AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
T.A.R. PIEMONTE, Sez. I - 26 febbraio 2011, n. 219
DIRITTO DELL’ENERGIA - INQUINAMENTO ATMOSFERICO - Impianto di produzione
di energia elettrica da FER - Conferenza di servizi - Esigenze di tutela della
qualità dell’aria - Area caratterizzata da valori al limite rispetto agli
obiettivi di qualità. La valutazione del progetto di un impianto di
produzione di energia elettrica da FER, in sede di conferenza di servizi,
correttamente non tiene in unica ed unilaterale considerazione la promozione
dello sfruttamento delle fonti di energia rinnovabile avulsa da ogni altro
aspetto, dovendosi necessariamente far carico, in un’ottica di bilancio
ambientale positivo della complessiva compatibilità dell’opera con plurime
esigenze quali ad esempio quelle di tutela della qualità dell’aria. Ciò tanto
più là dove l’area liberamente prescelta dall’interessato ricade in zona
caratterizzata da valori al limite rispetto agli obiettivi di qualità dell’aria
fissati proprio dall’Unione Europea (direttive 96/62/CE, 1999/30/CE, 2000/69 CE,
2002/3/CE e, da ultimo, 2008/50/CE). Pres. Bianchi, Est. Malanetto - S. s.r.l.
(avv.ti Munari, Scaparone e Blasi)c. Provincia di Asti (avv. Gallo), Comune di
Castagnole delle Lanze (avv. Venturino), Ministero delle Politiche Agricole e
Forestali e altri (Avv. Stato), M.V. (avv. Rossanigo) -
TAR PIEMONTE, Sez. I - 26 febbraio 2011, n. 219
DIRITTO DELL’ENERGIA - INQUINAMENTO ATMOSFERICO - Impianto di produzione di
energia elettrica - Impatto inquinante - Valutazione - Scelta amministrativa di
privilegiare sistemi di produzione da biomassa di carattere cogenerativo -
Legittimità. Non può ritenersi arbitraria la scelta amministrativa di
privilegiare sistemi di produzione di energia da biomassa di carattere
cogenerativo, soluzione che risponde al criterio generale di incentivare le
strutture più efficienti; ciò non è neppure eccentrico rispetto alla disciplina
comunitaria, poiché tende a privilegiare quegli impianti che garantiscono un
maggior rendimento energetico unitamente ad un minor impatto ambientale (nella
specie, l’impatto inquinante dell’impianto è stato valutato in relazione al
tasso di sfruttamento del combustibile impiegato, poiché un basso sfruttamento
ovviamente comporta che le emissioni, anche se teoricamente più basse di altri
impianti, debbano essere rapportate ad una altrettanto bassa produzione
energetica, con conseguente impatto ambientale complessivo proporzionalmente
sfavorevole) Pres. Bianchi, Est. Malanetto - S. s.r.l. (avv.ti Munari, Scaparone
e Blasi)c. Provincia di Asti (avv. Gallo), Comune di Castagnole delle Lanze
(avv. Venturino), Ministero delle Politiche Agricole e Forestali e altri (Avv.
Stato), M.V. (avv. Rossanigo) -
TAR PIEMONTE, Sez. I - 26 febbraio 2011, n. 219
www.AmbienteDiritto.it
N. 00219/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00184/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 184 del 2010, proposto da:
Silvateam New Tech S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentata e difesa dagli avv.ti Francesco Munari, Paolo Scaparone, Andrea
Blasi, con domicilio eletto presso l’avv.to Paolo Scaparone in Torino, via S.
Francesco D'Assisi, 14;
contro
Provincia di Asti, in persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentata e difesa dall'avv.to Carlo Emanuele Gallo, con domicilio eletto
presso l’avv.to Carlo Emanuele Gallo in Torino, via Pietro Palmieri, 40;
Comune di Castagnole delle Lanze, in persona del Sindaco pro tempore,
rappresentato e difeso dall'avv.to Marco Venturino, con domicilio eletto presso
l’avv.to Pietro Rossanigo in Torino, via Stampatori, 9;
Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, Ministero dello Sviluppo
Economico, Ministero dell'Interno, Agenzia delle dogane, in persona dei
rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi
dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata per legge in Torino, corso Stati Uniti,
45;
Agenzia Regionale Protezione Ambiente (Arpa) - Piemonte, Azienda Sanitaria
Locale di Asti, Corpo Forestale dello Stato - Comando di Asti, Provincia di
Cuneo, Terna s.p.a., Snam Rete Gas Spa, Comando Provinciale Vigili del Fuoco di
Asti, Acquedotto Valtiglione s.p.a, Unione di Comuni – Comunità collinare tra
Langa e Monferrato, Consorzio Irriguo Capitto, Autorità di bacino del fiume Po,
Regione Piemonte, Agenzia Interregionale per il Fiume Po, G.S.E. s.p.a., in
persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, , non costituiti;
Marco Violardo in proprio, rappresentato e difeso dall'avv.to Anna Mattioli, con
domicilio eletto presso l’avv.to Pietro Rossanigo in Torino, via Stampatori, 9;
nei confronti di
Coldiretti – Federazione provinciale di Asti e Legambiente circolo Gaia di Asti,
in persona dei rispettivi legali rappresentanti, non costituiti.
per l'annullamento
della determinazione dirigenziale n. 8248 datata 24.11.2009 della Provincia di
Asti nonché della relativa nota di trasmissione prot. 110586 datata 26.11.2009;
della determinazione n. 8586 del 3.12.2009, nonché della nota di trasmissione
datata 10.12.2009 prot. 114488 con la quale è stata negata l’autorizzazione ex
art. 12 del d.lgs. 387/2003 per la costruzione e l’esercizio dell’impianto di
cui al progetto presentato dalla Silvateam New Tech;
di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente, ivi compresi: le note
con cui la Provincia ha convocato le diverse sedute della Conferenza di servizi;
i verbali della conferenza di servizi nelle sedute del 29.7.2009, 29.9.2009, del
7.10.2009, del 12.10.2009, del 26.10.2009 e i documenti depositati nel corso
della Conferenza di servizi;
la deliberazione del Consiglio Provinciale di Asti 25.9.2007 n. 50;
il Piano Energetico Ambientale Regionale Piemonte (DCR n. 351-3624 del
3.2.2004); gli indirizzi della Giunta Regionale del Piemonte approvati con
deliberazione n. 30-12221 del 28.9.2009;
il vigente piano regolatore e norme tecniche di attuazione del Comune di
Castagnole delle Lanze, nonché il regolamento per l'assegnazione, la cessione e
l'edificazione di aree destinate a insediamenti di attività produttive;
nonché per il risarcimento del danno.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Asti, del Comune
di Castagnole delle Lanze e dei Ministeri delle Politiche Agricole Alimentari e
Forestali, dello sviluppo economico, dell’interno e dell’agenzia delle dogane
nonchè di Marco Violardo in proprio;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 gennaio 2011 la dott.ssa Paola
Malanetto e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Parte ricorrente ha adito l’intestato Tar impugnando gli atti in epigrafe
deducendo i seguenti motivi di ricorso:
1)Violazione e/o falsa applicazione della direttiva n. 2001/77/CE e del d.lgs.
n. 387/2003 nonché delle finalità e degli obiettivi il cui raggiungimento è
imposto dalle medesime. Violazione del principio dell’effetto utile del diritto
dell’Unione europea e del principio di interpretazione conforme. Violazione e/o
falsa applicazione dell’art. 6 della Direttiva 77/2001/CE nonchè dell’art. 12
del d.lgs. 387/2003. L’autorizzazione dell’impianto sarebbe stata subordinata a
condizioni e vincoli non previsti da alcuna norma nazionale o comunitaria, in
contrasto con l’indicazione di incentivo e agevolazione della tecnologia in
questione.
2) Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1, 2, 3, 14 e ss. della l. n.
241/90. Violazione della Direttiva n. 77/2001/CE. Incompetenza. Difetto di
istruttoria e di motivazione. Errore sui presupposti e conseguente travisamento.
Irragionevolezza. Illogicità e ingiustizia manifesta. Taluni pareri sarebbero
stati arbitrariamente interpretati quali motivato dissenso e comunque non
sarebbe stato correttamente valutato e motivato il prevalente dissenso.
3) Violazione e/o falsa applicazione sotto altri profili della direttiva
2001/77/CE e del d.lgs. 387/2003 nonché delle finalità e degli obiettivi il cui
raggiungimento è imposto dalle medesime. Violazione sotto altri profili del
principio dell’effetto utile del diritto dell’Unione europea e del principio di
interpretazione conforme. Violazione e/o falsa applicazione sotto altri profili
dell’art. 6 della Direttiva 77/2001/CE nonché dell’art. 12 del d.lgs. n.
387/2003. Violazione e falsa applicazione degli artt. 14 ter e 14 quater della
l. n. 241/90. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e motivazione.
Eccesso di potere per illogicità e ingiustizia grave e manifesta, travisamento
dei fatti e sviamento. Violazione e/o falsa applicazione degli art. 1,2,3,14 e
ss. della l. n. 241/90 e dei principi di economicità, efficacia, imparzialità e
trasparenza dell’attività amministrativa. Violazione e/o falsa applicazione del
d.lgs. 351/99 e della l. r. Piemonte n. 43/00. L’impianto per cui è stata
chiesta l’autorizzazione non è suscettibile di rilasciare emissioni in atmosfera
mentre gli indirizzi regionali in materia di biomasse non sono legittimati a
porre requisiti per l’autorizzazione più stringenti di quelli legali.
4) Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 12 del d.lgs. 387/2003. Eccesso
di potere per illogicità grave e manifesta. Violazione dell’art. 14 ter e 14
quater della l. n. 241/1990. Violazione e/o falsa applicazione del piano
regolatore e delle norme tecniche di attuazione del Comune di Castagnole delle
Lanze. Censura la ricorrente le contestazioni di carattere urbanistico/edilizio
mosse al progetto.
5) Violazione e o falsa applicazione della Direttiva n. 77/2001/CE del d.lgs. n.
387/2003 e degli obiettivi che dette norme impongono sulla PA. Violazione del
principio dell’effetto utile del diritto dell’Unione europea. Eccesso di potere
per illogicità grave e manifesta nonché per difetto di istruttoria e
motivazione. Violazione dell’art. 14 ter e 14 quater della l. n. 241/1990.
L’impugnata deliberazione non risulta congruamente motivata e non reca
indicazione delle modifiche progettuali necessarie per ottenere l’assenso.
6) Violazione degli artt. 1,2,3, 14 ss. l. n. 241/1990. Violazione dell’art. 12
del d.lgs. 387/2003. Sviamento di potere. Difetto di motivazione. Errore sui
presupposti e conseguente travisamento. Irragionevolezza. Illogicità ed
ingiustizia manifesta.
Deduce parte ricorrente in via derivata l’invalidità della determinazione
dirigenziale n. 8586 del 3.12.2009 per le stesse ragioni già esposte.
Si sono costituite le amministrazioni intimate chiedendo la reiezione del
ricorso.
DIRITTO
La vertenza ha ad oggetto il diniego di autorizzazione unica alla costruzione di
una centrale a biomasse (cippato di legno detannizzato) nel Comune di Castagnole
delle Lanze, espressa in esito a Conferenza di servizi, come prescritto
dall’art. 12 del d.lgs. 387/2003.
Il provvedimento impugnato è articolato e ampiamente motivato (cfr. doc. 1 parte
ricorrente); nel testo, dopo aver riassunto l’intero iter procedurale, si
precisa quali sono state ritenute le “principali criticità riscontrate in sede
di Conferenza che hanno indotto le amministrazioni ad assumere una posizione
sostanzialmente negativa”.
Esse vengono così elencate: “l’assenza di tutta la documentazione richiesta per
il rilascio, secondo le norme statali e regionali vigenti, dell’autorizzazione
alle emissioni in atmosfera di alcuni impianti a servizio della centrale, quali
ad esempio: il silo di stoccaggio di legno e calce, il reattore alimentato a
carbonato di calcio, i sistemi di raffreddamento compressori, i motori, i
trasformatori o gli effluenti provenienti da scambiatori di calce (lato aria),
la gestione delle emissioni diffuse di polveri; l’incompatibilità del progetto
con gli indirizzi regionali in materia di produzione di energia da biomasse,
così come esplicitati nel Piano Energetico Ambientale della Regione Piemonte e
recentemente ribaditi con deliberazione n. 30-12221 del 28.9.2009; la totale
assenza di indicazioni progettuali e garanzie circa l’utilizzo effettivo del
calore residuo (es. tramite rete di teleriscaldamento) e quindi l’assenza di
studi atti a dimostrare la compatibilità dell’impianto, sotto il profilo delle
emissioni in atmosfera, con le caratteristiche locali di qualità dell’aria e le
indicazioni di cui alla L.R. 43/00; l’assenza di una fonte certa di
approvvigionamento idrico, senza la quale l’impianto non può funzionare.”
Inoltre si puntualizza nell’atto che: “relativamente alla documentazione
progettuale sono state evidenziate carenze e criticità tali (in particolare per
quanto riguarda le prestazioni energetiche ed emissive dell’impianto e la totale
assenza di indicazioni progettuali e garanzie circa l’utilizzo effettivo del
calore residuo) da poter essere eventualmente sanate solo attraverso un nuovo
progetto che preveda rilevanti componenti sostanzialmente diverse rispetto a
quello proposto.”
Con il primo motivo di ricorso si censurano gli atti impugnati addebitando
sostanzialmente alle amministrazioni partecipanti di avere individuato vincoli o
imposto oneri esprimendo opposizione preconcetta alla realizzazione
dell’impianto, in assenza prescrizioni normative in tal senso.
La censura è generica ancor prima che infondata; come evincibile dal testo della
motivazione sovra riportato la deliberazione ha individuato specifiche
criticità; essa inoltre ha “riassunto” l’articolato dibattito che ha
caratterizzato la conferenza di servizi e che risulta ampiamente dai verbali
delle sedute prodotti in giudizio. A fronte di suddetta elencazione delle
criticità, è generica una censura che si limita apoditticamente ad affermare che
sarebbero state formulate contestazioni ed imposte prescrizioni non conformi a
legge, senza chiarire quali siano le prescrizioni poste in discussione e senza
partitamente confutarle.
La censura è quindi inammissibile.
Per altro, in termini generali ed anche in relazione ai successivi motivi di
ricorso, la valutazione del progetto in sede di conferenza di servizi
correttamente non ha tenuto in unica ed unilaterale considerazione la promozione
dello sfruttamento delle fonti di energia rinnovabile avulsa da ogni altro
aspetto, dovendosi necessariamente far carico, in un’ottica di bilancio
ambientale positivo, che figura prioritariamente tra gli obiettivi della stessa
normativa comunitaria invocata in ricorso, della complessiva compatibilità
dell’opera con plurime esigenze quali ad esempio quelle di tutela della qualità
dell’aria. Ciò tanto più là dove l’area liberamente prescelta dall’interessato
ricade in zona caratterizzata da valori al limite rispetto agli obiettivi di
qualità dell’aria fissati proprio dall’Unione Europea (di qualità dell’aria si
occupano le direttive 96/62/CE, 1999/30/CE, 2000/69 CE, 2002/3/CE e, da ultimo,
2008/50/CE). Non è quindi corretto ridurre la contestazioni mosse dalle
competenti amministrazioni in relazione al mancato rispetto della legge Regione
Piemonte 43/2000, concernente appunto la salvaguardia della qualità dell’aria,
ad una sorta di “improprio” ostacolo normativo all’implementazione delle fonti
di energia rinnovabile; si legge infatti nella stessa direttiva 77/2001
all’ottavo considerando che “il sostegno dato alle fonti energetiche rinnovabili
dovrebbe essere compatibile con gli altri obiettivi comunitari…” tra i quali,
come detto, figura la qualità dell’aria. Né ovviamente è corretto paragonare,
come fatto dalla ricorrente con la memoria di replica, le sole emissioni proprie
della centrale in progetto con i valori di emissione prescritti per singolo
impianto, là dove la contestazione attiene anche all’equilibrio generale di una
determinata zona in relazione ai complessivi parametri di garanzia della qualità
dell’aria. Il raffronto in tal senso risulta logicamente scorretto poiché tali
ultimi parametri hanno ad oggetto la qualità globale dell’aria di una certa area
sulla quale le emissioni del singolo impianto (ancorchè legittime ove
singolarmente considerate in relazione all’impianto) possono incidere
negativamente; evidentemente questi ulteriori vincoli creano una maggiore
rigidità tuttavia fisiologica là dove la libera scelta imprenditoriale della
ricorrente cada su un’area (come il bacino padano) che, nel complesso, presenta
particolari caratteristiche e su una specifica zona che, allo stato, non
consente l’uso cogenerativo, il quale a sua volta più facilmente garantirebbe un
riequilibrio ecologico finale effettivamente positivo.
Analogamente è a dirsi per la scelta amministrativa di privilegiare sistemi di
produzione di energia da biomassa di carattere cogenerativo, soluzione che
risponde al criterio generale di incentivare le strutture più efficienti: ciò
non è arbitrario e neppure eccentrico rispetto alla disciplina comunitaria,
poiché tende a privilegiare quegli impianti che garantiscono un maggior
rendimento energetico unitamente ad un minor impatto ambientale. Come
evidenziato dal Comune resistente, infatti, ad esempio l’art. 13 co. 6 della
direttiva 2009/28/CE sulla “promozione dell’uso dell’energia da fonti
rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive
2001/77/CE e 2003/30/CE” recita: “nel caso di biomassa gli Stati membri
promuovono le tecnologie di conversione che presentano un’efficienza di
conversione almeno…del 70% per le applicazioni industriali.” Benchè la citata
direttiva sia scaduta solo il 5.12.2010, una linea guida anche precedentemente
seguita dalle competenti amministrazioni in senso identico non può certo essere
ritenuta in contrasto con l’assetto normativo comunitario relativo alla
promozione dello sfruttamento delle fonti di energia rinnovabili ed attiene ad
un corretto esercizio della discrezionalità amministrativa, di cui i soggetti
competenti non sono espropriati per il solo fatto che la materia benefici anche
di norme comunitarie di favore.
Con il secondo motivo di ricorso si addebita all’amministrazione procedente di
non avere correttamente valutato le posizioni prevalenti delle amministrazioni
partecipanti e di avere deliberatamente “mutato”in dissensi quelli che in realtà
erano assensi. Nuovamente la censura è avulsa dalla documentazione in atti, non
affronta specifici passaggi della deliberazione, né tanto meno indica quale
sarebbe l’assenso “mutato” in dissenso in sede di determinazione conclusiva,
fermo il principio per cui un assenso subordinato di una innumerevole e
dirimente serie di condizioni e puntualizzazioni progettuali non presentate
resta allo stato del progetto un dissenso.
Poiché le “evidenziate” criticità elencate nella deliberazione trovano supporto
nei verbali delle sedute della conferenza di servizi la censura non può trovare
accoglimento.
Con il terzo motivo di ricorso si contesta più articolatamente la fondatezza
delle motivazioni poste a supporto della deliberazione negativa.
Le motivazioni addotte per il diniego sono state plurime e quindi, ai fini
dell’accoglimento della censura, occorrerebbe che tutte venissero confutate. E’
per contro sufficiente che anche solo una argomentazione trovi supporto in atti
per privare la censura di fondatezza.
Più di uno degli argomenti negativi addotti è suffragato dalla documentazione
prodotta in giudizio. Nella memoria di replica la ricorrente correttamente
chiede che si circoscrivano le contestazioni rilevanti a quelle oggetto di
specifica individuazione nel provvedimento impugnato. Si procede pertanto alla
valutazione di quelle che emergono in particolare dalla motivazione sovra
riportata.
E’ documentata in atti la problematica concernente la fonte di
approvvigionamento idrico. Al momento di presentazione dell’istanza la
ricorrente ha reso dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà attestando
che tutta la documentazione già prodotta a corredo di una prima istanza
presentata nel 2007 manteneva validità ed efficacia; tra questa documentazione
figurava un accordo con il Consorzio Capitto per l’approvvigionamento idrico.
Nella seduta del 29.9.2009 si è preso atto che il Consorzio aveva dichiarato di
non aver sottoscritto alcun accordo e di non essere in grado di garantire
l’approvvigionamento idrico (cfr. verbale seduta conferenza di servizi 29.9.2009
p. 7 sub. doc. 8 Provincia di Asti; inoltre anche allegato 8 al doc. 7 del
Comune di Castagnole delle Lanze, ossia la risposta negativa del Consorzio
Capitto). La ricorrente ha quindi prospettato ulteriore accordo con la società
Spessa. Come ampiamente motivato nella deliberazione finale (e come
puntualizzato sin dal verbale della conferenza di servizi 7.10.2009 p. 11 in
atti sub. doc. 9 Provincia di Asti) l’utilizzo di tale presa d’acqua avrebbe
dovuto comportare l’attivazione di un procedimento concessorio; è quindi
quantomeno un dato di fatto non confutato dalla ricorrente la mancanza di una
chiara fonte di approvvigionamento idrico dell’impianto. Né il ritardo è
imputabile alle amministrazioni là dove la ricorrente stessa ha presentato
l’istanza dando impulso al procedimento autorizzatorio sin dall’origine
allegando la sussistenza di un accordo in quel momento inesistente.
Sono poi state mosse alla ricorrente contestazioni per ciò che riguarda la
mancanza, nella documentazione progettuale, di una catalogazione dei vari punti
di emissione della centrale. La ricorrente assume genericamente che “gli
impianti non sono suscettibili di produrre emissioni soggette ad
autorizzazione”; neppure in giudizio tuttavia si replica alla specifica
contestazione di “mancanza progettuale” di una rappresentazione e catalogazione
dei punti di emissione (catalogazione la cui richiesta figura sin dall’allegato
24 al verbale della conferenza di servizi del 29.9.2009, cfr. allegato 24 al
doc. 7 di parte resistente Comune di Castagnole delle Lanze). La stessa
ricorrente, nell’atto introduttivo (cfr. p. 47 del ricorso), ammette che non è
ex se immaginabile che un impianto non produca alcun tipo di emissione in
termini assoluti, dovendosi piuttosto valutare se quelle eventualmente prodotte
siano più o meno nocive rispetto ad altro comparabile impianto. L’osservazione
di fatto collima con le osservazioni svolte dall’ARPA nel citato allegato 24 là
dove si specifica: “dovrà essere prodotto un prospetto di tutti i punti di
emissione in atmosfera, comprendente anche le emissioni poco significative non
soggette ad autorizzazione o autorizzabili in via generale unitamente ad una
planimetria recante l’ubicazione”; la tesi è ribadita nella relazione
istruttoria di cui all’allegato 25 del medesimo verbale di conferenza di
servizi. E’ evidente allora come la richiesta di una “catalogazione progettuale”
dei punti di emissione (cosa diversa dalla successiva ed ulteriore valutazione
della loro nocività/autorizzabilità ecc.) mantiene rilievo, contribuisce alla
contestata inidoneità della documentazione progettuale presentata e in tal senso
è stata anche ribadita nelle motivazioni dell’atto finale; tale contestazione
risulta espressamente formulata sin dai più volte citati allegati al verbale
della seduta del 29.9.2009, ove si poneva una richiesta specificatamente
determinata che non è stata né assolta né confutata dalla ricorrente. Sul punto
resta anche smentito l’assunto che non siano mai state fornite alla ricorrente
chiare indicazioni delle specifiche progettuali richieste.
Ancora carenze progettuali sono state riscontrate in relazione all’utilizzo
effettivo del calore residuo e all’impatto sugli indici di qualità dell’aria
dettati dalla l.r. 43/00. Sulla rilevanza di questi ultimi già si è detto in
premessa. Quanto all’efficienza energetica del progetto è pacifico che l’uso
cogenerativo (a prescindere dalla puntuali osservazioni tecniche mosse nella
memoria del Comune resistente) resta per la centrale sottoposta al vaglio della
conferenza di servizi, anche secondo la difesa di parte ricorrente, una mera
possibilità in un contesto in cui mancano allo stato gli utenti e le strutture
per tale uso. A fronte di ciò l’ARPA ha valutato il progetto complessivamente
non competitivo rispetto alle migliori tecnologie possibili evidenziando che la
resa energetica proposta (complessivamente al di sotto del 30%) appare non
soddisfacente; come già evidenziato la scelta collima con le indicazioni
provenienti dal legislatore comunitario (cfr. il già citato parere ARPA in
allegato 24). L’impatto inquinante dell’impianto, infatti, non può che essere
valutato, come evidenziato anche nella memoria della Provincia, in relazione al
tasso di sfruttamento del combustibile impiegato, poiché un basso sfruttamento
ovviamente comporta che le emissioni, anche se teoricamente più basse di altri
impianti, debbano essere rapportate ad una altrettanto bassa produzione
energetica, con conseguente impatto ambientale complessivo proporzionalmente
sfavorevole.
L’amministrazione non ha fatto quindi altro che stigmatizzare, nell’ambito delle
sue competenze e nel bilanciamento di plurimi e contrapposti interessi al cui
contemperamento è proprio deputata la conferenza di servizi, la non elevata
efficienza energetica dell’impianto come progettato, con una opzione che rientra
nell’ambito della sua legittima discrezionalità.
Il terzo motivo di ricorso non può pertanto trovare accoglimento stante la
complessiva documentata fondatezza delle argomentazioni negative emerse in sede
di conferenza di servizi e richiamate nell’atto impugnato.
Possono restare conseguentemente assorbite le doglianze concernenti ulteriori
profili di compatibilità urbanistica ed edilizia dell’opera censurate con il
quarto motivo di ricorso, là dove già appaiono fondate, e ragionevolmente
prevalenti per gli interessi che tutelano e per la sostanziale unanimità con cui
sono state espresse dalle amministrazioni competenti, le plurime argomentazioni
analizzate in relazione al terzo motivo di ricorso.
Ancora ne deriva l’infondatezza del quinto motivo di ricorso; la determinazione
negativa non è derivata dal mero assunto dell’esiguità del termine
procedimentale residuo per una eventuale integrazione documentale bensì, come si
ritiene di aver argomentato, in relazione a rilevanti caratteristiche del
progetto che hanno portato ad una negativa ed argomentata valutazione del
medesimo oltre a carenze documentali specificatamente e tempestivamente
segnalate, alle quali la ricorrente non ha ovviato in corso di procedimento, né
offre di ovviare neppure in giudizio.
L’atto impugnato appare quindi idoneamente motivato.
Stante l’infondatezza dei motivi di ricorso non sussistono i presupposti per il
vaglio della domanda risarcitoria.
Deve essere valutata a parte la domanda proposta personalmente nei confronti del
sig. Marco Violardo, sindaco del Comune di Castagnole delle Lanze.
L’infondatezza del ricorso non potrebbe che travolgere anche nel merito la
domanda formulata, sugli stessi presupposti, nei confronti del sindaco
personalmente. Sul punto sussiste per di più inammissibilità per difetto di
giurisdizione in quanto questo Tribunale si conforma alla giurisprudenza del
giudice del riparto secondo cui: “l'art. 103 Cost. non consente di ritenere che
il giudice amministrativo possa conoscere di controversie di cui non sia parte
una P.A., o soggetti ad essa equiparati, sicché la pretesa risarcitoria avanzata
nei confronti del Presidente di una Provincia in proprio, va proposta dinanzi al
giudice ordinario, non ostando a ciò la chiamata in causa a fini di manleva
dell'ente pubblico, stante l'inderogabilità per ragioni di connessione della
giurisdizione” (C. SU 5.3.2008 n. 5914; idem 17.5.2010 n.11932); “ai sensi
dell'art. 103 Cost., rispetto ad un'azione di risarcimento danni nei confronti
di un funzionario pubblico, sussiste la giurisdizione del g.o.. A tal fine, è
irrilevante stabilire se il funzionario stesso abbia agito quale organo
dell'ente pubblico, ovvero, se, a causa del perseguimento di finalità private,
si sia verificata una «rottura» del rapporto organico. Nell'uno, come nell'altro
caso, infatti, l'azione risarcitoria è proposta nei confronti del funzionario in
proprio, e, quindi, nei confronti di un soggetto privato, distinto
dall'amministrazione, la quale, al più, può risultare solidamente obbligata con
quest'ultimo” (C. SU 13.6.2006 n. 13659).
Il ricorso deve quindi essere complessivamente respinto nei sensi e nei limiti
di cui in motivazione.
Stante la complessità delle questioni le spese di lite sono compensate, con
l’eccezione di Marco Violardo. La ingiustificata personalizzazione della lite
nei suoi confronti impone l’applicazione del principio di soccombenza, con
condanna di parte ricorrente a rifondergli le spese di lite nell’importo
liquidato in dispositivo.
Non si rinvengono i presupposti di mala fede o colpa grave di cui all’art. 96
c.p.c.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,
respinge il ricorso nei sensi e nei limiti di cui in motivazione,
condanna parte ricorrente a rifondere a Marco Violardo le spese di lite
liquidate in € 3000,00 oltre IVA e CPA.
Compensa le spese tra le restanti parti del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 27 gennaio 2011 con
l'intervento dei magistrati:
Franco Bianchi, Presidente
Richard Goso, Primo Referendario
Paola Malanetto, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 26/02/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
AmbienteDiritto.it
- Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati -
Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
Vedi
altre:
SENTENZE PER ESTESO
Ritorna alle
MASSIME della sentenza - Approfondisci
con altre massime:
GIURISPRUDENZA -
Ricerca in:
LEGISLAZIONE
- Ricerca
in:
DOTTRINA
www.AmbienteDiritto.it