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T.A.R.
PUGLIA, Bari, Sez. II - 9 giugno 2011, n. 847
DIRITTO URBANISTICO -
Ristrutturazione - Presupposto - Preesistenza di un fabbricato da ristrutturare
- Ricostruzione su ruderi - Nuova opera. Il concetto di ristrutturazione
postula necessariamente la preesistenza di un fabbricato da ristrutturare, ossia
di un organismo edilizio dotato di mura perimetrali, strutture orizzontali e
copertura. Di conseguenza, la ricostruzione su ruderi o su un edificio già da
tempo demolito, anche se soltanto in parte, costituisce una nuova opera e, come
tale, è soggetta alle comuni regole edilizie e paesistico-ambientali vigenti al
momento della riedificazione (C.d.S. sez. IV 13 ottobre 2010 n. 7476, C.d.S.
sez. IV 15 settembre 2006 n. 5375). Ciò che contraddistingue la c.d.
ricostruzione di ruderi è la circostanza che in tal caso la demolizione del
fabbricato preesistente avviene per ragioni assolutamente autonome ed
indipendenti dalla volontà di effettuare un intervento di ristrutturazione.
Pres. Mangialardi, Est. Ravasio - E.M. (avv.ti Di Lorenzo, Di Lorenzo e Piccolo)
c. Comune di Andria (avv.ti De Candia e Di Bari) - TAR PUGLIA, Bari, Sez. I -
9 giugno 2011, n. 847
DIRITTO URBANISTICO - Piani di recupero - Finalità - Nuove costruzioni -
Ammissibilità - Condizioni. A norma dell'art. 27 della L. 457/78 i Piani di
Recupero sono finalizzati non già al recupero di centri storici o di quartieri,
ma al recupero del patrimonio edilizio "esistente". In coerenza con ciò l'art.
31 della L. 457/78 prevede che sono ammissibili, sul "patrimonio edilizio
esistente", gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, le opere e
modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali di
edifici, le opere necessarie per realizzare ed integrare servizi
igienico-sanitari e tecnologici, gli interventi di restauro e risanamento
conservativo, gli interventi di ristrutturazione edilizia, e gli interventi di
ristrutturazione urbanistica: eventuali nuove costruzioni sono dunque
ammissibili solo ove il Piano di Recupero, in conformità allo strumento
urbanistico generale, persegua la finalità di attuare una ristrutturazione
urbanistica. Pres. Mangialardi, Est. Ravasio - E.M. (avv.ti Di Lorenzo, Di
Lorenzo e Piccolo) c. Comune di Andria (avv.ti De Candia e Di Bari) - TAR
PUGLIA, Bari, Sez. II - 9 giugno 2011, n. 847
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N. 00847/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00780/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 780 del 2009, proposto da:
Elena Memeo, rappresentata e difesa dagli avv. Andrea Di Lorenzo, Michele Di
Lorenzo e Franco Piccolo, con domicilio eletto presso Pasquale Attolico in Bari,
via G. Trevisani, 106;
contro
Comune di Andria, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv.
Giuseppe De Candia e Giuseppe Di Bari, con domicilio eletto presso Alberto
Bagnoli in Bari, via Dante, 25;
nei confronti di
Angelo Secundo -rapp.Select W Srl, rappresentato e difeso dagli avv. Antonio
Guantario e Maria Franca Berardino, con domicilio eletto presso Antonio Vinci in
Bari, via Principe Amedeo, 141;
Vincenzo Zinfollino;
per l'annullamento
della delibera consiliare n. 10 del 08.01.2009 di definitiva approvazione del
P.U. n. 68/URB, pubblicata il 02.02.2009 per 15 giorni sino al 17.02.2009”,
nonché degli atti presupposti, conseguenti e, comunque, connessi, in particolare
la delibera consiliare n. 16 di adozione del medesimo Piano del 21.03.2006, il
parere favorevole espresso dall’Ufficio tecnico il 07.10.2005 ed il rigetto
dell’opposizione deciso dal responsabile del procedimento in data 30.01.2008;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Andria in Persona di
Angelo Secundo rapp. Select W Srl;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 marzo 2011 il dott. Roberta Ravasio
e uditi per le parti i difensori avv. M. Di Lorenzo, avv. G.ppe De Candia e avv.
A Guantario;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso passato alla notifica il 15 aprile 2009, depositato il successivo 14
maggio, la ricorrente Memeo Elena, premettendo di essere proprietaria in Comune
di Andria di un fabbricato adibito a residenza familiare, censito all'N.C.E.U.
al Foglio 209 mapp. 289/2 e 290/2, impugna la delibera in epigrafe indicata a
mezzo della quale il Comune di Andria ha definitivamente approvato il Piano di
recupero n. 68/URB, riguardante l'isolato 15 U.M.I. nonché le U.M.I. individuate
dal vigente P.R.G. ai nn. 20, 39, 59P, 60P, 61P.
A sostegno del ricorso la ricorrente ha dedotto:
I) violazione dell'art. 3 D.P.R. 380/01, dell'art. 31 lett. d) L. 457/78,
dell'art. 22 L.R. 56/80. dell'art. 6.2. delle N.T.A. del P.R:G. del Comune di
Andria: il Piano di Recupero oggetto di gravame consente, proprio sul confine
con il fabbricato di proprietà della ricorrente, la ricostruzione di un
fabbricato che ormai non è più esistente e che va ad insistere su un'area
classificata anche dal P.R.G. vigente come area "libera"; esso è pertanto
illegittimo in quanto questa tipologia di strumenti urbanistici può essere
utilizzata solo per il recupero di edifici esistenti; detto Piano è inoltre
illegittimo in quanto comporta la modifica di facciate e quindi non consente l'anastilosi
delle stesse, prescritta dall'art. 6.2. della N.T.A. vigenti;
II) eccesso di potere per travisamento ed erronea valutazione dei fatti: il
Piano di Recupero impugnato comprende le U.M.I. nn. 20, 39, 59, 60 e 61 sul
presupposto che esse rientrino nell'isolato n. 15: dal P.R.G., tuttavia, non
risulta che le U.M.I. nn. 59, 60 e 61 vi rientrino;
III) eccesso di potere per travisamento, erronea valutazione, erronea
presupposto dell'esiste del pregresso fabbricato: il fabbricato oggetto di
ricostruzione è stato pacificamente demolito nel 1965 ed al suo posto è stato
realizzato un piazzale adibito alla attività di carico e scarico di merci;
IV) eccesso di potere per difetto di istruttoria e violazione dell'art. 3.L.
241/90difetto di motivazione: le osservazioni presentante dalla ricorrente non
trovano un preciso e soddisfacente riscontro nelle motivazione della delibera
con la quale il Piano di Recupero impugnato è stato definitivamente impugnato.
Si è costituito in giudizio il Comune di Andria , eccependo fra l'altro difetto
di giurisdizione in relazione al fatto che la ricorrente pretende di aver
acquisito una servitù di veduta sull'area oggetto di intervento, la quale non
potrebbe, pertanto, essere edificata.
Si è costituita in giudizio anche la controinteressata Select W s.r.l., su
istanza della quale è stato approvato il Piano di Recupero impugnato, la quale
ha parimenti insistito per la reiezione del ricorso.
Esso è stato chiamato alla camera di consiglio del 28 maggio 2009,allorché è
stato cancellato dal ruolo, e quindi alla pubblica udienza del 16 marzo 2011,
allorché è stato introitato a decisione.
DIRITTO
1. Ai fini di una migliore comprensione di quanto si dirà è utile premettere
quanto segue in punto di fatto.
1.1. La ricorrente Memeo Elena è proprietaria in Comune di Andria di un
fabbricato censito in N.C.E.U. al Foglio 209, mapp. 289/3 e 290/2, con accesso
dalla via Giannotti nn. 39-45. Il suddetto fabbricato confina con la proprietà
della controinteressata Select W s.r.l., censita in catasto alla particelle nn.
288 e 289/4, adibita da oltre 40 anni a frantoio oleario.
1.2. Secondo quanto risulta dagli allegati al Piano di Recupero impugnato con il
ricorso introduttivo, l'area interessata - che attualmente è di proprietà della
Select W s.r.l. - era un tempo occupata da un complesso edilizio il quale era
composto da locali interrati e seminterrati, nei quali aveva sede un frantoio,
nonché da un piano rialzato e da un primo piano fuori terra.. Pressoché tutta la
parte fuori terra di tale complesso è stata demolita nel 1965 a seguito di
ordinanza sindacale e di essa sono rimasti resti visibili che possono essere
definiti in termini di "ruderi". Permangono i locali adibiti a frantoio, che
tuttavia, stando ai disegni allegati al Piano, ed in particolare alle Sezioni
A-A, B-B e C-C, si sviluppano in una parte del sottosuolo che non era un tempo
occupata dalla fabbrica demolita e che infatti il Piano di Recupero non prevede
di utilizzare per costruirvi al di sopra una nuovo edificio. Da alcune vecchie
planimetrie allegate al Piano impugnato e prodotte nel fascicolo della
ricorrente, si evince altresì che il solaio dei suddetti locali interrati
costituiva, un tempo, l'area libera pertinenziale del fabbricato demolito, la
quale probabilmente era piastrellata o lastricata.
La ricorrente è proprietaria del fabbricato adiacente alla suddetta "area
libera", individuata nel P.d.R. come U.M.I. nn. 59P, 60P e 61P: in particolare
uno dei muri perimetrali dell'edificio di proprietà della ricorrente si trova a
confine con detta area e presenta delle aperture munite di inferiate.
1.3. Per quanto riguarda la destinazione dell'area attribuita dal vigente P.R.G.
del Comune di Andria, l'intervento ricade in zona A1, centro storico,
disciplinata dall'art. 6.2. delle N.T.A.. Tale norma dispone che ogni intervento
edilizio deve essere necessariamente preceduto da Piano Particolareggiato o, in
mancanza, da Piano di Recupero "secondo il disposto della L. 457/78, nei termini
previsti dal Codice Civile e secondo le UMI (unità minime di intervento)
predisposte dal PRG (tavola del Centro Storico in scala 1.1999). In assenza di
P.P. e/o di piani di recupero, nella zona A1 sono permessi soltanto interventi
di manutenzione ordinaria e straordinaria……".
Risulta dalla nota del Capo Settore Pianificazione del territorio del 18 aprile
2008, n. 29132, che l'area di risulta dalla demolizione non viene indicata, dal
vigente P.R.G. del Comune di Andria, come Unità di Minimo Intervento, ma viene
da esso considerata quale "area libera". Nella stessa nota si precisa che " …i
progettisti hanno individuato, a seguito di ricostruzione storico-testimoniale,
un edificio che nel piano Generale non poteva essere individuato in quanto
demolito, e con il Piano Esecutivo lo hanno sottoposto ad intervento di
ristrutturazione e per mera facilità di individuazione é stato indicato con i nn.
59P, 60P e 61P. tanto anche al pari di quanto già fatto con precedente P.d.R.
(P.U. n. 55/Urb.) che ha previsto un intervento di ricostruzione su un' "area
libera" non inventariata nel novero delle UMI indicate nella Tav. 16 del
P.R.G.".
Ciò spiega quanto si legge alla fine del paragrafo 2 della relazione
illustrativa che accompagna il Piano: "L'intervento si incentra sulle U.M.I. n.
39, 20 …e sull'area libera da esse limitrofa. L'U.M.I. n. 20 e l'area libera si
affacciano su via Giannotti; l'U.M.I. n. 39 si affaccia sul Pendio San Lorenzo.
Da quanto relazionato, il Piano di Recupero, oltre ad intervenire sulle U.M.I.
già individuate sulla tavola di P.R.G. propone l'inserimento di nuove U.M.I. di
progetto, riguardanti l'area libera. Pertanto le U.M.I. definite dal Piano sono:
U.M.I. originarie: n. 20 e 39; U.M.I. di progetto di Piano di Recupero
ricostruite n. 59P, 60P, 61P.".
E' dunque chiaro che, mentre l'area da sempre adibita a piazzale pertinenziale,
nel cui sottosuolo si trovano i locali adibiti a frantoio, è inventaria in
P.R.G. come U.M.I. nn. 20 e 39, l'area già occupata dall'edificio demolito non
risulta inclusa in alcuna delle Unità di Minimo Intervento individuate dal
P.R.G., che invece l'ha classificata quale "area libera". Da qui la necessità,
in sede di redazione del Piano di Recupero, di riclassificare l'area in
questione inglobandola in U.M.I. di nuovo conio.
1.4. Va infine precisato che il Piano di Recupero è finalizzato al recupero
dell'antico frantoio ed alla ricostruzione, sull'attuale area libera, degli
edifici demoliti con destinazione residenziale dei piani fuori terra e
commerciale e/o artigianale dei piani interrati e seminterrati, con l'intento di
ricostruire il più fedelmente possibile i fabbricati demoliti.
2. Tutto ciò premesso in punto di fatto, va preliminarmente esaminata
l'eccezione preliminare di rito sollevata dal Comune di Andria, il quale
sostiene che, pretendendo la ricorrente aver acquisito una servitù di veduta
sull'area oggetto del Piano impugnato, essa in realtà agisce a tutela di un
diritto soggettivo: di conseguenza la domanda sarebbe devoluta alla cognizione
della Autorità Giudiziaria Ordinaria.
Il Collegio non condivide tale impostazione.
Osserva il Collegio che laddove un atto amministrativo autorizzi la
realizzazione di un edificio in violazione di diritti di natura civilistica,
spetta al titolare di tali diritti la c.d. doppia tutela, e cioè la possibilità
di esperire sia l'azione demolitoria avanti al Giudice Amministrativo, onde
ottenere l'annullamento dell'atto amministrativo che autorizza la realizzazione
della costruzione, sia l'azione possessoria o di reintegra, di natura
civilistica, da esperire avanti alla Autorità Giudiziaria Ordinaria, allo scopo
di ottenere il ripristino del diritto leso dalla nuova costruzione.
Peraltro va rilevato che nel caso di specie la ricorrente evoca la servitù di
veduta - che essa pretende aver acquisito - non quale causa petendi, bensì allo
scopo di dimostrare il di lei interesse ad agire.
Non sussiste pertanto difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo in
ordine alle domanda oggetto del presente giudizio.
3. Nel merito il ricorso è fondato.
3.1. Il Piano di Recupero oggetto di gravame deve infatti considerarsi
illegittimo per la parte in cui esso ha ad oggetto la ricostruzione di un
fabbricato che non può oggi dirsi esistente.
3.1.1. Le parti che oggi sono ancora visibili della costruzione demolita possono
appropriatamente essere definiti solo come "ruderi", che di per sé, senza il
ricorso a testimonianze fotografiche o d'altra natura, non consentono di
percepire e di ricostruire le caratteristiche dell'edificio preesistente.
3.1.2. Ciò premesso va rilevato che secondo la Giurisprudenza del Consiglio di
Stato (C.d.S. sez. IV 13 ottobre 2010 n. 7476) il concetto di ristrutturazione
"postula necessariamente la preesistenza di un fabbricato da ristrutturare,
ossia di un organismo edilizio dotato di mura perimetrali, strutture orizzontali
e copertura. Di conseguenza, la ricostruzione su ruderi o su un edificio già da
tempo demolito, anche se soltanto in parte, costituisce una nuova opera e, come
tale, è soggetta alle comuni regole edilizie e paesistico-ambientali vigenti al
momento della riedificazione". Negli stessi termini si veda anche la pronuncia
di C.d.S. sez. IV 15 settembre 2006 n. 5375, secondo la quale "La ricostruzione
di ruderi deve essere considerata, a tutti gli effetti, realizzazione di una
nuova costruzione, non essendo equiparabile alla ristrutturazione edilizia, con
la conseguenza che per la sua realizzazione è necessario il permesso di
costruzione, non essendo possibile il ricorso alla denuncia di inizio attività,
ai sensi dell'art. 1 comma 6 l. 21 dicembre 2001 n. 443.".
3.2.2. E' opportuno sottolineare che ciò che contraddistingue la c.d.
ricostruzione di ruderi, cui si riferisce la Giurisprudenza dianzi citata, è la
circostanza che in tal caso la demolizione del fabbricato preesistente avviene
per ragioni assolutamente autonome ed indipendenti dalla volontà di effettuare
un intervento di ristrutturazione.
3.2.3. Di tanto tenuto conto, è evidente che l'intervento approvato con il Piano
di Recupero oggetto di gravame esula, almeno per quanto riguarda l'area
risultante dalla demolizione, dall'ambito della ristrutturazione edilizia,
estrinsecandosi invece in un intervento di nuova costruzione, non consentito
nelle zone omogenee A1.
3.2.4. A tale ultimo proposito va rilevato che il Piano di Recupero non poteva
costituire, nel caso di specie, il mezzo per autorizzare interventi edilizi
estrinsecantesi in nuove costruzioni.
A norma dell'art. 27 della L. 457/78 i Piani di Recupero sono finalizzati non
già al recupero di centri storici o di quartieri, ma al recupero del patrimonio
edilizio "esistente". In coerenza con ciò l'art. 31 della L. 457/78 prevede che
sono ammissibili, sul "patrimonio edilizio esistente", gli interventi di
manutenzione ordinaria e straordinaria, le opere e modifiche necessarie per
rinnovare e sostituire parti anche strutturali di edifici, le opere necessarie
per realizzare ed integrare servizi igienico-sanitari e tecnologici, gli
interventi di restauro e risanamento conservativo, gli interventi di
ristrutturazione edilizia, e gli interventi di ristrutturazione urbanistica:
eventuali nuove costruzioni sono dunque ammissibili solo ove il Piano di
Recupero, in conformità allo strumento urbanistico generale, persegua la
finalità di attuare una ristrutturazione urbanistica.
Inoltre, il fatto che i Piani di Recupero possano, ai sensi della L. 457/78,
includere anche aree non edificate non significa affatto che a mezzo di essi
possano essere autorizzate nuove costruzioni, non assentibili in base agli
strumenti generali: come detto i Piani di Recupero sono destinati al recupero
del patrimonio edilizio "esistente", e pertanto l'inclusione in essi di un'area
non edificata si può giustificare o con il fatto che se ne vuole fare un'area
pertinenziale ad un edificio da recuperare, ovvero con il fatto che è inserita
in un'area soggetta, in base allo strumento urbanistico generale, a una
ristrutturazione urbanistica, che è cosa ben diversa da un intervento di
ristrutturazione edilizia.
Nel caso di specie, in base all'art. 6.2. delle N.T.A. nelle zone A1 non sono
mai consentiti interventi di nuova costruzione, e ciò anche quando intervenga la
preventiva approvazione di un Piano Particolareggiato o di un Piano di Recupero.
Gli interventi di ristrutturazione urbanistica, in particolare, non sono
espressamente contemplati quale possibile contenuto di un Piano di Recupero,
mentre le Unità di Minimo Intervento debbono essere individuate dallo strumento
generale e non in sede di approvazione del P.d.R.
In particolare non corrisponde al vero, né è dirimente, la circostanza -
riferita dalla difesa della controinteressata – secondo la quale l'art.6.2.
comma 3 delle N.T.A. imporrebbe di tenere conto, anche ai fini della redazione
dei Piani di recupero, de "gli edifici da realizzarsi ex novo in aree libere a
completamento del tessuto urbano esistente". Trattasi di circostanza non vera
per la ragione che tale proposizione all'evidenza si riferisce solo al Piano
particolareggiato, e non anche al Piano di Recupero (di cui l'art. 6.2. delle
N.T.A. si occupa a partire dal comma 4 in avanti). Trattasi poi di circostanza
non dirimente perché, come già precisato, uno strumento urbanistico esecutivo
non può consentire di effettuare interventi non assentibili in base allo
strumento urbanistico generale. Pertanto, se un'area libera, ancorché situata in
centro storico, sia espressamente qualificata come edificabile dallo strumento
urbanistico generale, essa potrà effettivamente essere utilizzata per
realizzarvi nuove costruzioni, previa approvazione di un Piano
Particolareggiato. Se, invece, un'area libera situata in centro storico non sia
qualificata dallo strumento generale come area edificabile, essa non potrà
essere utilizzata per costruirvi un nuovo edificio neppure previa approvazione
di un Piano Particolareggiato.
L'art. 6.2. comma 3 delle N.T.A., peraltro, si limita ad stabilire che i Piani
di recupero devono "individuare e normare" una serie di edifici - tra i quali
anche quelli di nuova costruzione - , sicché si deve pensare che l'estensore del
P.R.G. abbia semplicemente inteso, a mezzo di tale previsione, impartire
indicazioni relative al contenuto dei Piani Particolareggiati.
La realizzazione di nuove costruzioni su aree libere situate in zona A1 non può
invece essere autorizzata – per quanto possibile in base allo strumento generale
– a mezzo dei Piani di Recupero: ciò per la ragione che l'art. 6.2. comma 8
esclude gli interventi di nuova costruzione da quelli che possono essere
previsti e disciplinati da tale strumento urbanistico. Pertanto, ove pure l'area
risultante dalla demolizione di che trattasi sia edificabile in base allo
strumento urbanistico generale, una eventuale nuova costruzione su di essa non
può essere autorizzata nel quadro di un Piano di Recupero, occorrendo a tale
scopo un Piano Particolareggiato.
3.2.5. Il Collegio ritiene, conclusivamente, che l'estensore del vigente P.R.G.,
classificando l'area di che trattasi quale "area libera", senza inserirla in
alcuna U.M.I., non sia incorso in alcun errore od omissione: per quanto sopra
detto la suddetta classificazione é assolutamente coerente con la situazione di
fatto e giuridica che caratterizza l'area, e pertanto giammai il Comune avrebbe
potuto, a mezzo di un P.d.R., approvare un intervento di ricostruzione su ruderi
(che equivale giuridicamente ad una nuova costruzione) né procedere alla
individuazione di nuove Unità di Minimo Intervento.
4. Quanto sopra esposto dà ragione della fondatezza dei primi tre motivi di
ricorso.
Il ricorso va conclusivamente accolto, assorbita ogni ulteriore censura.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Seconda),
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie
e, per l'effetto, annulla la delibera del Consiglio Comunale del Comune di
Andria n. 10 dell'8 gennaio 2009, recante approvazione del P.U. n. 68.
Condanna le parti resistenti, in solido tra loro, alla rifusione delle spese
processuali in favore della ricorrente, spese che si liquidano in Euro 3.000,00
(euro tremila), oltre contributo unificato, IVA e CAP come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 16 marzo 2011 con
l'intervento dei magistrati:
Vito Mangialardi, Presidente
Giacinta Serlenga, Referendario
Roberta Ravasio, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 09/06/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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