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T.A.R.
LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 22 aprile 2011, n. 618
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO -
Impianti di telecomunicazione - L.r. Lombardia n. 11/2001, art. 7, c. 9 -
Aumento della potenza di emissione - Nuovo procedimento autorizzativo. In
tema di impianti di telecomunicazione, il “nuovo procedimento autorizzativo” di
cui all’art. 7, c. 9 della L.r. Lombardia n. 11/2001 è richiesto non per
qualunque modifica degli impianti esistenti, ma solo per quelle modifiche che si
risolvano in un “aumento”, quale che ne sia l’entità, della “potenza di
emissione”. La norma regionale non distingue in base alla misura dell’incremento
di potenza di cui si ragiona, con valutazione che rientra senz’altro nell’ampia
discrezionalità del legislatore. La modifica di un impianto esistente in caso di
aumento di potenza, non può pertanto essere apprezzata come opera di
manutenzione ordinaria, non soggetta ad autorizzazione alcuna. Pres. Petruzzelli,
Est. Gambato Spisani - W. s.p.a. (avv. Sartorio) c. Comune di Chiari (avv.
Bezzi) - TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 22 aprile 2011, n. 618
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Misure di minimizzazione di cui all’art. 8,
c. 6 L. n. 36/2001 - Estensione. L’art. 8, c. 6 della legge quadro in
materia di protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed
elettromagnetici (L. 22 febbraio 2001 n°36) prevede “misure di minimizzazione”,
che quindi non possono tradursi in limiti generalizzati di esposizione diversi
da quelli previsti dallo Stato ovvero costituire deroga generalizzata a tali
limiti, ma devono tradursi in specifiche e diverse misure, la cui idoneità
emerga dallo svolgimento di compiuti e approfonditi rilievi istruttori sulla
base di risultanze di carattere scientifico (C.d.S. sez. VI 15 luglio 2010
n°4557). Dette misure non possono in particolare essere incompatibili con la
possibilità di realizzare una rete completa di infrastrutture per la
telecomunicazione e debbono tener conto della nozione di "rete di
telecomunicazione”, che richiede una diffusione capillare sul territorio, e del
fatto che l'assimilazione in via normativa delle infrastrutture di reti
pubbliche di telecomunicazione alle opere di urbanizzazione primaria, implica
che le medesime non siano avulse dall'insediamento abitativo, ma debbano porsi
al servizio dello stesso. Pres. Petruzzelli, Est. Gambato Spisani - W. s.p.a.
(avv. Sartorio) c. Comune di Chiari (avv. Bezzi) - TAR LOMBARDIA, Brescia,
Sez. I - 22 aprile 2011, n. 618
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Impianti radiobase di potenza inferiore a 300
W - Art. 4, c. 7 L.r. Lombardia n. 11/2001 - Regolamentazione urbanistica -
Facoltà. In forza dell’art. 4, c. 7 della L. r. Lombardia n. 11/2001, non è
necessaria una regolamentazione urbanistica specifica per gli impianti radiobase
per telefonia mobile di potenza inferiore a 300 W; la norma non intende tuttavia
proibirla, e fa quindi salvo l’esercizio, da parte dei Comuni, delle competenze
loro proprie. Pres. Petruzzelli, Est. Gambato Spisani - W. s.p.a. (avv.
Sartorio) c. Comune di Chiari (avv. Bezzi) - TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. I -
22 aprile 2011, n. 618
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N. 00618/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00079/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 79 del 2010, proposto da:
Wind Telecomunicazioni Spa, rappresentata e difesa dall'avv. Giuseppe Sartorio,
con domicilio eletto presso Corrado Diaco in Brescia, via Aldo Moro, 40;
contro
Comune di Chiari, rappresentato e difeso dall'avv. Domenico Bezzi, con domicilio
eletto presso Domenico Bezzi in Brescia, via Cadorna, 7;
per l’annullamento, previa sospensione,
del provvedimento 30 novembre 2009 prot. n°35697, con la quale il Dirigente del
settore territorio del Comune di Chiari ha respinto la domanda presentata dalla
Wind Telecomunicazioni S.p.A. in data 7 settembre 2009 e volta ad ottenere
l’autorizzazione a modificare un impianto di telefonia mobile già esistente in
Chiari, sul lastrico solare dell’edificio sito in via Cesare Battisti 17/27;
di tutti gli atti preordinati, connessi ovvero consequenziali, in particolare,
ove necessario:
della deliberazione 14 novembre 2006 n°78, con la quale il Consiglio comunale di
Chiari ha approvato il regolamento per il corretto insediamento degli impianti
che producono campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici e la tutela
dall’inquinamento elettromagnetico, con particolare riguardo agli artt. 9 e 10;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Chiari;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 aprile 2011 il dott. Francesco
Gambato Spisani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La Wind Telecomunicazioni S.p.a., nota impresa titolare di licenza per il
servizio radiomobile pubblico di comunicazione, comunemente detto di “telefonia
cellulare”, è proprietaria in Comune di Chiari di un impianto per telefonia
mobile collocato sul lastrico solare di un palazzo sito alla locale via Cesare
Battisti, civico 17/27, autorizzato dal Comune medesimo da ultimo con
provvedimento 12 dicembre 2008 prot. n°26133 (doc. 4 ricorrente, copia di esso);
per adeguarlo all’evoluzione della tecnologia relativa, presentava quindi, in
data 7 settembre 2009, una istanza per essere autorizzata a modificarlo, sì da
potere gestire anche il servizio UMTS, acronimo che come è notorio sta per
Universal Mobile Telecommunications System, e indica una rete di telefonia cd. a
banda larga, ovvero in grado di trasmettere un più ampio flusso di dati,
compatibile ad esempio con la fruizione dal telefono cellulare di siti Internet.
A fronte di tale istanza, pur corredata di parere favorevole con prescrizioni
dell’ARPAV (doc. 7 ricorrente, copia di esso), la Wind ha ricevuto un diniego,
con il provvedimento meglio indicato in epigrafe, il quale premette che
l’istanza, in quanto relativa ad un aumento di potenza dell’impianto, che
dovrebbe passare da una potenza totale al connettore di antenna di 160 W ad una
di circa 210 W, va ad avviso dell’amministrazione considerata come domanda di
autorizzazione per un impianto nuovo; osserva poi che l’impianto in parola
insiste in zona nella quale, a norma dell’art. 10 del regolamento pure meglio
indicato in epigrafe sono ammessi unicamente impianti con potenza totale non
superiore a 7 W, e per tal motivo ritiene l’istanza stessa non accoglibile,
anche per non esser stato l’impianto indicato nell’apposito piano di
localizzazione e sviluppo a suo tempo presentato dalla interessata (doc. 2
ricorrente, copia provvedimento di diniego, ove anche la data di presentazione
della domanda di cui sopra; doc. 3 ricorrente, copia regolamento impugnato).
Avverso tale diniego e avverso il regolamento che lo giustifica, la Wind propone
in questa sede impugnazione, con ricorso articolato in sei censure,
corrispondenti in ordine logico ai seguenti quattro motivi:
- con il primo di essi, corrispondente alla prima censura a p. 7 del ricorso,
deduce violazione dell’art. 7 comma 9 della l.r. Lombardia 11 maggio 2001 n°11,
nella parte in cui esso assoggetta “ad un nuovo procedimento autorizzativo” le
modifiche di impianti esistenti. Ad avviso della ricorrente, il Comune avrebbe
errato nel ritenere che, in base alla norma citata, il proprio progetto dovesse
essere autorizzato ex novo; sempre ad avviso della ricorrente, infatti, la norma
stessa andrebbe interpretata nel senso che per modificare un impianto esistente
sarebbe effettivamente necessario un nuovo procedimento autorizzativo, ma che
esso dovrebbe tener conto dell’esistente; in particolare, le modifiche della
potenza installata per adeguarsi a nuovi standard di servizio si dovrebbero
considerare come semplici opere di manutenzione ordinaria, non soggette ai
limiti eventualmente vigenti per impianti nuovi;
- con il secondo motivo, corrispondente alle censure terza, quarta e quinta alle
pp. 17 e ss. del ricorso, deduce violazione dell’art. 8 l. 22 febbraio 2001
n°36, nel senso che sopra citata, nel senso che il regolamento comunale di cui
si è detto sarebbe in assoluto illegittimo, perché conterrebbe nella sostanza un
non consentito divieto generalizzato di installare gli impianti di che trattasi
su tutto il territorio comunale, tale da impedire il corretto svolgimento del
servizio;
- con il terzo motivo, corrispondente alla seconda censura a p. 12 del ricorso,
deduce ulteriore violazione dell’art. 8 l. 22 febbraio 2001 n°36 nonché
dell’art. 4 della l.r. 11/2001, nel senso che il regolamento in parola sarebbe
comunque illegittimo nel caso di specie, perché non potrebbe in particolare
sottoporre a limitazioni di sorta, né tantomeno ad un sostanziale divieto,
derivante dalla previsione del citato limite di 7 W di potenza per gli impianti
consentiti, l’installazione di un impianto che, come quello di cui si ragiona,
abbia potenza inferiore ai 300 W, per la quale la norma regionale richiamata
esclude la necessità di specifica regolamentazione urbanistica;
- con il quarto motivo, corrispondente alla sesta censura a p. 31 del ricorso,
deduce infine violazione del comma 11 dell’art. 4 della più volte citata l.r.
11/2001, nel senso che il piano di localizzazione non dovrebbe affatto indicare
gli adeguamenti di una stazione preesistente.
Resiste il Comune di Chiari, con atto 8 febbraio 2010, nel quale chiede che il
ricorso sia respinto, e in particolare eccepisce:
- in ordine al primo motivo, che da una corretta lettura della norma regionale
si ricava proprio l’assoggettamento a nuova autorizzazione non già di qualsiasi
modifica di impianto, ma di quella modifica che, come nella specie, ne aumenti
la potenza;
- in ordine al secondo e al terzo motivo, afferma la correttezza e
ragionevolezza del proprio regolamento, che non impedisce di fornire il
servizio, ma consente, ove del caso, anche autorizzazioni in deroga;
- in ordine al quarto motivo, afferma che anche gli interventi come quello per
cui è causa andrebbero compresi nel piano.
Con ordinanza 11 febbraio 2010 n°94, la Sezione ha accolto l’istanza cautelare,
prescrivendo un riesame della fattispecie; a fronte di ciò, depositando in data
23 febbraio 2011 la relativa documentazione, la Wind rendeva noto di avere
attivato l’impianto.
Con memorie 4 marzo 2011 per il Comune e 16 marzo 2011 per la ricorrente, la
quale precisava (p. 4 in fine) di avere attivato l’impianto ritenendo dopo la
notifica della suddetta ordinanza cautelare che si fosse formato un silenzio
assenso, le parti ribadivano le rispettive tesi.
All’udienza del giorno 6 aprile 2011, fissata su istanza di prelievo presentata
il 18 marzo 2010 dal Comune, la Sezione tratteneva il ricorso in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è infondato e va respinto, per le ragioni di seguito precisate.
1. Il primo motivo va respinto in base ad una corretta lettura dell’art. 7 comma
9 della l.r. Lombardia 11 maggio 2001 n°11, che testualmente dispone: “In caso
di variazione delle caratteristiche tecniche o delle modalità d'impiego degli
impianti, determinanti ai fini del rilascio delle autorizzazioni di cui al
presente articolo, il titolare dà apposita comunicazione al sindaco ed all'ARPA.
Il titolare deve contestualmente presentare valutazioni effettuate da un esperto
avente i requisiti di cui al comma 4 dell'articolo 3, sulle conseguenze che le
variazioni determinano in relazione all'esposizione ai campi elettromagnetici.
Nel caso che, a causa delle modifiche da apportarsi, sia prevedibile un
significativo aumento delle esposizioni o qualora si preveda l'aumento della
potenza di emissione dell'impianto, rispetto a quanto previsto nel provvedimento
di autorizzazione, l'impianto deve essere assoggettato ad un nuovo procedimento
autorizzativo.”
2. Come si nota, il “nuovo procedimento autorizzativo” è richiesto non, come
afferma la parte ricorrente, per qualunque modifica degli impianti esistenti, al
limite anche per quelle che comportino “una modifica al ribasso” (ricorso, p. 9
ottavo rigo), ma solo per quelle modifiche che si risolvano in un “aumento”,
quale che ne sia l’entità, della “potenza di emissione”. Nel caso di specie, in
cui appunto la potenza di emissione dell’impianto doveva passare da 160 a 210 W,
il nuovo procedimento autorizzativo è stato quindi legittimamente esperito
3. E’ solo per completezza che si fa notare come la norma regionale non
distingua in base alla misura dell’incremento di potenza di cui si ragiona, con
valutazione che rientra senz’altro nell’ampia discrezionalità del legislatore, e
che infatti non è stata nemmeno messa in discussione nella presente sede
processuale. Non trova quindi appiglio testuale l’argomentazione della
ricorrente secondo la quale la modifica di un impianto esistente dovrebbe in
ogni caso, e quindi anche in quello dell’aumento di potenza, essere apprezzata
come opera di manutenzione ordinaria, non soggetta ad autorizzazione alcuna (v.
ricorso pp. 8 e 10).
4. In proposito, va anzi notato come la giurisprudenza invocata dalla ricorrente
stessa a sostegno di tale ultima tesi appaia non esattamente pertinente al caso
concreto, dato che riguarda o fattispecie in cui l’ostacolo giuridico
all’installazione dell’impianto proveniva non già da una norma della l.r.
36/2001, ma dalle N.T.A. del Comune interessato – C.d.S. sez. VI 6 aprile 2007
n°1567 citata a p. 11 dell’atto e relativa al Comune bresciano di Lonigo- ovvero
fattispecie cui la l.r. 36/2001 stessa non si applicava, per essere anteriori
alla sua entrata in vigore – caso deciso da TAR Lombardia Milano 31 luglio 2002
n°3260 citata a p. 12 del ricorso- o per essere localizzate in altra Regione –
caso deciso da TAR Toscana sez. I 18 novembre 2009 n°889 citata sempre a p. 12.
5. Il secondo motivo, incentrato sulla presunta complessiva illegittimità della
normativa introdotta dal Comune intimato per limitare l’installazione sul
proprio territorio degli impianti di telecomunicazione, è nella sua assolutezza
pure infondato. In proposito, va anzitutto ricostruito il dato testuale.
6. Norma fondamentale in materia è quella dell’art. 8 comma 6 della legge quadro
nazionale in materia di “protezione dalle esposizioni a campi elettrici,
magnetici ed elettromagnetici”, l. 22 febbraio 2001 n°36, secondo la quale “I
comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento
urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l'esposizione della
popolazione ai campi elettromagnetici”. La norma suddetta va poi coordinata con
quanto dispone il d. lgs. 1 agosto 2003 n°259, recante “codice delle
comunicazioni elettroniche”, che in proposito reca una serie di norme di
principio.
7. La prima di tali norme rilevante per il caso di specie è quella dell’art. 86,
che è rubricato “Infrastrutture di comunicazione elettronica e diritti di
passaggio”, al primo comma dispone “Le autorità competenti alla gestione del
suolo pubblico adottano senza indugio le occorrenti decisioni e rispettano
procedure trasparenti, pubbliche e non discriminatorie… nell'esaminare le
domande per la concessione del diritto di installare infrastrutture: a) su
proprietà pubbliche o private ovvero al di sopra o al di sotto di esse, ad un
operatore autorizzato a fornire reti pubbliche di comunicazione…” e al terzo
comma assimila “ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria” le
“infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione”, quali sono senza dubbio
quelle installate dalla odierna ricorrente. Assumono poi indubbio valore
generale le norme dei successivi articoli 90 comma primo, per cui “Gli impianti
di reti di comunicazione elettronica ad uso pubblico, ovvero esercitati dallo
Stato, e le opere accessorie occorrenti per la funzionalità di detti impianti
hanno carattere di pubblica utilità…”, e 93 comma primo, per cui “Le pubbliche
Amministrazioni, le Regioni, le Province ed i Comuni non possono imporre, per
l'impianto di reti o per l'esercizio dei servizi di comunicazione elettronica,
oneri o canoni che non siano stabiliti per legge”; è poi appena il caso di
ricordare che manifestazione di un potere di imporre oneri stabilito per legge è
proprio il potere regolamentare di cui alla legge quadro sopra citata.
8. Sempre per completezza, si fa infine notare che nel caso di specie si ragiona
della legittimità del provvedimento 30 novembre 2009 prot. n°35697 di cui in
epigrafe, legittimità che com’è noto, in ossequio alle regole della
giurisdizione amministrativa generale, va apprezzata in rapporto alle
circostanze di fatto e alle norme vigenti nel momento in cui essi vennero
emanati (c.d. tempus regit actum). Non è quindi applicabile al caso di specie,
in cui pur si ragiona di un impianto UMTS, la norma speciale dell’art. 87 bis,
che prevede per la sua installazione la semplice denuncia, ovvero comunicazione
certificata, di inizio attività, ma è stata introdotta solo dal comma 1
dell'art. 5bis del d.l. 25 marzo 2010 n°40 così come modificato dalla legge di
conversione 22 maggio 2010 n°73, evidentemente posteriore ai fatti di causa.
9. In base al descritto quadro normativo, la giurisprudenza ha poi individuato i
limiti ai quali il Comune può esercitare il potere regolamentare di cui si è
detto, limiti sinteticamente espressi, da ultimo, in C.d.S. sez. VI 15 luglio
2010 n°4557, pronunciata proprio in un giudizio di cui era parte l’odierna
ricorrente: la norma della legge quadro prevede “misure di minimizzazione”, che
quindi “non possono tradursi in “limiti generalizzati di esposizione diversi da
quelli previsti dallo Stato” ovvero costituire “deroga generalizzata” a tali
limiti, ma devono tradursi in “specifiche e diverse misure, la cui idoneità…
emerga dallo svolgimento di compiuti e approfonditi rilievi istruttori sulla
base di risultanze di carattere scientifico”.
10. La stessa sentenza prosegue, richiamando precedenti conformi, e in
particolare C. cost. 7 novembre 2003 n°331 e 7 ottobre 2003 n°307, affermando
che dette misure non possono in particolare essere “incompatibili con la
possibilità di realizzare una rete completa di infrastrutture per la
telecomunicazione” e debbono tener conto “della nozione di "rete di
telecomunicazione, che richiede una diffusione capillare sul territorio, in
particolare per i casi di telefonia UMTS (c.d. "cellulare")” e “del fatto che
l'assimilazione in via normativa delle infrastrutture di reti pubbliche di
telecomunicazione alle opere di urbanizzazione primaria, implica che le medesime
non siano avulse dall'insediamento abitativo, ma debbano porsi al servizio dello
stesso”.
11. Alla luce dei suddetti principi, ritiene il Collegio che nel caso di specie
il Comune di Chiari abbia fatto corretto uso del potere regolamentare
attribuitogli. Il regolamento comunale di cui si ragiona è stato anzitutto
adottato all’esito di una corretta e completa istruttoria, in base alle
richieste “risultanze di carattere scientifico”: ne fa fede anzitutto la
premessa, ove si dà conto di una indagine conoscitiva preliminare, condotta per
mezzo di una società specializzata e dell’ARPAV (doc. 2 ricorrente, cit., pp.
3-4). Inoltre, la disciplina relativa non può definirsi incompatibile con la
possibilità di realizzare una rete completa ed efficiente, per tre distinte
ragioni, che si ricavano dalla relazione 3 febbraio 2010 predisposta dalla
società che già ebbe il ruolo di consulente del Comune nell’indagine istruttoria
(doc. 8 Comune, copia di essa), relazione che la ricorrente ha contestato solo
in modo generico, limitandosi ad asserire una “impossibilità di garantire una
ottimale diffusione e copertura” attraverso il proprio segnale (ricorso, p. 14
nono rigo).
12. Come si ricava da detta relazione, allora, in primo luogo, il territorio di
Chiari è interamente pianeggiante, e non presenta ostacoli alla propagazione del
segnale, rendendo non necessaria una presenza particolarmente capillare delle
stazioni; in secondo luogo, le zone nelle quali sono consentite di regola solo
stazioni di potenza minima sono limitate a un 10% del territorio, e quindi non
si può dire equivalgano ad una impossibilità generalizzata di installare gli
impianti. Infine, e ciò appare decisivo, la funzionalità della rete è comunque
garantita dalla clausola di salvaguardia di cui all’art. 10 del regolamento –
che per inciso non risulta la ricorrente abbia invocato- secondo la quale a
fronte di “valide motivazioni tecniche” è possibile comunque, presentando una
motivata domanda a tal fine, ottenere autorizzazioni in deroga (doc. 2
ricorrente, pp. 8-9): non consta, né per vero è stato nemmeno allegato, che la
norma sia ineffettiva o conosca prassi dilatorie od elusive.
13. E’ infondato e va respinto anche il terzo motivo, nel quale si sostiene in
sintesi che il regolamento comunale, ancorché fosse conforme alla normativa
nazionale, non rispetterebbe quella regionale nella parte in cui assoggetta ad
una discipina limitativa gli impianti di potenza inferiore ai 300 W. Anche nel
caso presente, è bastevole far riferimento alla lettera dell’art. 4 comma 7
della l.r. 11/2001, per cui “Viste le caratteristiche tecniche delle reti per la
telefonia mobile e la natura di pubblico servizio dell'attività svolta, che
motivano una diffusione capillare delle stazioni impiegate a tale scopo, gli
impianti radiobase per la telefonia mobile di potenza totale ai connettori di
antenna non superiore a 300 W non richiedono una specifica regolamentazione
urbanistica”.
14. Come è evidente anche in base alla comune logica, infatti, la norma citata
afferma che nei casi come quello di specie una regolamentazione urbanistica è
non necessaria, ma non intende certo proibirla, e fa quindi salvo l’esercizio,
beninteso nei limiti di cui si è detto, da parte dei Comuni delle competenze
loro proprie, esercizio che nel caso concreto vi è stato anche per gli impianti
di potenza inferiore ai 300 W.
15. E’ infine non fondato anche il quarto ed ultimo motivo, dato che ancora una
volta la lettera della norma, l’art. 4 comma 11 prima parte della citata l.r.
11/2001, è sufficientemente chiara. La norma in questione prevede infatti che “I
gestori di reti di telecomunicazione sono tenuti a presentare ai comuni ed
all'ARPA, entro il 30 novembre di ogni anno, un piano di localizzazione,
articolato per zone di decentramento comunale ove istituite, che, nel rispetto
delle indicazioni di cui al presente articolo, descriva lo sviluppo o la
modificazione dei sistemi da loro gestiti, in riferimento, in particolare, alle
aree di ricerca per la collocazione di nuove stazioni ed alla ottimizzazione dei
sistemi al fine del contenimento delle esposizioni”. Avere considerato in modo
distinto lo “sviluppo” e la “modificazione” dei sistemi gestiti significa
infatti secondo logica che il piano deve tener conto non solo dei nuovi impianti
che vadano a estendere la rete, ma anche delle innovazioni –appunto le
“modificazioni”- apportate all’esistente, come un aumento di potenza del tipo di
quello per cui è causa.
16. La particolarità delle questioni decise è giusto motivo per compensare le
spese; peraltro, a carico della ricorrente, che è soccombente perché le sue
domande non sono state accolte, va posto in via definitiva, come per legge,
l’importo del contributo unificato.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di
Brescia (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa per intero fra le parti le spese del giudizio e pone il contributo
unificato a carico definitivo della ricorrente.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 6 aprile 2011 con
l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Petruzzelli, Presidente
Sergio Conti, Consigliere
Francesco Gambato Spisani, Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/04/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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