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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
T.A.R.
LOMBARDIA, Milano, Sez. IV - 17 maggio 2011, n. 1262
ACQUA - RIFIUTI - Fanghi
biologici - Regione - Adozione di misure interdittive al di fuori dei casi
previsti dall’art. 4 del d.lgs. n. 99/92 - Illegittimità. Non compete alla
Regione l’adozione di misure interdittive all’utilizzazione dei fanghi biologici
in agricoltura al di fuori dei casi espressamente previsti dal legislatore
mediante il disposto dell’art. 4 del d.lgs. n. 99/92, dovendo, invece,
l’amministrazione limitarsi all’esplicazione dei poteri previsti dall’art. 6
dello stesso d.lgs., fra i quali è ricompresa la possibilità di adottare mere
limitazioni nel rispetto dei presupposti espressamente previsti dalla
disposizione normativa. Pres. Leo, Est. Quadri - E. s.r.l. (avv.ti Ferraris e
Robald) c. Provincia di Bergamo (avv.ti Vavassori, Pasinelli e Nava), Regione
Lombardia (avv. Pujatti) e altro (n.c.) - TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. IV -17
maggio 2011, n. 1262
ACQUA - RIFIUTI - Fanghi biologici - Art. 127 d.lgs. n. 152/2006 - Assenza di
particolare potenzialità inquinanti - Riutilizzo. Ai sensi dell’art. 127 del
d.lgs. n. 152/2006, i fanghi biologici devono essere riutilizzati ogni qualvolta
il loro reimpiego risulti appropriato, ipotesi che ricorre certamente nei casi
in cui non emerga una particolare potenzialità inquinante. Pres. Leo, Est.
Quadri - E. s.r.l. (avv.ti Ferraris e Robald) c. Provincia di Bergamo (avv.ti
Vavassori, Pasinelli e Nava), Regione Lombardia (avv. Pujatti) e altro (n.c.) -
TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. IV -17 maggio 2011, n. 1262
ACQUA - RIFIUTI - Fanghi biologici - Art. 101, c. 10 d.lgs. n. 152/2006 -
Stipula di accordi di programma - Recupero dei fanghi di depurazione. L’art.
101, comma 10, del codice dell’ambiente prevede la possibilità da parte delle
autorità competenti di stipulare accordi di programma con i soggetti economici
interessati, al fine di favorire il recupero dei fanghi da depurazione e di
fissare limiti in deroga alla disciplina generale, nel rispetto comunque delle
norme comunitarie e delle misure necessarie al conseguimento degli obiettivi di
qualità. Risulta, infatti, quanto più opportuna in materia ambientale
l’utilizzazione del modulo convenzionale che, sulla scia dell’art. 11 della
legge generale sul procedimento amministrativo, permetta l’esplicazione della
potestà pubblica secondo modalità flessibili, in relazione alle complesse
situazioni che la stessa si trova ad affrontare in tale ambito di attività ed in
considerazione della particolare rilevanza degli interessi pubblici alla stessa
sottesi. Pres. Leo, Est. Quadri - E. s.r.l. (avv.ti Ferraris e Robald) c.
Provincia di Bergamo (avv.ti Vavassori, Pasinelli e Nava), Regione Lombardia
(avv. Pujatti) e altro (n.c.) - TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. IV -17 maggio
2011, n. 1262
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N. 01262/2011 REG.PROV.COLL.
N. 01023/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1023 del 2010, proposto da:
Eco-Trass S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv. ti Pietro Ferraris ed Enzo
Robaldo, con domicilio eletto presso il loro studio in Milano, via Mascagni, 24;
contro
Provincia di Bergamo, rappresentata e difesa dagli avv. ti Giorgio Vavassori,
Bortolo Pasinelli e Katia Nava, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv.
Angela Sarli in Milano, Galleria San Babila n.4/A; Regione Lombardia,
rappresentata e difesa dall'avv. Piera Pujatti, con domicilio eletto presso la
sede dell’avvocatura regionale in Milano, piazza città di Lombardia, 1; Agenzia
Regionale per la Protezione dell'Ambiente della Lombardia, non costituitasi in
giudizio;
per l'annullamento
della determinazione provinciale n. 341/2010 dell’8 febbraio 2010 resa in
attuazione della deliberazione della DGR della Lombardia n. 8/9956 del 29 luglio
2009, avente ad oggetto le “Disposizioni per la sospensione dell’attività di
spandimento in agricoltura dei fanghi prodotti dalla depurazione delle acque
reflue”;
di ogni altro atto presupposto, conseguente o comunque connesso con quello
impugnato, con particolare riferimento alla deliberazione succitata e alla
relazione dell’ARPA del 29 gennaio 2009.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Bergamo e della
Regione Lombardia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 maggio 2011 la dott.ssa Elena Quadri
e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La società ricorrente svolge attività regolarmente autorizzata di gestione di
rifiuti ed in particolare di recupero per conto terzi di fanghi biologici
provenienti da impianti di depurazione, ai sensi del d.lgs. 27 gennaio 1992, n.
99.
Con il presente ricorso, l’istante impugna il provvedimento indicato in
epigrafe, reso in attuazione della deliberazione della DGR della Lombardia n.
8/9956 del 29 luglio 2009, con la quale la giunta della regione Lombardia ha
deliberato la sospensione dell’attività di spandimento in agricoltura dei fanghi
prodotti dalla depurazione delle acque reflue, prevedendo, in particolare, che:
“al termine del periodo massimo di quattro anni dalla data di entrata in vigore
della presente deliberazione, ogni attività di spandimento su terreni agricoli
di fanghi provenienti da impianti di trattamento di acque reflue urbane e
industriali non sarà più consentita, fatta eccezione per i fanghi biologici
provenienti dall’industria agro-alimentare, ai quali non si applicano le
limitazioni disposte dal presente atto; …di stabilire che i provvedimenti di
autorizzazione allo spandimento sul suolo dei fanghi in argomento debbano essere
modificati dall’Autorità competente al rilascio dell’autorizzazione entro sei
mesi dalla data di entrata in vigore della presente deliberazione, con
l’esplicita previsione della sospensione dell’utilizzo in agricoltura dei fanghi
degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane e industriali nei
termini definiti ai punti precedenti”.
A sostegno del proprio gravame, la ricorrente deduce per illegittimità derivata
dalla deliberazione regionale i seguenti motivi di diritto:
Violazione degli artt. 1, 2, 3, 4, 5 e 6 del d.lgs. 27 gennaio 1992, n. 99,
degli artt. 1, 6, 7 e 12 della direttiva 86/278/CEE, degli artt. 41 e 117 della
Costituzione, dell’art. 42 dello Statuto della regione Lombardia; violazione
degli artt. 2 quinquies e 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241, degli artt. 1 e
ss. della direttiva 91/271/CEE e degli artt. 3 e 5 della direttiva n.
91/676/CEE, degli artt. 92, 121, 127, 181, 198 e dell’Allegato 4 della parte III
del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, dell’art. 26 del d.M. 7 aprile 2006, dell’art.
45, comma 4, della legge regionale 12 dicembre 2003, n. 26, della D.G.R. 29
marzo 2006, n. 8/2244 e della D.G.R. 8/5868 del 21 novembre 2007; difetto di
attribuzione di potere ed incompetenza; eccesso di potere per violazione del
giusto procedimento, per carenza ed errata valutazione dei presupposti, per
carenza di istruttoria, per disparità di trattamento, per contraddittorietà, per
illogicità manifesta e per difetto di motivazione.
Si sono costituite la provincia di Bergamo e la regione Lombardia, che hanno
chiesto la reiezione del gravame per infondatezza nel merito.
Successivamente le parti costituite hanno prodotto memorie difensive a sostegno
delle rispettive conclusioni.
Alla pubblica udienza del 3 maggio 2011, dopo ampia ed approfondita discussione,
il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
La controversia all’esame del collegio concerne le limitazioni – che la
ricorrente riconduce ad un vero e proprio divieto - allo spandimento in
agricoltura dei fanghi biologici prodotti dagli impianti di depurazione delle
acque reflue disposte mediante la deliberazione dalla giunta della regione
Lombardia n. 8/9953 del 29 luglio 2009, della quale il provvedimento provinciale
impugnato in via principale costituisce pedissequa attuazione.
La società lamenta, con articolati motivi di diritto, molteplici violazioni di
disposizioni normative nazionali, anche di rango costituzionale, e di principi
contenuti in direttive comunitarie, deduce l’incompetenza della Regione
nell’imporre divieti in tale ambito invece che mere limitazioni ed, altresì, il
vizio di eccesso di potere sotto diversi profili, in particolare con riferimento
all’assenza dei presupposti, alla carenza di istruttoria e di motivazione ed
all’illogicità e contraddittorietà manifeste delle determinazioni regionali.
Per la difesa della provincia di Bergamo e della regione Lombardia, al
contrario, il provvedimento, che imporrebbe un mero regime di limitazioni
all’utilizzazione dei soli fanghi derivanti dal trattamento di acque reflue
urbane ed industriali, con la previsione di una graduale riduzione dell’attività
di spandimento dei medesimi sul suolo, risulterebbe emanato del tutto
legittimamente, nell’esplicazione di un potere doveroso per arginare i pericoli
di contaminazione delle acque dall’inquinamento da fonti agricole derivante
dalla concentrazione di metalli pesanti, in particolare dai nitrati.
Il ricorso è fondato e va accolto, sia in considerazione delle disposizioni
normative della disciplina vigente sul tema - di rango nazionale e comunitario –
che del contenuto motivazionale e dispositivo del provvedimento impugnato, anche
in ragione dei presupposti assunti alla base dell’emanazione dello stesso.
Ritiene, in particolare, il collegio che la delibera regionale impugnata
risulti, innanzitutto, inficiata dal difetto di istruttoria e di motivazione,
oltre che da un’evidente illogicità, con particolare riferimento al mancato
rispetto del principio di proporzionalità.
Dopo aver premesso il richiamo ad una serie di disposizioni normative nazionali
e comunitarie, come unico atto istruttorio presupposto all’adozione del
provvedimento la deliberazione impugnata si riferisce espressamente alla
relazione dell’ARPA del 29 gennaio 2009, versata in atti.
Solo da tale relazione, e, dunque, dai dati nella stessa contenuti,
l’amministrazione intimata è stata indotta ad adottare le misure interdittive
disposte nella delibera.
Dall’esame della parte della relazione relativa al controllo dei terreni e dei
fanghi ed in particolare da quella concernente i risultati dell’attività di
campionamento (pagg. 5, 6 e 7), si legge che: “La campagna di controllo
straordinario degli impianti autorizzati a ritirare e trattare i fanghi
biologici al fine del riutilizzo in agricoltura ha evidenziato che sia i fanghi
biologici che i terreni rispettano i limiti imposti dalla normativa in vigore.
Anche le analisi relative ai fanghi ritirati e non ancora trattati evidenziano
concentrazioni di metalli sostanzialmente in linea con quanto proposto nelle
linee guida in fase di discussione ed in particolare il rispetto già in fase di
accettazione all’impianto dei limiti previsti per il riutilizzo in agricoltura”
(cfr. in particolare la parte relativa ai risultati della campagna di controllo,
alla pagina 6 della relazione).
Nonostante la Regione assuma trattarsi di progressive limitazioni
dell’utilizzazione in agricoltura dei fanghi, come parrebbe risultare dalla
prima parte delle motivazioni del provvedimento, dalle espressioni letterali
contenute nel dispositivo della delibera si ricava, invece, inequivocabilmente,
che si tratta di un vero e proprio divieto di utilizzazione, anche se sottoposto
ad un termine iniziale rispettivamente di due anni per le aree vulnerabili e di
quattro anni per quelle non vulnerabili. Il divieto pare una misura immotivata,
sproporzionata ed ingiustificata in relazione alle risultanze della relazione
istruttoria suddetta, dalla quale, come già osservato, non emergono dati di
superamento dei limiti massimi di metalli pesanti previsti negli allegati IA
(per i terreni) e IB (per i fanghi) al d.lgs. n. 99/92, emanato proprio in
attuazione della direttiva 86/278/CEE concernente la protezione dell'ambiente,
in particolare del suolo, nell'utilizzazione dei fanghi di depurazione in
agricoltura, il cui incipiens dispone espressamente che “Il presente decreto ha
lo scopo di disciplinare l'utilizzazione dei fanghi di depurazione in
agricoltura in modo da evitare effetti nocivi sul suolo, sulla vegetazione,
sugli animali e sull'uomo, incoraggiandone nel contempo la corretta
utilizzazione” (cfr. art. 1), utilizzazione la cui definizione si ricava
dall’art. 2 del medesimo d.lgs., essendo qualificata come: “il recupero dei
fanghi … mediante il loro spandimento sul suolo o qualsiasi altra applicazione
sul suolo e nel suolo” (cfr. lett. d).
Deve, oltretutto, farsi presente che non competeva alla Regione l’adozione di
misure interdittive all’utilizzazione dei fanghi biologici in agricoltura al di
fuori dei casi espressamente previsti dal legislatore mediante il disposto
dell’art. 4 del d.lgs. n. 99/92, fra i quali non è ricompresa la fattispecie
all’esame del collegio per quanto appena detto, dovendo, invece,
l’amministrazione intimata limitarsi all’esplicazione dei poteri previsti
dall’art. 6 dello stesso d.lgs., fra i quali è ricompresa la possibilità di
adottare mere limitazioni nel rispetto dei presupposti espressamente previsti
dalla disposizione normativa.
Inoltre, ai sensi dell’art. 127 del d.lgs. n. 152/2006, i fanghi devono essere
riutilizzati ogni qualvolta il loro reimpiego risulti appropriato, ipotesi che
ricorre certamente nei casi in cui non emerga una particolare potenzialità
inquinante, come nella fattispecie in questione.
In alcuna porzione della delibera impugnata emerge, poi, la giustificazione
dell’esclusione dal divieto di spandimento dei fanghi biologici prodotti
dall’industria agro-alimentare, non risultando una minore potenzialità
inquinante di tale tipologia di fanghi rispetto a quelli derivanti dai processi
di depurazione delle acque reflue urbane ed industriali. Sul punto si rileva,
dunque, un macroscopico difetto di motivazione, oltre che una spiccata disparità
di trattamento tra operatori economici.
Deve, infine, darsi atto della rilevanza, nella fattispecie in questione,
dell’omissione di qualsiasi forma di concertazione con gli operatori economici
interessati.
In proposito, pare utile al collegio richiamare il disposto dell’art. 101, comma
10, del codice dell’ambiente, che prevede la possibilità da parte delle autorità
competenti di stipulare accordi di programma con i soggetti economici
interessati, al fine di favorire il recupero dei fanghi da depurazione e di
fissare limiti in deroga alla disciplina generale, nel rispetto comunque delle
norme comunitarie e delle misure necessarie al conseguimento degli obiettivi di
qualità.
Risulta, infatti, quanto più opportuna in materia ambientale l’utilizzazione del
modulo convenzionale che, sulla scia dell’art. 11 della legge generale sul
procedimento amministrativo, permetta l’esplicazione della potestà pubblica
secondo modalità flessibili, in relazione alle complesse situazioni che la
stessa si trova ad affrontare in tale ambito di attività ed in considerazione
della particolare rilevanza degli interessi pubblici alla stessa sottesi.
Si reputa, dunque, che fosse necessaria una qualsiasi forma di concertazione o,
quantomeno, di partecipazione al procedimento da parte dei soggetti economici
interessati, quale la ricorrente, oltre che un’adeguata istruttoria che desse
conto approfonditamente delle ragioni che rendevano necessaria la così drastica
misura che la regione intendeva adottare, pur rispettando i terreni ed i fanghi
i limiti di legge.
Per le suesposte considerazioni, il ricorso va accolto, disponendosi, per
l’effetto, l’annullamento della delibera regionale e del provvedimento
provinciale per illegittimità derivante dai vizi di tale delibera.
Sussistono giusti motivi, in considerazione della complessità della
controversia, per disporre l’integrale compensazione fra le parti delle spese di
giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie
e, per l’effetto, dispone l’annullamento dei provvedimenti impugnati.
Spese compensate.
La presente sentenza sarà eseguita dall’amministrazione ed è depositata presso
la segreteria del Tribunale, che provvederà a darne comunicazione alle parti.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 3 maggio 2011 con
l'intervento dei magistrati:
Adriano Leo, Presidente
Elena Quadri, Consigliere, Estensore
Ugo De Carlo, Referendario
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 17/05/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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