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T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 21 gennaio 2011, n. 121
ASSOCIAZIONI E COMITATI - Associazioni ambientaliste non comprese nell’elenco di
cui all’art. 13 della L. n. 349/1986 - Legittimazione ad impugnare provvedimenti
lesivi di interessi ambientali - Requisiti. Le associazioni ambientaliste
non comprese nell'elenco di cui all'art. 13 della legge n. 349 del 1986, sono
legittimate a impugnare i provvedimenti lesivi di interessi ambientali qualora
perseguano statutariamente in modo non occasionale obiettivi di tutela
ambientale, abbiano un adeguato grado di rappresentatività e stabilità, abbiano
un'area di afferenza ricollegabile alla zona in cui è situato il bene a
fruizione collettiva che si assume leso. Pres. ed Est. Nicolosi - Associazione T
e altro (avv. Zuccaro) c. Provincia di Lucca (avv. Traina) -
TAR TOSCANA, Sez. II - 21 gennaio 2011, n. 121
RIFIUTI - Discarica o altro impianto per trattamento, smaltimento o recupero -
Soggetto residente nel comune nel cui territorio l’impianto insiste -
Legittimazione ad impugnare gli atti di approvazione o autorizzazione -
Collegamento diretto - Interesse personale, concerto e attuale - Mera
aspettativa alla salubrità del’ambiente - Insufficienza - INQUINAMENTO ACUSTICO
- Legittimazione - Presupposti. La mera presenza di una discarica o ad altro
impianto per il trattamento e lo smaltimento (o recupero) di rifiuti anche a
mezzo di termocombustione, non legittima il proprietario di un bene residente
nel Comune nel cui territorio l’impianto insiste ad insorgere avverso gli atti
con i quali si provvede all’approvazione del progetto dell’opera sotto i vari
aspetti procedimentali o all’autorizzazione alla gestione e/o alla messa in
esercizio dell'opera o ancora agli scarichi e immissione nell’atmosfera del
prodotto della combustione, laddove non sussista un collegamento diretto,
immediato e oggettivo fra quanto deliberato con i suddetti provvedimenti e un
interesse giuridico personale concreto e attuale del soggetto che si ritiene
leso. Tale non può qualificarsi, per esempio, l’aspettativa alla salubrità
dell’ambiente o il timore generico di possibili effetti pregiudizievoli legati
esclusivamente alla presenza dell’opera pubblica o dell’impianto. Anche con
riguardo ai limiti di inquinamento acustico, la legittimazione può essere
favorevolmente riconosciuta solo laddove sia accertato che effettivamente
l’esercizio dell’impianto superi nei confronti della stessa ricorrente i limiti
di immissione o emissione. Pres. ed Est. Nicolosi - Associazione T e altro
(avv. Zuccaro) c. Provincia di Lucca (avv. Traina) -
TAR TOSCANA, Sez. II - 21 gennaio 2011, n. 121
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N. 00121/2011 REG.PROV.COLL.
N. 01621/2006 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1621 del 2006, integrato da motivi
aggiunti, proposto da:
Associazione per la Tutela Ambientale della Versilia e Bertolucci Daniela
Giovanna, rappresentate e difese dall'avv. Franco Zuccaro, con domicilio eletto
presso Lucia Aglietti in Firenze, via Gino Capponi, 30;
contro
Provincia di Lucca, rappresentato e difeso dall'avv. Duccio Maria Traina, con
domicilio eletto presso Duccio Maria Traina in Firenze, via Lamarmora 14;
nei confronti di
T.E.V. Termo Energia Versilia S.p.A., rappresentato e difeso dagli avv. Alberto
Bianchi, Andrea Fantappie', con domicilio eletto presso Alberto Bianchi in
Firenze, via Palestro, 3;
per l'annullamento
- della determinazione n. 125 emessa l'8 agosto 2006 dal Dirigente del Servizio
Ambiente del Dipartimento Governo del Territorio della Provincia di Lucca,
affissa all'Albo Pretorio dal 9 agosto al 24 agosto 2006, con la quale si
rilascia alla società T.E.V. TERMO ENERGIA VERSILIA Spa, con sede in La Spezia,
via del Molo 1, l'autorizzazione fino al 3 agosto 2016 all'esercizio
dell'impianto esistente mediante utilizzo di CDR in specifica con
caratteristiche qualitative conformi al punto 1 dell'allegato 2 sub 1 al .D.M. 5
febbraio 1998 e il rinnovo dell'autorizzazione all'esercizio dell'impianto di
incenerimento di rifiuti con recupero energetico mediante utilizzo di CDR non in
specifica con caratteristiche qualitative non conformi al punto 1 dell'allegato
2 sub 1 al D.M. 5 febbraio 1998, per un quantitativo massimo trattabile di
59.000 tonn./anno - 170 al giorno, nella quale si definiscono le operazioni
eseguite nell'inceneritore come R1 - utilizzazione principale come combustibile
o come altro mezzo per produrre energia, e di ogni altro atto, amche non
conosciuto dai ricorrenti, presupposto, connesso e conseguente.
con motivi aggiunti depositati il 5 marzo 2009:
- della determinazione n. 69 del 5 dicembre 2008, affissa all'Albo Pretorio fino
al 24 dicembre 2008, emessa dal Dirigente del Dipartimento Ambiente e Sviluppo,
Servizio Ambiente, Organizzazione e smaltimento rifiuti della Provincia di
Lucca, con la quale si rilascia autorizzazione alla società TEV Termo Energia
Versilia Spa per l'esercizio dell'inceneritore di Falascaia Pietrasanta ad
integrazione della determinazione n. 125 dell'8 agosto 2006 in relazione al
riavvio dell'impianto con alimentazione di CDR, con prescrizioni, e di ogni
altro atto, anche non conosciuto dai ricorrenti , presupposto, connesso o
conseguente
e con motivi aggiunti depositati in data 03 agosto 2010:
della determinazione n. 2606 del 10 maggio 2010, affissa all’Albo Pretorio fino
al 26 maggio 2010, emessa dal Dirigente del Dipartimento Ambiente e Risorse
naturali, Servizio Ambiente, della Provincia di Lucca, con la quale in parte si
modifica la determinazione dirigenziale n.125 dell’8 agosto 2006 rilasciando
autorizzazione fino al 3 agosto 2016 alla società TEV Termo Energia Versilia
Spa, gestore dell’impianto di incenerimento sito in località Falascaia nel
comune di Pietrasanta, per l’esercizio dell’impianto esistente, operante sulla
base degli artt. 31 e 33 del dlgs.22/97 a norma degli artt. 4 e 21 c.8 del dlgs.133/05,
mediante utilizzo di CDR in specifica con caratteristiche qualitative conformi
al punto 1 dell’allegato 2 sub 1 al DM 5 feb.1998- CER 19.12.10 “rifiuti
combustibili (CDR combustibile derivato dai rifiuti) (doc.2), e di ogni altro
atto, anche non conosciuto dai ricorrenti, presupposto, connesso o conseguente.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Provincia di Lucca e di T.E.V.
Termo Energia Versilia S.p.A.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 gennaio 2011 il dott. Maurizio
Nicolosi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con atto notificato in data 23 ottobre 2004 e depositato il 6 novembre seguente,
e successivi due atti di motivi aggiunti, ritualmente notificati e depositati,
le nominate ricorrenti hanno impugnato i provvedimenti in epigrafe indicati e ne
hanno chiesto – previa la sospensione (le relative istanze sono state respinte
con ordinanze 914/06 e 236/09)- l’annullamento per i motivi dedotti nell’atto
introduttivo del giudizio e nei successivi motivi aggiunti.
Si sono costituiti la provincia di Lucca e la T.E.V., svolgendo difese.
All’udienza pubblica del 4 gennaio 2011, il ricorso è stato trattenuto in
decisione.
DIRITTO
1) L’azione promossa dalle ricorrenti – l’Associazione in relazione alla tutela
dei valori ambientali e di salubrità, la Bertolucci in relazione al pregiudizio
che deriverebbe alla propria posizione giuridica, come pretesa sia a vivere in
un contesto ambientale privo di rischi per la propria salute, sia a non subire
neppure in astratto il rischio del depauperamento del valore dei propri beni,
ambedue i profili fondati sul presupposto della vicinitas all’impianto oggetto
del provvedimento impugnato -, segue altri ricorsi promossi avverso
provvedimenti pianificatori o autorizzatori riguardanti l’impianto, qualificato
dalle medesime ricorrenti di incenerimento di rifiuti e dalle resistenti di
termoconversione per la produzione di energia elettrica mediante utilizzo di CDR.
in località Falascaia.
La difesa delle ricorrenti, preliminarmente affronta il profilo della
legittimazione delle stesse proponenti e in particolare, in controdeduzione al
diverso orientamento seguito dalla Sezione negli altri ricorsi già decisi, di
quella dell’Associazione per la Tutela Ambientale della Versilia, sostenendo la
tesi che secondo una corretta interpretazione degli artt. 13 e 18 della legge
349/86 la legittimazione delle associazioni locali dovrebbe radicarsi
semplicemente sul qualificato collegamento con il territorio di appartenenza,
servendo il riconoscimento statale solo alle associazioni nazionali e
interregionali che dimostrino effettiva serietà e rappresentatività proprio
perché carenti di quel collegamento. Per la Bertolucci, ribadisce la rilevanza
di per sé della sola vicinitas all’impianto a valorizzare la tutela della
propria posizione giuridica in relazione alla concreta possibilità che la stessa
sia minacciata dall’esercizio dell’impianto stesso.
Nel merito nel ricorso originario e nei successivi due motivi aggiunti vengono
dedotti numerosi vizi attinenti sotto vari profili alla violazione di legge e
delle direttive comunitarie, nonché all’eccesso di potere.
Sinteticamente si deduce:
avverso la delibera 125/06 (ricorso originario):
l’impianto del Pollino sarebbe, in base alla direttiva n. 2000/76/CE un
inceneritore per lo smaltimento e non per il recupero di rifiuti e pertanto non
potevano essere utilizzate le procedure semplificate di cui agli artt. 31 – 33
del dcr. lgs 22/97 e quindi sarebbe illegittima l’ammissione della T.E.V. alle
procedure stesse con l’iscrizione nel registro provinciale;
l’inceneritore di Falascaia avrebbe dovuto essere sottoposto alla V.I.A. al
momento della prima comunicazione di inizio attività, essendo già in vigore alla
data dell’inizio del suo esercizio la direttiva 85/337/CE per effetto della
direttiva 97/11/CE; ogni disposizione che consentisse l’operatività in assenza
di tale valutazione andrebbe disapplicata perché in contrasto con le direttive
richiamate;
la V.I.A. non potrebbe essere sostituita dall’esito favorevole dell’esame dello
studio di impatto ambientale presentato dalla società gestrice, i provvedimenti
di autorizzazione e/o approvazione adottati in assenza di V.I.A. sarebbero
nulli;
il progetto presentato dalla T.E.V. non indicherebbe in che modo il gestore
dell’impianto intende recuperare il calore prodotto nell’impianto. Inoltre non
sarebbero indicate le quantità autorizzate per i due tipi di CDR ;
nel provvedimento non sarebbero indicate per gli scarichi le prescrizioni e i
limiti in relazione alle capacità del corpo ricettore che ne garantiscano le
capacità autodepurative;
non sarebbe stato effettuato uno studio adeguato per garantire la mitigazione
dell’impatto acustico di un impianto molto rumoroso in relazione alla presenza
di fabbricati adibiti a civile abitazione;
avverso la determina 69/08 (primo atto motivi aggiunti):
l’Amministrazione non avrebbe tenuto conto del principio di precauzione di
derivazione europea, posto a garanzia del raggiungimento di un elevato livello
di protezione ambientale;
non sarebbe stata rilasciata l’autorizzazione alla costruzione dell’impianto che
è presupposto dell’autorizzazione al suo esercizio, non potrebbe supplire tale
atto il deliberato della conferenza di servizi avendo espresso parere contrario
il comune di Pietrasanta nel cui territorio ricade l’impianto stesso;
si reitera il motivo sulla mancanza di V.I.A.;
le numerosissime prescrizioni imposte riguarderebbero difetti o mancanze
progettuali, impiantistiche e di funzionamento che avrebbero dovuto impedire il
rilascio dell’autorizzazione;
il superamento dei limiti previsti dall’autorizzazione e dalla legge, rilevate
più volte dall’A.R.P.A.T. avrebbe dovuto determinare la revoca
dell’autorizzazione;
si reitera il motivo sulla carente istruttoria relativa all’impatto acustico e
alle prescrizioni e limiti di autodepurazione degli scarichi lamentandosi,
inoltre, per questi una difformità essendo in realtà due e non uno gli scarichi
dell’impianto;
avverso la determina 2606/010 (secondo atto motivi aggiunti):
la modifica dell’autorizzazione 125/06 per effetto dell’intervento del dcr. lgs
4/08 che ha soppresso dall’elenco dei rifiuti speciali quelli indicati nella
lettera “n” , comma 3 dell’art. 184 del dcr. lgs 152/06 non comporterebbe, come
ritenuto dalla Provincia la semplice autorizzazione all’esercizio, ma
richiederebbe comunque l’A.I.A.. La denominazione di rifiuti speciali a
identificazione di una tipologia di rifiuti urbani sarebbe in contrasto con la
normativa europea: ove permanesse al riguardo un dubbio interpretativo il
Tribunale dovrebbe sollevare questione pregiudiziale dalla C.G.C.E.;
l’impianto di Falascaia occorrerebbe di A.I.A. ed essa avrebbe dovuto essere
chiesta entro il 31.1.2008;
per essere compreso nel punto R1 alla nota 14 dell’allegato II della direttiva
2008/98/CE un impianto dovrebbe garantire una resa energetica uguale o superiore
a 0,65 (per gli impianti autorizzati dopo il 31.12.2008) o a 0,60 (per gli
impianti funzionanti e autorizzati anteriori all’1.1.2009). Ma non risulta che
per l’impianto di Falascaia sia stata mai fatta una verifica sulla resa
energetica e quindi dovrebbe essere considerato un impianto di smaltimento di
rifiuti, ma esso non sarebbe stato mai inserito nel piano regionale quale
inceneritore di rifiuti;
si reitera motivo sulla V.I.A. e sull’insussistenza dei presupposti per
l’ammissione alle procedure semplificate.
Le resistenti Provincia di Lucca e T.E.V. hanno ambedue controdedotto con
memorie ai motivi dedotti eccependo in primo luogo la carenza di legittimazione
attiva delle ricorrenti, in questo richiamando le numerose pronunce di questa
Sezione. Hanno anche eccepito la tardiva impugnazione in relazione alla data di
pubblicazione o effettiva conoscenza degli atti impugnati o la mancata
impugnazione di varie determinazioni dirigenziali della Provincia di cui quelli
impugnati costituirebbero meri atti consequenziali.
Nel merito hanno sostenuto l’infondatezza di tutti i motivi dedotti e, quindi la
piena legittimità dei provvedimenti impugnati.
Tutte le parti costituite hanno prodotto ulteriori memorie in replica,
insistendo sulle rispettive contrapposte argomentazioni.
2) L’eccezione di difetto di legittimazione attiva opposta dalle resistenti
Amministrazione provinciale e società T.E.V. è da ritenere fondata.
Il Collegio osserva che il ricorso in epigrafe si inserisce in una sequenza di
azioni, anteriori al ricorso medesimo, che hanno avute tutte, direttamente o
indirettamente, lo scopo di determinare, attraverso l’annullamento degli atti
impugnati, il fermo dell’impianto di termovalorizzazione in località Falascaia,
il cui progetto di realizzazione risale al dicembre 1995.
Dei ricorsi proposti, una parte sono stati dichiarati perenti (decreti:
1629/010, 2150/010, 3761/010 e 4162/010); i rimanenti sono stati decisi con
sentenza di inammissibilità per carenza di legittimazione dei proponenti: si può
fare riferimento alle sentenze 2734/03, 2735/03, 4669/05 e in ultimo 5144/010,
pronunciate su azioni promosse dall’Associazione per la Tutela Ambientale della
Versilia e da Daniela Bertolucci. La qual cosa determina di per sé un autonomo
profilo di inammissibilità per il consolidamento degli effetti dei provvedimenti
impugnati derivanti dal passato in giudicato delle sentenze di rigetto dei
ricorsi proposti avverso gli atti medesimi. E ciò senza dire dei provvedimenti
risalenti a diversi anni precedenti a quelli oggetto di gravame, mai impugnati e
anche questi definitivamente consolidati.
Il Collegio, prescinde tuttavia da tale profilo ritenendo non sussistere alcuna
ragione per disattendere le precedenti richiamate pronunce. In particolare, per
ragioni di economia, rimanda integralmente alle motivazioni della sentenza
5144/010, nella quale è stato già evidenziato, quanto all’Associazione per la
tutela ambientale della Versilia, che secondo l’orientamento giurisprudenziale
prevalente le associazioni ambientaliste non comprese nell'elenco di cui
all'art. 13 della legge n. 349 del 1986, sono legittimate a impugnare i
provvedimenti lesivi di interessi ambientali qualora perseguano statutariamente
in modo non occasionale obiettivi di tutela ambientale, abbiano un adeguato
grado di rappresentatività e stabilità, abbiano un'area di afferenza
ricollegabile alla zona in cui è situato il bene a fruizione collettiva che si
assume leso.
Anche se è vero che l'affidamento al Ministero dell'ambiente, ex art. 13 l. 8
luglio 1986 n. 349, del potere di accertamento della legittimazione ad agire
delle associazioni ambientaliste e dei comitati non esclude la possibilità per
il giudice di valutare, caso per caso, l'applicabilità dell'art. 18 l. n. 349
del 1986, accertando la sussistenza della legittimazione in capo ad una
determinata associazione ad impugnare provvedimenti lesivi di interessi
ambientali, la verifica di tale capacità di agire è assoggettata a precise e
circoscritte condizioni (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 2 ottobre 2006, n. 5760;
Cons. Stato, sez. IV, 19 febbraio 2010 n. 1001), diversamente configurandosi
un’azione popolare.
In concreto, contrariamente a quanto teorizzato dalla difesa delle ricorrenti
nelle ultime memorie, un’associazione non riconosciuta territorialmente
delimitata deve garantire il possesso dei requisiti, quanto a scopo,
rappresentanza, articolazione territoriale, non occasionalità o contingibilità,
attività di promozione di iniziative volte all’accrescimento dell’interesse
verso valori ambientali propri del territorio di riferimento non dissimili, nel
dovuto rapporto rispetto all’ambito territoriale di riferimento, a quelli propri
delle associazioni riconosciute, essendo stati tali requisiti individuati dalla
legge in via eccezionale e nella giusta mediazione - a temperamento del
principio di personalità dell’azione in riferimento alla protezione di un
interesse personale e attuale – come condizione necessaria al riconoscimento di
un’iniziativa processuale a tutela di interessi ambientali coinvolgenti
interessi diffusi della collettività.
Solo in tale ristretto ambito può non darsi rilievo in sé e per sé, ai fini
della legittimazione (secondo anche la giurisprudenza richiamata a proprio
favore), al provvedimento ministeriale di riconoscimento.
Diversamente, difetterebbe l’elemento di collegamento soggettivo con l’insieme
degli interessi diffusi aventi a riferimento i valori ambientali da promuovere e
perseguire, i quali solo divenendo stabilmente propri del soggetto esponenziale
non sarebbero più adespoti e come tali lasciati all’esclusiva cura della
pubblica amministrazione.
Ora, come già rilevato nella richiamata sentenza, “nel caso di specie non pare
che in capo alla predetta Associazione siano configurabili integralmente i
suddetti requisiti.
E’ depositato in atti lo statuto dell’associazione dal quale è possibile
evincere (art. 3) che la medesima “ha per scopo la difesa e la tutela
dell’ambiente e del territorio versiliese”, ma tale profilo del tutto generico,
in assenza di prova della effettiva rappresentatività conduce ad esito negativo
l’accertamento della propria legittimazione ad impugnare l’atto in epigrafe.
E’ necessario, infatti, che sia provato il collegamento stabile con il
territorio interessato, consolidatosi obiettivamente in un periodo di tempo
significativo, nonché un’azione associativa dotata di adeguata consistenza e di
rappresentatività degli interessi che si intendono tutelare, anche con
riferimento al numero e alla qualità degli associati, aspetti che, nella
fattispecie, non risultano dimostrati (T.A.R. Toscana, sez. II, 5 febbraio 1998,
n. 145).
Quel che traspare dall’atto costitutivo è, invece, solo un’iniziativa di poco
successiva all’avvio del procedimento di realizzazione dell’impianto di
Falascaia e quindi concretizzata in un atto fondativo che appare così come
strumentalmente finalizzato al promuovimento delle azioni giurisdizionali che di
li a poco sarebbero state intentate (il primo ricorso risale infatti al 1998).
Per quanto riguarda, infine, l’altra ricorrente, sig.ra Bertolucci Daniela, non
può che confermarsi il difetto di legittimazione, non fornendo la documentazione
prodotta elementi che possano oggettivamente condurre a un diverso orientamento.
Si ribadisce che la mera presenza di una discarica o ad altro impianto per il
trattamento e lo smaltimento (o recupero) di rifiuti anche a mezzo di
termocombustione, non legittima il proprietario di un bene residente nel Comune
nel cui territorio l’impianto insiste ad insorgere avverso gli atti con i quali
si provvede all’approvazione del progetto dell’opera sotto i vari aspetti
procedimentali o all’autorizzazione alla gestione e/o alla messa in esercizio
dell'opera o ancora agli scarichi e immissione nell’atmosfera del prodotto della
combustione, laddove non sussista un collegamento diretto, immediato e oggettivo
fra quanto deliberato con i suddetti provvedimenti e un interesse giuridico
personale del soggetto che si ritiene leso. Interesse personale non astratto, ma
concreto e attuale in quanto direttamente inciso attraverso la lesione di un
bene al quale l’ordinamento riconosce tutela. Tale non può qualificarsi, per
esempio, l’aspettativa alla salubrità dell’ambiente o il timore generico di
possibili effetti pregiudizievoli legati esclusivamente alla presenza dell’opera
pubblica o dell’impianto, come nel caso di specie appare inequivocabilmente la
situazione rappresentata dalla Bertolucci la quale si trova (secondo una perizia
dalla stessa prodotta) a una distanza di quasi mezzo chilometro dall’impianto.
Anche con riguardo ai limiti di inquinamento acustico, la legittimazione può
essere favorevolmente riconosciuta solo laddove sia accertato che effettivamente
l’esercizio dell’impianto superi nei confronti della stessa ricorrente i limiti
di immissione o emissione. Ma non risulta agli atti che sia stato mai accertato
che l’abitazione della ricorrente sia raggiunta da rumori provenienti
dall’impianto superiori ai limiti di legge. Né tale legittimazione può fondarsi
sulla decisione dell’Amministrazione di approfondire gli accertamenti in un dato
ambito territoriale, essendo tale decisione finalizzata, in una ratio
precauzionale, ad un approfondimento generale (e non specifico ossia riferito ad
un soggetto particolare) dell’indagine.acustica.
Né la stessa può invocare la sua legittimazione in via strumentale con
riferimento al perseguimento di valori ambientali generici e diffusi,
traducendosi essa in un’azione popolare che l’ordinamento giuridico vigente
ammette eccezionalmente in tassativi casi che costituiscono numero chiuso,
potendo il perseguimento di tali valori essere proficuamente conseguito
attraverso l’azione delle associazioni ambientaliste riconosciute o se non
riconosciuto – come sopra evidenziato – aventi requisiti simili alle stesse.
Neppure per la sua genericità può darsi rilievo alla perizia effettuata da
un’agenzia immobiliare nella quale è genericamente stimato nel 30% il
deprezzamento del valore della proprietà della stessa ricorrente, dovuto
all’esistenza dell’impianto. Ciò in quanto a parte la genericità e
approssimazione della stima, il diminuito valore non è rapportato ad un vulnus
diretto ossia prodotto da un danno alla proprietà (esproprio, servitù od altro)
o ancora al mutamento del rapporto fra proprietà e contiguo territorio (es.
apertura o chiusura di una strada, mutamento destinazione ed altro) che
determinino una relazione diretta con tale, bensì alla sola presenza
dell’impianto, ma questa risale a diversi anni addietro ed è riconducibile a
provvedimenti ormai consolidati.
A ciò va aggiunto che la sola esistenza nel territorio comunale di residenza
dell’impianto di termovalorizzazione, astrattamente idoneo a incidere
negativamente sul contesto ambientale di riferimento, non può di per sé fondare
una legittimazione ad agire che la legge ripone invece nel pregiudizio di in un
determinato interesse personale attuale meritevole di tutela.
In definitiva, come già evidenziato nella richiamata sentenza, “ciò che difetta
nella fattispecie è la prova del danno che la ricorrente subirebbe dal
funzionamento dell’impianto, non essendo a tal fine sufficienti generiche
allegazioni afferenti alla nocività di questo sorrette da “dati di comune
esperienza”, ovvero riferite al diritto dell’interessata “a una vita salubre e
ad un ambiente vivibile”.
Manca, in buona sostanza, l’allegazione della sussistenza della una lesione
immediata e diretta di un interesse personale ed attuale che deriverebbe
dall’esecuzione del provvedimento impugnato.
Per le considerazioni sopra esposte, il ricorso va dichiarato inammissibile per
difetto di legittimazione delle ricorrenti.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza come da liquidazione fatta in
dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara
inammissibile. Condanna le parti ricorrenti, in solido fra loro, al pagamento,
in favore delle resistenti, delle spese di giudizio che si liquidano
forfettariamente in € 3.000,00, oltre IVA e CPA.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 4 gennaio 2011 con
l'intervento dei magistrati:
Maurizio Nicolosi, Presidente, Estensore
Bernardo Massari, Consigliere
Pierpaolo Grauso, Primo Referendario
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21/01/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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