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T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 21 gennaio 2011, n. 137
INQUINAMENTO - Bonifica - Inquinamento determinato dal comportamento omissivo o
commissivo dell’impresa fallita - Ordinanza di bonifica diretta alla curatela
fallimentare - Illegittimità - Fondamento. La curatela fallimentare non può
essere destinataria di ordinanze sindacali dirette alla bonifica di siti
inquinati, per effetto del precedente comportamento commissivo od omissivo
dell’impresa fallita (C.d.S., Sez. V, 29 luglio 2003, n. 4328). In linea di
principio, infatti, i rifiuti prodotti dall’imprenditore fallito non sono beni
da acquisire alla procedura fallimentare e, quindi, non formano oggetto di
apprensione da parte del curatore. L’esclusione della possibilità di sussumere
legittimamente i rifiuti nel compendio fallimentare fa, perciò, scartare l’ipotizzabilità
di profili di responsabilità di carattere meramente gestorio in capo al
curatore. (T.A.R. Toscana, Sez. II, 1° agosto 2001, n. 1318). Per una diversa
conclusione sarebbe necessario individuare un’univoca, chiara ed autonoma
responsabilità in capo al curatore fallimentare nell’abbandono dei rifiuti di
cui trattasi, che, però, va esclusa quando il fatto si è verificato in epoca
antecedente all’apertura della procedura fallimentare. Pres. Nicolosi, Est. De
Berardinis - S.V. (avv. Iaria) c. Comune di Montescudaio (n.c.) -
TAR TOSCANA, Sez. II- 21 gennaio 2011, n. 137
INQUINAMENTO - Curatela fallimentare - Mancanza di responsabilità - P.A. -
Esecuzione d’ufficio della opere di bonifica - Recupero delle somme -
Insinuazione al passivo. In mancanza dell’ascrivibilità alla curatela
fallimentare di una condotta illecita o di un comportamento corresponsabile,
alla P.A. non resta che procedere all’esecuzione d’ufficio delle opere di
bonifica ed al recupero delle somme anticipate con insinuazione del relativo
credito al passivo fallimentare, in conformità, del resto, all’art. 18, comma 5,
del d.m. n. 471/1999 (T.A.R. Toscana, Sez. II, n. 1318/2001). Pres. Nicolosi,
Est. De Berardinis - S.V. (avv. Iaria) c. Comune di Montescudaio (n.c.) -
TAR TOSCANA, Sez. II- 21 gennaio 2011, n. 137
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N. 00137/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00736/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 736 del 2008, proposto dal
rag. Sergio Volterrani, quale curatore del Fallimento “Risparmio di Mondini
Antonio & C. S.n.c.”, rappresentato e difeso dall’avv. Domenico Iaria e con
domicilio eletto presso lo studio dello stesso, in Firenze, via dei Rondinelli,
n. 2
contro
Comune di Montescudaio
nei confronti di
Mondini Antonio e Mondini Maria
per l’annullamento,
previa sospensione dell’efficacia,
- dell’ordinanza del Comune di Montescudaio n. 9 (prot. gen. 1137) del 19
febbraio 2008, con cui è stato ingiunto al sig. Sergio Volterrani, quale
curatore fallimentare della “Risparmio di Mondini Antonio & C. S.n.c.”, ed ai
sigg.ri Mondini Antonio e Mondini Maria, quali soci della stessa, di presentare
entro trenta giorni dalla notificazione un piano di bonifica dell’immobile
(capannone industriale sito in via Poggio Gagliardo n. 29) individuato al
catasto fabbricati al foglio 22, part. 67, sub. 14), per la rimozione di ogni
residuo dei materiali combusti depositatisi nell’area in esame in conseguenza
dell’incendio del capannone;
- di tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenziali.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Vista la domanda di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato,
presentata in via incidentale dal ricorrente;
Vista l’ordinanza n. 490/2008 del 15 maggio 2008, con cui è stata accolta
l’istanza cautelare;
Vista la memoria conclusiva depositata dal ricorrente;
Visti tutti gli atti della causa;
Nominato relatore nell’udienza
pubblica del 10 dicembre 2010 il dott. Pietro De Berardinis;
Udito il difensore presente della parte costituita, come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue
FATTO e DIRITTO
1. A seguito del fallimento della società “Risparmio di Mondini Antonio & C.
S.n.c.”, nonché dei soci illimitatamente responsabili, Mondini Antonio e Mondini
Maria, veniva nominato curatore del fallimento il rag. Sergio Volterrani.
1.1. Nell’attivo del fallimento il curatore rinveniva un immobile, già di
proprietà della società fallita, ubicato nel Comune di Montescudaio e
consistente in un capannone industriale, che in data 16 luglio 2005 era stato
interessato da un incendio, con conseguente danneggiamento della struttura e
deposito, al suo interno, di materiale combusto.
1.2. Di tale capannone il giudice delegato disponeva, con provvedimento del 21
febbraio 2008, la vendita senza incanto, ponendo a carico dell’aggiudicatario
eventuali oneri per la bonifica dell’area. Tuttavia, il 26 febbraio 2008 veniva
notificata al predetto sig. Volterrani l’ordinanza del Comune di Montescudaio n.
9/2008 (prot. gen. n. 1137) del 19 febbraio 2008, recante ingiunzione a carico
del medesimo (nella sua veste di curatore del fallimento), nonché dei sigg.ri
Mondini Antonio e Maria, quali soci della società fallita, di presentare entro
trenta giorni un piano di bonifica per la rimozione di ogni residuo dei
materiali combusti depositatisi a seguito dell’incendio del capannone.
2. Avverso l’ora vista ordinanza del Comune di Montescudaio è insorto il sig.
Volterrani, nella sua veste di curatore del fallimento, impugnandola con il
ricorso in epigrafe (dopo averne chiesto senza esito il ritiro alla P.A.) e
chiedendone l’annullamento, previa sospensione.
2.1. A supporto del gravame, ha dedotto le doglianze di:
- violazione e/o falsa applicazione degli artt. 7 della l. n. 241/1990 e 192 del
d.lgs. n. 152/2006, e dell’art. 97 Cost., eccesso di potere per violazione del
giusto procedimento, violazione dei principi di buon andamento e correttezza e
per lesione del contraddittorio, in quanto la P.A. avrebbe adottato l’ordinanza
gravata omettendo la previa comunicazione di avvio del procedimento, né nella
vicenda in esame potrebbe invocarsi l’art. 21-octies, comma 2, della l. n.
241/1990;
- violazione e/o falsa applicazione degli artt. 14 e 17 del d.lgs. n. 22/1997
(ora artt. 192 e segg. del d.lgs. n. 152/2006, nonché dell’art. 18 del d.m. n.
471/1999, eccesso di potere per carenza assoluta di presupposti e difetto di
istruttoria, giacché la disciplina di settore individua quali soggetti tenuti
alla bonifica il responsabile dell’inquinamento ed il proprietario o titolare di
diritto reale/personale di godimento sull’area, cui la violazione sia imputabile
a titolo di dolo o colpa, cosicché la curatela non potrebbe essere destinataria
dell’obbligo di ripristino ambientale (per fatti, peraltro, verificatisi
all’epoca in cui l’immobile in discorso era ancora nella disponibilità della
società), non subentrando negli obblighi strettamente correlati alla
responsabilità del fallito e potendo al più la P.A. recuperare le somme
anticipate per l’intervento mediante insinuazione al passivo del fallimento;
- violazione e falsa applicazione degli artt. 14 e 17 del d.lgs. n. 22/1997
sotto differente profilo ed eccesso di potere per difetto assoluto dei
presupposti e difetto di istruttoria, perché anche laddove si ritenesse che la
curatela fallimentare possa essere destinataria passiva dell’ordine di rimozione
dei rifiuti, nel caso di specie non sarebbe ascrivibile al curatore rag.
Volterrani nessun comportamento colpevole, essendosi egli attivato (con
un’istanza al Comune) per scongiurare i rischi connessi alla situazione di
inquinamento e tenuto conto dell’inottemperanza dei soci falliti a precedenti
ordinanze emesse dal Comune di Montescudaio nei loro confronti.
2.2. Il Comune di Montescudaio, pur ritualmente evocato, non si è costituito in
giudizio.
2.3. Nella Camera di consiglio del 15 maggio 2008 il Collegio, considerata la
precedente adozione, da parte del Comune, di ordinanze per la messa in sicurezza
e la rimozione dei materiali combusti a carico dei titolari della società
fallita, ritenuta l’impossibilità di accollare al curatore del fallimento oneri
di bonifica direttamente riconducibili a situazioni perfezionatesi in capo
all’impresa fallita in epoca antecedente al fallimento e considerata, da ultimo,
la possibilità per il Comune di eseguire ex officio la bonifica, insinuando il
relativo credito al passivo fallimentare, con ordinanza n. 490/2008 ha accolto
l’istanza incidentale di sospensione.
2.4. In vista dell’udienza di merito, il ricorrente ha depositato memoria,
insistendo nelle conclusioni già rassegnate.
2.5. All’udienza pubblica del 10 dicembre 2010 la causa è stata trattenuta in
decisione.
3. Si può prescindere dall’esame della censura (violazione dell’art. 7 della l.
n. 241/1990) di natura formale-procedimentale dedotta dal ricorrente con il
primo motivo, attesa la fondatezza, nel caso di specie, di quelle di natura
sostanziale contenute nel secondo e nel terzo motivo.
3.1. In particolare, deve essere condivisa, alla luce della prevalente
giurisprudenza espressasi sulla questione, la doglianza del ricorrente, per cui
la curatela fallimentare non può essere destinataria di ordinanze sindacali
dirette alla bonifica di siti inquinati, per effetto del precedente
comportamento commissivo od omissivo dell’impresa fallita (C.d.S., Sez. V, 29
luglio 2003, n. 4328). Al riguardo si è, infatti, sottolineata l’erroneità delle
argomentazioni per cui: a) la disponibilità dei beni, anche di quelli
classificati come rifiuti nocivi, entrerebbe giuridicamente nella titolarità del
curatore, sul quale graverebbe, per conseguenza, il dovere di rimuoverli secondo
le leggi vigenti; b) il fallimento subentra negli obblighi facenti capo
all’impresa fallita e perciò sarebbe tenuto all’adempimento dei doveri derivanti
dall’accertata responsabilità della stessa impresa, come dimostrerebbe tra
l’altro la disciplina della legge fallimentare sulla prosecuzione dei contratti
facenti capo all’impresa fallita. In realtà, se l’ordinanza impugnata è rivolta
al fallimento per effetto dell’inottemperanza dell’impresa a precedenti
provvedimenti (com’è avvenuto sia nella fattispecie analizzata dalla
giurisprudenza ora riportata, sia nel caso oggetto del ricorso in epigrafe), la
curatela fallimentare deve esser considerata estranea alla determinazione degli
inconvenienti sanitari riscontrati nell’area interessata. Non basta, a far
scattare un obbligo in capo alla curatela, il riferimento alla disponibilità
giuridica degli oggetti qualificati come rifiuti inquinanti: il potere di
disporre dei beni fallimentari, secondo le regole della procedura concorsuale e
sotto il controllo del giudice delegato, non comporta necessariamente – per la
giurisprudenza del Consiglio di Stato in commento, le cui affermazioni il
Collegio condivide – il dovere di adottare particolari comportamenti attivi,
volti alla tutela sanitaria degli immobili destinati alla bonifica dei fattori
inquinanti. D’altro lato, è proprio il richiamo alla disciplina del fallimento e
della successione nei contratti a dimostrare che la curatela fallimentare non
subentra negli obblighi più strettamente correlati alla responsabilità
dell’imprenditore fallito, non potendosi invocare l’art. 1576 c.c., poiché
l’obbligo di mantenimento della cosa locata in buono stato riguarda i rapporti
tra conduttore e locatore e non si riverbera, direttamente, sui doveri fissati
da altre disposizioni, dirette ad altro scopo (C.d.S., Sez. V, n. 4328/2003,
cit.).
3.2. Sulla questione si è espresso anche questo Tribunale Amministrativo (T.A.R.
Toscana, Sez. II, 1° agosto 2001, n. 1318), che, mutando il proprio precedente
orientamento (T.A.R. Toscana, Sez. I, 3 marzo 1993, n. 196; id., Sez. II, 28
aprile 2000, n. 780), ha evidenziato come, in linea di principio, i rifiuti
prodotti dall’imprenditore fallito non siano beni da acquisire alla procedura
fallimentare e, quindi, non formino oggetto di apprensione da parte del
curatore. L’esclusione della possibilità di sussumere legittimamente i rifiuti
nel compendio fallimentare fa, perciò, scartare l’ipotizzabilità di profili di
responsabilità di carattere meramente gestorio in capo al curatore. La sentenza
in rassegna precisa, inoltre, che per una diversa conclusione sarebbe necessario
individuare un’univoca, chiara ed autonoma responsabilità in capo al curatore
fallimentare nell’abbandono dei rifiuti di cui trattasi, che, però, va esclusa
quando il fatto si è verificato in epoca antecedente all’apertura della
procedura fallimentare, richiedendo la normativa di riferimento (a partire dal
d.lgs. n. 22/1997) l’accertamento della responsabilità da illecito in capo al
destinatario dell’ordine. In mancanza dell’ascrivibilità alla curatela
fallimentare di una condotta illecita o di un comportamento corresponsabile,
alla P.A. non resta che procedere all’esecuzione d’ufficio ed al recupero delle
somme anticipate con insinuazione del relativo credito al passivo fallimentare,
in conformità, del resto, all’art. 18, comma 5, del d.m. n. 471/1999 (T.A.R.
Toscana, Sez. II, n. 1318/2001, cit.).
3.3. Facendo applicazione del suesposto orientamento al caso qui in esame, non
può che concludersi per la fondatezza del secondo e del terzo motivo di ricorso.
Infatti, da un lato, l’ordinanza gravata fa riferimento a due ordinanze emesse
nei confronti dei soci della società fallita, rimaste inottemperate (la n. 30/05
e la n. 34/05), dando espressamente atto nel dispositivo che i predetti soci (sigg.ri
Maria ed Antonio Mondini) erano proprietari all’epoca dei fatti dell’immobile e
dell’area su cui insistono i residui di materiali combusti a seguito
dell’incendio del capannone. Dall’altro, nessun addebito sul piano soggettivo,
di nessun genere, viene mosso nei confronti della curatela fallimentare, evocata
in aggiunta ai succitati sigg.ri Mondini quale soggetto destinatario
dell’ordine. In particolare, nessuna menzione viene fatta circa un’eventuale
autorizzazione del fallimento a proseguire l’attività svolta in precedenza
dall’impresa fallita (ciò che avrebbe potuto legittimare un collegamento
dell’obbligo di bonifica all’effettuazione di operazioni potenzialmente
inquinanti: C.d.S., Sez. V, n. 4328/2003, cit.). Donde la fondatezza del
gravame.
3.4. Ad una diversa conclusione non si potrebbe pervenire neanche aderendo alla
tesi che configura l’illecito ambientale come illecito permanente. In base a
detta tesi si è affermata l’applicabilità della normativa di cui all’art. 17 del
d.lgs. n. 22/1997 a qualsivoglia situazione di inquinamento in atto al tempo
dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 22 cit., indipendentemente dal momento del
verificarsi del fatto generatore dell’attuale situazione patologica: ciò, però,
a condizione che il soggetto che aveva posto in essere la condotta all’epoca in
cui non vigeva ancora il d.lgs. n. 22/1997 fosse lo stesso che operava al tempo
del verificarsi dell’inquinamento, dopo tale data (cfr. T.A.R. Lombardia,
Milano, Sez. I, 19 aprile 2007, n. 1913). Per quanto sopra detto, si deve
escludere che una simile identità sia ipotizzabile tra il fallito e la curatela
fallimentare. Sul punto, il Collegio ritiene di aderire in toto alle
osservazioni avanzate dal curatore fallimentare nell’istanza di riesame
dell’ordinanza gravata e, poi, riprodotte nel ricorso, in base alle quali, al di
fuori dell’esercizio provvisorio (caso non verificatosi), il curatore non è il
produttore dei rifiuti, né lo diventa con la dichiarazione di fallimento, poiché
non sostituisce il fallito e la procedura fallimentare ha uno scopo liquidativo
e non già amministrativo o continuativo dell’impresa fallita. Peraltro, quando
(come nella fattispecie per cui è causa) è il fallito ad aver prodotto i rifiuti
e cagionato un danno all’ambiente, sullo stesso grava l’onere per il relativo
smaltimento, da soddisfare, come già esposto, con l’insinuazione al passivo
fallimentare del credito sorto in capo alla P.A. che ha anticipato le relative
spese.
4. In definitiva, il ricorso è fondato, in virtù della fondatezza del secondo e
del terzo motivo e con assorbimento del primo. Conseguentemente, va disposto
l’annullamento dell’impugnata ordinanza del Comune di Montescudaio, nella parte
in cui ingiunge la presentazione del piano di bonifica per l’area interessata in
capo al curatore fallimentare.
5. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo nei
confronti del Comune di Montescudaio, con compensazione nei confronti delle
altre parti evocate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda), così
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie
e, per conseguenza, annulla il provvedimento impugnato nei termini di cui in
motivazione.
Condanna il Comune di Montescudaio al pagamento di spese ed onorari di causa,
che liquida in via forfettaria in complessivi € 3.000 (tremila/00), più gli
accessori di legge, compensando le spese nei confronti delle altre parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella, Camera di consiglio del giorno 10 dicembre 2010,
con l’intervento dei magistrati:
Maurizio Nicolosi, Presidente
Bernardo Massari, Primo Referendario
Pietro De Berardinis, Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21/01/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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