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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 19 luglio 2011, n. 1245
RIFIUTI - Abbandono - Art. 193 d.lgs. n. 152/2006 - Proprietario dell’area -
Ipotesi legale di responsabilità oggettiva - Esclusione - Accertamenti -
Contraddittorio - Omissione colpevole. In tema di abbandono di rifiuti, la
giurisprudenza amministrativa, già con riferimento alla misura prevista
dall'art. 14 dell’abrogato D.Lgs. n. 22/97, riteneva che il proprietario
dell'area fosse tenuto a provvedere allo smaltimento, ma solo a condizione che
ne fosse dimostrata la corresponsabilità almeno a titolo di colpa con gli autori
dell'illecito, e, conseguentemente, escludeva che la norma configurasse
un'ipotesi legale di responsabilità oggettiva, affermando l'illegittimità degli
ordini di smaltimento di rifiuti indiscriminatamente rivolti al proprietario di
un fondo in mancanza di adeguata dimostrazione dell’imputabilità soggettiva
della condotta, sulla base di un'istruttoria completa e di un'esauriente
motivazione. I medesimi principi si traggono, oggi, dalla previsione di cui
all'art. 192 del D.Lgs. n. 152/06, che non soltanto riproduce il tenore
dell'art. 14 cit. circa la necessaria imputabilità dell’abbandono a titolo di
dolo o colpa, ma integra il precedente precetto, precisando che l'ordine di
rimozione può essere adottato esclusivamente in base agli accertamenti
effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti
al controllo (Cons. Stato, sez. V, 19 marzo 2009, n. 1612); con il corollario
secondo cui, anche se si ritenga sufficiente, ad integrare la corresponsabilità
del proprietario per lo smaltimento di rifiuti abbandonati su un fondo di sua
proprietà, la semplice omissione di cautele suggerite dall'ordinaria diligenza,
sono pur sempre necessari indizi concreti che permettano di addebitare una
omissione colpevole, non essendo a tal fine sufficiente la mera assenza di
comportamenti volti a rimuovere i rifiuti (Cons. Stato, sez. V, 16 luglio 2010,
n. 4614). Pres. Nicolosi, Est. Grauso L.R. e altri (avv.ti Usai e Spatocco)
c. Comune di Scarperia (avv. Cecchi) e altri (n.c.) -
TAR TOSCANA, Sez. II - 19 luglio 2011, n. 1245
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N. 01245/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00235/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 235 del 2009, integrato da motivi
aggiunti, proposto da:
Lorenzo Romagnoli, Solai Prefabbricati Mugello S.r.l., RO.MA. S.r.l. in
liquidazione, rappresentati e difesi dagli avv.ti Francesco Usai e Matteo
Spatocco, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Firenze, viale
Spartaco Lavagnini 47;
contro
Comune di Scarperia, rappresentato e difeso dall'avv. Alessandro Cecchi, presso
il cui studio è elettivamente domiciliato in Firenze, via Masaccio 172;
Comune di Scarperia Resp. Settore Affari Generali, Agenzia Regionale Protezione
Ambiente (Arpa) - Toscana, Agenzia Regionale Protezione Ambiente (Arpa) -
Toscana Servizio Sub Provinciale Mugello Piana di Sesto, Comune di Scarperia
Responsabile Settore VI Urbanistica ed Edilizia, Regione Toscana, Provincia di
Firenze;
per l'annullamento
- della Determinazione n. 24/AG del3-12-2008 notificata in data 4 dicembre 2008,
recante l'ordine di rimozione e smaltimento o avvio al recupero dei rifiuti
posti sul terreno catastalmente distinto dal foglio 64 particella 368 del NCT
del Comune di Scarperia, nonché di tutti gli atti ad esso comunque connessi
presupposti e/o antecedenti, ancorché incogniti, con particolare riferimento ai
verbali ispettivi (ad oggi non conosciuti) ed al verbale di accertamento
congiunto ARPAT/Polizia Municipale di Scarperia reg. 16/08/EDI del 4-9-2008
- e per i motivi aggiunti depositati in data 4 febbraio 2010:
- dell'ordinanza sindacale n. 26 del 23.11.2009 notificata in data 28 novembre
2009, recante l'ordine di rimozione e smaltimento o avvio al recupero dei
rifiuti posti sul terrreno catastalmente distinto dal foglio 64 particella 368
del NCT del Comune di Scarperia;
- della determinazione del comuni di Scarperia, Settore VI Urbanistica ed
Edilizia, n. A/08/021/BIS del 17 dicembre 2009 recante ordine di ripristino
lavori edili, notificata in data 29 dicembre 2009;
- della relazione tecnica ARPAT del 3.12.2009 conosciuta in data 18.1.2010 a
seguito di accesso;
- nonche' di tutti gli atti ad essi comunque connessi presupposti e/o
antecedenti, ancorche' incogniti, con particolare riferimento ai verbali
ispettivi (ad oggi non conosciuti) ed alle relazioni di polizia citate nelle
premesse dell'ordinanza sindacale 26/2009 (ad oggi non conosciute).
e per i motivi aggiunti del 12/11/2010:
- dell’ordinanza sindacale n. 9 del 15.7.2010 (doc. 27) ricevuta in data 17
luglio 2010, recante l’ordine di rimozione e smaltimento o avvio al recupero dei
rifiuti posti sul terreno catastalmente distinto dal foglio 64 particella 368
del NCT del Comune di Scarperia;
- nonché di tutti gli atti ad essa comunque connessi presupposti e/o
antecedenti, ancorchè incogniti.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Scarperia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 marzo 2011 il dott. Pierpaolo
Grauso e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso notificato il 30 gennaio 2009, Lorenzo Romagnoli, unitamente alle
società Solai Prefabbricati Mugello (di seguito: S.P.M.) e RO.MA., da lui
legalmente rappresentate, proponevano impugnazione avverso la determinazione n.
24/AG del 3 dicembre 2008, mediante la quale il Comune di Scarperia aveva
ordinato loro di provvedere alla rimozione ed allo smaltimento dei rifiuti
(terra frammista a inerti derivanti da demolizioni) rinvenuti, a seguito di
sopralluogo della Polizia municipale, sul terreno identificato in catasto alla
particella 368 del foglio 64, di proprietà della predetta S.P.M.. Sulla scorta
di due motivi in diritto, i ricorrenti concludevano per l’annullamento dell’atto
impugnato, del quale chiedevano altresì disporsi la sospensione incidentale.
Costituitosi in giudizio il Comune di Scarperia, che resisteva al gravame, con
ordinanza del 19 – 20 febbraio 2009 il collegio sospendeva l’efficacia del
provvedimento impugnato.
A seguito dell’accoglimento dell’istanza cautelare, l’amministrazione resistente
dapprima revocava in via di autotutela la determinazione n. 24/AG del 2008,
quindi, con ordinanza sindacale n. 26 del 23 novembre 2009, intimava nuovamente
agli odierni ricorrenti, ai sensi dell’art. 192 co. 3 D.Lgs. n. 152/06, di
rimuovere e smaltire o avviare al recupero i rifiuti abbandonati sulla
particella 368, previa presentazione di uno studio ambientale finalizzato a
definire l’ampiezza, la profondità e le caratteristiche dell’area interessata
dal deposito abusivo. Tale nuovo provvedimento, insieme alla determinazione del
17 dicembre 2009, che recava l’ordine di rimozione del deposito permanente di
rifiuti realizzato senza titolo edilizio abilitativo sulla particella 368,
veniva impugnato dai ricorrenti con atto di motivi aggiunti depositato il 4
febbraio 2010. Il tribunale, con ordinanza pronunciata in esito alla camera di
consiglio del 18 febbraio 2010, accoglieva la domanda incidentale di sospensione
ivi contenuta.
Successivamente, il Comune di Scarperia, con l’ordinanza sindacale n. 9 del 5
luglio 2010, provvedeva alla revoca della precedente ordinanza n. 26/09 ed al
contestuale rinnovo, nei confronti dei ricorrenti, dell’ordine di bonifica
relativo al terreno in questione. Il provvedimento veniva fatto oggetto di
autonoma impugnativa attraverso un secondo atto di motivi aggiunti, depositato
il 12 novembre 2010 e recante, ancora una volta, istanza di sospensiva, che
veniva tuttavia respinta con l’ordinanza collegiale del 23 – 24 novembre 2010.
Nel merito, la causa veniva discussa e trattenuta per la decisione nella
pubblica udienza del 30 marzo 2011, preceduta dal deposito di documenti e dallo
scambio di memorie difensive e repliche.
DIRITTO
Con la determinazione n. 24/AG del 3 dicembre 2008, il Comune di Scarperia ha
ingiunto a Lorenzo Romagnoli, nonché a due società da costui amministrate, la
S.P.M. e la RO.MA. (in liquidazione), di provvedere alla rimozione ed allo
smaltimento dei rifiuti abbandonati su di un terreno di proprietà della predetta
S.P.M., identificato catastalmente alla particella 368 del foglio 64. Detto
provvedimento, impugnato con il ricorso introduttivo del giudizio, è stato
peraltro revocato in autotutela dal Comune, che, conformandosi a quanto statuito
dal tribunale in sede cautelare, lo ha sostituito con l’ordinanza sindacale n.
26 del 23 novembre 2009, avente il medesimo contenuto dispositivo ed impugnata
dai ricorrenti mediante il primo atto di motivi aggiunti insieme alla
determinazione del 17 dicembre 2009, contenente l’ordine di rimozione del
deposito permanente di rifiuti realizzato senza titolo. L’ordinanza n. 26/2009 è
stata, a sua volta, revocata con nuovo atto sindacale n. 9 del 15 luglio 2010,
recante l’ulteriore rinnovazione dell’ordine di bonifica già impartito ai
ricorrenti, e da costoro impugnata mediante il secondo atto di motivi aggiunti
al quale, in virtù degli eventi susseguitisi in corso di causa, resta affidato
ogni residuo interesse processuale.
Circoscritto, in tal modo, l’ambito di procedibilità della controversia, giova
in primo luogo ripercorrere le ragioni salienti poste dal Comune resistente alla
base della decisione di adottare, e quindi reiterare, nei confronti dei
ricorrenti l’ordine di bonifica della sopra menzionata particella 368. Tali
ragioni si ricavano dalla motivazione dell’ordinanza n. 9/2010, dalla quale
emerge che, sulla particella in questione, è stato rinvenuto un deposito
incontrollato di rifiuti di vario genere, la cui responsabilità il Comune
ascrive ai ricorrenti per non avere la S.P.M. S.r.l., proprietaria del terreno,
ubicato a brevissima distanza dalla sua sede amministrativa, esercitato su di
esso i controlli che pure sarebbero stati agevolmente praticabili; e per aver
avuto la RO.MA. S.r.l., tra il 1999 ed il 2006, la disponibilità del fondo, sul
quale gestiva un impianto di recupero di inerti. Quanto al Romagnoli,
amministratore unico di ambedue le società, egli sarebbe responsabile anche
personalmente in considerazione della quotidiana presenza sia presso la sede
della S.P.M., sia presso l’impianto gestito dalla RO.MA., vale a dire proprio
nel luogo ove la discarica abusiva è stata realizzata.
Con il primo motivo, di cui al secondo atto di motivi aggiunti, i ricorrenti
censurano l’affermazione contenuta nel provvedimento impugnato, secondo cui i
risultati degli accertamenti eseguiti nei loro confronti potrebbero considerarsi
pacifici, perché non contestati, e ribadiscono di aver svolto in seno al
procedimento amministrativo – e, parallelamente, anche in sede giurisdizionale,
trattandosi di vicenda già sottoposta al giudizio di questo tribunale quando
l’ordinanza n. 9/2010 è stata adottata – numerose e circostanziate
contestazioni, che il Comune avrebbe immotivatamente obliterato, in violazione
dei principi che governano la partecipazione al procedimento.
Con il secondo motivo, i ricorrenti si dolgono dello sviamento in cui il Comune
sarebbe incorso, a partire dalla mancata considerazione della circostanza che
l’area ove insiste la particella 368 sarebbe stata interessata da un piano per
gli insediamenti produttivi che avrebbe stravolto l’assetto del territorio, reso
oggetto di consistenti movimentazioni di terra e di opere di
industrializzazione. Dal rilievo altimetrico realizzato nel 1999, si evincerebbe
poi che la quota complessiva del terreno in zona mostrerebbe differenze
altimetriche insignificanti, e che il solo cumulo di materiali ivi presente
sarebbe posto su di un fondo confinante con la particella 368, di talché ci si
dovrebbe quantomeno domandare perché l’amministrazione non abbia mai ritenuto di
indagare sull’operato delle imprese coinvolte nella realizzazione del P.I.P.,
che avevano libero accesso ai fondi.
Per altro verso i ricorrenti sottolineano come, svolgendo la RO.MA. proprio
attività di trattamento di rifiuti, non avrebbero avuto alcun senso per loro
interrare i rifiuti, piuttosto che trattarli per poi rivenderli. Negano,
inoltre, di aver avuto il controllo continuo della particella 368, e contestano
che la tesi del Comune sia corroborata dalle sommarie informazioni raccolte, ed
alle quali il provvedimento impugnato fa rinvio: al contrario, nessuno dei
soggetti escussi avrebbe dichiarato di aver assistito all’interramento dei
rifiuti ad opera di persone in qualche modo riferibili ai ricorrenti, ed in ogni
caso si tratterebbe di informazioni rese da persone inattendibili. Nel
complesso, dunque, non vi sarebbe alcuna dimostrazione del coinvolgimento dei
ricorrenti nella commissione dell’illecito abbandono di rifiuti, e tantomeno
potrebbe considerarsi provata la sussistenza dell’elemento psicologico ai fini
dell’imputazione delle condotte contestate.
Le censure, che saranno esaminate congiuntamente, sono infondate.
In tema di abbandono di rifiuti, la giurisprudenza amministrativa, già con
riferimento alla misura prevista dall'art. 14 dell’abrogato D.Lgs. n. 22/97,
riteneva che il proprietario dell'area fosse tenuto a provvedere allo
smaltimento, ma solo a condizione che ne fosse dimostrata la corresponsabilità
almeno a titolo di colpa con gli autori dell'illecito, e, conseguentemente,
escludeva che la norma configurasse un'ipotesi legale di responsabilità
oggettiva, affermando l'illegittimità degli ordini di smaltimento di rifiuti
indiscriminatamente rivolti al proprietario di un fondo in mancanza di adeguata
dimostrazione dell’imputabilità soggettiva della condotta, sulla base di
un'istruttoria completa e di un'esauriente motivazione. I medesimi principi si
traggono, oggi, dalla previsione di cui all'art. 192 del D.Lgs. n. 152/06, che
non soltanto riproduce il tenore dell'art. 14 cit. circa la necessaria
imputabilità dell’abbandono a titolo di dolo o colpa, ma integra il precedente
precetto, precisando che l'ordine di rimozione può essere adottato
esclusivamente in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i
soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo (per tutte, cfr. Cons.
Stato, sez. V, 19 marzo 2009, n. 1612); con il corollario secondo cui, anche se
si ritenga sufficiente, ad integrare la corresponsabilità del proprietario per
lo smaltimento di rifiuti abbandonati su un fondo di sua proprietà, la semplice
omissione di cautele suggerite dall'ordinaria diligenza, sono pur sempre
necessari indizi concreti che permettano di addebitare una omissione colpevole,
non essendo a tal fine sufficiente la mera assenza di comportamenti volti a
rimuovere i rifiuti (così Cons. Stato, sez. V, 16 luglio 2010, n. 4614).
Tanto premesso, nel caso in esame deve ritenersi che dall’istruttoria espletata
in via amministrativa emergano adeguati indizi a sostegno della determinazione
assunta dal Comune di Scarperia. Tali indizi si ricavano innanzitutto – lo si è
già accennato in sede cautelare – dalle sommarie informazioni rese alla Polizia
Municipale, nell’agosto 2008, da certo Pasquale Iamarino, dipendente fino al
febbraio del 2005 della società RO.M.A, per conto della quale egli ha ricordato
di aver eseguito lavori di movimentazione di detriti sul terreno identificato
dalle particelle 144 e 146 della vecchia ripartizione catastale: in particolare,
lo Iamarino ha riferito di aver provveduto a riempire con materiali di
demolizione previamente trattati gli scavi che ivi erano stati realizzati per
prelevare terra, livellando in tal modo il piano di campagna, e di aver altresì
depositato inerti fino in prossimità del Fosso di Pianvallico, che segna il
confine ovest della particella 144 in questione e che costituisce un riferimento
topografico dal quale si comprende come il dichiarante, a prescindere dagli
identificativi catastali, abbia risposto avendo piena consapevolezza dei luoghi
materia della sua narrazione. La quantità di materiale movimentato ed utilizzato
per i riempimenti, secondo una stima offerta dallo stesso Iamarino, sarebbe pari
a circa 200 – 300 metri cubi.
Onde fugare qualsiasi dubbio in merito alla riferibilità delle dichiarazioni
rilasciate dallo Iamarino al terreno oggi distinto dalla particella 368, oggetto
del provvedimento impugnato, è sufficiente il raffronto fra le numerose
planimetrie catastali in atti, da cui si evince che l’attuale particella 368
deriva dalla precedente 144, della quale rappresenta la porzione meridionale. La
relazione tecnica redatta dall’ARPAT in data 3 dicembre 2009 e relativa,
nell’ambito del procedimento penale a carico del Romagnoli, ad un’area di
indagine pressoché corrispondente a quella già identificata dal mappale 144,
chiarisce poi che l’area maggiormente interessata dal movimento di materiali è
proprio quella oggi identificata dal mappale 368 che, nel 2005, era l’unica di
proprietà della S.P.M. e, pertanto, l’unica sulla quale la RO.MA. aveva titolo
ad operare (la porzione nord della pregressa particella 144 appartiene a certo
Mario Cecchi, anch’egli escusso a sommarie informazioni). Se, da un lato, questo
consente di mettere ulteriormente a fuoco le affermazioni dello Iamarino, le
quali non possono che avere riguardo al terreno contraddistinto come particella
368, dall’altro è interessante osservare come tali affermazioni siano pienamente
avallate nella loro attendibilità dalla stessa relazione ARPAT, la quale colloca
a partire dal 2005 l’inizio dell’attività di accumulo di inerti sul fondo in
questione.
In senso contrario, i ricorrenti invocano peraltro le dichiarazioni rilasciate
dallo Iamarino medesimo, nonché da certi Gianfranco Marchesini e Mirko Vicino,
in asserita applicazione degli artt. 391-bis e 391-ter c.p.p.. Sul punto, è
appena in caso di osservare che, stante la radicale inapplicabilità nel presente
giudizio amministrativo della disciplina processualpenalistica sulle indagini
difensive, dette dichiarazioni possono al più assumere il valore indiziario
della prova documentale atipica (assimilabile in qualche modo allo scritto
proveniente dal terzo), il cui ingresso in causa deve reputarsi ammissibile una
volta che è stata generalizzata, anche davanti al G.A., l’ammissibilità della
prova testimoniale (si veda l’art. 63 co. 3 c.p.a.).
Sul piano sostanziale, si tratta peraltro di dichiarazioni la cui attendibilità
è diminuita dall’atteggiarsi come risposte a domande il cui contenuto non
risulta trascritto; ma, soprattutto, di dichiarazioni irrilevanti, giacché si
riferiscono ad un’area che palesemente non corrisponde alla particella 368, ed
il fatto che lo Iamarino qui riferisca di non conoscere con quali estremi
catastali siano identificati quei terreni, ed i terreni circostanti, non inficia
il contenuto di quanto dichiarato nel 2008 alla Polizia Municipale, laddove,
come detto, non era il dato catastale, bensì i riferimenti topografici
utilizzati a fornire la certezza che il dichiarante avesse ben presente lo stato
dei luoghi su quali era chiamato a rispondere. L’affermazione di non aver mai
trasportato e scaricato materiale non precedentemente sottoposto a
frantumazione, oltre a coincidere perfettamente con quanto dichiarato dallo
Iamarino alla Polizia Municipale, non vale di per sé ad escludere l’illiceità
dell’interramento eseguito su disposizione del Romagnoli in mancanza delle
necessarie autorizzazioni (come risulta dai documenti in atti, è dal 18 febbraio
2004 che nei confronti della RO.MA. S.r.l. la Provincia di Firenze ha disposto
il divieto di prosecuzione dell’attività di recupero di rifiuti, che avrebbero
dovuto essere trasferiti altrove), il che vale a maggior ragione per
l’interramento eseguito all’interno della fascia di rispetto del Fosso di
Pianvallico (si veda la relazione ARPAT, cit.).
Del pari irrilevanti sono le dichiarazioni rese dai sopra menzionati Marchesini
e Vicino, le quali non contengono elementi incompatibili con quanto riferito
dallo Iamarino: che costoro non abbiano effettuato scarichi illeciti al di fuori
dell’area a ciò dedicata non significa che altri non possano averlo fatto,
mentre l’aver notato rifiuti abbandonati – ma non interrati – nelle vicinanze
del Fosso di Pianvallico non libera certo il Romagnoli dall’episodio
dell’interramento abusivo, né è, del resto, particolarmente significativo,
collocandosi in epoca antecedente al momento a partire dal quale l’ARPAT ha
accertato essersi formato l’abusivo accumulo di materiali, con conseguente
alterazione del piano di campagna e modificazione morfologica del terreno.
Ritiene, dunque, il collegio che le dichiarazioni rese da Pasquale Iamarino,
complessivamente considerate, costituiscano la dimostrazione diretta che, tra il
gennaio ed il febbraio del 2005, il Romagnoli, nella veste di amministratore
della RO.MA. S.r.l., fece eseguire sulla particella 368 di proprietà della
S.P.M. S.r.l. un abusivo interramento di rifiuti provenienti da demolizioni, per
un quantitativo di circa 200 – 300 metri cubi di materiali. Perché da questo
possa inferirsi la prova logica della imputabilità ai ricorrenti dell’intero
riporto di materiale operato su quel terreno, e stimato dall’ARPAT in circa
3.123 metri cubi, occorrono, evidentemente, argomenti aggiuntivi, che si
traggono in primo luogo dagli eventi che hanno occasionato, in sede penale, il
sequestro probatorio della particella 368.
Nei giorni precedenti a quello stabilito per l’esecuzione del decreto di
ispezione adottato e notificato dalla Procura della Repubblica di Firenze nei
confronti del Romagnoli, operatori della Polizia Municipale di Scarperia e dell’ARPAT,
recatisi in loco per verifiche d’ufficio, accertavano la presenza sulla
particella 368 di due escavatori e l’avvenuta rimozione di uno strato
superficiale di terreno mediante escavazione di un carico di 50 tonnellate di
materiale, che erano state avviate a discarica con il codice CER 170904 (rifiuti
misti dell’attività di costruzione e demolizione), come confermato dal
conducente dell’automezzo utilizzato per il trasporto, tornato sul posto – a
mezzo scarico – proprio mentre gli ufficiali di P.G. erano intenti al controllo.
Essendo il dato oggettivo quello di una condotta intenzionale atta a modificare
lo stato dei luoghi, secondo un criterio di normalità esso fa presumere che tali
operazioni siano state poste in essere con l’obiettivo di ostacolare il corso
delle indagini da parte di chi aveva interesse a rendere più difficoltoso
l’accertamento della propria responsabilità; appare invece del tutto
inverosimile, secondo il medesimo criterio, che il Romagnoli si sia attivato
spontaneamente per rimuovere i rifiuti superficiali con l’intenzione di
agevolare l’attività ispettiva, come sostenuto dalla difesa dei ricorrenti, ed
il fatto che il Romagnoli abbia agito in modo maldestro, “alla luce del sole”, è
di per sé equivoco, ben potendosi spiegare con le difficoltà – innanzitutto,
quella di trovare altri soggetti disposti a cooperare – ed i rischi ancora
maggiori di eseguire con modalità occulte l’attività di scavo, trasporto e
scarico di ingenti quantità di materiali.
In termini più generali, non va poi dimenticato che, come chiarito dalla più
volte citata relazione dell’ARPAT, a partire dal 2005 la particella 368 è stata
interessata da assai consistenti interramenti di materiali, i quali hanno dato
luogo ad un’alterazione morfologica dei luoghi apprezzabile anche visivamente.
Ne discende che, se pure si volessero trascurare tutti gli altri indizi a carico
dei ricorrenti, resterebbe comunque inspiegato come il movimento di una tale
quantità di rifiuti – operato da terzi, stando alla tesi difensiva – possa
essere sfuggito all’attenzione del Romagnoli, nella doppia veste di
amministratore delle società che avevano, rispettivamente, la proprietà e la
disponibilità materiale del terreno (peraltro, al di là dei rispettivi titoli
giuridici, è pacifico che la RO.MA. abbia curato, almeno fino alla fine de 2006,
la dismissione dell’impianto di trattamento di rifiuti che sorgeva sul terreno
adiacente, mentre è noto che la sede operativa della S.P.M. è situata nelle
immediate vicinanze della particella 368): sono infatti le stesse dimensioni del
fenomeno a rendere inverosimile che i ricorrenti, operatori professionali del
settore, non abbiano avuto contezza di trovarsi in presenza di una continuata ed
imponente violazione del divieto stabilito dall’art. 192 D.Lgs. n. 152/06; di
modo che ricorrono in concreto le condizioni per addebitare loro quantomeno una
responsabilità colposa omissiva per non aver adottato gli accorgimenti e le
cautele atti a prevenire la prosecuzione dell’illecito ambientale e l’aggravio
delle sue conseguenze pregiudizievoli (cfr. Cons. Stato, sez. V, n. 4614/2010,
cit.; Cass. SS.UU., 25 febbraio 2009, n. 4472), concorrendo così nell’illecito
medesimo per la violazione degli obblighi di diligenza che scaturiscono dalla
posizione qualificata di garanzia contemplata dal terzo comma dell’art. 192,
nella parte in cui sancisce la corresponsabilità del proprietario colpevole con
l’autore dell’inquinamento, e fondata sul principio di protezione ambientale
che, ai sensi dell’art. 3-ter dello stesso D.Lgs. n. 152/06, fra gravare su
tutti i consociati la garanzia della tutela dell'ambiente.
Le vicende della particella 368 sono, del resto, del tutto indipendenti da
quelle che hanno riguardato i terreni vicini, ed è pertanto da escludere che gli
obblighi di diligenza gravanti sui ricorrenti possano dirsi assolti in virtù
delle segnalazioni da essi indirizzate al Comune circa le eventuali
responsabilità degli attuali proprietari per l’inquinamento di terreni diversi
dalla particella 368, rimasta estranea all’attuazione del P.I.P., in quanto
classificata come agricola. Il riferimento è alle controdeduzioni che i
ricorrenti hanno inviato al Comune di Scarperia nell’ambito del procedimento n.
2/07, relativo alla bonifica delle particelle 366, 372 e 378; con la
precisazione, ovvia, che il procedimento relativo alla particella 368 di cui qui
si discute, ancorché costituisca uno sviluppo – non una prosecuzione – di quel
procedimento iniziale, presenta un oggetto autonomo, rispetto al quale i
ricorrenti non hanno dimostrato specifiche responsabilità di terzi, ma si sono
limitati a far valere circostanze di fatto relative a terreni diversi.
Per inciso, l’accertamento di una eventuale corresponsabilità altrui non farebbe
in nessun caso venire meno i profili di responsabilità commissiva ed omissiva
accertati a carico dei ricorrenti, in virtù dei quali può concludersi per la
piena legittimità dell’impugnata ordinanza sindacale n. 9/2010.
Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, dichiarate improcedibili per
sopravvenuto difetto di interesse le impugnative promosse con il ricorso
introduttivo del giudizio e con il primo atto di motivi aggiunti, quella
introdotta con il secondo atto di motivi aggiunti deve essere respinta.
Le spese di lite seguono la soccombenza dei ricorrenti, e sono liquidate come in
dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda),
definitivamente pronunciando, dichiarate improcedibili le impugnative promosse
con il ricorso introduttivo del giudizio e con il primo atto di motivi aggiunti,
respinge quella introdotta con il secondo atto di motivi aggiunti.
Condanna i ricorrenti in solido alla rifusione delle spese processuali, che
liquida in complessivi euro 3.000,00, oltre al rimborso forfettario delle spese
generali, ad I.V.A. e C.P.A. come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 30 marzo 2011 con
l'intervento dei magistrati:
Maurizio Nicolosi, Presidente
Bernardo Massari, Consigliere
Pierpaolo Grauso, Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 19/07/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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