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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562

 

 

 

T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez. III - 11 febbraio 2011, n. 456
 

DIRITTO DELL’ENERGIA - Sanzioni amministrative irrogate dall’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas - Art. 2, comma 20, lett. C), della legge 14 novembre 1995, n. 481 - Pregiudizio cagionato agli utenti e vantaggio conseguito dall’autore dell’illecito - Elementi costitutivi dell’illecito - Esclusione - Rilevanza ai soli fini della valutazione della gravità e della quantificazione della sanzione. Ai sensi dell’art. 2.1 lett. c) e d) dell’Allegato A della delibera A.E.E.G. 144/08 - recante le “linee guida sull’applicazione dei criteri di quantificazione delle sanzioni amministrative pecuniarie irrogate dall’autorità per l’energia elettrica e il gas ai sensi dell’art. 2, comma 20, lett. C), della legge 14 novembre 1995, n. 481” - sia l’eventuale pregiudizio cagionato agli utenti, sia l’eventuale vantaggio, anche economico, conseguito dall’autore della violazione (nella specie, utilizzo di un coefficiente M diverso da quello prescritto), rilevano solo ai fini della gravità dell’illecito, ossia per la quantificazione della sanzione, ma non sono degli elementi costitutivi dell’illecito medesimo. Invero, l’illecito di cui si tratta prescinde dalla concreta produzione di un danno agli utenti essendo diretto a realizzare una tutela anticipata di interessi di particolare rilievo, alla cui protezione tende la predeterminazione dei criteri tariffari da parte dell’Autorità, quali gli interessi dei consumatori, che acquistano energia elettrica e gas, nonché l’interesse alla realizzazione di un assetto concorrenziale del mercato (sul carattere anticipato della tutela nei casi in esame si consideri Tar Lombardia Milano, sez. III, 01.07.2009, n. 4248). Pres. Giordano, Est. Fornataro - E. s.p.a. (avv.ti Nanni e Boniello) c. Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas (Avv. Stato) - TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. III - 11 febbraio 2011, n. 456
 

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N. 00456/2011 REG.PROV.COLL.
N. 02167/2008 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Terza)



ha pronunciato la presente


SENTENZA


sul ricorso numero di registro generale 2167 del 2008, proposto da:
società Eni s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Luca Nanni e Gerarda Boniello, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Aldo Penazzi, in Milano piazza della Repubblica n. 28;


contro


Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresenta e difesa ex lege dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Milano presso i cui Uffici, in Milano via Freguglia n. 1, domicilia;

per l'annullamento

- della deliberazione dell’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas datata 10 giugno 2008 n. VIS 52/08 avente ad oggetto “Adozione di un provvedimento ai sensi dell’articolo 2, comma 20 lett. c), della legge 14 novembre 1995 n. 481 nbei confronti della società Eni s.p.a.”;

- della deliberazione dell’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas del 4 dicembre 2007 n. 300/07avente ad oggetto “Avvio di istruttorie formali per l’adozione di provvedimenti prescrittivi e sanzionatori nei confronti di alcune imprese di distribuzione e vendita del gas naturale per violazione dei provvedimenti dell’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas in materia di coefficiente di adeguamento tariffario M”;

- della comunicazione delle risultanze istruttorie di cui alla lettera prot. 0006973-10/03/2008 prot. generale/p datata 11 marzo 2008;

- di ogni ulteriore atto presupposto, consequenziale e comunque connesso;


Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Autorita' Per L'Energia Elettrica e il Gas;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 febbraio 2011 il dott. Fabrizio Fornataro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO


La società Eni s.p.a. ha impugnato gli atti indicati in epigrafe deducendone l’illegittimità per violazione di legge, in relazione, in particolare, alla legge 1981 n. 689, nonché per eccesso di potere, contestando l’insussistenza dell’elemento soggettivo dell’illecito.

L’amministrazione resistente, costituitasi in giudizio, ha eccepito l’infondatezza del ricorso avversario chiedendone il rigetto.

All’udienza del giorno 03.02.2011 la causa è stata trattenuta in decisione.


DIRITTO


1) In punto di fatto va osservato che, con la deliberazione n. 237/00 del 28.12.2007, l’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas (d’ora in poi A.E.E.G. o Autorità) definiva i criteri per la determinazione delle tariffe per le attività di distribuzione del gas e di fornitura ai clienti del mercato vincolato, individuando, tra l’altro, un coefficiente di correzione rapportato alle caratteristiche altimetriche e climatiche delle singole zone (c.d. coefficiente M, il cui valore è specificato nelle tabelle allegate alla delibera).

Con deliberazione n. 124/07, datata 01.06.2007, l’Autorità avviava un’istruttoria conoscitiva sull’applicazione da parte delle imprese di trasporto, distribuzione e vendita del gas naturale, tra l’altro, del coefficiente di adeguamento tariffario stabilito con la deliberazione n. 237/00.

La relativa istruttoria veniva chiusa dall’Autorità con la deliberazione n. 227/07 del 18.09.2007, mediante la quale veniva altresì disposta l’acquisizione del resoconto elaborato dagli Uffici dell’Autorità che avevano svolto l’attività istruttoria.

Successivamente, con deliberazione n. 300/07 del 04.12.2007, l’Autorità avviava un’istruttoria formale per l’adozione di provvedimenti prescrittivi e sanzionatori nei confronti di alcune imprese di distribuzione e vendita del gas naturale, compresa la società Eni s.p.a., per violazione dei provvedimenti dell’A.E.E.G. relativi al coefficiente di adeguamento tariffario M.

Infine, con deliberazione datata 10.06.2008 – VIS 52/08, l’Autorità accertava la violazione da parte della società Eni s.p.a. delle disposizioni in merito al coefficiente M di cui alla deliberazione n. 237/00 e irrogava alla società medesima una sanzione amministrativa pecuniaria, ai sensi dell’art. 2, comma 20 lett. c, della legge 1995 n. 481, pari ad 25.822,84 Euro.

La violazione contestata dall’A.E.E.G. consiste nell’applicazione da parte di Eni s.p.a., in relazione a due delle località servite, di un valore del coefficiente M superiore a quello prescritto.

In particolare, la delibera impugnata specifica che per gli anni 2005, 2006 e 2007, la società ha dichiarato di aver applicato un coefficiente M: 1) per la località Briatico, per un valore di 1,02, mentre il valore stabilito dall’Autorità era pari a 1,01; 2) per la località Colle D’Anchise, per un valore di 0,98, mentre il valore stabilito dall’Autorità era pari a 0,97.

2) Con l’unico motivo proposto la ricorrente lamenta, in termini di violazione di legge ed eccesso di potere, l’illegittimità dell’atto impugnato in quanto avrebbe erroneamente ritenuto sussistente la sua colpevolezza nell’applicare dei valori del coefficiente M diversi da quelli stabiliti dall’Autorità.

La ricorrente richiama le difese già esposte in sede procedimentale, ove aveva evidenziato che l’applicazione del coefficiente M per valori difformi nelle due località sarebbe dipeso “da un errore nella gestione dei sistemi informativi della società; in particolare: - per la località Briatico, sarebbe stato compiuto un errore all’atto del primo caricamento del dato rilevante avvenuto in occasione dell’attivazione della fornitura in tale località (avvenuta nel 2005); - per la località Colle D’Anchise, il sistema informativo non sarebbe stato tempestivamente aggiornato, in occasione della trasformazione dell’impianto relativo alla località da GPL a gas metano”.

Inoltre Eni s.p.a. considera che: 1) l’errore di per sé sarebbe relativo ad un valore minimo trattandosi di un differenza pari a 0,01 rispetto a quello stabilito dall’A.E.E.G.; 2) l’errore riguarda solo 282 clienti; 3) il danno cagionato ai clienti è stato minimo, anche in relazione al fatturato complessivo della società, 4) neppure il riferimento alla diligenza qualificata contenuto nell’atto impugnato varrebbe a dimostrare l’esistenza della colpa, in quanto occorrerebbe tenere conto della particolare natura degli errori commessi, nonché della “naturale impossibilità per qualunque essere umano di realizzare senza il minimo errore tutte le attività …connesse alla fatturazione dei consumi”.

Il motivo è infondato.

L’art. 3 della legge 1981 n. 689 prevede che “Nelle violazioni cui è applicabile una sanzione amministrativa ciascuno è responsabile della propria azione od omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa. Nel caso in cui la violazione è commessa per errore sul fatto, l'agente non è responsabile quando l'errore non è determinato da sua colpa”.

La giurisprudenza consolidata considera che, ai sensi del citato art. 3 della legge n. 689 del 1981, per le violazioni colpite da sanzione amministrativa è richiesta la coscienza e volontà della condotta attiva o omissiva, sia essa dolosa o colposa, senza che occorra la concreta dimostrazione da parte dell’amministrazione del dolo o della colpa, in quanto la norma pone una presunzione di colpa, in ordine al fatto vietato, a carico di colui che lo abbia commesso, con la conseguenza che grava su quest'ultimo l'onere di provare di aver agito senza colpa.

Del resto, è pacifico che la buona fede, quale causa di esclusione della responsabilità in base al secondo comma dell’art. 3, si configura quando la violazione è dipesa da un errore sul fatto non determinato da colpa e cioè non evitabile neppure con l'ordinaria diligenza (cfr. sul punto Cassazione, Sezioni Unite, 06 ottobre 1995, n. 10508; Cassazione Civile 08 marzo 2000, n. 2642; Cassazione Civile 28 agosto 2003, n. 12391; Cassazione Civile 28 aprile 2006, n. 9862; Cassazione Civile 07 luglio 2006, n. 15580; Cassazione Civile 11 giugno 2007, n. 13610).

Nel caso di specie la ricorrente si limita ad allegare che l’utilizzo di un coefficiente diverso da quello prescritto è dipeso da un errore nella gestione dei sistemi informativi; tuttavia, tale allegazione non vale a configurare una falsa rappresentazione della realtà non evitabile con l’impiego della dovuta diligenza, sicché non integra l’esimente della buona fede prevista dall’art. 3, comma 2, della legge 1981 n. 689.

Sul punto è sufficiente notare che la delibera n. 237/00 (cfr. doc. 9 di parte resistente) contiene delle tabelle che definiscono in modo chiaro e preciso i valori del coefficiente M da applicare in relazione alle zone climatiche e ai valori altimetrici, sicché la semplice consultazione del documento consente di individuare il fattore M da applicare nelle diverse ipotesi.

Del resto, a fronte dell’immediata percepibilità dei valori da applicare, non è dato rilevare – in base alla documentazione versata in atti – alcun comportamento, indicazione o interpretazione da parte dell’Autorità idoneo ad indurre in errore la società interessata e tale da fondare uno stato soggettivo di buona fede.

Sotto altro profilo, si è già rilevato che la buona fede non può correlarsi ad un errore evitabile mediante l’impiego dell’ordinaria diligenza, che, nel caso di specie, non è quella del buon padre di famiglia, ma quella propria del soggetto che svolge un’attività professionale, ai sensi dell’art. 1176, comma 2, c.c., visto che la società ricorrente esercita professionalmente l’attività di fornitura di gas, sicché la diligenza cui è tenuta deve essere valutata secondo la natura dell’attività esercitata e si traduce nella doverosa predisposizione delle cautele necessarie a garantire anche la scrupolosa osservanza dei parametri di calcolo delle tariffe.

Nel caso di specie tale dovere di diligenza non può ritenersi rispettato, in quanto la violazione non ha assunto carattere del tutto sporadico, ma ha riguardato due distinte località e si è protratta per un periodo complessivamente compreso tra il 2005 e il 2007, senza che sia stata svolta nel corso del triennio un’efficace attività di controllo sui parametri del coefficiente M in concreto applicati; pertanto, è del tutto coerente ritenere che la società non abbia serbato una condotta parametrata ai doveri di diligenza propri dell’attività svolta.

In ogni caso, è onere della società che per la propria attività utilizza un sistema informativo, garantire che il sistema sia impiegato in modo da applicare ab origine valori aderenti alle prescrizioni dell’AEEG, sottoponendo, inoltre, la gestione del sistema a verifiche periodiche, la cui attivazione con un minimo di diligenza avrebbe ragionevolmente escluso la protrazione dell’errore per circa un triennio.

Del resto, la circostanza che successivamente la società si sia attivata per restituire ai clienti le somme indebitamente percepite integra solo l’adempimento di una specifica obbligazione restitutoria, ma non è indice di buona fede, perché non si traduce in un dato oggettivo che consenta di configurare come scusabile l’errore precedentemente commesso.

Parimenti, non vale ad escludere la sussistenza della violazione contestata dall’Autorità la circostanza che gli utenti finali interessati siano stati solo 282 e abbiano sopportato un esiguo pregiudizio economico e che la società non abbia conseguito un concreto vantaggio in conseguenza della violazione.

In proposito, è sufficiente osservare che ai sensi dell’art. 2.1 lett. c) e d) dell’Allegato A della delibera A.E.E.G. 144/08 - recante le “linee guida sull’applicazione dei criteri di quantificazione delle sanzioni amministrative pecuniarie irrogate dall’autorità per l’energia elettrica e il gas ai sensi dell’art. 2, comma 20, lett. C), della legge 14 novembre 1995, n. 481” - sia l’eventuale pregiudizio cagionato agli utenti, sia l’eventuale vantaggio, anche economico, conseguito dall’autore della violazione, rilevano solo ai fini della gravità dell’illecito, ossia per la quantificazione della sanzione, ma non sono degli elementi costitutivi dell’illecito medesimo.

Invero, l’illecito di cui si tratta prescinde dalla concreta produzione di un danno agli utenti essendo diretto a realizzare una tutela anticipata di interessi di particolare rilievo, alla cui protezione tende la predeterminazione dei criteri tariffari da parte dell’Autorità, quali gli interessi dei consumatori, che acquistano energia elettrica e gas, nonché l’interesse alla realizzazione di un assetto concorrenziale del mercato (sul carattere anticipato della tutela nei casi in esame si consideri Tar Lombardia Milano, sez. III, 01.07.2009, n. 4248).

Ne deriva che nel caso di specie la violazione commessa da Eni s.p.a. non è riconducibile ad un errore scusabile, ma esprime la mancata osservanza dei doveri di diligenza che incombono sulle imprese che professionalmente operano nel settore della distribuzione e della vendita del gas naturale.

Va, pertanto, ribadita l’infondatezza del motivo in esame.

3) In definitiva, il ricorso è infondato nei limiti dianzi esposti e deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.


P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando, respinge il ricorso.

Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in complessivi Euro 5.000,00 (cinquemila).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 3 febbraio 2011 con l'intervento dei magistrati:

Domenico Giordano, Presidente
Stefano Celeste Cozzi, Referendario
Fabrizio Fornataro, Referendario, Estensore

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11/02/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 



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