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T.A.R.
PUGLIA, Bari, Sez. III - 9 luglio 2011, n. 1057
DIRITTO URBANISTICO - Condono -
Titolo abilitativo edilizio - Soggetti legittimati al rilascio del titolo -
Differenza - Fattispecie: promissario acquirente o conduttore. Il novero dei
soggetti legittimati al rilascio del titolo in sanatoria è più ampio rispetto a
quanto concerne il rilascio dell’ordinario titolo abilitativo edilizio, per il
quale occorre la titolarità del diritto di proprietà, ovvero di altro diritto
reale o anche obbligatorio a condizione del riconoscimento della disponibilità
giuridica e materiale del bene nonché della relativa potestà edificatoria
(Consiglio di Stato V 28 maggio 2001 n.2881, TAR Emilia Romagna Bologna 21
febbraio 2007 n.53, TAR Lombardia Milano sez II 31 marzo 2010 n.842), non
essendo pacifica la legittimazione del promissario acquirente (anche in ipotesi
di preliminare ad effetti anticipati) non autorizzato dal proprietario
promissario venditore (in senso negativo Consiglio Stato, sez. IV, 18 gennaio
2010, n. 144, Cassazione civile sez III 15 marzo 2007, n.6005, in senso
affermativo T.A.R. Puglia Lecce sez I 29 luglio 2010 n.1834, T.A.R. Campania
Napoli sez IV 12 gennaio 2000, n.45). Il regime, infatti, della concessione
edilizia è del tutto diversificato, quanto a presupposti ed elementi propri, da
quello della sanatoria. Va pertanto affermato che legittimati all’istanza di
condono edilizio ex l.724/94 sono oltre coloro che hanno titolo a richiedere la
concessione edilizia/permesso di costruire, anche il promissario acquirente o il
conduttore (Corte di Appello Firenze sez II 4 maggio 2010 n.594) e più in
generale tutti coloro che vi abbiano interesse, senza il necessario consenso ed
anche, al limite, contro la volontà del proprietario del bene. Pres. Morea, Est.
Amovilli - V.M. e altri (avv. Lomiraglio) c. Comune di Ruvo di Puglia (n.c.) -
TAR PUGLIA, Bari, Sez. III - 9 luglio 2011, n. 1057
DIRITTO URBANISTICO - Condono - Limiti di distanza ex art. 9 d.m. 1444/1968 -
Vincolo di inedificabilità assoluto - Esclusione. I limiti di distanza
prescritta dall’art 9 d.m. 1444/1968, non costituiscono un vincolo di
inedificabilità assoluto ai fini della condonabilità (T.A.R. Lazio Roma sez II
22 dicembre 2004, n.17180) ,fermo comunque restando l’eventuale azione in sede
civile, non avendo il condono edilizio così come la stessa sanatoria impropria
di cui all’art 36 t.u. edilizia alcun effetto sul piano c.d. orizzontale dei
rapporti interprivati (Consiglio di Stato sez IV 16 ottobre 1998, n.1306, T.A.R.
Toscana sez III 11 marzo 2004, n.675, T.A.R. Lazio-Roma sez II 22 dicembre 2004,
n.17180). Pres. Morea, Est. Amovilli - V.M. e altri (avv. Lomiraglio) c. Comune
di Ruvo di Puglia (n.c.) - TAR PUGLIA, Bari, Sez. III - 9 luglio 2011, n.
1057
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N. 01057/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00077/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 77 del 2011, proposto da:
Vincenzo Minafra, Angela Minafra, Donato Minafra, tutti rappresentati e difesi
dall'avv. Daniela Lovicario, con domicilio eletto presso Daniela Lovicario in
Bari, via Tommaso Fiore n. 62;
contro
Comune di Ruvo di Puglia in persona del Sindaco pro tempore;
nei confronti di
Vincenzo Scardigno, rappresentato e difeso dall'avv. Gabriele Bavaro, con
domicilio eletto presso Gabriele Bavaro in Bari, c.so Vitt.Emanuele, 172;
per l'annullamento
- della "concessione edilizia" rectius permesso di costruire in sanatoria prot.
n.22913, prat. n. 198, con la quale è stata accolta la domanda di condono
pervenuta in data 24.2.1995 prot. n.4385 pratica edilizia n. 198, comunicato in
data 28.10.2010, ivi compreso la nota prot. n.10214 del 29 aprile 2010 con la
quale l'Amministrazione comunale comunicava l'avvio del procedimento teso al
riesame della istanza di condono edilizio presentata dal sig. Scardigno in data
24.2.1995;
- di ogni altro atto presupposto, connesso e/o comunque conseguenziale, in
quanto lesivo della sfera giuridica dei ricorrenti.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Vincenzo Scardigno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 maggio 2011 il dott. Paolo Amovilli
e uditi per le parti i difensori Daniela Lovicario e Gabriele Bavaro;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Espongono gli odierni ricorrenti, in necessaria sintesi ex art 3 c.2 c.p.a., di
essere comproprietari con il sig. Di Rella dell’immobile contraddistinto
catastalmente al Fg. 29 p.lle 160 e 161 avente destinazione in parte agricola ed
in parte industriale.
Con contratto preliminare stipulato in data 21 gennaio 1990, i ricorrenti
promettevano di vendere l’immobile a Mazzone Giovanni con riserva di persona da
nominare ex art 1401 c.c., poi indicata in favore di Scardigno Vincenzo, odierno
controinteressato, il quale in data 8 febbario 1990 richiedeva al Comune di Ruvo
di Puglia rilascio di permesso a costruire per la realizzazione di 4 capannoni
industriali e relativi alloggi per custode e palazzine uffici.
I promissari venditori, che nel frattempo avevano dato esecuzione anticipata
mediante consegna dell’immobile ricevendone pagamento della somma di lire
100.000.000 a titolo di anticipo sul prezzo pattuito, si rifiutavano però di
stipulare il contratto di compravendita definitivo, stante la irreversibile
trasformazione del bene, in relazione all’intervenuta costruzione di opere
abusive.
Ne seguiva un contenzioso civile in cui l’odierno controinteressato esperiva ex
art 2932 c.c. azione di esecuzione specifica dell’obbligo di contrattare
nascente dal preliminare, allo stato conclusosi in primo grado con sentenza del
Tribunale civile di Trani di accoglimento della domanda attorea, confermata
dalla Corte di Appello, impugnata con ricorso alla Corte di Cassazione tutt’ora
pendente, secondo gli atti depositati in giudizio dalle parti.
Nel frattempo la vicenda interessava anche il giudice penale, poiché i sig ri
Scardigno e Mazzone venivano imputati per il reato di abuso edilizio, conclusosi
con sentenza della Cassazione dichiarativa dell’inammissibilità dell’appello
avverso la condanna inflitta dalla Corte di Appello di condanna, con conseguente
passaggio in giudicato della predetta condanna.
L’odierno controinteressato presentava allora in data 24 febbraio 1995 diverse
domande di condono edilizio ex l.724/94 riguardante anche lo stabile per cui è
causa, rigettate dal Comune di Ruvo di Puglia in data 7 agosto 2009.
Successivamente, in data 27 febbraio 1995 lo Scardigno presentava domanda di
condono ex l.724/94 per l’immobile per cui è causa.
A seguito di richiesta di integrazione documentale non evasa dall’istante, con
nota 16102 del 7 agosto 2009 l’Amministrazione dichiarava l’improcedibilità
della domanda, avviando il procedimento teso alla demolizione delle opere
abusive, invero già disposto dal giudice penale.
Con ordinanza 808/2009, questo Tribunale accoglieva provvisoriamente l’istanza
cautelare proposta dallo Scardigno nei confronti della suddetta nota, al fine
della definizione della procedura di accatastamento, e con successiva ordinanza
199/2010 accoglieva la domanda cautelare al fine del riesame dell’istanza di
condono.
Indi l’Amministrazione avviava il procedimento teso al riesame, che si
concludeva favorevolmente per l’odierno controinteressato, con accoglimento
della domanda di condono in data 20 ottobre 2010 prot 22913.
Con ricorso notificato il 20 dicembre 2010, ritualmente depositato, gli odierni
ricorrenti, come sopra rappresentati e difesi, impugnano il suesposto
provvedimento, chiedendone l’annullamento, deducendo le seguenti censure:
I. violazione NTA; l.47/85, d.p.r. 495/92, d.m. 1404/1968 e 1444/1968; eccesso
di potere per carenza di istruttoria, travisamento e falso presupposto,
illogicità, contraddittorietà, difetto di motivazione.
II. violazione l. 724/1994, l.47/85; eccesso di potere per falso presupposto,
travisamento, irragionevolezza, contraddittorietà manifesta, sviamento.
III. violazione art 2932 c.c., art 262 c.c., l.47/85, l.724/94; eccesso di
potere per falso presupposto, illogicità manifesta, contraddittorietà,
travisamento, difetto di motivazione.
IV difetto assoluto di motivazione.
Prospettavano i ricorrenti, in particolare, la carenza di legittimazione attiva
in capo all’odierno controinteressato a richiedere il titolo edilizio in
sanatoria, non essendo proprietario dell’immobile, bensì, quale promissario
acquirente, mero detentore qualificato, richiamandosi a giurisprudenza anche a
Sezioni Unite della Cassazione negative della qualità di possessore.
Inoltre, evidenziavano la sussistenza di vincoli assoluti di inedificabilità
ostativi al condono, consistenti nella violazione delle distanze minime dalla
strada esistente, oltre alla violazione delle distanze tra fabbricati prescritta
dall’art 9 d.m. 1444/1968, nonché dei limiti di volumetria condonabili ex art 39
c.1 l.724/94.
Si costituiva l’odierno controinteressato, chiedendo il rigetto del gravame,
eccependo tra l’altro l’impossibilità logica di ritenere violati i limiti di
distanza dalla strada, giacchè all’epoca della realizzazione dei corpi di
fabbrica era del tutto inesistente la stessa strada, non classificata, né
allineata e quotata, non sussistendo il presupposto del ciglio stradale per il
computo della distanza stessa.
Non si costituiva in giudizio il Comune di Ruvo di Puglia.
Alla camera di consiglio del 24 febbraio 2011, questa Sezione accoglieva la
suindicata domanda incidentale di sospensione, dando rilievo, pur nella
sommarietà propria della fase cautelare, alle dedotte censure in riferimento
alla violazione dei limiti di distanza dai corpi di fabbrica dalle strade, in
difformità dal progetto assentito, ritenendoli ostativi al condono di cui alla
l.724/94.
All’udienza pubblica del 25 maggio 2011 la causa veniva trattenuta per la
decisione.
Il ricorso è infondato e va respinto.
L’azione demolitoria proposta dagli odierni ricorrenti poggia sull’accertamento
della fondatezza della pretesa dello Scardigno a vedersi condonata ex l.724/94,
la realizzazione delle opere abusivamente realizzate, per le quali il medesimo è
stato condannato in sede penale, con ordine di demolizione, giusto atto
1200/2009 della Procura della Repubblica di Trani.
Le censure volte a negare la legittimazione attiva al condono edilizio da parte
dello Scardigno non meritano accoglimento.
Il novero dei soggetti legittimati al rilascio del titolo in sanatoria risulta
infatti più ampio rispetto a quanto concerne il rilascio dell’ordinario titolo
abilitativo edilizio, laddove secondo il prevalente orientamento della
giurisprudenza, occorre la titolarità del diritto di proprietà, ovvero di altro
diritto reale o anche obbligatorio a condizione del riconoscimento della
disponibilità giuridica e materiale del bene nonché della relativa potestà
edificatoria (Consiglio di Stato V 28 maggio 2001 n.2881, TAR Emilia Romagna
Bologna 21 febbraio 2007 n.53, TAR Lombardia Milano sez II 31 marzo 2010 n.842)
non essendo pacifica la legittimazione del promissario acquirente (anche in
ipotesi di preliminare ad effetti anticipati) non autorizzato dal proprietario
promissario venditore (in senso negativo Consiglio Stato, sez. IV, 18 gennaio
2010, n. 144, Cassazione civile sez III 15 marzo 2007, n.6005, in senso
affermativo T.A.R. Puglia Lecce sez I 29 luglio 2010 n.1834, T.A.R. Campania
Napoli sez IV 12 gennaio 2000, n.45).
Il regime, infatti, della concessione edilizia è del tutto diversificato, quanto
a presupposti ed elementi propri, da quello della sanatoria. L’affermazione è
consapevolmente recepita da parte della giurisprudenza (T.A.R. Campania Napoli
sez VIII 14 gennaio 2011, n.196) in riferimento alla sanatoria impropria di cui
all’art art. 13 della legge n. 47/1985 secondo cui la dichiarazione di
conformità disciplinata dalla norma prevede che la sanatoria ivi disciplinata
sia accordata al "responsabile dell'abuso"; la norma, quindi, a differenza di
quanto previsto dall'art. 4 della legge n. 10 del 1977 non trova applicazione
solo in presenza di una domanda avanzata dal proprietario o da altro titolare di
diritto reale in quanto l'abuso sia al medesimo ascrivibile, ma anche in
presenza della domanda avanzata da colui che, dell'abuso, è comunque
responsabile in quanto, sanato l'abuso, non potrebbe essere più chiamato a
rispondere sul piano sanzionatorio penale e/o amministrativo.
Se quindi il collegamento con la proprietà o altro diritto reale si attenua già
in sede di legittimazione alla sanatoria impropria oggi disciplinata dall’art 36
t.u. edilizia approvato con d.p.r. 6 giugno 2001 n.380, ciò non può non valere
anche in riferimento alla sanatoria propria di cui alla l. 724/94 (II condono
edilizio) la quale, presupponendo un abuso di tipo sostanziale e non già
formale, ben può riferirsi - come è paradigmatico dell'illecito - anche ad un
collegamento non soggettivamente qualificato. Anche la più recente
giurisprudenza del Consiglio di Stato (sez. IV, 27 ottobre 2009 , n. 6545)
ritiene che ai sensi dell'art. 31, l. 28 febbraio 1985 n. 47 - secondo cui
possono richiedere il condono “i soggetti che abbiano interesse” - legittimato a
richiedere la concessione edilizia in sanatoria sia anche il promissario
acquirente di un terreno, avuto riguardo all'esperibilità della tutela in forma
specifica ex art. 2932, cod. civ.
Tale disciplina non risulta mutata nel regime introdotto con l’art 39 della
l.724/1994, non emergendo restrizioni rispetto al criterio legittimante di cui
al citato art 31 l.47/1985.
Va pertanto affermato che legittimati all’istanza di condono edilizio ex
l.724/94 sono oltre coloro che hanno titolo a richiedere la concessione
edilizia/permesso di costruire, anche il promissario acquirente o il conduttore
(Corte di Appello Firenze sez II 4 maggio 2010 n.594) e più in generale tutti
coloro che vi abbiano interesse, senza il necessario consenso ed anche, al
limite, contro la volontà del proprietario del bene.
Non rilevano pertanto nel presente giudizio le questioni dedotte dalla difesa
dei ricorrenti circa la natura di mero detentore qualificato del promissario
acquirente (Sezioni Unite 27 marzo 2008 n.7930) e non già di possessore, così
come la pendenza inter partes di un giudizio civile avente ad oggetto l’azione
costitutiva ex art 2932 c.c., poiché - a prescindere dall’esito comunque
favorevole per lo Scardigno a seguito del giudizio di appello - trattasi di
questioni estranee ai fini della verifica della legittimità del rilascio
dell’impugnato titolo edilizio a sanatoria, laddove è sufficiente che
l’Amministrazione verifichi sul piano istruttorio la titolarità di un interesse
ai sensi dell’art. 31 l.47/85.
Nella fattispecie per cui è causa è indubbio, ad avviso del Collegio, la
sussistenza di tale interesse, anche sotto il profilo penale, avendo subito
l’odierno controinteressato condanna passata in giudicato, nei cui confronti il
condono edilizio assume effetto estintivo (art 22 c 3 l.47/85, art 45 d.p.r.
380/2001) pur se non in modo automatico (Cassazione penale sez III 5 luglio 2010
n.35387), nonché al fine della inapplicabilità della demolizione ordinata dalla
Pretura di Trani (Cassazione penale sez III 5 marzo 2002, n.14625).
Parimenti infondate ad avviso del Collegio sono tutte le rimanenti censure.
Dalla documentazione depositata in giudizio, non risulta adeguatamente provata
all’epoca della realizzazione dei corpi di fabbrica, l’esistenza della strada di
cui i ricorrenti lamentano la violazione dei limiti di distanza, non risultando
all’epoca classificata, né allineata e quotata.
Ritiene il Collegio, aderendo alla prospettazione della difesa dello Scardigno,
che la mancata dimostrazione dell’esistenza a quell’epoca della strada, faccia
venir meno lo stesso presupposto del ciglio stradale per il computo della
distanza stessa, con conseguente impossibilità di ritenere violati i limiti di
distanza.
In altri termini, l’assoluta incertezza circa l’esistenza della strada,
impedisce l’accertamento in merito alla asserita violazione dei limiti di
distanza, non costituendo pertanto di per sè motivo ostativo al richiesto
condono, con conseguente infondatezza delle corrispondenti censure.
Inoltre, del tutto irrilevante ai fini del preteso ostacolo al condono, è la
denunziata violazione dei limiti di distanza prescritta dall’art 9 d.m.
1444/1968, non costituendo essi un vincolo di inedificabilità assoluto ai fini
della condonabilità (T.A.R. Lazio Roma sez II 22 dicembre 2004, n.17180) e fermo
comunque restando l’eventuale azione in sede civile, non avendo il condono
edilizio così come la stessa sanatoria impropria di cui all’art 36 t.u. edilizia
alcun effetto sul piano c.d. orizzontale dei rapporti interprivati (Consiglio di
Stato sez IV 16 ottobre 1998, n.1306, T.A.R. Toscana sez III 11 marzo 2004,
n.675, T.A.R. Lazio-Roma sez II 22 dicembre 2004, n.17180)
Anche il secondo motivo di ricorso è privo di pregio.
Il condono richiesto dall’odierno controinteressato, secondo e nei limiti
dell’istanza presentata, non ha avuto ad oggetto incrementi volumetrici e/o di
superficie, bensì il solo diverso collocamento dei corpi di fabbrica rispetto al
progetto approvato e la mancata realizzazione della griglia di collegamento tra
i fabbricati, circostanza che consente oltre che di ritenere infondata la
censura, di interpretare - secondo i criteri ermeneutici di cui agli art 1362 e
seg c.c. tra cui spiccano l’esegesi letterale e la ricostruzione dell’effettivo
intento dell’autorità emanante (ex multis Consiglio di Stato, sez V, 16 giugno
2009, n.3880) - l’impugnato provvedimento di condono entro i limiti delineati
dall’istante.
Priva di pregio è infine anche il quarto e ultimo motivo di gravame.
L’attività volta al rilascio del condono edilizio ha carattere interamente
vincolato poiché costituente mero risultato dell'attività di controllo circa la
conformità dell'intervento alla normativa urbanistico-edilizia (ex plurimis
T.A.R. Piemonte Torino, sez. I, 14 giugno 2006, n. 2487) con conseguente non
necessità (specie in ipotesi di accoglimento dell’istanza) di diffusa
motivazione, ed essendo comunque l’eventuale decifit motivazionale come per gli
altri vizi di carattere formale, recessivo - anche ai fini dell’applicazione
dell’art 21-octies c. 2 primo allinea l.241/90 e s.m. - di fronte alla verifica
in sede giurisdizionale dei presupposti che rendono fondata la pretesa
sostanziale azionata, nell’ambito di un giudizio il cui oggetto è oramai
trasformato a seguito dell’entrata in vigore del Codice del processo
amministrativo, da verifica formale della legittimità del provvedimento
impugnato nei limiti dei vizi dedotti e con salvezza del potere riesercitato, in
giudizio di accertamento della fondatezza del rapporto sostanziale sottostante
azionato(Consiglio di Stato Adunanza Plenaria 23 marzo 2011, n.3).
Per i suesposti motivi il ricorso è infondato e va respinto.
Le spese seguono la soccombenza, secondo dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo
respinge.
Condanna in solido gli odierni ricorrenti alla refusione delle spese processuali
in favore del controinteressato Vincenzo Scardigno, quantificate in complessivi
3.000 euro, oltre agli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 25 maggio 2011 con
l'intervento dei magistrati:
Pietro Morea, Presidente
Paolo Amovilli, Referendario, Estensore
Francesca Petrucciani, Referendario
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 09/07/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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