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T.A.R.
SICILIA, Catania, Sez.II - 14 gennaio 2011, n. 57
DIRITTO URBANISTICO - Interventi di restauro e risanamento conservativo -
Nozione - Fattispecie. Sono qualificabili interventi di restauro e
risanamento conservativo gli interventi sistematici che, pur con rinnovo di
elementi costitutivi dell'edificio preesistente, ne conservano tipologia, forma
e struttura; per contro, rientrano nella nozione di ristrutturazione edilizia le
opere rivolte a creare un organismo in tutto o in parte diverso da quello
oggetto di intervento (Cons. Stato, IV, 2981/2008). Non può pertanto integrare
la tipologia del restauro conservativo un intervento edilizio che si sia
sviluppato attraverso la cospicua (o maggioritaria) realizzazione di elementi
strutturali del tutto nuovi, che si affiancano a pochi relitti murari
preesistenti e costituiscono larga percentuale della complessiva superficie
muraria, soprattutto allorquando siano lasciati integri solo alcuni elementi
strutturali preesistenti allo scopo di costituire un simbolico paravento della
nuova costruzione. Pres. f.f. Schillaci, Est. Bruno - I.R.F. (avv. Pergolizzi)
c. Comune di Milazzo (avv. Amato). TAR SICILIA, Catania, Sez.II - 14 gennaio
2011, n. 57
DIRITTO PROCESSUALE AMMINISTRATIVO - Memorie difensive - deposito - Art. 73
codice del processo amministrativo - Termine di trenta giorni - Regime
processuale antecedente - Regime transitorio. L’art. 73 del nuovo codice del
processo amministrativo approvato col D. Lgs. 104/2010 prevede che le memorie
difensive debbano essere depositate almeno 30 giorni liberi antecedenti
l’udienza di trattazione. Ai fini dell’applicazione del precedente regime
processuale, che prevedeva il diverso termine di dieci giorni, va fatto
riferimento non alla data dell’atto di fissazione dell’udienza pubblica, ma alla
condizione di pendenza del termine (cfr. art. art. 2, della parte IV del c.p.a.:
“Per i termini che sono in corso alla data di entrata in vigore del codice
continuano a trovare applicazione le norme previgenti.”). Pres. f.f. Schillaci,
Est. Bruno - I.R.F. (avv. Pergolizzi) c. Comune di Milazzo (avv. Amato). TAR
SICILIA, Catania, Sez.II - 14 gennaio 2011, n. 57
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N. 00057/2011 REG.PROV.COLL.
N. 03086/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3086 del 2008, proposto da:
Impresa Ruggeri Francesco, rappresentato e difeso dall'avv. Nazareno Pergolizzi,
con domicilio eletto presso la Segreteria del Tar Catania;
contro
Comune di Milazzo in persona del Sindaco P.T., rappresentato e difeso dall'avv.
Salvatore Amato, con domicilio eletto presso la Segreteria del Tar;
per l'annullamento
dell’ordinanza n. 239 del 26.09.2008 con la quale è stato denegato il rilascio
della C.E. in sanatoria richiesta ex art. 13 L. 47/1985;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Milazzo in persona del
Sindaco P.T.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 dicembre 2010 il dott. Francesco
Bruno e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La ricorrente impresa Ruggeri Francesco ha acquistato la proprietà di un
immobile di antica costruzione sito in territorio del Comune di Milazzo; ha
successivamente ottenuto a proprio favore la voltura della autorizzazione n.
269/06, già rilasciata alla precedente proprietaria dell’edificio, avente ad
oggetto il restauro conservativo dell’immobile; ha infine comunicato l’avvio dei
lavori così autorizzati.
A seguito di un sopralluogo della Polizia Municipale è stata contestata
l’illegittima attività di demolizione e contestuale ricostruzione dell’edificio,
cui è seguito il sequestro del cantiere.
L’impresa ricorrente ha allora presentato domanda ex art. 13 della L. 47/1985
per ottenere l’autorizzazione edilizia in sanatoria; ma il Comune ha respinto
l’istanza con provvedimento n. 239 del 26.09.2008 - intimando anche la
demolizione dell’abuso - rilevando che, sebbene sia stata mantenuta la sagoma e
la volumetria del preesistente edificio, l’intervento realizzato rientra nel
concetto di “ricostruzione edilizia” e non di “restauro conservativo” che è
l’unica forma di trasformazione del territorio consentita nella zona dalle
N.T.A. del PRG.
Avverso tale provvedimento è stato ritualmente proposto il ricorso in epigrafe,
con il quale si denuncia:
violazione e falsa applicazione dell’art. 13 della L. 47/1985 - violazione e
falsa applicazione dell’art. 31, co. 1, lett. c) della L. 457/1978 - eccesso di
potere per travisamento dei fatti e difetto di istruttoria;
In sintesi, la ricorrente ritiene che il provvedimento impugnato si basi su una
istruttoria erronea e/o incompleta, dato che i lavori realmente eseguiti sono
consistiti solo nella parziale sostituzione di alcune parti del preesistente
edificio che, in quanto fatiscenti, si stavano disgregando già con l’inizio dei
lavori. L’attività espletata, quindi, prosegue la ricorrente, integra pienamente
il concetto giuridico di restauro conservativo per il quale era stato rilasciato
dal Comune apposito titolo.
Si è costituito in giudizio per resistere l’intimato Comune di Milazzo.
Con ordinanza n. 314/09 è stata respinta la domanda cautelare allegata al
ricorso.
Con ordinanza istruttoria n. 494/09 questa Sezione ha disposto verificazione
nominando il Dirigente dell’Ufficio del Genio civile di Messina, con il compito
di accertare “la effettiva sussistenza e, in caso affermativo, la rilevanza
quantitativa - nell’ambito dell’edificio oggetto di causa - di elementi
strutturali preesistenti (muri perimetrali od altro), residuati dalla vecchia
struttura dell’immobile, che sarebbero stati lasciati intatti nel corso dei
lavori eseguiti dalla ditta ricorrente, ed ai quali sarebbero state accorpate ed
aggiunte le nuove costruzioni in c.a. e laterizi costituenti il novum della
costruzione”.
In data 17 giugno 2010 il verificatore ha depositato la relazione, munita di
allegati, e la propria nota spese.
In vista dell’udienza pubblica del 2 dicembre 2010 la ricorrente ha depositato
in data 10 novembre 2010 una perizia giurata ed il successivo giorno 18 una
memoria difensiva; quest’ultima è stata però messa in busta chiusa dagli uffici
di Segreteria in quanto ritenuta tardiva.
All’udienza, la causa è passata in decisione.
DIRITTO
1. Preliminarmente, deve essere valutata la tempestività del deposito della
memoria difensiva eseguito in data 18.11.2010 in vista dell’udienza pubblica
fissata per il 2.12.2010.
La memoria è da ritenere senz’altro depositata fuori termine, e non può essere
quindi tenuta in considerazione ai fini della decisione. Al riguardo va
ricordato che l’art. 73 del nuovo codice del processo amministrativo approvato
col D. Lgs. 104/2010 prevede che le memorie difensive debbano essere depositate
almeno 30 giorni liberi antecedenti l’udienza di trattazione, termine che nel
caso di specie non risulta evidentemente rispettato. Né potrebbe sostenersi
l’applicabilità del “vecchio” termine di dieci giorni previsto dalla previgente
legislazione (art. 23 L. Tar), come argomentato oralmente in udienza dal
difensore della ricorrente. In proposito, si rileva che il regime transitorio
dettato dall’art. 2, della parte IV del c.p.a., stabilisce che solo “Per i
termini che sono in corso alla data di entrata in vigore del codice continuano a
trovare applicazione le norme previgenti.”. Orbene, partendo dalla premessa che
il termine del “vecchio rito” per il deposito delle memorie difensive pari a
dieci giorni liberi antecedenti l’udienza non era “in corso” (ossia, pendente)
alla data di entrata in vigore del nuovo codice (16 settembre 2010), viene meno
il presupposto di diritto che consentirebbe l’applicabilità del regime
processuale previgente. Si ribadisce al riguardo che non è la data dell’atto di
fissazione dell’udienza pubblica, ma la condizione di “pendenza” del termine, a
determinare l’applicazione del vecchio regime processuale.
Né potrebbe invocarsi - come anche sostenuto - l’istituto dell’errore scusabile,
atteso che i termini processuali per il deposito delle memorie d’udienza sono
chiari, non possono determinare dubbi interpretativi, e soprattutto erano
pienamente vigenti (e rispettabili) in considerazione del fatto che il decreto
di fissazione dell’udienza pubblica è del 2.09.10, il nuovo codice è entrato in
vigore in data 16.09.2010, l’udienza pubblica è stata fissata per dopo circa tre
mesi dalla decretazione, ossia il 2.12.2010; ne consegue che parte ricorrente
avrebbe ben potuto conoscere la vigenza delle nuove norme ed avrebbe goduto
pacificamente dei tempi tecnici ivi stabiliti per approntare le proprie difese.
2. Nel merito, il ricorso è infondato e va respinto.
Dalla relazione di verificazione è emerso che “l’unico elemento strutturale
preesistente residuato dalla vecchia struttura dell’immobile (…) è un muro che
adesso si trova a tergo della struttura realizzata (…) e il muro di perimetro
della cisterna (…) che in gran parte risulta interrato e giace su terreno
fortemente scosceso.”.
Si può, quindi, concludere - anche grazie all’ausilio dei grafici allegati alla
relazione - che solo il muro di fondo della vecchia costruzione è rimasto
inalterato, mentre gli altri lati dell’edificio, le tramezzature interne e le
coperture sono elementi costruttivi assolutamente nuovi.
Tale conclusione risulta peraltro avallata anche dai dati evidenziati nella
consulenza di parte depositata dalla ricorrente, nella quale si corrobora
(involontariamente) la tesi dell’amministrazione resistente laddove si
sottolinea che la parte residua è pari a circa il 50% della superficie muraria,
mentre oltre il 40% della stessa sarebbe di nuova costruzione.
Per di più, si evince dalla pianta allegata alla relazione di verificazione che
il muro preesistente lasciato integro solo a tergo della costruzione non sia
stato inglobato nell’edificio fino a costituire una parte integrante (seppur
minore) della superficie muraria, ma è stato lasciato in piedi con funzione
quasi simbolica (a voler testimoniare un “restauro” più presunto che reale),
dato che in aderenza alla vecchia parete risulta tracciata in pianta una
muratura nuova che corre parallela e si chiude in cerchio con le altre nuove
pareti.
Quindi, non si è in presenza - come si assume in ricorso - di un restauro
conservativo, definito dall’art. 20, lett. c, della L.R. 71/1978 come
“interventi di restauro e di risanamento conservativo: quelli rivolti a
conservare l' organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un
insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici,
formali e strutturali dell' organismo stesso, ne consentano destinazioni d'uso
con essi compatibili.”.
E’ stato, infatti, precisato che “Devono considerarsi interventi di restauro e
di risanamento conservativo quelli che rispettano gli elementi tipologici,
formali e strutturali del complesso edilizio sul quale è opportuno agire, così
come stabilito dall'art. 20 l. reg. sic. 27 dicembre 1978 n. 71” (C.G.A.
356/1994), e che “Sono qualificabili interventi di restauro e risanamento
conservativo gli interventi sistematici che, pur con rinnovo di elementi
costitutivi dell'edificio preesistente, ne conservano tipologia, forma e
struttura; per contro, rientrano nella nozione di ristrutturazione edilizia le
opere rivolte a creare un organismo in tutto o in parte diverso da quello
oggetto di intervento.” (Cons. Stato, IV, 2981/2008).
In conclusione, non può integrare la tipologia del restauro conservativo un
intervento edilizio che si sia sviluppato attraverso la cospicua (o
maggioritaria) realizzazione di elementi strutturali del tutto nuovi, che si
affiancano a pochi relitti murari preesistenti e costituiscono larga percentuale
della complessiva superficie muraria, soprattutto allorquando siano lasciati
integri solo alcuni elementi strutturali preesistenti allo scopo di costituire
un simbolico paravento della nuova costruzione.
Il ricorso va pertanto respinto, e la ricorrente sopporterà le spese processuali
indicate in dispositivo, comprese le spese concernenti la verificazione che
saranno liquidazione con separato decreto presidenziale ai sensi dell’art. 66,
co. 4, del c.p.a.
P.Q.M.
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Spese a carico dell’impresa ricorrente per Euro 2.500 oltre IVA, CPA e spese
generali.
Dispone l’invio del fascicolo al Presidente della Sezione, a cura della
Segreteria, per la liquidazione del compenso del verificatore
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 2 dicembre 2010 con
l'intervento dei magistrati:
Salvatore Schillaci, Presidente FF
Pancrazio Maria Savasta, Consigliere
Francesco Bruno, Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/01/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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