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T.A.R.
PUGLIA, Lecce, Sez. I - 25 maggio 2011, n. 966
RIFIUTI - Rifiuti solidi urbani -
Tariffe - D.lgs. n. 507/1993 - Deliberazioni comunali - Carenza di motivazione e
istruttoria - Illegittimità. L’art. 69 d.lg. n. 507 del 1993 dispone che le
deliberazioni comunali debbano indicare i rapporti stabiliti tra le tariffe, i
dati consuntivi e previsionali relativi ai costi del servizio nonché i dati e le
circostanze che hanno determinato l’aumento per la copertura minima del costo
ovvero gli aumenti. Ciò in sintonia con l’art. 65 dello stesso d.lg. il quale
prevede che la determinazione della tassa sia commisurata alla quantità e
qualità dei rifiuti nonché al costo dello smaltimento. La carenza di motivazione
e di istruttoria che non consente di comprendere l’iter logico seguito per la
determinazione delle tariffe costituisce motivo di illegittimità (T.A.R.
Lombardia Milano, sez. I, 10 giugno 1998, n. 1430). Pres. Cavallari, Est.
Santini - B.G. (avv. Soggia) c. Comune di Pulsano (avv. Fanelli) - TAR
PUGLIA, Lecce, Sez. I - 25 maggio 2011, n. 966
RIFIUTI - Rifiuti solidi urbani - Tariffe - D.lgs. n. 507/1993 -
Rideterminazione della tariffa - Disciplina ex art. 13 L. n. 241/1990 -
Applicabilità - Esclusione - Disciplina speciale ex art. 69, c. 2 d.lgs. n.
507/1993. E’ illegittimo per violazione di legge ed eccesso di potere per
difetto di istruttoria e di motivazione il provvedimento con cui è stata (ri)determinata
la tariffa per il servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani, nel caso in
cui dal provvedimento medesimo non sia ricavabile alcun elemento idoneo a
ricostruire i presupposti di fatto e di diritto in ordine all’aumento della
tariffa. Infatti, pur avendo il provvedimento natura di atto generale, si deve
ritenere che nei confronti dello stesso non sia applicabile la disciplina
prevista dall’art. 13 l. n. 241/1990, bensì, per il suo carattere di specialità
e maggiore garanzia procedimentale, la disciplina prevista dall’art. 69, comma
2, d.lgs. n. 507/1993, secondo cui l’Amministrazione, quando (ri)determina le
tariffe, deve dar conto delle ragioni dei rapporti stabiliti tra le tariffe,
nonché dei dati e delle circostanze che hanno determinato l’aumento per la
copertura minima obbligatoria del costo; tale disposizione comporta l’obbligo
per l’Amministrazione di motivare analiticamente le scelte espresse nella
relativa deliberazione (T.A.R. Sicilia Palermo, sez. I, 1° ottobre 2009, n.
1550; in questa stessa direzione cfr., anche, Cons. Stato, sez. V, 11 agosto
2010, n. 5616; T.A.R. Lazio Latina, sez. I, 19 febbraio 2009, n. 127; T.A.R.
Sardegna, sez. II, 11 marzo 2008, n. 411; T.A.R. Toscana, sez. I, 21 gennaio
2001, n. 23). Pres. Cavallari, Est. Santini - B.G. (avv. Soggia) c. Comune di
Pulsano (avv. Fanelli) - TAR PUGLIA, Lecce, Sez. I - 25 maggio 2011, n. 966
RIFIUTI - Rifiuti solidi urbani - Tariffe - D.lgs. n. 507/1993 -
Differenziazione tra diverse categorie di utenti - Motivazione. La
differenziazione tra diverse categorie di utenti, sebbene consentita (es.
distinzione tra locali ad uso abitativo ed esercizi alberghieri, che pure sono
in via di massima assimilati dall’art. 68 del d.lgs. n. 507/1993), deve essere
in ogni caso effettuata sulla base di specifiche caratteristiche, purché
adeguatamente enunciate, che ne consiglino un diverso trattamento ai fini
dell'imposizione della tassa sui rifiuti solidi urbani (T.A.R. Campania Napoli,
sez. I, 30 maggio 2006, n. 6399; Cons. Stato, sez. V, 14 aprile 2009, n. 2301).
Pres. Cavallari, Est. Santini - B.G. (avv. Soggia) c. Comune di Pulsano (avv.
Fanelli) - TAR PUGLIA, Lecce, Sez. I - 25 maggio 2011, n. 966
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N. 00966/2011 REG.PROV.COLL.
N. 01168/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Prima
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1168 del 2007, proposto da:
Borracino Cosimo, rappresentato e difeso dall'avv. Mario Soggia, con domicilio
eletto presso Noemi Carnevale in Lecce, via Oberdan n. 107;
contro
Comune di Pulsano, rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Fanelli, con
domicilio eletto presso Angelo Vantaggiato in Lecce, via Zanardelli n. 7;
per l'annullamento
della deliberazione del Commisario Prefettizio del Comune di Pulsano n.19 del
30.04.2007, recante Approvazione del Regolamento Comunale per l'applicazione
della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (di seguito TARSU);
della deliberazione del Commisario Prefettizio del Comune di Pulsano n.245 del
30.4.2006, avente ad oggetto Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani
- Aumento tariffe per l'anno 2007; di ogni altro presupposto, connesso e
consequenziale;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Pulsano;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 febbraio 2011 il dott. Massimo
Santini e uditi per le parti gli Avv.ti Carnevale, in sostituzione di Soggia, e
Rizzo, in sostituzione di Fanelli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con deliberazione n. 19 del 30 aprile 2007 è stato approvato il regolamento
per l’applicazione della TARSU nel Comune di Pulsano.
Con successiva deliberazione n. 24 del medesimo 30 aprile 2007 è stato poi
rideterminato, in aumento, il relativo regime tariffario.
2. I citati atti sono stati impugnati dall’odierno ricorrente, residente in
Pulsano, per i motivi così di seguito sintetizzati:
a) violazione degli artt. 65, 68 e 69 del decreto legislativo n. 507 del 1993,
nonché eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione nella parte
in cui non sarebbero state esplicitate le ragioni legate al predetto aumento,
senza ossia riportare i dati e gli elementi di cui all’art. 65, nonché laddove
non sarebbero stati indicati i presupposti in base ai quali sarebbe stata
operata una certa differenziazione tra diverse categorie di utenti. In questa
stessa direzione non si sarebbe poi tenuto conto, ai sensi dell’art. 238 del
decreto legislativo n. 152 del 2006 (codice dell’ambiente), degli indici
reddituali articolati per fasce di utenza e territoriali;
b) violazione dell’art. 59 del decreto legislativo n. 507 del 1993 nella parte
in cui non sarebbero state operate le perimetrazioni e le delimitazione delle
c.d. “zone servite”;
c) violazione di legge nella parte in cui non sarebbe stata indicata la misura
delle agevolazioni e delle esenzioni stabilite in favore di determinate
categorie di utenti .
3. Si costituiva in giudizio il Comune di Pulsano per chiedere il rigetto del
gravame. In particolare, si faceva presente che i dati richiesti dalla legge a
supporto della delibera di aumento della tariffa e del regolamento tariffario
sarebbero da rinvenire nella relazione tecnica di accompagnamento del bilancio
pluriennale per il triennio 2007 – 2009 (di cui alla deliberazione commissariale
n. 25 del 30 aprile 2007). Veniva altresì sollevata, da parte della stessa
difesa dell’amministrazione comunale, eccezione di inammissibilità per difetto
di interesse dato che anche il precedente regolamento tariffario, che
eventualmente riprenderebbe vigore in caso di annullamento di quello attualmente
vigente, non contiene allo stesso modo gli elementi e i dati di cui al citato
art. 65.
4. Alla pubblica udienza del 9 febbraio 2011 la causa veniva infine trattenuta
in decisione.
05. Tutto ciò premesso, il ricorso è fondato per le ragioni di seguito indicate.
5. Quanto alla eccezione di inammissibilità, essa deve essere respinta dal
momento che, quand’anche il precedente regolamento fosse connotato dagli stessi
vizi in questa sede lamentati, ciò non costituirebbe ad ogni modo ragione valida
per non poter contestare qualsiasi altro atto successivo che, mutuandone i
medesimi vizi, introduca allo stesso tempo elementi innovativi quali quelli in
esame (aumento della tariffa).
Detto altrimenti, si consentirebbe infatti alla PA di agire perpetuamente in
violazione di legge, ossia di rinnovare le proprie decisioni sul piano
contenutistico replicando, tuttavia, i medesimi vizi in precedenza commessi,
senza che ad essi si possa porre rimedio soltanto perché, in prima battuta, ciò
non è stato tempestivamente rilevato, il che sarebbe illogico ed irrazionale.
Per le ragioni suddette l’eccezione di inammissibilità deve dunque essere
rigettata.
6. Nel merito, il secondo motivo di ricorso non può essere accolto in quanto la
perimetrazione era stata già effettuata con il regolamento comunale per la
disciplina dei servizi di smaltimento di cui alla deliberazione consiliare n. 36
del 1994, il quale, nell’individuare la zona destinata alla suddetta raccolta,
fa espressamente riferimento a “tutto il territorio comunale compreso la zona
mare”.
Ora, dal momento che l’art. 4 del regolamento n. 19 del 30 aprile 2007, qui
impugnato, richiama direttamente, ai fini della individuazione delle “zone
servite”, la citata disciplina del 1994, deve ritenersi che la perimetrazione e
la delimitazione delle aree destinate alla raccolta dei rifiuti risulti di
conseguenza sussistente ai fini di cui si discute.
Lo specifico motivo deve dunque essere rigettato.
7. Vanno invece accolti i restanti motivi di ricorso.
7.1. In particolare, quanto alla censura indicata alla lettera sub a) si
rammenta in via preliminare che:
A) l’art. 65 del decreto legislativo n. 507 del 1993 prevede, al comma 1, che
“la tassa può essere commisurata o in base alla quantità e qualità medie
ordinarie per unità di superficie imponibile dei rifiuti solidi urbani interni
ed equiparati producibili nei locali ed aree per il tipo di uso, cui i medesimi
sono destinati, e al costo dello smaltimento oppure, per i comuni aventi
popolazione inferiore a 35.000 abitanti, in base alla qualità, alla quantità
effettivamente prodotta, dei rifiuti solidi urbani e al costo dello
smaltimento”. Al successivo comma 2, che “le tariffe per ogni categoria o
sottocategoria omogenea sono determinate dal comune, secondo il rapporto di
copertura del costo prescelto entro i limiti di legge, moltiplicando il costo di
smaltimento per unità di superficie imponibile accertata, previsto per l'anno
successivo, per uno o più coefficienti di produttività quantitativa e
qualitativa di rifiuti”;
B) l’art. 68 dello stesso decreto stabilisce poi, al comma 1, che “per
l'applicazione della tassa i comuni sono tenuti ad adottare apposito regolamento
che deve contenere: a) la classificazione delle categorie ed eventuali
sottocategorie di locali ed aree con omogenea potenzialità di rifiuti ,
tassabili con la medesima misura tariffaria; b) le modalità di applicazione dei
parametri di cui all'art. 65; c) la graduazione delle tariffe ridotte per
particolari condizioni di uso di cui all'art. 66, commi 3 e 4; d) la
individuazione delle fattispecie agevolative, delle relative condizioni e
modalità di richiesta documentata e delle cause di decadenza”;
C) infine, il successivo art. 69, comma 2, prevede che la deliberazione con cui
si dispone l’aumento tariffario “deve indicare le ragioni dei rapporti stabiliti
tra le tariffe, i dati consuntivi e previsionali relativi ai costi del servizio
discriminati in base alla loro classificazione economica, nonché i dati e le
circostanze che hanno determinato l'aumento per la copertura minima obbligatoria
del costo”.
7.2.1. Ciò premesso si osserva come il regolamento comunale impugnato si limita
ad affermare:
A) all’art. 10, che: “il gettito complessivo del tributo non può superare il
costo di esercizio, né essere inferiore al 50% del costo medesimo” (comma 1);
“la determinazione del costo di esercizio, in quanto desumibile dai dati del
conto consuntivo, è compito del responsabile del servizio finanziario secondo le
disposizioni contenute nell'articolo 61 del Decreto Legislativo 507/93” (comma
2); “ai fini della determinazione del costo di esercizio si considera l'intero
costo dello spazzamento dei rifiuti solidi urbani di cui all'art. 7 del D.Lgs.
n. 22/97, come previsto dall'art. 1, comma 7, del decreto legge 27 dicembre
2000, n. 392, convertito nella legge 28 febbraio 2001, n. 26” (comma 3);
B) all’art. 12, in tema di criteri di commisurazione della tassa, che “la
tariffa è commisurata all’uso ed alla superficie dei locali e delle aree
tassabili” (comma 1); “le tariffe sono differenziate per categorie e sotto
categorie omogenee, secondo il dettato dell’art. 68 del D.Lgs 507/93” (comma 2,
che riporta poi la mera descrizione delle diverse categorie di utenze); “ai fini
dell’applicazione della tassa e della individuazione della categoria e
sottocategoria si fa riferimento alla attività complessivamente svolta, non già
alle ripartizioni interne del singolo complesso” (comma 3); “i locali e le aree
non specificamente indicati, vengono assimilati a ciascuna categoria sulla base
della prevalente destinazione ed uso. Per eventuali altre tipologie di
occupazione non considerate nella presente classificazione, si fa riferimento a
criteri di analogia quali-quantitativi” (comma 4).
7.2.2. Dal canto suo la delibera commissariale n. 24 del 30 aprile 2007, recante
aumento delle tariffe per l’anno 2007, dopo avere “dato atto della esigenza del
bilancio corrente comunale di assicurare idonee fonti di finanziamento per le
spese a carattere ricorrente”, ridetermina il regime tariffario in relazione
alle singole categorie individuate nell’art. 12 del regolamento di cui sopra.
7.3.1. Tanto premesso è evidente come nella specie difetti, in merito al
regolamento, ogni riferimento alle modalità di applicazione dei parametri
concernenti la qualità e la quantità effettivamente prodotta dei rifiuti solidi
urbani, nonché il costo dello smaltimento (laddove l’indicazione degli “indici
reddituali articolati per fasce di utenza e territoriali” di cui al comma 2
dell’art. 238 del codice dell’ambiente non era invece dovuta, non essendo stato
ancora emanato a quella data il regolamento di cui al comma 6 del medesimo
articolo 238): in altre parole, esso non contempla dunque il prescritto assetto
normativo, difettando dei requisiti a tal fine imposti dall’art. 68 citato.
L’amministrazione, in effetti, disattendendo il chiaro dettato normativo, non
ha, in sede regolamentare, enucleato alcun criterio metodologico ai fini della
determinazione tariffaria, essendosi limitata a riprodurre le generiche
indicazioni fornite dal legislatore stesso.
Al contrario, i criteri logici utilizzati debbono essere esposti con chiarezza
nella norma regolamentare nell’obiettivo di indirizzare l’indagine e permettere,
al soggetto alla quale essa è demandata, di addivenire ad una corretta e
coerente attività conoscitiva ai fini della concreta determinazione tariffaria
in conformità con i criteri direttivi previamente esplicati (cfr. Cons. Stato,
sez. V, 17 luglio 2004, n. 5137).
Ed è su queste basi che i destinatari della disciplina di cui si tratta – i
cittadini – sono messi in grado di comprendere compiutamente l’iter logico che
ha condotto la stessa P.A., sulla base dell’insieme di elementi istruttori
acquisiti, alla individuazione dei valori parametrici posti a base delle novità
tariffarie.
7.3.2. Quanto, poi, alla delibera di rideterminazione della tariffa, difettano i
presupposti di cui al citato art. 69, ossia l’indicazione dei dati e delle
circostanze che hanno determinato l’aumento per la copertura minima obbligatoria
del costo.
A tale ultimo riguardo è stato infatti affermato che “l’art. 69 d.lg. n. 507 del
1993 dispone che le deliberazioni comunali debbano indicare i rapporti stabiliti
tra le tariffe, i dati consuntivi e previsionali relativi ai costi del servizio
nonché i dati e le circostanze che hanno determinato l’aumento per la copertura
minima del costo ovvero gli aumenti. Ciò in sintonia con l’art. 65 dello stesso
d.lg. il quale prevede che la determinazione della tassa sia commisurata alla
quantità e qualità dei rifiuti nonché al costo dello smaltimento. La carenza di
motivazione e di istruttoria che non consente di comprendere l’iter logico
seguito per la determinazione delle tariffe costituisce motivo di illegittimità”
(T.A.R. Lombardia Milano, sez. I, 10 giugno 1998, n. 1430).
Per giurisprudenza pressoché costante è dunque “illegittimo per violazione di
legge ed eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione il
provvedimento con cui è stata (ri)determinata la tariffa per il servizio di
smaltimento dei rifiuti solidi urbani, nel caso in cui dal provvedimento
medesimo non sia ricavabile alcun elemento idoneo a ricostruire i presupposti di
fatto e di diritto in ordine all’aumento della tariffa. Infatti, pur avendo il
provvedimento natura di atto generale, si deve ritenere che nei confronti dello
stesso non sia applicabile la disciplina prevista dall’art. 13 l. n. 241/1990,
bensì, per il suo carattere di specialità e maggiore garanzia procedimentale, la
disciplina prevista dall’art. 69, comma 2, d.lgs. n. 507/1993, secondo cui
l’Amministrazione, quando (ri)determina le tariffe, deve dar conto delle ragioni
dei rapporti stabiliti tra le tariffe, nonché dei dati e delle circostanze che
hanno determinato l’aumento per la copertura minima obbligatoria del costo; tale
disposizione comporta l’obbligo per l’Amministrazione di motivare analiticamente
le scelte espresse nella relativa deliberazione” (T.A.R. Sicilia Palermo, sez.
I, 1° ottobre 2009, n. 1550; in questa stessa direzione cfr., anche, Cons.
Stato, sez. V, 11 agosto 2010, n. 5616; T.A.R. Lazio Latina, sez. I, 19 febbraio
2009, n. 127; T.A.R. Sardegna, sez. II, 11 marzo 2008, n. 411).
Da quanto detto “consegue che, fermo restando il potere dell’ente locale,
nell’ottica dei normali criteri di buona amministrazione, di tendere alla
copertura anche integrale dei costi con i proventi del servizio, tutte le volte
che l’amministrazione intenda discostarsi, in aumento, dai livelli (50% dei
costi di esercizio) di copertura minima dei costi stessi, essa deve chiarire le
ragioni, i dati e le circostanze che la inducono ad elevare la percentuale di
copertura e quindi il carico tariffario sui contribuenti” (T.A.R. Toscana, sez.
I, 21 gennaio 2001, n. 23).
Nella specie l’amministrazione comunale si è invece limitata a rimarcare la
“esigenza del bilancio corrente comunale di assicurare idonee fonti di
finanziamento per le spese a carattere ricorrente”, il che costituirebbe anzi
affermazione idonea a prefigurare il vizio di eccesso di potere per sviamento
della causa tipica.
Né potrebbe obiettarsi, come evidenziato dalla difesa dell’amministrazione
comunale, che i dati richiesti dalla legge a supporto della delibera di aumento
della tariffa e del regolamento tariffario sarebbero da rinvenire nella
relazione tecnica di accompagnamento del bilancio pluriennale per il triennio
2007 – 2009 (di cui alla deliberazione commissariale n. 25 del 30 aprile 2007).
Ed infatti, oltre a difettare in ogni caso i dati sulla qualità e sulla quantità
di rifiuti prodotti nel territorio di riferimento, le poste di bilancio ivi
indicate, proprio per la natura che è propria di tale documento contabile, sono
elaborate in termini esclusivamente finanziari e non anche economici, come
espressamente richiesto dall’art. 69, comma 2, nella parte in cui si prevede che
“la deliberazione deve indicare … i dati … relativi ai costi del servizio
discriminati in base alla loro classificazione economica”.
Del resto, è nota la differenza tra contabilità economica e contabilità
finanziaria: la prima basata sulla indicazione di costi e ricavi, la seconda
sulla individuazione di uscite ed entrate.
Più in particolare, mentre la contabilità economica misura il valore delle
risorse umane e strumentali (beni e servizi) utilizzate da una organizzazione,
ossia i costi, ed il valore dei beni e dei servizi prodotti, ossia i ricavi, la
contabilità finanziaria misura gli esborsi monetari sostenuti (spese) o gli
introiti monetari (entrate).
Fra contabilità economica e finanziaria esistono poi due tipi di differenze
sostanziali: l’una temporale, perché l'esborso monetario può avvenire in un
momento diverso da quello in cui le risorse vengono impiegate; l’altra
strutturale, in quanto l'unità organizzativa che impiega le risorse può essere
diversa da quella che sostiene il relativo esborso finanziario.
In conclusione, la relazione tecnica di accompagnamento al predetto bilancio
pluriennale, oltre a difettare in ogni caso dei dati su qualità e quantità di
rifiuti, contiene indicazioni soltanto sulle uscite e non anche sui costi: di
qui l’impossibilità di ritenere essa alla stregua di documento idoneo a
soddisfare i prescritti requisiti di legge.
7.4. Sotto altro profilo sussiste altresì la violazione dell’art. 68, comma 2,
per quanto attiene alla differenziazione tra le diverse categorie di utenti, e
ciò dal momento che tale operazione, sebbene consentita (es. distinzione tra
locali ad uso abitativo ed esercizi alberghieri, che pure sono in via di massima
assimilati dall’art. 68), deve essere in ogni caso effettuata “sulla base di
specifiche caratteristiche, purché adeguatamente enunciate, che ne consiglino un
diverso trattamento ai fini dell'imposizione della tassa sui rifiuti solidi
urbani” (T.A.R. Campania Napoli, sez. I, 30 maggio 2006, n. 6399).
A tanto si perviene ove soltanto si consideri che, secondo la giurisprudenza che
ha avuto modo di soffermarsi sul tema, “per la determinazione delle tariffe
della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani è necessario, ai sensi
dell'art. 69, comma 2, d.lg. 507/1993, che l’amministrazione indichi, per
ciascuna sottocategoria di utenti, gli indici IPS e IQS (ndr. coefficienti di
produttività quantitativa e qualitativa di rifiuti) e tutti gli elementi che
conducono a quantificare i differenti coefficienti e indici, antecedenti
necessari per l’operazione di definizione delle tariffe” (Cons. Stato, sez. V,
14 aprile 2009, n. 2301).
Operazioni, quelle appena indicate, che nel caso di specie non risultano essere
state effettuate in alcun modo dall’amministrazione resistente.
7.5. Per tutte le ragioni sopra indicate i motivi di ricorso complessivamente
indicati alla lettera a) meritano di essere accolti.
8. Quanto invece al motivo sub c), la disposizione di cui all’art. 14 del
regolamento impugnato è anch’essa illegittima in quanto, oltre a non riportare
la misura delle agevolazioni ed esenzioni in essa previste, è concepita in modo
tale da fare gravare sulla collettività o meglio sul resto dell’utenza i
relativi oneri, così disattendendo quanto previsto dall’art. 67, comma 3, del
decreto legislativo n. 507 del 1993, il quale prevede come noto che le suddette
“esenzioni e … riduzioni … sono iscritte in bilancio come autorizzazioni di
spesa e la relativa copertura è assicurata da risorse diverse dai proventi della
tassa relativa all’esercizio cui si riferisce l'iscrizione predetta”.
Anche tale censura merita dunque di essere accolta.
9. In conclusione il ricorso è fondato e deve essere accolto, con conseguente
annullamento degli atti in epigrafe indicati.
Sussistono in ogni caso giusti motivi, stante la complessità della vicenda, per
compensare integralmente tra le parti le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Prima,
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie
e per l’effetto annulla gli atti in epigrafe indicati.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 9 febbraio 2011 con
l'intervento dei magistrati:
Antonio Cavallari, Presidente
Massimo Santini, Referendario, Estensore
Claudia Lattanzi, Referendario
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 25/05/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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