministero stesso) o dal 5. 12. 2006 (data in cui il T.a.r. aveva imposto la
riapertura del procedimento amministrativo, e quindi aveva rimosso il factum
principis impeditivo alla realizzazione del progetto costituito dal precedente
diniego di autorizzazione emesso dal Comune);
4. il solo parere della Provincia di Mantova sarebbe illegittimo anche perché in
un passaggio della motivazione (poi non ripreso nel provvedimento finale del
Comune) si precisava anche che la nuova v.i.a. sarebbe necessaria anche perché
occorreva rifare il calcolo degli indici cogenerativi a fronte della evoluzione
della rete del teleriscaldamento cittadino, a giudizio della ricorrente tale
passaggio sarebbe viziato da un travisamento del fatto in quanto l’impianto in
progetto avrebbe in realtà una marcata valenza cogenerativa.
Nel ricorso era formulata altresì istanza di risarcimento del danno subito,
enunciata però in termini generici e senza indicazioni dei danni effettivamente
patiti che, a giudizio della ricorrente, avrebbero potuto essere determinati
solo in un secondo momento.
L’istanza cautelare, pure presentata in ricorso, veniva successivamente
rinunciata.
Si costituivano in giudizio il Comune di Mantova e la Provincia di Mantova, che
deducevano l’inammissibilità per carenza interesse, e comunque l’infondatezza
dei motivi di ricorso.
Il ricorso veniva discusso nel merito nella pubblica udienza del 26. 1. 2011,
all’esito della quale veniva trattenuto in decisione.
DIRITTO
I. Il procedimento amministrativo, nel cui contesto si inseriscono i due
provvedimenti amministrativi oggi impugnati, fu originato da istanza del 18. 4.
2005 con cui la società ricorrente chiese alla Provincia di Mantova ex art. 4
d.p.r. 53/98 il rilascio dell’autorizzazione per la realizzazione dell’impianto
di cogenerazione di energia (e, successivamente, al Comune di Mantova il
pedissequo permesso di costruire a fini edilizi).
Il procedimento avviato da questa istanza era stato concluso in realtà con un
originario provvedimento di diniego del 14. 3. 2006 del Comune di Mantova
(fondato su conforme parere 7. 3. 2006 della Provincia di Mantova), che fu però
annullato da questo Tribunale con sentenza 5. 12. 2006, n. 1537, che - con una
soluzione intermedia tra le prospettazioni che avevano proposto in giudizio le
parti – aveva ritenuto corretti solo alcuni dei rilievi che aveva formulato
l’amministrazione nel provvedimento di diniego, ed aveva stabilito che nel
formulare tali rilievi l’amministrazione avrebbe dovuto emettere non un
provvedimento di diniego tout court, ma un provvedimento interlocutorio volto a
chiedere alla parte ulteriori integrazioni istruttorie.
Con questa sentenza 1537/06 il Tribunale aveva di fatto imposto la riapertura
del procedimento amministrativo, che si era concluso poi con il provvedimento di
sospensione dell’iter del rilascio del permesso (in attesa della riacquisizione
della valutazione d’impatto ambientale) che oggi viene impugnato.
II. Prima di affrontare il merito del ricorso, si esamina l’eccezione di
inammissibilità proposta dalle parti resistenti fondata sul rilievo che il
provvedimento impugnato sarebbe un mero atto endoprocedimentale (è una
sospensione, non un diniego), e quindi un provvedimento non lesivo.
Il Tribunale ritiene che questa eccezione debba essere respinta. Con il
provvedimento impugnato l’amministrazione non si limita a sospendere il
procedimento in attesa di una integrazione documentale a cura della parte, ma
chiede esplicitamente l’acquisizione di un provvedimento (la v.i.a.), che sfugge
dall’ambito di disponibilità della parte e cui la parte ricorrente (che ne
contesta la necessarietà) non è detto riesca ad assolvere.
Da questo punto di vista, il provvedimento impugnato – pur se indubbiamente
endoprocedimentale – è idoneo a determinare un arresto del procedimento (non
superabile dalla parte, se non con il concorso di volontà esterne ad essa), che
per giurisprudenza pacifica fa nascere anche l’interesse a ricorrere.
III. Il primo motivo di ricorso, in cui si deduce la violazione del principio di
leale collaborazione tra amministrazione e privati, si fonda sulla circostanza
che nessuno, prima dei provvedimenti in esame, aveva mai chiesto di rinnovare la
d.i.a.; la violazione del rapporto collaborativo consisterebbe nell’aver
disposto la sospensione del procedimento per una ragione su cui non si era
ammessa la parte ad interloquire prima.
In realtà, la leale collaborazione tra amministrazione e privato è innanzitutto
un canone (di livello superprimario) indirizzato alla legislazione primaria ed
alla normazione secondaria, che devono strutturare i singoli procedimenti
amministrativi in modo da garantire l’osservanza del suddetto principio di leale
collaborazione; inoltre, esso può essere nei casi dubbi un canone interpretativo
del comportamento tenuto dalle parti; ma certo non può introdurre a carico
dell’amministrazione l’obbligo di emanare atti amministrativi non previsti dalla
legge, perché altrimenti esso viene a configgere con il divieto di aggravamento
del procedimento amministrativo, e soprattutto con il principio di tipicità
degli atti amministrativi, che in definitiva non è altro che un’articolazione
del principio di legalità. L’amministrazione non può inventarsi gli atti da
emettere in forza di principi generalissimi, ma deve seguire la scansione
procedimentale prevista dalla legge.
Il contraddittorio pertanto si esercita nell’ambito delle regole concrete
previste dalla legge, di cui nel caso in esame non viene in questione alcuna
violazione.
IV. Nel secondo motivo si deduce che il provvedimento sarebbe illegittimo perchè
sarebbe stato imposto un obbligo di ripetere la v.i.a. che non troverebbe
fondamento nel sistema normativo vigente, che prevede la ripetizione solo in
caso sia stata apportata al progetto una modifica sostanziale di tipo
peggiorativo per l’ambiente.
In realtà, questa affermazione non è corretta.
Non è in questione l’esistenza di un obbligo normativo di ripetere la v.i.a.; il
punto è diverso. A giudizio del Tribunale, il punto centrale della questione è
che le situazioni sopravvenute rispetto al provvedimento di v.i.a., ma
intervenute prima della conclusione del procedimento principale in cui si
inserisce la v.i.a. (T.a.r. Puglia, Bari, I, 1483/2010; T.a.r. Puglia, Lecce, I,
926/10), non vincolano le amministrazioni pubbliche a rilasciare il
provvedimento finale, perchè la v.i.a. non crea nessun affidamento
cristallizzato alla situazione rappresentata nella stessa.
Ciò che sostengono, infatti, Comune e Provincia di Mantova è che la situazione
del 2009 è molto diversa da quella del 2004 in cui fu assentita la v.i.a.; nella
situazione attualmente esistente l’utilità della realizzazione di quest’impianto
verrebbe probabilmente valutata in termini molto diversi, perché essa non arreca
più i sensibili benefici all’ambiente che erano stati ipotizzati in origine, per
cui le amministrazioni pubbliche – prima di autorizzare il progetto - ritengono
necessario passare attraverso una nuova v.i.a.
Alla questione (se rilevino o meno situazioni sopravvenute rispetto alla v.i.a.,
ma intervenute prima della conclusione del procedimento principale) il Tribunale
ha già risposto nella precedente sentenza resa inter partes n. 1537/06 nel
passaggio in cui ha sostenuto: “La tesi della ricorrente, secondo cui il parere
favorevole di compatibilità espresso in sede di valutazione di impatto
ambientale avrebbe effetto preclusivo di ulteriori attività istruttorie da parte
della Provincia, non è condivisibile. Osserva il Collegio che, nell'ambito della
più ampia procedura volta al rilascio dell'autorizzazione finale di cui all'art.
31, comma 2, lett b) del Dlgs. 31 marzo 1998, n. 112, il parere espresso in sede
di valutazione di impatto ambientale, sul piano istruttorio e per le tematiche
ad esso inerenti, comporta un forte vincolo procedimentale e pertanto i
risultati cui è pervenuto, non potrebbero essere legittimamente disattesi dalla
successiva attività istruttoria per le parti che, esplicitamente e
implicitamente, costituiscono il presupposto logico essenziale del giudizio
espresso in quella sede. Tuttavia la positiva valutazione di impatto ambientale
non esaurisce ogni aspetto della procedura autorizzativa e non è pertanto idonea
ad esprimere un giudizio definitivo sull’intervento, reso possibile solo dal
rilascio dell’autorizzazione finale (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 18
gennaio 2006, n. 129). Deve pertanto ritenersi che l'Amministrazione competente
al rilascio del provvedimento finale sia comunque legittimata a chiedere
chiarimenti ed integrazioni ovvero a subordinare ad ulteriori condizioni e
prescrizioni il rilascio dell'autorizzazione finale, qualora, nel corso
dell'istruttoria, emergano nuovi elementi prima non considerati i quali rendano
evidente l'impossibilità di conseguire quelle fondamentali esigenze di
equilibrio ecologico e ambientale poste a fondamento del giudizio favorevole di
compatibilità ambientale”.
La stessa affermazione di diritto è stata resa (nel contesto di altro tipo di
procedimento autorizzatorio) anche da Cass. civ., s.u., 7 luglio 2010, n. 16039,
secondo cui “nell'ambito del procedimento per il rilascio della concessione di
derivazione di acque pubbliche è prevista l'obbligatoria apertura di un
subprocedimento per la valutazione dell'impatto ambientale, la cui conclusione,
se positiva, consente la prosecuzione e l'eventuale esito favorevole di quello
principale, mentre, ove negativa, preclude l'accoglimento della domanda del
richiedente, dovendosi ritenere che detti procedimenti perseguono interessi
pubblici differenti, posto che in quello principale va valutata l'opportunità
del rilascio della concessione procedendo, in caso di più domande concorrenti,
ad una valutazione comparativa, così da pervenire alla scelta migliore, mentre
in quello incidentale il giudizio di compromissione dell'interesse ambientale è
di tipo assoluto e preclude il rilascio della concessione in relazione al
progetto negativamente valutato, a prescindere da ulteriori profili di
convenienza. (Ne consegue che la valutazione comparativa tra le domande
concorrenti spetta esclusivamente all'autorità competente per il rilascio della
concessione e non a quella titolare del rilascio del parere di valutazione
dell'impatto ambientale, essendo la comparazione ammissibile soltanto tra i
richiedenti che abbiano ottenuto il parere positivo)”.
Pertanto, l’affidamento della parte alla realizzazione dell’impianto determinato
dal rilascio della v.i.a. non cristallizza la situazione al momento in cui la
stessa è stata rilasciata, ma consente di valutare anche sopravvenienze, purchè
naturalmente esse vi siano e siano anche rilevanti.
Nel caso in esame i documenti depositati dalle amministrazioni resistenti (per
quanto di complessa lettura) consentono di apprezzare le ragioni sostenute nelle
memorie di Comune e Provincia in cui si sostiene:
- che la raffineria Ies, in cui deve essere collocato l’impianto, ha subito
interventi rilevanti che hanno portato allo smantellamento dell’impianto di
generazione precedente altamente inquinante,
- che la TEA s.p.a., al cui servizio pure doveva essere attivato l’impianto in
progetto, non ne ha più bisogno perché ha concluso un accordo con la Enipower
per la produzione di energia,
- che lo stesso quadro dell’inquinamento atmosferico della città di Mantova
incontra difficoltà a rientrare nei limiti sempre più stringenti di fonte
comunitaria e che, perciò, deve essere valutata con particolare attenzione la
possibilità di autorizzare l’attivazione di un impianto che triplicherebbe le
emissioni di azoto (da 89 tonnellate/anno a 219-235 tonnellate/anno) e
raddoppierebbe quelle di monossido di carbonio (da 106 a 219-235
tonnellate/anno).
V. Il terzo motivo di ricorso, in cui si censura la parte della motivazione del
provvedimento impugnato in cui si sosteneva che in ogni caso, decorsi 5 anni
dalla v.i.a., essa diventa comunque inefficace, è inammissibile perché il
provvedimento impugnato (in cui si chiede di rifare la v.i.a.) si regge anche
sulla sola motivazione relativa all’esistenza di circostanze sopravvenute che
impongono di ripassare attraverso una nuova valutazione d’impatto ambientale.
Secondo l’elaborazione della giurisprudenza amministrativa, infatti, “il
ricorrente non ha interesse all' accoglimento di un solo motivo di gravame,
quando esso non sia di per sè idoneo a determinare l'annullamento
giurisdizionale del provvedimento impugnato, che si regge pure su altre
statuizioni non impugnate o disattese dal giudice adito (nella specie, un comune
censura una decisione tutoria negativa sotto vari profili, ma l'unico motivo
astrattamente accoglibile non gli procura alcun' utilità giuridica, perché la
decisione stessa reca altri dati ritenuti corretti dal giudice o addirittura non
impugnati” (CdS, V, 93/97; v. anche T.a.r. Lazio, III, 7230/04 nel senso che “il
ricorso è inammissibile ove non sorretto da un corrispondente interesse ad
agire, in quanto in tale caso nessuna utilità concreta può ritrarsi dalla
decisione finale, non essendo dunque sufficiente denunciare la contrarietà del
procedimento alla norma”).
VI. Il quarto motivo di ricorso, in cui si censura una affermazione contenuta
nel parere della Provincia (che chiedeva di rifare la v.i.a. anche per il
calcolo degli indici cogenerativi dovuti alla nuova rete di teleriscaldamento
della città di Mantova nel frattempo messa in opera), ma non ripresa nel
provvedimento del Comune, è inammissibile in quanto – non essendo stata trasfusa
tale affermazione nel provvedimento finale – è priva di qualsiasi portata
lesiva.
VII. Dal rigetto della domanda impugnatoria consegue anche la reiezione della
domanda di risarcimento del danno, peraltro formulata in termini di danno
ipotetico e futuro.
VIII. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di
Brescia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in
epigrafe proposto:
RESPINGE il ricorso.
RESPINGE l’istanza di risarcimento del danno.
CONDANNA la ricorrente al pagamento in favore del Comune di Mantova e della
Provincia di Mantova delle spese di lite, che determina in euro 4.500 (più
i.v.a. e c.p.a., se dovute) (per ciascuna di esse).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 26 gennaio 2011 con
l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Petruzzelli, Presidente
Mario Mosconi, Consigliere
Carmine Russo, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/02/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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