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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
T.A.R.
PUGLIA, Lecce, Sez. I - 25 maggio 2011, n. 957
VIA - Soggetto che intende
realizzare un intervento con effetti rilevanti sull’ambiente - Art. 22, c. 3,
d.lgs. n. 152/2006 - Elaborazione di uno Studio di Impatto - Valutazione
soggettiva preliminare - Successiva valutazione della competente PA - Autonomia
di giudizio. Ai sensi dell’art. 22, c. 3 d.lgs. n. 152/2006 e dell’allegato
VII al codice stesso, il soggetto che intende realizzare un determinato
intervento con effetti rilevanti sull’ambiente deve elaborare uno studio di
impatto con il quale non solo descrivere il relativo progetto ma anche compiere
una prima valutazione - sebbene soggettivamente rimessa alle proprie personali
(ma pur sempre tecniche) considerazioni - in ordine agli impatti che il medesimo
intervento è idoneo ad arrecare sulle principali matrici ambientali. Valutazione
preliminare cui seguirà poi quella della competente PA che dovrà essere condotta
in piena autonomia di giudizio secondo i consueti canoni della discrezionalità
tecnica. Pertanto, nella elaborazione del SIA non basta limitarsi a segnalare la
sussistenza di un determinato fenomeno con potenziali effetti sull’ambiente,
dovendosi altresì valutare - almeno in prima battuta - le relative conseguenze
in termini di impatto negativo. Pres. Cavallari, Est. Santini -T. s.r.l. (avv.ti
Sticchi Damiani e Conte) c. Provincia di Brindisi (avv. Carulli), Regione Puglia
(avv. Colelli) e altri (n.c.) - TAR PUGLIA, Lecce, Sez. I - 25 maggio 2011,
n. 957
TUTELA DELL’AMBIENTE - Titoli autorizzativi precedentemente rilasciati -
Conseguenze sfavorevoli potenziali sull’ambiente - Revoca - Interesse pubblico -
Sussistenza in re ipsa - Comparazione con gli interessi privati contrapposti -
Necessità - Esclusione. Il controllo sulle matrici ambientali e la
conseguente decisione di disporre la revoca di eventuali titoli autorizzativi,
in precedenza rilasciati, che non garantiscano pienamente (oppure dove sussiste
il rischio concreto che esse non garantiscano più) il rispetto di taluni valori,
risponde ad elementari principi di corretta, onesta ed efficiente
amministrazione; principi cui la P.A. può e deve inderogabilmente uniformarsi.
In questa direzione, il ritiro di atti autorizzativi costituisce un vero e
proprio dovere dell’Amministrazione che è tenuta a porre rimedio alle
sfavorevoli conseguenze che, anche solo potenzialmente, possono derivare
all’ambiente per effetto di un provvedimento che non ha tenuto in debita
considerazione alcuni aspetti di ritenuta notevole importanza: ne deriva in
queste ipotesi che non sussiste uno specifico obbligo di motivazione in ordine
alla sussistenza dell’interesse pubblico ed alla sua comparazione con gli
interessi privati contrapposti, nonché in relazione al lasso di tempo
eventualmente intercorso ed al conseguente affidamento sorto in capo a terzi (si
consideri in proposito la mutevolezza delle condizioni ambientali, che possono
determinare talune conseguenze negative anche ex post), atteso che l’interesse
pubblico all'adozione di tali atti è in re ipsa quando ricorre una esigenza di
tutela dell’ambiente, e ciò in diretta applicazione del principio di origine
comunitaria di massima precauzione. Pres. Cavallari, Est. Santini -T. s.r.l.
(avv.ti Sticchi Damiani e Conte) c. Provincia di Brindisi (avv. Carulli),
Regione Puglia (avv. Colelli) e altri (n.c.) - TAR PUGLIA, Lecce, Sez. I - 25
maggio 2011, n. 957
VIA - Assoggettabilità a VIA - Presupposto - Possibili effetti negativi e
significativi sull’ambiente. L’assoggettabilità a VIA è subordinata alla
presenza di possibili (dunque non certi) effetti negativi e significativi
sull'ambiente (cfr. art. 19, comma 4, del decreto legislativo n. 152 del 2006).
Pres. Cavallari, Est. Santini -T. s.r.l. (avv.ti Sticchi Damiani e Conte) c.
Provincia di Brindisi (avv. Carulli), Regione Puglia (avv. Colelli) e altri (n.c.)
- TAR PUGLIA, Lecce, Sez. I - 25 maggio 2011, n. 957
VIA - Integrazioni sostanziali del SIA - Riattivazione del procedimento di
VIA - Meccanismi partecipativi ex art. 24 d.lgs. n. 152/2006. A fronte di
integrazioni sostanziali dello studio di impatto ambientale, deve ritenersi
necessari ala riattivazione del procedimento VIA, se non altro per garantire il
pieno rispetto dei meccanismi partecipativi di cui all’art. 24 del codice
ambiente. Pres. Cavallari, Est. Santini -T. s.r.l. (avv.ti Sticchi Damiani
e Conte) c. Provincia di Brindisi (avv. Carulli), Regione Puglia (avv. Colelli)
e altri (n.c.) - TAR PUGLIA, Lecce, Sez. I - 25 maggio 2011, n. 957
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N. 00957/2011 REG.PROV.COLL.
N. 01440/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Prima
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1440 del 2010, proposto da:
Transeco Srl, rappresentato e difeso dagli avv. Ernesto Sticchi Damiani e
Michele Conte, con domicilio eletto presso lo studio del primo di essi in Lecce,
via 95° Rgt. Fanteria n. 9;
contro
Provincia di Brindisi, rappresentata e difesa dall'avv. Mariangela Carulli, con
domicilio eletto presso Angelo Caniglia in Lecce, via C. De Giorgi n. 19;
Regione Puglia, rappresentata e difesa dall'avv. Tiziana T. Colelli,
elettivamente domiciliata presso Ufficio regionale contenzioso amministrativo in
Lecce, viale Aldo Moro n. 1;
Agenzia Regionale Protezione Ambiente (Arpa) - Puglia, Comune di Brindisi,
Azienda Sanitaria Locale Brindisi, non costituiti;
per l'annullamento
della nota della Regione Puglia - Area Politiche per l'Ambiente, le reti e la
Qualità Urbana, ufficio programmazione V.I.A. e politiche energetiche, AOO_089
dell'11 giugno 2010 prot. 0007866; del parere del Comitato Regionale di V.I.A.
nella seduta del 7 giugno 2010; della nota della Regione Puglia - Area Politiche
per l'Ambiente, le reti e la Qualità Urbana, ufficio programmazione V.I.A. e
politiche energetiche, AOO_089 del 29 marzo 2010 prot. 0004579; della nota della
Regione Puglia - Area Politiche per l'Ambiente, le reti e la Qualità Urbana,
Servizio Ecologia, Ufficio Inquinamento e Grandi Impianti, AOO_089 del 17 marzo
2010 prot. 0004107; nonché di ogni altro atto connesso, presupposto e/o
consequenziale
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Brindisi e della
Regione Puglia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 febbraio 2011 il dott. Massimo
Santini e uditi per le parti i difensori Sticchi Damiani Ernesto, anche in
sostituzione di Conte, e Shiroka, in sostituzione di Colelli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Nel 1998 la società SILTA otteneva dalla Regione Puglia parere di
compatibilità ambientale per la realizzazione di una discarica. Poiché non si
dava corso ai lavori nel triennio successivo, tale parere decadeva ai sensi
dell’art. 15 della legge regionale n. 11 del 2001.
Nel rinnovare l’istanza, la società otteneva nuova determinazione VIA favorevole
con provvedimento regionale n. 6 del 14 gennaio 2005.
Si innestava dunque presso la Provincia la conferenza di servizi per
l’autorizzazione finale.
Il processo subiva tuttavia un arresto per la mancata integrazione documentale,
da parte della società interessata, a seguito della entrata in vigore della
nuova normativa medio tempore intervenuta (ordinanza commissario delegato n. 36
del 10 novembre 2005).
Veniva dunque nuovamente attivata la proceduta autorizzatoria, questa volta
mediante autorizzazione integrata ambientale ai sensi del decreto legislativo n.
59 del 2005. In particolare, con riguardo alla VIA veniva inoltrata richiesta di
proroga del procedente provvedimento n. 6 del 2005, producendo a tal fine
perizia giurata con la quale si affermava che nulla sarebbe mutato, quanto
all’ambiente circostante, rispetto alle precedenti autorizzazioni.
Nel frattempo la società SILTA cedeva l’azienda alla TRANSECO srl.
Con provvedimento n. 967 del 2 dicembre 2008, la Regione Puglia prorogava di
ulteriori tre anni l’efficacia della VIA.
Veniva poi convocata, dalla stessa Regione, la conferenza di servizi per il
rilascio dell’AIA.
In tale occasione Comune di Brindisi ed ARPA Puglia manifestavano perplessità
per la presenza, nelle vicinanze, di altre discariche, e in particolare di
quella comunale di RSU sita in località “Autigno”. Tale perplessità veniva
inoltre condivisa dall’Ufficio inquinamento e grandi impianti della Regione
Puglia, il quale evidenziava che il flusso di falda del monte idrogeologico
della discarica in questione coinciderebbe con il valle della discarica
comunale, il che sarebbe in contrasto con le disposizioni del decreto
legislativo n. 36 del 2003.
La questione veniva dunque rimessa al Comitato regionale per la VIA.
Con nota del 29 marzo 2010 veniva poi trasmessa comunicazione di avvio del
procedimento di autotutela nei confronti della citata determinazione n. 6 del
2005, atteso che il suddetto comitato aveva “rilevato come nello SIA non siano
stati evidenziati e valutati gli impatti cumulativi dovuti alla presenza, in
adiacenza all’impianto proposto, della discarica di RSU. Si deduce pertanto che
il parere espresso dal Comitato nel 2004, basato sulla incompleta
rappresentazione dello stato dei luoghi fornita dal proponente nello SIA
necessiti di ulteriori approfondimenti e che pertanto sia necessario che il
proponente produca un nuovo SIA che tenga conto dell’effettivo stato dei
luoghi”. Concludeva la nota affermando che “qualora il proponente intenda
persistere nella volontà di realizzare l’impianto, dovrà attivare una nuova
procedura di VIA, producendo uno Studio nel quale venga compiutamente e
correttamente descritto lo stato dei luoghi … Tale studio dovrà anche tenere
conto delle ulteriori criticità segnalate dell’ARPA Puglia con lettera del 27
gennaio 2010 e del mutato quadro di riferimento programmatico relativamente ad
esempio alle previsioni di localizzazione individuate dal Piano regionale dei
rifiuti speciali”.
Anche a seguito delle osservazioni presentate dalla società ricorrente,
l’amministrazione confermava il proprio orientamento e, dopo avere sospeso il
procedimento AIA, adottava l’atto impugnato con il quale si riteneva “che per
l’intervento in discussione debba essere attivata una nuova procedura di VIA”.
2. Le note da ultimo richiamate venivano impugnate per i seguenti motivi:
a) erronea presupposizione in fatto, in quanto sin dal 1998, nonché nella
perizia tecnica allegata alla richiesta di proroga del 2008, si sarebbe dato
atto della presenza della discarica RSU e circa 500 mt dall’impianto da
realizzare;
b) violazione di legge per mancata applicazione dell’art. 18 della legge n. 241
del 1990 nella parte in cui la PA, pur avvedendosi della presenza di discariche
nelle vicinanze, non avrebbe attivato i prescritti poteri istruttori al fine di
accertarne l’effettivo impatto;
c) carenza di motivazione nella parte in cui non sarebbero state fornite
adeguate controdeduzioni in merito alle osservazioni formulate dalla società
ricorrente a seguito della comunicazione di avvio del procedimento di
autotutela;
d) violazione dell’art. 21-nonies della legge n. 241 del 1990 nella parte in cui
non si sarebbe tenuto conto del notevole lasso di tempo intercorso tra la
determinazione VIA del 2005 e l’autotutela del 2010, nonché dove non sarebbe
stato adeguatamente motivato il bilanciamento tra gli interessi privati e quelli
pubblici al ritiro dell’atto;
e) difetto di istruttoria nella parte in cui la presenza di effetti cumulativi
tra i due impianti sarebbe stata indicata soltanto come “eventuale”;
f) ulteriore erronea presupposizione in fatto nella parte in cui non si sarebbe
tenuto conto, come evidenziato nella relazione geologica prodotta dalla
ricorrente in sede di conferenza di servizi, che l’andamento del flusso di falda
profonda seguirebbe un percorso diverso da quello ipotizzato da alcune delle
amministrazioni partecipanti.
3. Si costituivano in giudizio l’amministrazione regionale e quella provinciale
per chiedere il rigetto del gravame mediante articolate controdeduzioni che
formeranno più avanti oggetto di specifica trattazione.
4. Con ordinanza n. 839 del 4 novembre 2010 veniva accolta l’istanza di tutela
cautelare.
5. Alla pubblica udienza del 9 febbraio 2011 le parti rassegnavano le proprie
rispettive conclusioni ed il ricorso veniva infine trattenuto in decisione.
06. Tutto ciò premesso ritiene il collegio che, ad un più attento esame che è
proprio di questa fase di merito, il ricorso debba essere rigettato per le
ragioni di seguito indicate.
6. Con il motivo sub a) si lamenta la erronea presupposizione in fatto in quanto
sin dal 1998, nonché nella perizia tecnica allegata alla richiesta di proroga
del 2008, si sarebbe dato atto della presenza della discarica RSU a circa 500 mt.
dall’impianto da realizzare.
Si rammenta in via preliminare che, ai sensi dell’art. 22, comma 3, del decreto
legislativo n. 152 del 2006 (codice dell’ambiente), lo studio di impatto
ambientale (c.d. SIA), oltre ad “una descrizione del progetto con informazioni
relative alle sue caratteristiche, alla sua localizzazione ed alle sue
dimensioni” [lettera a)], deve contenere altresì: “b) una descrizione delle
misure previste per evitare, ridurre e possibilmente compensare gli impatti
negativi rilevanti; c) i dati necessari per individuare e valutare i principali
impatti sull'ambiente e sul patrimonio culturale che il progetto può produrre,
sia in fase di realizzazione che in fase di esercizio; d) una descrizione
sommaria delle principali alternative prese in esame dal proponente, ivi
compresa la cosiddetta opzione zero, con indicazione delle principali ragioni
della scelta, sotto il profilo dell'impatto ambientale; e) una descrizione delle
misure previste per il monitoraggio”.
Inoltre, ai sensi dell’allegato VII al codice stesso (il quale disciplina a sua
volta i contenuti dello studio di impatto ambientale), detto studio deve tra
l’altro contenere “una descrizione delle componenti dell’ambiente potenzialmente
soggette ad un impatto importante del progetto proposto” (comma 3), nonché “una
descrizione dei probabili impatti rilevanti (diretti ed eventualmente indiretti,
secondari, cumulativi, a breve, medio e lungo termine, permanenti e temporanei,
positivi e negativi) del progetto proposto sull’ambiente … dovuti all’esistenza
del progetto … all’utilizzazione delle risorse naturali … all’emissione di
inquinanti, alla creazione di sostanze nocive e allo smaltimento dei rifiuti;
nonché la descrizione da parte del proponente dei metodi di previsione
utilizzati per valutare gli impatti sull’ambiente”. Al successivo comma 5 si
prevede altresì “una descrizione delle misure previste per evitare, ridurre e se
possibile compensare rilevanti impatti negativi del progetto sull’ambiente”.
Da quanto sopra riportato deriva che il soggetto che intende realizzare un
determinato intervento con effetti rilevanti sull’ambiente deve elaborare uno
studio di impatto con il quale non solo descrivere il relativo progetto ma anche
compiere unaprima valutazione – sebbene soggettivamente rimessa alle proprie
personali (ma pur sempre tecniche) considerazioni – in ordine agli impatti che
il medesimo intervento è idoneo ad arrecare sulle principali matrici ambientali.
Valutazione preliminare cui seguirà poi quella autonoma e definitiva della
competente PA.
Pertanto, nella elaborazione del SIA non basta limitarsi a segnalare la
sussistenza di un determinato fenomeno con potenziali effetti sull’ambiente,
dovendosi altresì valutare – almeno in prima battuta – le relative conseguenze
in termini di impatto negativo.
Nel caso di specie, il progetto presentato nel 1998, dopo avere evidenziato la
(mera) presenza della discarica RSU del Comune di Brindisi a circa 500 mt. dal
sito oggetto dell’intervento, ha ritenuto “del tutto trascurabili possibili
effetti cumulativi aventi impatto negativo sull’ecosistema idrogeologico da
parte della discarica in progetto, in quanto trattasi di impianti di stoccaggio
controllati”.
Nel successivo SIA del 2004, poi, nonostante l’intenzione di aggiornare il
citato studio del 1998 ci si limita, nelle parti rispettivamente dedicate alla
analisi degli impatti ed alla idrografia sotterranea, a mere enunciazioni di
principio e a generiche descrizioni (cfr. pp. 53, 54, 117 e 118 del documento
allegato al ricorso originario), senza mai valutare gli effetti conseguenti alla
realizzazione dell’opera e soprattutto lo stato di diffuso inquinamento che già
dal 2001 era stato ampiamente accertato nell’area in questione (cfr. relazioni
del CTU della Procura di Brindisi prodotte in atti).
In questa direzione appare persino decisamente incompleta ed insufficiente la
perizia giurata in data 11 agosto 2008, presentata ai fini dell’istanza di
proroga della VIA del 2005, nella parte in cui si afferma apoditticamente che
“le analisi, le valutazioni e le conclusioni esposte nel precedente studio,
conservano ad oggi intatta la loro validità e la loro significatività, non
essendo intervenuti mutamenti del contesto ambientale, territoriale e sistemico
di riferimento per lo studio”. Con ciò trascurando del tutto, ancora una volta,
i fenomeni di inquinamento che già da tempo si erano verificati nell’area e che
avevano formato oggetto di specifici procedimenti penali (cfr., sempre, le
citate relazioni prodotte in giudizio da parte ricorrente).
Ne deriva che le suddette analisi (o meglio “descrizioni”) senz’altro si
rivelano insufficienti, ai fini di cui si discute, necessitando giocoforza di
maggiori approfondimenti da parte della società ricorrente. E ciò dal momento
che la presenza di altre discariche nelle zone limitrofe (e dei relativi impatti
cumulativi rispetto al nuovo impianto da realizzare) è stata sempre soltanto
segnalata e non anche valutata: di qui la “incompleta rappresentazione” dello
stato dei luoghi sottolineata dall’amministrazione regionale con i provvedimenti
qui impugnati.
Né potrebbe ritenersi sufficiente, ai fini di una più completa rappresentazione,
quanto dedotto da parte ricorrente, nell’ambito del procedimento, con le note
tecniche di precisazione rispettivamente depositate in data 10 marzo 2010 e in
data 3 maggio 2010. Ed infatti, anche a voler considerare dette relazioni alla
stregua di integrazioni del SIA, si tratterebbe di modifiche così sostanziali
del predetto studio che, come si avrà modo di specificare anche più avanti,
sarebbe in ogni caso necessario riattivare il procedimento VIA, se non altro per
garantire il pieno rispetto dei meccanismi partecipativi di cui all’art. 24 del
codice ambiente.
In merito, poi, alla mancata richiesta di taluni approfondimenti da parte della
PA nel corso degli anni (ossia dal 1998 al 2010), se è vero da un lato che la
stessa non ha mai disposto lungo tale periodo alcuna integrazione istruttoria
(benché ne avesse avuto occasione, essendo a conoscenza anch’essa del diffuso
stato di inquinamento e dei conseguenti procedimenti penali medio tempore
avviati), ciò non costituisce in ogni caso valida ragione per continuare a non
provvedere in tal senso, qualora ve ne sia la concreta possibilità (si rammenta
che la realizzazione dell’impianto non è stata ancora avviata, atteso che si è
fermi alla fase di autorizzazione); e tanto anche in ossequio al fondamentale
principio di matrice comunitaria di massima precauzione.
Per tutte le ragioni indicate il motivo di ricorso deve dunque essere rigettato.
7. Da quanto appena detto consegue il rigetto anche del motivo sub b), con il
quale si lamenta a sua volta violazione di legge per mancata applicazione
dell’art. 18 della legge n. 241 del 1990 nella parte in cui la PA, pur
avvedendosi della presenza di discariche nelle vicinanze, non avrebbe attivato i
prescritti poteri istruttori al fine di accertarne l’effettivo impatto.
Osserva al riguardo il collegio che lo schema di funzionamento della valutazione
di impatto ambientale, nei termini di cui si è detto, differisce almeno in parte
da quello che è il procedimento amministrativo ordinario, dove il privato
presenta l’istanza limitandosi a descrivere il progetto (si pensi al permesso di
costruire) e l’amministrazione compie le proprie conseguenti valutazioni.
Come si è già anticipato, l’istituto della VIA prevede invece una prima fase
dove il privato non si limita a descrivere il progetto ma deve anche fornire una
prima valutazione circa i possibili effetti negativi sull’ambiente circostante.
Valutazione preliminare che ovviamente non elide né condiziona quella finale, ad
opera dell’amministrazione, che deve essere a sua volta condotta in piena
autonomia di giudizio secondo i consueti canoni della discrezionalità tecnica.
Né si potrebbe ipotizzare, in questa direzione, una sostanziale modifica dei
parametri iniziali di valutazione (cioè del SIA) senza nuovamente garantire –
come si è già detto al punto che precede – una adeguata partecipazione dei
soggetti eventualmente interessati dalla realizzazione dell’intervento.
Di qui il rigetto della specifica censura, dato che la PA non potrebbe mai in
siffatto contesto attivare gli invocati poteri istruttori sulla base della sola
descrizione di un evento o di un fenomeno quale quello indicato.
8. Con il motivo sub c) si lamenta la carenza di motivazione nella parte in cui
non sarebbero state fornite adeguate controdeduzioni in merito alle osservazioni
formulate dalla società ricorrente a seguito della comunicazione di avvio del
procedimento di autotutela.
La censura è infondata in quanto, a fronte della comunicazione di avvio del
procedimento di autotutela con la quale si evidenziava la mancata valutazione
(nei precedenti studi e tra questi anche in quello del 1998) degli impatti
cumulativi dovuti alla presenza di una discarica limitrofa a quella oggetto
dell’intervento richiesto, la società ricorrente si è limitata a richiamare i
contenuti del medesimo studio già effettuato nel 1998; il quale, proprio in
ragioni della sua genericità e lacunosità, era già stato ritenuto dalla PA, con
la predetta comunicazione di avvio, suscettivo di maggiori approfondimenti, e
tanto in considerazione dell’ampio ed accertato stato di inquinamento dell’area
circostante (si vedano sempre in tal senso le relazioni del CTU della Procura di
Brindisi).
Motivo questo che induce il collegio a ritenere che, non avendo le osservazioni
presentate in data 3 maggio 2010 fornito alcun apporto partecipativo/cognitivo
concreto e soprattutto ulteriore rispetto ad elementi già in possesso della PA,
l’amministrazione non era tenuta a fornire puntuali controdeduzioni in ordine a
tali (ripetuti) profili.
La censura deve dunque essere rigettata.
9. Con il motivo sub d) si lamenta poi la violazione dell’art. 21-nonies della
legge n. 241 del 1990 nella parte in cui non si sarebbe tenuto conto del
notevole lasso di tempo intercorso tra la determinazione VIA del 2005 e
l’autotutela del 2010, nonché dove non viene adeguatamente motivato il
bilanciamento tra gli interessi privati e quelli pubblici al ritiro dell’atto.
Osserva il collegio come il controllo sulle matrici ambientali e la conseguente
decisione di disporre la revoca di eventuali titoli autorizzativi, in precedenza
rilasciati, che non garantiscano pienamente (oppure dove sussiste il rischio
concreto che esse non garantiscano più) il rispetto di taluni valori, risponde
ad elementari principi di corretta, onesta ed efficiente amministrazione;
principi cui la P.A. può e deve inderogabilmente uniformarsi.
In questa direzione, il ritiro di atti autorizzativi costituisce un vero e
proprio dovere dell’Amministrazione che è tenuta a porre rimedio alle
sfavorevoli conseguenze che, anche solo potenzialmente come in questo caso,
possono derivare all’ambiente per effetto di un provvedimento che non ha tenuto
in debita considerazione alcuni aspetti di ritenuta notevole importanza: ne
deriva in queste ipotesi che non sussiste uno specifico obbligo di motivazione
in ordine alla sussistenza dell’interesse pubblico ed alla sua comparazione con
gli interessi privati contrapposti, nonché in relazione al lasso di tempo
eventualmente intercorso ed al conseguente affidamento sorto in capo a terzi (si
consideri in proposito la mutevolezza delle condizioni ambientali, che possono
determinare talune conseguenze negative anche ex post), atteso che l’interesse
pubblico all'adozione di tali atti è in re ipsa quando ricorre una esigenza di
tutela dell’ambiente, e ciò in diretta applicazione del principio di origine
comunitaria di massima precauzione.
Nella specie, peraltro, l’atto impugnato afferma la necessità di una nuova VIA,
negando implicitamente la proroga di quella precedente, in relazione e ad una
situazione nuova, che si è correttamente ritenuto di valutare nella sua
complessità, e ad un impianto solo progettato.
Nella situazione di specie l’atteggiamento dell’Amministrazione appare doveroso,
una volta che siano state motivate adeguatamente le ragioni che inducono a
ritenere la presenza di un possibile impatto negativo sull’ambiente, condizione
questa soddisfatta nella parte in cui si è dato conto della mancata valutazione
degli impatti cumulativi potenzialmente derivanti dalla presenza di una vicina
discarica.
Da quanto detto deriva dunque il rigetto della specifica censura.
10. Con il motivo sub e) si lamenta difetto di istruttoria nella parte in cui la
presenza di effetti cumulativi tra i due impianti sarebbe stata indicata
soltanto come “eventuale”.
Il motivo è infondato ove solo si consideri che la assoggettabilità a VIA – e
tale deve essere ritenuta la decisione della amministrazione regionale di
sottoporre nuovamente a tali valutazioni l’intervento di cui si discute – è
subordinata alla presenza di possibili (dunque non certi) effetti negativi e
significativi sull'ambiente (cfr. art. 19, comma 4, del decreto legislativo n.
152 del 2006).
11. Con ultimo motivo di gravame si lamenta una ulteriore ipotesi di erronea
presupposizione in fatto nella parte in cui non si sarebbe tenuto conto, come
evidenziato nella relazione geologica del dott. Tanzarella prodotta dalla
ricorrente in sede di conferenza di servizi, che l’andamento del flusso di falda
profonda seguirebbe un percorso diverso (ossia SW – NE) da quello ipotizzato da
alcune delle amministrazioni partecipanti (NW – SE): nella prospettiva di parte
ricorrente, dunque, poiché non si intercetterebbe la falda che scorre sotto la
discarica comunale di Autigno non vi potrebbe essere alcun problema legato ad
eventuali impatti cumulativi di segno negativo.
Il motivo è innanzitutto inammissibile per genericità in quanto non si tiene
conto, ai fini dell’individuazione del percorso della falda e dell’inquinamento
in essa presente, di altre relazioni dallo stesso ricorrente depositate (cfr.
relazione novembre 2002 Prof. Di Molfetta, pag. 46) ove si sostiene l’esistenza
di un tracciato della falda analogo a quello ipotizzato dall’amministrazione
(ossia, NW – SE) ed ove anzi si critica fortemente la scelta di un precedente
consulente della Procura di Brindisi il quale aveva ipotizzato proprio il
percorso SW – NE (si vedano le osservazioni del luglio 2003, pp. 3, 4 e 9).
Inoltre, come si evince dalle richiamate relazioni del Prof. Di Molfetta
(nell’ambito di alcuni procedimenti penali che hanno interessato la discarica
comunale Autigno e quella della SMD, sempre nella zona) e del dr. La penna,
emerge in sintesi quanto segue:
a) alcuni pozzi-spia situati in prossimità dell’area Transeco sono risultati,
per quanto riguarda lo stato della falda acquifera, fortemente inquinati (cfr.
consulenza Di Molfetta del novembre 2002 nell’ambito del procedimento penale n.
9547/01, p. 41);
b) la falda acquifera in questione, che avrebbe come già detto una direzione di
flusso NW – SE, risulta sempre la stessa per tutta l’area esaminata e comprende
gli impianti di smaltimento di Autigno e SMD (p. 46 citata relazione Di Molfetta
novembre 2002): pertanto, sovrapponendo le cartografie rispettivamente
rinvenibili alla pag. 37 della citata relazione Di Molfetta ed all’allegato 1
(ubicazione impianti) alla nota n. 2084 in data 17 febbraio 2010 dell’Ufficio
Inquinamento e Grandi Impianti della Regione Puglia (versata in atti dalla
difesa dell’amministrazione regionale in data 30 dicembre 2010), si ricava come
il percorso della falda possa presumibilmente comprendere anche l’area Transeco,
la quale si trova nella stessa direttrice dei due impianti sopra citati;
c) a conferma di quanto appena prospettato il dr. La penna, nella relazione in
data 15 gennaio 2011, afferma conclusivamente che “la falda che soggiace la
proprietà Transeco era già interessata da severe condizioni di inquinamento”.
Ebbene su tutte tali considerazioni il ricorrente (e comunque la relazione
Tanzarella) non ha fornito controdeduzione alcuna, il che rende come anticipato
generica e lacunosa l’impostazione del motivo di gravame.
Si consideri inoltre che la relazione del dr. Tanzarella in data 10 marzo 2010,
versata agli atti del procedimento e posta dalla difesa di parte ricorrente a
base di tale ultimo motivo di ricorso, consisterebbe tutt’al più nella
elaborazione di controdeduzioni che, oltre a non evidenziare vizi di
macroscopica illogicità o irrazionalità dell’azione amministrativa (trattandosi
di discrezionalità tecnica), dovrebbero comunque essere valutate nell’ambito
della procedura VIA, piuttosto che in questa sede, e ciò in considerazione del
fatto che – come già anticipato – esse si presentano nella sostanza alla stregua
di integrazioni sostanziali dello studio di impatto ambientale, con ogni
conseguenza in ordine al necessario rispetto dei meccanismi di partecipazione di
cui all’art. 24 del codice ambiente.
Ne deriva da quanto detto il rigetto anche di tale censura.
12. In conclusione il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
Sussistono in ogni caso giusti motivi per compensare le spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Prima,
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 9 febbraio 2011 con
l'intervento dei magistrati:
Antonio Cavallari, Presidente
Massimo Santini, Referendario, Estensore
Claudia Lattanzi, Referendario
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 25/05/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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