AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
T.A.R. PIEMONTE, Sez. I - 14 luglio 2011, n. 781
VIA - Regione Piemonte - Varianti parziali ex art. 17, c. 7 l.r. n. 56/1977 -
Verifica di assoggettabilità a VIA - Deroghe - Fattispecie. Le varianti
parziali ex art. 17, comma 7, l.r. Piemonte n. 56/1977, richiedono, di norma, la
verifica preventiva di assoggettabilità a valutazione ambientale; in deroga a
tale principio, si prescinde dalla verifica nel caso di varianti (che non
riguardano interventi soggetti a procedure di VIA e) che non prevedono la
realizzazione di nuovi volumi; si prescinde dalla verifica anche nel caso in cui
la variante preveda la realizzazione di nuovi volumi, ma questi ricadano
interamente in contesti già edificati. Non sussistono le ipotesi derogatorie
richiamate nell’ipotesi in cui la variante parziale destina al residenziale aree
già a classificate come agricole, comportando l’inequivoca realizzazione di
nuovi volumi in zone non ancora edificate. L’omissione della verifica di
assoggettabilità a VIA, di cui agli artt. 11 e ss. d.lgs. n. 152/2006, vizia
pertanto l’intero procedimento di approvazione della variante. Pres. Bianchi,
Est. Goso - F.B. e altri (avv.ti Faggiano e Sapone) c. Comune di Villata (avv.
Monti) -
TAR PIEMONTE, Sez. I - 14 luglio 2011, n. 781
www.AmbienteDiritto.it
N. 00781/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00074/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 74 del 2011, proposto da:
Franco Bottino, Silvano Bottino, Giovanna Bellotti e Antonio Bellardone,
rappresentati e difesi dagli avv. Marco Faggiano e Mariacristina Sapone, con
domicilio eletto presso il loro studio in Torino, via Drovetti, 37;
contro
Comune di Villata, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso
dall’avv. Paolo Monti, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Antonio
Fiore in Torino, corso De Gasperi, 21;
nei confronti di
Antonietta Allorio, rappresentata e difesa dagli avv. Paolo Scaparone e Jacopo
Gendre, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Torino, via San
Francesco d'Assisi, 14;
per l'annullamento
della deliberazione del Consiglio Comunale n. 32 del 28.10.2010, di approvazione
della sesta variante parziale al piano regolatore e dei relativi allegati;
della deliberazione del Consiglio Comunale n. 27 del 12.8.2010, di approvazione
delle controdeduzioni alle osservazioni della Provincia di Vercelli;
della deliberazione del Consiglio Comunale n. 12 del 15.3.2010, di adozione
della sesta variante parziale al piano regolatore e dei relativi allegati;
nonché di ogni altro atto precedente, conseguente, presupposto, confermativo,
comunque connesso.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Villata e di Antonietta
Allorio;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 giugno 2011 il dott. Richard Goso e
uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1) I signori Franco Bottino e Silvano Bottino sono proprietari di due aziende
agricole site nel territorio del Comune di Villata (su terreni distinti al
Foglio 6, rispettivamente ai mappali 151 e 161), nelle quali vengono praticate
la coltivazione e l’essiccazione di cereali, attività quest’ultima che comporta
l’emissione di forte rumore e di grandi quantità di polvere.
I coniugi Antonio Bellardone e Giovanna Bellotti sono proprietari di terreni nel
medesimo Comune (distinti al Foglio 5, mappali 434, 435, 436, 437, 438, 439 e
440) e della casa di abitazione che vi sorge, realizzata utilizzando solo una
parte della volumetria a disposizione.
2) I suindicati ricorrenti si oppongono alla sesta variante parziale al piano
regolatore di Villata, approvata con deliberazione consiliare n. 32 del 28
ottobre 2010, che, tra l’altro, ha comportato:
- il mutamento della destinazione urbanistica di un’area posta nelle immediate
vicinanze delle proprietà dei signori Bottino da agricola a residenziale di
completamento;
- il mutamento della destinazione della proprietà dei coniugi Bellardone da
residenziale di completamento ad area edificata.
3) Il Comune di Villata ha ritenuto che sussistessero nella fattispecie i
presupposti configurati dall’art. 17, comma 7, della legge urbanistica regionale
(l.r. Piemonte 5 dicembre 1977, n. 56) per l’approvazione di una variante
parziale: “Sono varianti parziali al Piano Regolatore Generale, la cui adozione
spetta al Consiglio comunale (…) quelle che consentono ai Comuni con popolazione
inferiore a diecimila abitanti che hanno Piani Regolatori Generali vigenti con
capacità insediativa residenziale esaurita, di incrementare la capacità
insediativa residenziale stessa non oltre il 4 per cento. Tali incrementi devono
essere realizzati su aree contigue a quelle residenziali già esistenti o a
quelle residenziali di nuovo impianto previste dal Piano Regolatore Generale
vigente, comunque dotate di opere di urbanizzazione primaria collegate
funzionalmente con quelle comunali”.
4) Gli esponenti deducono motivi di ricorso riferiti sia alla pretesa carenza
dei presupposti per l’adozione della variante parziale sia all’illegittimità
delle specifiche previsioni che interessano, direttamente o indirettamente, i
loro terreni.
I motivi del primo gruppo sono così rubricati:
I) (sul presunto esaurimento della capacità insediativa residenziale:)
travisamento dei fatti, illogicità di motivazione e violazione di legge.
II) (sulla natura strutturale della variante:) violazione di legge.
III) (sull’omissione del procedimento di valutazione ambientale strategica:)
violazione di legge, violazione di circolare.
Con il secondo gruppo di motivi, vengono dedotti i seguenti vizi di legittimità:
IV) (sulla variazione di destinazione urbanistica della ‘zona 3’:) travisamento
dei fatti, sviamento, illogicità, disparità di trattamento.
V) (sulla variazione di destinazione urbanistica della ‘zona 9’:) illogicità,
contraddittorietà e disparità di trattamento.
5) Si sono costituiti in giudizio il Comune di Villata e la signora Antonietta
Allorio, proprietaria del fondo distinto al Foglio 6, mappale 163, limitrofo
alle proprietà dei signori Bottino.
Entrambe le parti resistenti eccepiscono l’inammissibilità del ricorso e la sua
infondatezza nel merito.
6) In prossimità della pubblica udienza, le parti hanno depositato memorie
difensive.
Il ricorso è stato chiamato all’udienza del 16 giugno 2011 e, previa trattazione
orale, è stato ritenuto in decisione.
DIRITTO
7) Con una prima eccezione preliminare, la difesa della controinteressata deduce
l’inammissibilità del ricorso collettivo, stante l’asserita diversità delle
situazioni sostanziali fatte valere in giudizio e dei motivi di ricorso.
L’eccezione non ha pregio.
Per costante giurisprudenza, infatti, la proposizione contestuale di una
pluralità di azioni da parte di più soggetti, contro uno stesso atto o più atti
collegati, è soggetta a presupposti di segno sia negativo sia positivo: i primi
sono rappresentati dall’assenza di una situazione di conflittualità di
interessi, anche solo potenziale, per effetto della quale l’accoglimento della
domanda di una parte dei ricorrenti sarebbe logicamente incompatibile con quella
degli altri (Cons. Stato, sez. IV, 11 febbraio 1999, n. 146); i presupposti di
segno positivo consistono, invece, nell'identità delle posizioni sostanziali e
processuali dei ricorrenti, essendo necessario che le domande giurisdizionali
siano identiche nell'oggetto, che gli atti impugnati abbiano lo stesso contenuto
e che vengano censurati per i medesimi motivi (Cons. Stato, sez. IV, 23
settembre 2004, n. 6222).
Nel caso in esame, sussistono entrambe le categorie di presupposti, non
ravvisandosi l’esistenza di interessi in conflitto o divergenti fra loro, poiché
i ricorrenti perseguono l’interesse comune di conseguire l’annullamento
integrale della variante urbanistica, e considerando che tre motivi di ricorso
su cinque (tutti quelli idonei a determinare la caducazione della variante nella
sua interezza) sono comuni a tutti i ricorrenti.
Le posizioni dei singoli ricorrenti, in sostanza, sono omogenee fra loro, per
quanto concerne l’interesse perseguito e le doglianze formulate, e tale
condizione di uniformità consente di configurare i ricorrenti medesimi come
un’unica parte processuale, seppure soggettivamente complessa.
8) Una seconda eccezione preliminare viene concordemente proposta dalla difesa
del Comune e dalla controinteressata, con riferimento alla posizione dei signori
Bottino i quali sarebbero privi di interesse ad agire, poiché la variante non
incide sulle loro proprietà e i ricorrenti non avrebbero dimostrato che il
mutamento di destinazione dell’area limitrofa sia idoneo a ledere l’attività
agricola da essi svolta.
Premesso che l’eccezione non è astrattamente idonea a far venire integralmente
meno le condizioni dell’azione, siccome riferita solo alla posizione di alcuni
ricorrenti, essa deve essere comunque disattesa, poiché l’incontestata vicinitas
tra i fondi di proprietà dei signori Bottino e quello direttamente interessato
dalla variante integra una posizione azionabile di interesse legittimo in capo
ai primi, fondata sull’interesse a che non sia modificata la destinazione
agricola del fondo limitrofo.
La destinazione di quest’ultimo fondo al residenziale comporterebbe, infatti,
sicuri effetti pregiudizievoli per i ricorrenti quanto alla possibilità di
proseguire le proprie attività di trattamento di prodotti agricoli, senza
necessità di adottare specifici accorgimenti per la riduzione delle emissioni a
livelli compatibili con il realizzando insediamento abitativo.
9) Nel merito, le censure dedotte con il primo motivo di ricorso riguardano
l’insussistenza dei presupposti per l’approvazione della variante parziale
configurati dal citato art. 17, comma 7, della legge urbanistica regionale.
Tale disposizione consente ai comuni con popolazione inferiore a 10.000 abitanti
di approvare una variante parziale con semplice deliberazione dell’organo
consiliare (quindi secondo una procedura semplificata che non comporta la
necessità di approvazione regionale) qualora la capacità insediativa
residenziale del vigente piano regolatore generale sia esaurita ed a condizione
che l’incremento della capacità insediativa residenziale medesima sia contenuta
entro il limite del 4%.
Secondo la ricorrente, l’Amministrazione intimata avrebbe impropriamente
esercitato il potere in questione in quanto le numerose aree di completamento
ancora libere, vale a dire non edificate né interessate da richieste di rilascio
di titoli edificatori, non consentivano di considerare esaurita la capacità
insediativa residenziale espressa dallo strumento urbanistico generale.
Tale circostanza trova conferma negli atti del procedimento, in particolare
nella ‘relazione tecnico-descrittiva di accompagnamento al progetto di variante’
ove (pag. 3) si afferma che “il potere edificatorio e di sviluppo del piano in
essere è da considerarsi pressoché esaurito” e che “per le poche aree non
rappresentate già in cartografia come sature è possibile affermare che sono già
state o sono in corso oggetto di studio per edificazioni da considerarsi ormai
prossime da assoggettare a rilascio di atti autorizzativi di edificazione”.
La stessa Amministrazione ammette, perciò, che il presupposto configurato dalla
legislazione regionale non si era ancora perfezionato nella fattispecie, poiché
la capacità residenziale espressa dal piano non si è ancora esaurita (ma sarebbe
‘pressoché’ esaurita, senza che venga specificato in quale misura); il Comune di
Villata, d’altronde, non dimostra concretamente che siano in corso iniziative
atte a determinate la sicura saturazione delle aree di completamento né che sia
necessario prevedere un’ulteriore espansione residenziale, ma si limita a fare
riferimento a non meglio definiti studi per edificazioni.
Le controparti contestano la nozione di ‘capacità insediativa residenziale’
fatta propria dalla ricorrente, affermando che essa prescinderebbe dalla
concreta realizzazione della volumetria edificabile in base alle previsioni di
piano ed esprimerebbe, invece, una mera potenzialità ricettiva di abitanti sul
territorio del Comune, da ritenersi esaurita non quando tutte le aree
edificabili siano state effettivamente edificate, ma quando l’Ente non ha la
possibilità di individuare altre aree edificabili oltre a quelle già esistenti,
poiché la capacità insediativa residenziale teorica stimata nel piano regolatore
è già stata integralmente distribuita nel territorio comunale.
Tale argomentazione non è persuasiva in quanto la nozione di ‘capacità
insediativa residenziale’ non può che riferirsi logicamente al dimensionamento
delle aree edificabili secondo le previsioni di piano e, in conseguenza, deve
ritenersi esaurita quando per esse sia stata raggiunta la volumetria massima
ammissibile ovvero siano stati rilasciati i relativi titoli abilitativi
edificatori.
Né l’interpretazione proposta dalle parti resistenti può trovare conforto nel
disposto dell’art. 20 della legge urbanistica regionale che definisce la
capacità insediativa residenziale ai fini del dimensionamento dello strumento
urbanistico generale e della determinazione degli standard urbanistici,
prescrivendo che detti standard siano commisurati sia all’edificato sia
all’edificabile, per l’evidente esigenza di garantire i servizi essenziali a
tutti gli abitanti che potranno insediarsi nel territorio comunale nel periodo
di vigenza del piano regolatore, ma nulla precisa in ordine al momento in cui si
deve intendere esaurita la capacità edificatoria.
In conclusione, il motivo di ricorso è meritevole di accoglimento in quanto il
Comune di Villata non ha dimostrato né l’esaurimento della capacità edificatoria
espressa dal piano (presupposto che, invece, risulta contraddetto dall’esistenza
di numerose aree di completamento ancora libere) né la sussistenza di
un’effettiva esigenza di espansione residenziale.
10) Nonostante il carattere assorbente dei rilievi che precedono, ritiene il
Collegio di soffermarsi brevemente, per completezza, anche sugli altri motivi di
ricorso che investono la legittimità della variante nel suo complesso.
Con il secondo motivo di gravame, gli esponenti denunciano la violazione, sotto
un diverso profilo, dell’art. 17, comma 7, della legge urbanistica regionale,
atteso che l’art. 3.2.2 delle norme tecniche di attuazione, nel testo risultante
dalle modifiche introdotte con il provvedimento di approvazione della variante,
ammettendo la possibilità di creare nuove unità immobiliari nei casi di
sdoppiamento dei nuclei familiari, determinerebbe una potenziale variazione in
aumento della capacità insediativa residenziale ben superiore alla soglia
massima consentita del 4%, oltre la quale si configura una variante strutturale.
La nuova disposizione stabilisce che, nelle aree edificate, “è ammessa la
possibilità di creare nuove unità immobiliari annesse alla preesistente o anche
staccate da esse, pur nei limiti degli indici e vincoli di zona, ed è ammessa
esclusivamente in caso di sdoppiamento di nucleo familiare”.
La censura, pertanto, si appalesa infondata, poiché il puntuale riferimento agli
‘indici e vincoli di zona’ garantisce che l’ampliamento delle facoltà
edificatorie dischiuso dalla variante resti contenuto nei limiti dei parametri
volumetrici definiti dal piano per le aree edificate.
11) E’ fondato, invece, il terzo motivo di gravame, con cui gli esponenti
denunciano la violazione delle direttive della Regione Piemonte che impongono la
preliminare verifica di assoggettabilità a valutazione ambientale, di cui agli
artt. 11 ss. del codice dell’ambiente, nel caso di varianti parziali formate e
approvate ai sensi dell’art. 17, comma 7, della legge urbanistica regionale.
I deducenti fanno riferimento, più precisamente, ai contenuti della
deliberazione n. 12-8931 del 9 giugno 2008, con cui la Giunta regionale del
Piemonte, esercitando i poteri previsti dall’art. 3, comma 1, lett. e), della
legge regionale n. 44 del 2000, ha dettato primi indirizzi operativi agli enti
locali per l’applicazione delle procedure in materia di valutazione ambientale
strategica (VAS).
Nelle parti di specifico interesse, l’allegato II di tale deliberazione
stabilisce quanto segue:
- “si deve procedere alla verifica preventiva di assoggettabilità a valutazione
ambientale nel caso di: (…) varianti parziali formate e approvate ai sensi
dell’art. 17, c. 7, della l.r. 56/77 e s.m.i., fermo restando quanto stabilito
al successivo punto”;
- “sono di norma esclusi dal processo di valutazione ambientale: (…) varianti
parziali formate e approvate ai sensi e nei limiti previsti dall’art. 17, c. 7,
della l.r. 56/77 e s.m.i., non riguardanti interventi soggetti a procedure di
VIA, che non prevedano la realizzazione di nuovi volumi, se non ricadenti in
contesti già edificati (…)”.
In sintesi, la disciplina regionale deve essere così ricostruita:
a) le varianti parziali ex art. 17, comma 7, l.r. n. 56/1977, richiedono, di
norma, la verifica preventiva di assoggettabilità a valutazione ambientale;
b) in deroga a tale principio, si prescinde dalla verifica nel caso di varianti
(che non riguardano interventi soggetti a procedure di VIA e) che non prevedono
la realizzazione di nuovi volumi;
c) si prescinde dalla verifica anche nel caso in cui la variante preveda la
realizzazione di nuovi volumi, ma questi ricadano interamente in contesti già
edificati.
Nel caso in esame, non sussistono le ipotesi derogatorie richiamate alle lettere
b) e c), poiché la variante parziale approvata dal Comune di Villata, laddove
destina al residenziale aree già a classificate come agricole ovvero ‘aree
libere interstiziali entro il territorio urbano’, comporta l’inequivoca
realizzazione di nuovi volumi in zone non ancora edificate.
Quanto sopra vale, in particolare, per l’area indicata in variante al n. 3 che,
come sottolineato dalla Provincia di Vercelli con nota del 3 maggio 2010 e
confermato dalla documentazione fotografica versata in atti dai ricorrenti,
risulta “inserita in un contesto completamente agricolo”.
L’omissione della verifica in questione inficia, pertanto, l’intero procedimento
di approvazione della variante.
12) Il ricorso, in conclusione, è fondato e deve essere accolto.
Le spese di lite vano poste a carico dell’Amministrazione soccombente e sono
liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima),
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie
e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.
Condanna il Comune di Villata a rifondere ai ricorrenti le spese del grado di
giudizio che liquida forfetariamente nell’importo complessivo di euro duemila,
oltre IVA, CPA e rimborso del contributo unificato; compensa le spese con la
controinteressata.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 16 giugno 2011 con
l'intervento dei magistrati:
Franco Bianchi, Presidente
Richard Goso, Primo Referendario, Estensore
Paola Malanetto, Referendario
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/07/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
AmbienteDiritto.it
- Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati -
Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
Vedi
altre:
SENTENZE PER ESTESO
Ritorna alle
MASSIME della sentenza - Approfondisci
con altre massime:
GIURISPRUDENZA -
Ricerca in:
LEGISLAZIONE
- Ricerca
in:
DOTTRINA
www.AmbienteDiritto.it