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T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 4 febbraio 2011, n. 224
RIFIUTI - Impianto per la messa in riserva e recupero - Autorizzazione -
Conferenza di servizi - Destinazione urbanistica dell’area - Rilevanza - Art.
208 d.lgs. n. 152/2006. L'effettiva destinazione urbanistica dell'area
destinata alla realizzazione di un impianto per la messa in riserva e recupero
di rifiuti speciali non pericolosi, rientra tra gli elementi che la conferenza
di servizi deve tenere in considerazione nell'assumere il proprio parere,
sostituendo l'approvazione del progetto ad ogni effetto visti, pareri,
autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e comunali, e
costituendo, ove occorra, variante allo strumento urbanistico,ex art. 208 del
d.lgs. n. 152/2006 (cfr. T.A.R. Veneto, sez. III, 14 luglio 2008, n. 2002)
Nondimeno, la destinazione urbanistica della zona non costituisce una variabile
dipendente rispetto alla scelta discrezionale dell’Amministrazione di approvare
o meno il progetto presentatole. L'effettiva destinazione urbanistica dell'area,
destinata alla realizzazione ovvero alla modificazione sostanziale di un
impianto, rientra tra gli elementi di cui l’Amministrazione procedente,
integrata in conferenza di servizi con la partecipazione degli altri enti
interessati, deve tenere in considerazione nell'assumere il proprio parere,
senza far discendere dalla stessa una invalicabile preclusione, ma al contempo
facendo rientrare tale profilo in una valutazione complessiva di tutti gli
aspetti e di tutti gli interessi in gioco, primo fra tutti, quello della tutela
dell’ambiente e della salute. Pres. Nicolosi, Est.Massari - S. s.p.a. (avv.ti
Narese e Franceschetti) c. Provincia di Arezzo (avv. Manneschi), Comune di
Arezzo (avv.ti Pasquini e Ricciarini), Regione Toscana (avv. Ciari), Azienda
U.S.L. n. 8 Arezzo (avv. Barcaioli) e altri (n.vc.) -
TAR TOSCANA, Sez. II - 4 febbraio 2011, n. 224
DIRITTO URBANISTICO - Pianificazione - Misure di salvaguardia - Finalità. In
materia di pianificazione urbanistica, la normativa relativa alle misure di
salvaguardia non determina l'anticipata vigenza degli strumenti urbanistici
adottati in sede comunale, ma ha lo scopo di inibire il rilascio di concessioni
edilizie in contrasto con il nuovo strumento urbanistico in itinere, al fine di
evitare che, nelle more della sua approvazione, possa essere compromesso
l'assetto territoriale che si intende realizzare con la conseguenza che, fino a
quando esso non viene approvato, l'attività edificatoria rimane regolata dallo
strumento urbanistico vigente (T.A.R. Campania Napoli, sez. IV, 13 novembre
2006, n. 9463). Pres. Nicolosi, Est.Massari - S. s.p.a. (avv.ti Narese e
Franceschetti) c. Provincia di Arezzo (avv. Manneschi), Comune di Arezzo (avv.ti
Pasquini e Ricciarini), Regione Toscana (avv. Ciari), Azienda U.S.L. n. 8 Arezzo
(avv. Barcaioli) e altri (n.vc.) -
TAR TOSCANA, Sez. II - 4 febbraio 2011, n. 224
RIFIUTI - Impianti di trattamento - Autorizzazione - Conferenza di servizi -
Funzione. Tutto l’impianto normativo prefigurato dal Codice dell’ambiente in
materia di autorizzazione alla realizzazione e gestione di impianti di
trattamento di rifiuti si propone di fare emergere, attraverso lo strumento
procedimentale della conferenza di servizi, le condizioni essenziali e le
eventuali criticità connesse alla realizzazione dell’impianto progettato dal
soggetto proponente affinché, tenendo conto dell'evoluzione delle migliori
tecnologie disponibili, tutti i rappresentanti degli enti coinvolti possano
eventualmente richiedere e acquisire i documenti, le informazioni e i
chiarimenti necessari. Pres. Nicolosi, Est.Massari - S. s.p.a. (avv.ti Narese e
Franceschetti) c. Provincia di Arezzo (avv. Manneschi), Comune di Arezzo (avv.ti
Pasquini e Ricciarini), Regione Toscana (avv. Ciari), Azienda U.S.L. n. 8 Arezzo
(avv. Barcaioli) e altri (n.vc.) -
TAR TOSCANA, Sez. II - 4 febbraio 2011, n. 224
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N. 00224/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00646/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 646 del 2007, integrato da motivi
aggiunti, proposto da:
Soc. Safimet S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e
difesa dagli avv. Calogero Narese, Ugo Franceschetti, con domicilio eletto
presso Calogero Narese in Firenze, via dell'Oriuolo n. 20;
contro
Provincia di Arezzo, in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa
dall'avv. Marco Manneschi, con domicilio eletto presso Marco Manneschi in
Arezzo, via G. Verdi n. 13;
A.R.P.A.T. Azienda Reg. Protezione Ambientale della Toscana, in persona del
legale rappresentante p.t.;
A.R.P.A.T. Dipartimento Provinciale di Arezzo, in persona del legale
rappresentante p.t.;
Comune di Arezzo, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv.
Stefano Pasquini, Roberta Ricciarini, con domicilio eletto presso Segreteria
T.A.R. in Firenze, via Ricasoli n. 40;
Regione Toscana, in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa
dall'avv. Fabio Ciari, con domicilio eletto presso Fabio Ciari in Firenze, c/o
Avvocatura regionale, p.za Unità Italiana 1; Azienda U.S.L. n. 8 Arezzo, in
persona del Direttore generale p.t.; rappresentata e difesa dall'avv. Aldo
Barcaioli, con domicilio eletto presso Mauro Montini in Firenze, via dei
Rondinelli, 2;
nei confronti di
Soc. Nuove Acque S.p.A., Associazione Industriali di Arezzo in persona del
legale rappresentante p.t.;
per l'annullamento
della delibera di Giunta della Provincia di Arezzo n. 11 del 18.1.2007, con la
quale, nell'ambito della procedura di V.I.A., è stato deciso di "non rilasciare
la pronuncia di compatibilità ambientale del progetto di trasferimento
dell'impianto di recupero di metalli preziosi e pregiati e di smaltimento
rifiuti speciali"; ed è stato deliberato "di non approvare il progetto di
trasferimento dell'impianto": nonché della presupposta delibera di Giunta della
Provincia di Arezzo n. 806 dell'11.12.2006 con la quale sono stati approvati i
contenuti della proposta di parere del Nucleo di valutazione, istituito per
l'istruzione della Conferenza di Servizi; delibere entrambe comunicate alla
Società ricorrente con nota della Provincia di Arezzo del 12.2.2007 prot. n. PG
9373/41.a2.01.09 ricevuta in data 16.2.2007;
nonché, per quanto occorrer possa, di tutti gli atti presupposti, connessi e
consequenziali fra cui gli artt. 114 e 186 delle N.T.A. del P.S. adottato dal
Comune di Arezzo nonché, in particolare, dei pareri istruttori rilasciati dalle
amministrazioni coinvolte nella conferenza dei servizi:
pareri dell'azienda USL n. 8 di Arezzo, prot. n. 437/SAN, del 19.11.2005 e prot.
8587/2006 del 27.4.2006;
pareri dell'Ufficio regionale di tutela del territorio prot. n. 133542/047.06
del 9.11.2005 e prot. A00GRT/100531/047.006 del 3.4.2006: pareri ARPAT,
dipartimento provinciale di Arezzo, prot. n. 4956 del 21.11.2005 e prot. n. 2678
del 26.4.2006; pareri del comune di Arezzo espressi con delibera di Giunta
Comunale n. 1061 del 28.11.2005, con delibera del Commissario Straordinario del
Comune di Arezzo n. 90 del 12.4.2006 e con delibera del Consiglio Comunale n.
126 del 4 dicembre 2006, unitamente agli ignoti pareri della Commissione Assetto
del Territorio espressi nella seduta n, 14 del 23.11.2006 e del Consiglio di
Circoscrizione n. 5 (Rigutino) espresso con delibera n. 66 del 24.11.2006,
entrambi richiamati nell'ultima delibera di Consiglio Comunale;pareri della
provincia di Arezzo, servizio difesa del suolo prot. n. PG50408 del 29.11.2006 e
servizio programmazione territoriale, urbanistica del 6.11.2006; e per la
condanna della Provincia di Arezzo e del Responsabile del procedimento nonché
eventualmente delle altre Amministrazioni coinvolte nel presente contenzioso, al
risarcimento del danno nella misura che si provvederà a indicare anche in
applicazione degli artt. 1226, 2056 c.c. e 113 c.p.c.;
e con i motivi aggiunti depositati l' 8 gennaio 2009:
del verbale della Commissione Assetto del Territorio, seduta n. 14 del
23.11.2006, della delibera n. 66 del 24.11.2006 del Consiglio di Circoscrizione
n. 5 (Rigutino) e del verbale n. 6 del 13.11.2006 della Commissione Urbanistica
del Comune di Arezzo.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Provincia di Arezzo, Comune di
Arezzo, Regione Toscana e Azienda U.S.L. n. 8 Arezzo;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 novembre 2010 il dott. Bernardo
Massari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Espone la società ricorrente di esercitare l'attività di stoccaggio e
trattamento di rifiuti pericolosi e non pericolosi, finalizzata al recupero di
metalli preziosi e pregiati, in forza dell'autorizzazione dirigenziale della
Provincia di Arezzo rilasciata l'11 maggio 2004.
Al fine di trasferire ed ampliare la propria attività la ricorrente, in data 15
luglio 2005, acquistava nuovi terreni in località San Zeno aventi, secondo il
P.R.G. del Comune di Arezzo, destinazione “agricola speciale, irrigazione,
riordino fondiario, parte sedi stradali e spazi accessori, parte aree di
rispetto stradale e ferroviario, linee di arretramento", come risulta dal
certificato di destinazione urbanistica rilasciato dallo stesso Comune in data
24 dicembre 2004.
Peraltro, le particelle acquistate rientravano in un'area oggetto di variante al
Piano regolatore del 1987, adottata con la deliberazione consiliare n. 331 del
28 ottobre 2003 per la trasformazione dei terreni agricoli in zona produttiva e
servizi. Tale variante non è stata mai approvata.
Frattanto, il Consiglio comunale di Arezzo, con deliberazione del 19 dicembre
2003, adottava il Piano strutturale comunale con il quale la destinazione
dell'area di proprietà Safimet, era prevista come in parte ricadente nel
sottosistema P4 "aree specializzate delle attrezzature tecnologiche" e in parte
in area strategica 2.3 "nuova zona industriale di San Zeno".
Con istanza del 5 settembre 2005 la società ricorrente presentava un progetto di
trasferimento e ampliamento dell'impianto già in esercizio, da collocarsi in
strada vicinale dei Mori, località San Zeno, a distanza di qualche centinaio di
metri dall'attuale stabilimento.
Tanto confidando nella variante al P.R.G., pur non approvata, e nel Piano
strutturale adottato che individuavano la zona come “produttiva industriale” e
quindi la più idonea a ricevere un simile impianto. Infatti, l'art. 109 delle
NTA del Piano strutturale adottato colloca le aree in questione nel sottosistema
P4, qualificandole come “aree assimilabili a quelle produttive per modalità e
tipologie insediative, nonostante alcune di queste presentino caratteristiche
peculiari, come nel caso dell'inceneritore".
La Provincia di Arezzo, competente all'approvazione del progetto per tale tipo
di impianto, nonché al rilascio della valutazione di impatto ambientale, al fine
della trattazione della questione in conferenza di servizi, come previsto
dall'art. 27 del d.lgs. n. 22/1997 all'epoca vigente (ed oggi dall'art. 208 del
d.lgs. n. 152/2006), nonché dalla l. reg. n. 25/1998, richiedeva alle
amministrazioni interessate i pareri di rispettiva competenza.
L'Ufficio regionale di tutela del territorio rendeva il proprio parere in data 9
novembre 2005 richiedendo una integrazione documentale "dato che la procedura
costituisce anche variante allo Strumento Urbanistico vigente".
L'Azienda Usl n. 8 di Arezzo, nel parere formulato in data 19 novembre 2005,
rilevava alcune lacune istruttorie del progetto ritenendo opportuna
l'integrazione della documentazione. Analogamente concludeva il Dipartimento
provinciale dell'ARPAT di Arezzo.
Il Comune di Arezzo, con delibera di Giunta n. 1061 del 28 novembre 2005,
affermava "la non conformità urbanistica dell'impianto con il sito dove è
proposto" ritenendo, comunque, di non poter esprimere un parere in merito alle
caratteristiche tecnologiche dell'impianto in relazione all'impatto con
l'ambiente circostante”.
Con nota del 17 marzo 2006 la Provincia di Arezzo chiedeva nuovamente agli enti
interessati alla procedura di valutazione di impatto ambientale di formulare il
parere di competenza ex art. 14 legge reg. n. 79/1998.
Con deliberazione del Commissario straordinario n. 90 del 12 aprile 2006 il
Comune di Arezzo, facendo proprie le considerazioni del Nucleo di valutazione
comunale, riteneva "di non poter procedere oltre all'espressione del parere
sulla VIA riguardante il progetto di trasferimento", poiché esso risulta privo
"di conformità urbanistica del sito proposto al vigente piano regolatore
generale; di uno studio complessivo preliminare sull'area strategica 2.3 in cui
è proposto l'intervento, definito dal piano strutturale adottato, ma non ancora
approvato; di un piano provinciale dei rifiuti speciali con evidenziate le
esigenze del territorio e le ricadute in merito a rifiuti speciali e
pericolosi".
La società ricorrente, preso atto del parere negativo espresso dal Comune di
Arezzo, in data 30 agosto 2006 presentava un atto di significazione con il quale
chiedeva di rivedere la posizione espressa dall'amministrazione, senza peraltro
ottenere alcun riscontro.
Esaurita la fase istruttoria, la Provincia di Arezzo assumeva i propri pareri
interni. In particolare, il Servizio programmazione territoriale e urbanistica,
con nota del 6 novembre 2006, evidenziava una serie di contrasti fra
l'intervento proposto, le norme generali di dettaglio del Piano territoriale di
coordinamento – PTC - e alcuni articoli del Piano strutturale adottato.
All'esito della procedura istruttoria, con deliberazione di Giunta n. 806
dell'11 dicembre 2006, la Provincia approvava il parere con cui il Nucleo di
valutazione interno aveva sintetizzato la propria posizione definitiva.
In particolare, si rilevava l'assenza di conformità urbanistica del sito
proposto al vigente PRG comunale; la mancanza di uno studio complessivo
preliminare sull'area strategica 2.3; la carenza di un Piano provinciale dei
rifiuti speciali, concludendo nel senso di non poter procedere oltre
nell'espressione del parere richiesto in merito alla valutazione di impatto
ambientale.
Veniva così convocata la conferenza di servizi che, nelle sedute del 12 dicembre
2006 e 9 gennaio 2007 consentiva a ciascuna delle amministrazioni coinvolte di
fornire i propri pareri definitivi.
In relazione a tali contributi procedimentali la Provincia di Arezzo si
riportava al parere negativo del Nucleo di valutazione sopra rammentato; il
Comune di Arezzo confermava il parere negativo espresso con la deliberazione 126
del 4 dicembre 2006; la Regione Toscana, assente in tali riunioni, comunicava
che il progetto non rivestiva alcun interesse ai fini del coinvolgimento
dell'ente; l'azienda USL n. 8 di Arezzo inviava una nota con la quale comunicava
di far riferimento al proprio parere positivo, con prescrizioni, già espresso il
27 aprile 2006; l’ARPAT rendeva, secondo la ricorrente, un parere
sostanzialmente positivo.
La conferenza di servizi concludeva, con parere asseritamente unanime, di non
poter procedere oltre nella disamina del progetto, rinviando la pratica
all'amministrazione procedente.
Sulla scorta di tali premesse la Provincia di Arezzo, con deliberazione di
Giunta n. 11 del 18 gennaio 2007, valutata negativamente la compatibilità
ambientale del progetto di trasferimento dell'impianto, ne negava
l'approvazione.
Contro tale atto ricorre la società in intestazione chiedendone l’annullamento,
con vittoria di spese e deducendo i motivi che seguono:
1. Violazione dell’art. 24 (particolarmente punto b), nonché sotto altro
profilo, dell'articolo 208 del d.lgs. n. 152/2006; dell’art. 6 del d.p.r. 12
aprile 1996; dell’art. 4 del DPCM 27 dicembre 1988 e norme presupposte.
Violazione dell’art.2.2 e degli artt. 14 e segg. della l. reg. n. 79/1998.
Eccesso di potere per difetto di istruttorie di motivazione e per difetto di
comparazione degli interessi. Eccesso di potere per sviamento e straripamento di
potere.
2. Violazione dell’art. 208 del d.lgs. n. 152/2006, sotto diverso profilo e
dell’art. 14 della legge n. 241/1990. Violazione degli artt. 14 e segg. della l.
reg. n. 79/1998. Eccesso di potere per sviamento e straripamento di potere,
travisamento dei fatti contraddittorietà.
3. Violazione dell’art. 208 del d.lgs. n. 152/2006, sotto ulteriore profilo.
Eccesso di potere per incompetenza, sviamento di potere, difetto di motivazione
e perplessità.
4. Violazione degli artt. 178 e 208 del d.lgs. n. 152/2006. Eccesso di potere
per sviamento, illogicità manifesta, carenza e contraddittorietà della
motivazione.
5. Violazione degli artt. 52 e segg. della legge reg. n. 1/2005. Violazione
dell’art. 219 delle NTA del Piano strutturale del Comune di Arezzo. Eccesso di
potere per contraddittorietà.
6. Violazione degli artt. 3, n. 22, 16 e 17 del d.lgs. n. 285/1992 e degli artt.
26 e 27 del d.p.r. n. 495/1992. Eccesso di potere per incompetenza assoluta,
illogicità manifesta, sviamento di potere e travisamento dei fatti.
7. Eccesso di potere per sviamento, illogicità manifesta (sotto ulteriori
profili), disparità di trattamento nonché difetto della motivazione.
8. Violazione dell’art. 3 della l. n. 241/1990. Eccesso di potere per sviamento;
contraddittorietà manifesta; difetto di motivazione.
9. Violazione degli artt. 3 e 10 della l. n. 241/1990. Eccesso di potere per
difetto di istruttoria.
10. Violazione degli artt. 1 e 14 della l. n. 241/1990. Violazione dell’art. 208
del d.lgs. n. 152/2006. Eccesso di potere per travisamento di fatto il difetto
di istruttoria.
Si sono costituite in giudizio la Provincia di Arezzo, la Regione Toscana, il
Comune di Arezzo e l’Azienda U.S.L. n. 8 di Arezzo opponendosi all’accoglimento
del gravame.
In vista dell’udienza pubblica fissata per l’8 gennaio 2009, il Comune di Arezzo
depositava alcuni documenti, tra cui, il verbale della seduta n. 14 del 23
novembre 2006 della Commissione assetto del territorio, la deliberazione n. 66
del 24 novembre 2006, del Consiglio di Circoscrizione n. 5 (Rigutino) e il
verbale n. 6 del 13 novembre 2006 della Commissione urbanistica del Comune.
Con motivi aggiunti notificati il 7 gennaio 2009 e ritualmente depositati la
società ricorrente ha impugnato anche tali atti, deducendo:
1. Violazione degli artt. 178 e 208 del d.lgs. n. 152/2006, sotto diverso
profilo. Eccesso di potere per difetto assoluto di istruttoria e di motivazione;
sviamento; contraddittorietà e perplessità.
2. Violazione dell’art. 208 del d.lgs. n. 152/2006, sotto ulteriore profilo.
Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione sotto il profilo
della mancata comparazione fra gli interessi pubblici sottesi.
Alla pubblica udienza del 23 novembre 2010 il ricorso è stato trattenuto per la
decisione.
DIRITTO
Con il ricorso in esame vengono impugnati gli atti in epigrafe con cui la
Provincia di Arezzo, concludendo il relativo procedimento, ha deliberato “non
rilasciare la pronuncia di compatibilità ambientale del progetto di
trasferimento dell’impianto di recupero di metalli preziosi e pregiati e di
smaltimento rifiuti speciali” e di non approvare il progetto di trasferimento in
località San Zeno dell’impianto di cui al progetto presentato dalla Società
ricorrente il 5 settembre 2005.
Preliminarmente è necessario esaminare l’eccezione di inammissibilità per
difetto di legittimazione passiva avanzata dalla difesa della Regione Toscana.
L’assunto merita condivisione.
L’art. 7, comma 2, della l. reg. 3 dicembre 1998, n. 79, in materia di
valutazione di impatto ambientale (emanata in forza del d.lgs. 31 marzo 1998, n.
112 che devolve alle regioni e agli enti locali tutte le funzioni amministrative
inerenti alla materia dell'inquinamento, ad eccezione di quelle espressamente
mantenute allo Stato) stabilisce che “sono di competenza delle Province tutte le
procedure di V.I.A. relative: a) ai progetti ricompresi nelle tipologie di cui
agli Allegati A2 e B2”.
Tra questi sono certamente da ricomprendere gli impianti di smaltimento e
recupero di rifiuti pericolosi e gli impianti destinati a ricavare metalli
grezzi non ferrosi da minerali, nonché concentrati o materie prime secondarie
attraverso procedimenti metallurgici, chimici o elettrolitici (allegato A2,
lett. d bis e j), tra i quali rientra l’impianto proposto dalla Safimet.
Ne consegue che la Regione non riveste, nel procedimento di cui trattasi, alcun
ruolo e, quindi, deve essere dichiarato il suo difetto di legittimazione
passiva.
Peraltro, non può accedersi alla richiesta, formulata in memoria dalla stessa
Amministrazione regionale, di condanna alle spese della Safimet, ex art. 96 cod.
proc. civ., atteso che, diversamente dalla normativa regionale appena
menzionata, l’art. 27 del d.lgs. n. 22/1997 (vigente all’epoca dell’avvio del
procedimento) e l’art. 196, comma 1 lett. d), del d.lgs. n. 152/2006
conferiscono la competenza in materia alle regioni, di talché l’intento
tuzioristicamente perseguito dalla ricorrente di rendere completo ed effettivo
il contraddittorio non può essere riguardato come emulatorio o temerario nei
riguardi della Regione.
La domanda va, quindi, rigettata.
Analoga eccezione, sotto diverso profilo viene formulata dalla ASL n. 8 di
Arezzo secondo cui, poiché nessuna censura viene avanzata nei confronti del
parere dalla medesima formulato nel corso del procedimento, la ricorrente non
avrebbe alcun interesse ad evocarla in giudizio.
Si osserva, in proposito, che l’art. 8 della l. reg. n. 79 citata stabilisce che
sono Amministrazioni interessate alle procedure di v.i.a., oltre quelle
nominativamente individuate, “i soggetti pubblici competenti al rilascio di
pareri, nulla-osta, autorizzazioni e/o altri atti di assenso, comunque
denominati, riguardanti il progetto determinato, sottoposto a procedura di
V.I.A.”.
Va altresì rammentato che, se pure la conferenza di servizi decisoria integra un
modulo procedimentale che si conclude con una decisione pluristrutturata la
quale assorbe le determinazioni rimesse dalla legge ai singoli soggetti che vi
partecipano, questi non perdono la titolarità dei poteri che la legge
attribuisce loro e mantengono la funzione di cura degli interessi pubblici di
cui sono portatori (cfr. Cons. Stato sez. V, 20 febbraio 2006, n. 695; id., sez.
IV, 6 ottobre 2001, n. 5296).
Consegue che, anche se ai fini della completezza del contraddittorio, il ricorso
proposto contro le decisioni della conferenza di servizi deve essere notificato
alle sole amministrazioni che hanno una competenza esoprocedimentale (T.A.R.
Toscana, sez. III, 29 maggio 2007, n. 804), non per questo sussistono
impedimenti a che il contraddittorio sia allargato anche alle singole
amministrazioni partecipanti.
Nel merito il ricorso è fondato nei limiti di seguito precisati.
Con i primi quattro motivi la società ricorrente lamenta che, in violazione
dell’art. 208 del codice dell’ambiente e dell’art. artt. 14 e segg. della l.
reg. n. 79/1998 la Provincia abbia ritenuto ostativo alla pronuncia di
compatibilità ambientale la destinazione urbanistica non conforme alla
collocazione dell’impianto, come dettata dal Piano strutturale adottato dal
Comune di Arezzo il 19 dicembre 2003.
Dispone la norma in parola, al comma 1, che “I soggetti che intendono realizzare
e gestire nuovi impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti, anche
pericolosi, devono presentare apposita domanda alla regione competente per
territorio, allegando il progetto definitivo dell'impianto e la documentazione
tecnica prevista per la realizzazione del progetto stesso dalle disposizioni
vigenti in materia urbanistica, di tutela ambientale, di salute di sicurezza sul
lavoro e di igiene pubblica. Ove l'impianto debba essere sottoposto alla
procedura di valutazione di impatto ambientale ai sensi della normativa vigente,
alla domanda è altresì allegata la comunicazione del progetto all'autorità
competente ai predetti fini…”.
Per quanto di interesse, con riferimento alle censure mosse dalla ricorrente, il
comma 6 dello stesso art. 208 stabilisce che “…l'approvazione sostituisce ad
ogni effetto visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali,
provinciali e comunali, costituisce, ove occorra, variante allo strumento
urbanistico e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed
indifferibilità dei lavori”.
Come pacificamente ritenuto dalla giurisprudenza, l'effettiva destinazione
urbanistica dell'area destinata alla realizzazione di un impianto per la messa
in riserva e recupero di rifiuti speciali non pericolosi, rientra tra gli
elementi che la conferenza di servizi deve tenere in considerazione
nell'assumere il proprio parere, sostituendo l'approvazione del progetto ad ogni
effetto visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali,
provinciali e comunali, e costituendo, ove occorra, variante allo strumento
urbanistico (cfr. T.A.R. Veneto, sez. III, 14 luglio 2008, n. 2002)
Nondimeno, ciò non significa, come pretenderebbe la ricorrente, che la
destinazione urbanistica vigente dell’area in cui l’impianto dovrà sorgere possa
essere stravolta o mutata a piacimento o, comunque, sia un aspetto indifferente
o cedevole rispetto all’esigenza prospettata dal soggetto interessato.
In altre parole, la destinazione urbanistica della zona non costituisce una
variabile dipendente rispetto alla scelta discrezionale dell’Amministrazione di
approvare o meno il progetto presentatole. Invero, così argomentando, si
finirebbe paradossalmente col ritenere possibile anche la costruzione di un
impianto di tal genere nel bel mezzo di una zona destinata ad uso residenziale o
già adibita a tale uso.
In realtà, non pare dubbio al Collegio, che l'effettiva destinazione urbanistica
dell'area, destinata alla realizzazione ovvero alla modificazione sostanziale di
un impianto, rientri tra gli elementi di cui l’Amministrazione procedente,
integrata in conferenza di servizi con la partecipazione degli altri enti
interessati, deve tenere in considerazione nell'assumere il proprio parere,
senza far discendere dalla stessa una invalicabile preclusione, ma al contempo
facendo rientrare tale profilo in una valutazione complessiva di tutti gli
aspetti e di tutti gli interessi in gioco, primo fra tutti, quello della tutela
dell’ambiente e della salute.
Del resto, come affermato anche dall’art. 4 del DPCM 27 dicembre 1988 (recante
norme tecniche per la redazione degli studi di impatto ambientale e la
formazione del giudizio di compatibilità) il quadro di riferimento progettuale
deve tenere conto di ogni elemento utile, “fermo restando che il giudizio di
compatibilità ambientale non ha ad oggetto la conformità dell’opera agli
strumenti di pianificazione”.
E ciò pur sempre, come è connaturato ad ogni apprezzamento di merito
dell’Amministrazione, contemperando l’interesse privato con quello pubblico, e
tenendo presente, tra l’altro, che nel caso di specie l'approvazione del
progetto comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed
indifferibilità dei lavori, come precisato dall’art. 208, comma 6, del Codice
dell’ambiente.
Ne discende, alla luce delle suddette argomentazioni, che vanno disattese le
doglianze della ricorrente nella misura in cui con esse si vorrebbe far
conseguire dalla mera presentazione del progetto l’automatico mutamento di
destinazione dell’area interessata, precludendo all’Amministrazione procedente
ogni valutazione sul punto.
Con il quinto motivo la società ricorrente lamenta che l’asserito impedimento
alla pronuncia di compatibilità ambientale e all’approvazione del progetto,
costituito dalla destinazione urbanistica impressa all’area dall’adottato Piano
strutturale del Comune di Arezzo, si porrebbe in contrasto con gli artt. 52 e
segg. della legge reg. n. 1/2005 e con l’art. 219 delle NTA dello stesso Piano
strutturale secondo cui le norme di salvaguardia in esso contenute conservano la
loro efficacia per una durata non superiore a tre anni.
La tesi merita condivisione.
Lo strumento urbanistico in parola è stato solo adottato con la deliberazione
del Consiglio comunale n. 405 del 19 dicembre 2003 e, al momento dell’emissione
dei provvedimenti contestati, non risultava ancora definitivamente approvato.
L’art. 53, comma 2, della l. reg. n. 1/2005 stabilisce tra l’altro che “Il piano
strutturale delinea la strategia dello sviluppo territoriale comunale mediante
l'indicazione e la definizione:…h) delle misure di salvaguardia, di durata non
superiore a tre anni, da rispettare sino all'approvazione o all'adeguamento del
regolamento urbanistico”.
La prescrizione viene ripresa negli stessi termini dall’art. 219 delle NTA del
Piano strutturale adottato.
Come è noto, in materia di pianificazione urbanistica, la normativa relativa
alle misure di salvaguardia non determina l'anticipata vigenza degli strumenti
urbanistici adottati in sede comunale, ma ha lo scopo di inibire il rilascio di
concessioni edilizie in contrasto con il nuovo strumento urbanistico in itinere,
al fine di evitare che, nelle more della sua approvazione, possa essere
compromesso l'assetto territoriale che si intende realizzare con la conseguenza
che, fino a quando esso non viene approvato, l'attività edificatoria rimane
regolata dallo strumento urbanistico vigente (T.A.R. Campania Napoli, sez. IV,
13 novembre 2006, n. 9463).
Speculare a tale affermazione è quella secondo cui la normativa relativa alle
misure di salvaguardia non prevede l'anticipata vigenza degli strumenti
urbanistici solo adottati in sede comunale, nel mentre la sua limitazione
temporale a tre anni (generalizzata dall’art. 12, comma 3, del d.P.R. n.
380/2001) ha inteso evitare un incontrollato trascinamento in avanti della
durata delle suddette misure impeditive, onde scongiurare il rischio che,
all'effetto tipico di natura meramente cautelare, si sovrapponga quello
improprio di una permanente compressione del diritto di proprietà (Cons. Stato,
sez. IV, 23 luglio 2009, n. 4660; T.A.R. Campania Napoli, sez. II, 23 marzo
2007, n. 2770).
Nel caso di specie, come si è riferito, è sulla base delle prescrizioni
contenute nel Piano strutturale che il Comune di Arezzo, prima, e la Provincia
poi, hanno ritenuto di respingere il progetto della ricorrente, ma è
indubitabile che la decorrenza del termine triennale di vigenza delle misure di
salvaguardia esclude che la destinazione urbanistica prefigurata per l’area di
interesse della Safimet potesse costituire un impedimento alla pronuncia delle
Amministrazioni competenti.
Il nono e l’undicesimo motivo pongono all’attenzione del Collegio il difetto di
motivazione e di istruttoria da cui sarebbe viziati gli atti avversati.
In particolare, nel parere reso dal Nucleo provinciale di valutazione n.
806/2006 viene affermato che "le condizioni per la realizzazione di interventi
nell'Area strategica 2.3. dettate nell'art. 186 e le norme di salvaguardia
stabilite dall'art. 114 rappresentano condizioni di compatibilità con i
contenuti del Piano territoriale di Coordinamento", senza che, peraltro, siano
individuate le norme del PTC che contrasterebbero con il progetto presentato
dalla ricorrente.
Inoltre, tale affermazione si pone in contraddizione con quella ulteriore resa
dalla Provincia secondo cui "nel caso dell'area in questione il P.S. si è
discostato dalle previsioni del PTC attraverso specifiche valutazioni che hanno
comportato la individuazione di tale area come zona di potenziale trasformazione
ai fini produttivi ma con significato strategico".
La censura è fondata.
Da un lato, infatti, non possono essere invocate, quale impedimento al rilascio
dell’autorizzazione, disposizioni amministrative, come le misure di
salvaguardia, che hanno perduto la loro efficacia per effetto dello spirare del
termine triennale di vigenza stabilito dallo stesso Piano strutturale.
Dall’altro, sarebbe stato necessario precisare in che termini il progetto
presentato da Safimet si ponesse in contrasto con il PTC, tenuto conto che, come
rilevato dalla ricorrente, l'art. 109 delle NTA del Piano strutturale adottato
colloca le aree in questione nel sottosistema P4, qualificandole come “aree
assimilabili a quelle produttive per modalità e tipologie insediative,
nonostante alcune di queste presentino caratteristiche peculiari, come nel caso
dell'inceneritore".
Altrettanto persuasive si palesano i rilievi concernenti il difetto di
motivazione e di istruttoria dei provvedimenti impugnati.
Nel parere del Nucleo di valutazione, approvato con delibera di Giunta
provinciale dell'11 dicembre 2006 si afferma che "malgrado l'invio degli
elaborati integrativi da parte del soggetto proponente i seguenti aspetti
risultino ancora carenti e necessitino di approfondimenti specifici: 1. Aspetti
connessi alle correlazioni che potrebbero derivare sulla fauna e sulla flora,
comprese le culture agricole, in conseguenza delle ricadenti al suolo delle
inquinanti; 2. Aspetti connessi al risparmio idrico".
Dalla lettura di tali affermazioni non appare emergere alcuna apprezzabile
valutazione in ordine agli aspetti essenziali che dovrebbero caratterizzare il
giudizio in ordine alla compatibilità ambientale dell’impianto in questione i
quali, secondo quanto stabilito dall’art. 208 del d.lgs. n. 152/2006, dovrebbero
concernere la tutela ambientale, la prevenzione e riduzione dell'inquinamento e
quello della salute pubblica.
D’altro canto, è l’art. 177, comma 4, dello stesso decreto (richiamato dall’art.
208) ad affermare che “I rifiuti sono gestiti senza pericolo per la salute
dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio
all'ambiente e, in particolare: a) senza determinare rischi per l'acqua, l'aria,
il suolo, nonché per la fauna e la flora; b) senza causare inconvenienti da
rumori o odori; c) senza danneggiare il paesaggio e i siti di particolare
interesse, tutelati in base alla normativa vigente”.
Nessuno di tali elementi sembra essere stato preso in considerazione
dall’Amministrazione, se non superficialmente, non potendo considerarsi come
espressione di una adeguata valutazione la formula di stile utilizzata nella
circostanza.
Né, tantomeno, può ritenersi ammissibile l’assunto secondo cui "il Nucleo è del
parere che tali aspetti non potranno trovare nella Conferenza dei Servizi e
nelle prescrizioni realizzative e di esercizio che nella stessa potranno essere
disposte una completa e definitiva declinazione".
E’, infatti, indubitabile che tutto l’impianto normativo prefigurato in materia
dal Codice dell’ambiente si propone proprio di fare emergere, attraverso lo
strumento procedimentale della conferenza di servizi, le condizioni essenziali e
le eventuali criticità connesse alla realizzazione dell’impianto progettato dal
soggetto proponente affinché, tenendo conto dell'evoluzione delle migliori
tecnologie disponibili, tutti i rappresentanti degli enti coinvolti possano
eventualmente richiedere e acquisire i documenti, le informazioni e i
chiarimenti necessari.
Di talché non appare conforme a tale intendimento una conclusione che si traduce
in una sorta di “non liquet” dell’Amministrazione sulla proposta della
ricorrente.
D’altra parte, una indiretta conferma dell’insufficienza dell’istruttoria e
conseguentemente dell’inadeguatezza della motivazione dei provvedimenti
contestati si ritrova negli scritti difensivi delle stesse Amministrazioni.
La difesa della ASL, che pure dovrebbe istituzionalmente occuparsi unicamente
dei profili attinenti alla tutela ambientale e alla pubblica incolumità, è tutta
incentrata, invece, sull’asserita incompatibilità urbanistica dell’opera.
Analogamente la Provincia di Arezzo, nella memoria depositata il 22 ottobre
2010, insiste nell’affermazione della dirimente necessità che l’intervento
proposto si ponga in coerenza con le condizioni di trasformabilità dell’area
elencate nell’art. 186 delle NTA del Piano strutturale adottato, anzi è
subordinato a tale condizione.
Ora, si è già visto che, al momento dell’adozione dei provvedimenti impugnati,
lo strumento urbanistico non era stato ancora definitivamente approvato e che le
misure di salvaguardia in esso previste avevano cessato di avere efficacia con
la conseguenza che subordinare l’ulteriore azione amministrativa ad un atto non
ancora vigente non appare conforme al principio di legalità, ponendosi in
contrasto con la gerarchia delle fonti dell’ordinamento.
In ogni caso che l’asserita incompatibilità urbanistica del progetto è solo uno
degli aspetti che cadono nella complessiva valutazione che deve essere compiuta
nella circostanza dalle Amministrazioni interessate.
Altrettanto significativo è l’assunto secondo cui la valutazione negativa
espressa dal Nucleo di valutazione e fatta propria dall’Amministrazione
provinciale sarebbe stata sufficientemente chiarita attraverso il rilievo che il
progetto de quo rivelerebbe “carenze in ordine all’analisi degli aspetti
connessi <alle correlazioni che potrebbero derivare sulla fauna e sulla flora>”.
E’ del tutto evidente, infatti, è già lo si è rilevato, che tale affermazione è
del tutto inidonea ad esprimere una ponderata valutazione di tutti i numerosi e
complessi profili connessi al rilascio dell’autorizzazione per cui è causa, né
consente di intravedere l’iter logico e motivazionale attraverso il quale si è
pervenuti a tale conclusione.
In definitiva, i provvedimenti impugnati si palesano viziati per difetto di
istruttoria e di motivazione.
Per le considerazioni che precedono, assorbite le altre censure, il ricorso deve
essere accolto conseguendone l’annullamento dei provvedimenti provinciali con i
quali è stato fornito parere negativo della procedura di valutazione di impatto
ambientale e rigettata l'istanza di approvazione del progetto presentato dal
ricorrente.
Sono stati proposti motivi aggiunti di ricorso per contestare la legittimità del
verbale della seduta n. 14 del 23 novembre 2006 della Commissione assetto del
territorio, della deliberazione n. 66 del 24 novembre 2006, del Consiglio di
Circoscrizione n. 5 (Rigutino) e del verbale n. 6 del 13 novembre 2006 della
Commissione urbanistica del Comune.
Trattandosi di meri pareri, ossia di atti endoprocedimentali privi di carattere
provvedimentale, ne è evidente l’assenza di lesività diretta nei confronti della
posizione soggettiva dedotta dalla ricorrente.
Ne consegue che tale ricorso va dichiarato inammissibile per difetto di
interesse.
La Safimet ha avanzato, nelle sue conclusioni, anche una domanda di risarcimento
del danno con riferimento al lucro cessante, valutato in proporzione alla
differenza tra la produzione dell'impianto attuale e la capacità produttiva
stimata del nuovo impianto, nonché alla mancata vendita di energia elettrica, e
il danno emergente relativo ai costi sostenuti per la presentazione della
pratica, riservandosi di provarne l'entità del corso del giudizio ovvero di
rimettersi alla valutazione equitativa del Tribunale.
La domanda non può essere accolta.
A prescindere dai profili soggettivi della responsabilità della pubblica
Amministrazione che, come è noto, non discendono in via automatica dalla
pronuncia giudiziale di annullamento, non può non rilevarsi, per ciò che
concerne il danno lamentato, che secondo i principi ormai consolidatisi in
giurisprudenza, è necessario che l’attore comprovi in modo rigoroso l'esistenza
del danno che assume aver subito, non potendo invocare il c.d. principio
acquisitivo, in quanto attinente allo svolgimento dell'istruttoria e non
all'allegazione dei fatti dell'onere della prova, , atteso che il potere del
giudice di liquidare il danno con valutazione equitativa non esonera la parte
interessata dall'obbligo di offrire al giudice gli elementi probatori circa la
sussistenza del danno, esaurendosi il suo apprezzamento equitativo nella
necessità di colmare lacune inevitabili nella determinazione del preciso
ammontare del danno (cfr. ex multis Cons. Stato, sez. V, 16 febbraio 2009, n.
842; T.A.R. Liguria, sez. II, 21 ottobre 2009, n. 2914).
Inoltre, anche a prescindere dai profili attinenti alla prova del danno subito,
costituisce dirimente impedimento alla favorevole deliberazione della domanda
proposta la circostanza che l'accoglimento del gravame e la conseguente
pronuncia di annullamento dell'atto impugnato, nei sensi sopra precisati, non
comportano, di per sé, l'attribuzione all'interessata del bene della vita per il
quale essa sostanzialmente agisce.
Infatti, la giurisprudenza è fermamente orientata nel senso di ritenere che, in
ipotesi di annullamento di un provvedimento amministrativo per vizi di ordine
formale o comunque per vizi di difetto di istruttoria e motivazione che non
escludono e anzi impongono il riesercizio del potere, la domanda risarcitoria
del danno non può essere valutata se non all'esito del nuovo esercizio del
potere in funzione della spettanza sostanziale del bene della vita oggetto del
procedimento amministrativo (Cons. Stato, sez. IV, 2 febbraio 2010, n. 467).
Invero, se l'atto negativo dovesse venire reiterato, il nuovo sopravvenuto
negativo escluderebbe allo stato la sussistenza del danno risarcibile, derivante
dal primo provvedimento, se non eventualmente, ove ritenuto ammissibile, come
danno da ritardo, di provvedimento comunque negativo (Cons. Stato, sez. VI, 4
settembre 2002, n. 4435).
La domanda di risarcimento va, dunque, rigettata.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza come da liquidazione fattane in
dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie
e per l’effetto annulla gli atti impugnati, nei sensi in motivazione precisati.
Dichiara inammissibili i motivi aggiunti di ricorso.
Respinge la domanda di risarcimento del danno.
Dichiara il difetto di legittimazione passiva della Regione Toscana.
Liquida forfettariamente in € 2.000,00, oltre IVA e CPA, in danno della
Provincia e del Comune di Arezzo le spese di giudizio, compensandole per il
resto.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 23 novembre 2010 con
l'intervento dei magistrati:
Maurizio Nicolosi, Presidente
Bernardo Massari, Consigliere, Estensore
Pietro De Berardinis, Primo Referendario
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/02/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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