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T.A.R.
LOMBARDIA, Milano, Sez. III - 1 marzo 2011, n. 599
APPALTI - Nozione di falso
innocuo - Art. 38 d.lgs. n. 163/2006 - Valutazione ex ante. La nozione di
“falso innocuo”, di origine penalistica, è stata recepita nell’ambito della
disciplina amministrativistica, anche al fine di escludere la rilevanza della
falsità delle dichiarazioni non veritiere rese dai soggetti partecipanti alle
gare pubbliche ai sensi dell’art. 38 del D.Lgs 163 del 2006, tutte le volte che
essa non abbia prodotto alcun pregiudizio agli interessi presidiati dalla norma
che impone di attestare una determinata circostanza (sia essa contenuta nella
legge o nel bando) e non abbia procurato all’impresa dichiarante alcun vantaggio
competitivo (Cons. Stato, V, 09 novembre 2010 n. 7967). In particolare, è falso
innocuo l’omessa menzione degli amministratori o direttori cessati dalla carica
qualora tali soggetti risultino penalmente incensurati e, pertanto, la loro
indicazione nella dichiarazione resa alla stazione appaltante non avrebbe in
alcun modo potuto incidere sull’esito del giudizio sulla ammissibilità
dell’offerta. Tuttavia, nell'ambito dei rapporti amministrativi, la valutazione
del carattere innocuo del falso deve essere compiuta "ex ante", con la
conseguenza che non può essere considerato innocuo il falso potenzialmente in
grado di incidere sulle determinazioni dell'Amministrazione (Cons. Stato, VI, 8
luglio 2010 n. 4436). Pres. Giordano, Est. Gisondi - L. s.r.l. (avv.ti De Mela,
Della Pietà)c. Comune di Milano (avv.ti Maffey e Surano) - TAR LOMBARDIA,
Milano, Sez. III - 1 marzo 2011, n. 599
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N. 00599/2011 REG.PROV.COLL.
N. 02433/2005 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2433 del 2005, proposto da:
Leonardo Costruzioni S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv.ti Vincenzo De
Mela, Erika Della Pietà, ed elettivamente domiciliata presso quest’ultima in
Piazzale Cadorna 13 a Milano;
contro
Comune di Milano, con gli avv.ti Maria Teresa Maffey e Maria Rita Surano,
elettivamente domiciliato presso gli uffici della civica avvocatura in via
Andreani 10 a Milano;
nei confronti di
Cremona Strade S.r.l.;
per l'annullamento
del verbale di gara del 10 giugno 2005 con il quale è stata disposta
l’esclusione della ricorrente dalla gara d’appalto per l’aggiudicazione dei
lavori di manutenzione straordinaria delle pavimentazioni in conglomerato
bituminoso dei manufatti stradali e la contestuale aggiudicazione del contratto
alla Cremona Strade S.r.l.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Milano;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 febbraio 2011 il dott. Raffaello
Gisondi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Nella seduta del 10 giugno 2005 la Commissione di gara nominata per la
valutazione delle offerte relative al bando di gara per l’aggiudicazione
dell’appalto di cui in epigrafe dichiarava nulla l’offerta della Società
ricorrente in quanto, a seguito dei controlli effettuati dalla stazione
appaltante, era emerso che il Sig. Fabio Ancona, che aveva ricoperto la carica
di direttore tecnico della Leonardo Costruzioni dal 19 agosto 2003 al 2 gennaio
2004, aveva riportato una condanna passata in giudicato per appropriazione
indebita aggravata e continuata per essersi appropriato delle trattenute da
effettuarsi mensilmente sulle retribuzioni di alcuni suoi dipendenti.
Tale fatto, secondo la Commissione, era suscettibile di determinare l’esclusione
dell’impresa sia perché questa aveva falsamente dichiarato l’insussistenza di
direttori tecnici cessati dalla carica nel triennio precedente, sia perché il
predetto reato era tale da incidere sulla moralità professionale della Società
che, peraltro, nulla aveva fatto per dissociarsi dal suo ex direttore tecnico.
Avverso tale atto ha proposto ricorso l’interessata deducendo i seguenti
MOTIVI
1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 75 del D.P.R. 554/99; violazione
della Determinazione n. 23/01 della Autorità di Vigilanza sui lavori pubblici in
relazione all’art. 3 della L. 341/90; violazione del bando di gara; violazione
del principio dell’affidamento nell’interpretazione delle clausole del bando
Il Sig. Fabio Ancona non avrebbe mai ricoperto la carica di Direttore tecnico
della Società esclusa. La sua presunta nomina sarebbe il frutto di un mero
errore di trascrizione di una seduta del Consiglio di Amministrazione della
società, tant’è che nessun atto sarebbe stato compiuto dal Sig. Ancona durante
il breve periodo in cui egli figurava come direttore Tecnico della Società.
La dichiarazione rilasciata dagli amministratori della Società in ordine alla
insussistenza di direttori tecnici cessati nel triennio precedente non potrebbe,
quindi, considerarsi falsa nella sua sostanza.
2) Violazione dell’art. 75 comma 1 lett. c) del D.P.R. 554/99; eccesso di potere
per travisamento dei presupposti di fatto; eccesso di potere per difetto di
motivazione e carenza dei presupposti; violazione dell’art. 3 della L. 241/90.
L’esclusione dalla gara è stata fatta discendere in modo automatico dalla
condanna penale riportata dal Sig. Ancona senza fornire alcuna motivazione in
ordine alla incidenza della stessa sulla moralità professionale dell’Impresa.
Tale incidenza è, comunque, da escludere per il fatto che al momento della
presentazione della offerta il Sig. Ancona non era nemmeno più socio della
Leonardo costruzioni, avendo egli ceduto le proprie partecipazioni nella
predetta Società con atto notarile in data 7 luglio 2004.
Si è costituito il Comune di Milano per resistere al ricorso.
All’udienza del 16 febbraio 2011, sentiti gli avvocati delle parti come da
separato verbale, relatore Dr. Raffaello Gisondi, il ricorso è stato trattenuto
in decisione.
DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è infondato.
Invero, non vi sono elementi che possano comprovare che il Sig. Fabio Ancona non
abbia ricoperto la carica di Direttore tecnico della Società ricorrente nel
triennio precedente a quello della formulazione della offerta. In particolare,
il fatto che egli non abbia compiuto atti afferenti il predetto incarico non
riveste alcuna rilevanza in proposito, trattandosi di circostanza che, di per
sé, non è idonea a dimostrare che la sua nomina risultante da atti pubblici sia
frutto di un mero errore materiale.
La dichiarazione con la quale la Leonardo Costruzioni ha attestato
l’insussistenza di direttori tecnici cessati nel triennio precedente deve,
quindi, considerarsi falsa.
Non si tratta, peraltro, di un cd. “falso innocuo”.
La giurisprudenza del Consiglio di Stato ha recepito tale nozione di origine
penalistica anche ai fine di escludere la rilevanza della falsità delle
dichiarazioni non veritiere rese dai soggetti partecipanti alle gare pubbliche
ai sensi dell’art. 38 del D.Lgs 163 del 2006 (e prima ancora dell’art. 75 del
D.P.R. 554/99) tutte le volte che essa non abbia prodotto alcun pregiudizio agli
interessi presidiati dalla norma che impone di attestare una determinata
circostanza (sia essa contenuta nella legge o nel bando) e non abbia procurato
all’impresa dichiarante alcun vantaggio competitivo (Cons. Stato, V, 09 novembre
2010 n. 7967).
In particolare, è stato ritenuto un falso innocuo l’omessa menzione degli
amministratori o direttori cessati dalla carica qualora tali soggetti risultino
penalmente incensurati e, pertanto, la loro indicazione nella dichiarazione resa
alla stazione appaltante non avrebbe in alcun modo potuto incidere sull’esito
del giudizio sulla ammissibilità dell’offerta.
E’ stata altresì ritenuta irrilevante anche la mancata menzione di condanne
riportate da soci amministratori o direttori della società offerente qualora il
bando di gara richieda genericamente una dichiarazione di insussistenza delle
cause di esclusione rimettendo, così, alla impresa offerente la valutazione
circa la gravità o non gravità delle condotte dei propri rappresentanti (Cons.
Stato, VI, 4/08/2009 n. 4907).
Il medesimo Consiglio di Stato ha, tuttavia, precisato che nell'ambito dei
rapporti amministrativi la valutazione del carattere innocuo del falso deve
essere compiuta "ex ante", con la conseguenza che non può essere considerato
innocuo il falso potenzialmente in grado di incidere sulle determinazioni
dell'Amministrazione (Cons. Stato, VI, 8 luglio 2010 n. 4436).
Il Supremo consesso ha altresì stabilito che qualora la lex specialis di gara
richieda all’impresa informazioni puntuali che non lasciano spazio a valutazioni
in ordine alla rilevanza o meno di determinate informazioni la loro omissione
costituisce una legittima causa di esclusione (Cons. Stato, VI, 4907/09 cit.).
Tale è, appunto, la situazione che ricorre nel caso di specie.
Il bando di gara richiedeva, infatti, alle imprese offerenti di rilasciare una
doppia dichiarazione con riguardo: a) al fatto che nel triennio precedente la
data di pubblicazione del bando non fosse cessato né fosse stato sostituito il
titolare, il socio, l’amministratore munito di poteri di rappresentanza o il
direttore tecnico; b) al fatto che i soggetti eventualmente cessati non avessero
riportato condanne penali tali da incidere sulla affidabilità morale e
professionale.
La prima parte della prescrizione della lex specialis non chiedeva, quindi, alle
imprese offerenti di indicare solo i soggetti cessati che avessero riportato
condanne incidenti sulla moralità professionale, ma imponeva l’indicazione dei
nominativi di tutti i soci, amministratori o direttori tecnici cessati o
sostituiti per consentire alla stazione appaltante di effettuare, se del caso, i
relativi controlli.
L’omissione della menzione del Direttore tecnico cessato non può, quindi
considerarsi un falso innocuo sia perché contrasta con una specifica
prescrizione disposta dalla lex specialis a pena della esclusione, sia perché
l’indicazione del soggetto cessato non poteva ritenersi ex ante potenzialmente
inidonea ad incidere sulle determinazioni dell'Amministrazione.
Infondato è altresì il secondo motivo di ricorso.
E’ vero, infatti, che, eccettuati i reati indicati testualmente dalla legge, per
i restanti, in assenza di parametri normativi fissi e predeterminati, la
verifica della loro incidenza sulla moralità professionale attiene all'esercizio
del potere discrezionale della p.a. e deve essere operata attraverso la disamina
in concreto delle caratteristiche dell'appalto, del tipo di condanna, della
natura e delle concrete modalità di commissione del reato (cfr., Cons. St., sez.
V, 12 aprile 2007 n. 1723).
Tuttavia, nella specie, l'Amministrazione ha valutato tutti gli elementi
inerenti in concreto il reato commesso dal signor Ancona, considerando che la
sentenza penale, divenuta definitiva, riguarda il reato di appropriazione
indebita continuata e aggravata da egli dolosamente commesso nell’esercizio
della propria attività di imprenditore edile a danno dei propri dipendenti
Trattandosi di un reato connesso al tipo di attività che il soggetto sarebbe
chiamato a svolgere, non risalente nel tempo, la cui gravità è correlata alla
circostanza che l'accertata condotta consiste nella violazione di doveri
inderogabili che proteggono non solo il patrimonio astrattamente considerato ma
anche i lavoratori dell’impresa, appare esente da censure la valutazione della
Stazione appaltante che la ha ritenuta contraria alla moralità professionale.
Peraltro, la cessazione dalla carica di direttore tecnico da parte del Sig.
Ancona e la cessione delle sue partecipazioni della Leonardo Costruzioni S.r.L.
non possono considerarsi idonee misure di dissociazione della Società dalle
condotte penalmente sanzionate, non essendovi la prova che tali eventi siano
stati determinati dalla volontà di allontanare dalla compagine sociale il
predetto soggetto a causa del reato da esso commesso.
La domanda di annullamento deve, quindi, essere respinta.
E la stessa sorte merita anche la domanda risarcitoria che, in difetto della
illegittimità dell’atto impugnato, risulta essere del tutto priva di fondamento.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sezione III di Milano,
definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo rigetta.
Condanna parte ricorrente alla refusione delle spese di lite che liquida in Euro
3.000,00 oltre IVA e c.p.a.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 16 febbraio 2011 con
l'intervento dei magistrati:
Domenico Giordano, Presidente
Stefano Celeste Cozzi, Referendario
Raffaello Gisondi, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 01/03/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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