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T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 4 febbraio 2011, n. 233
SICUREZZA SUL LAVORO - Requisiti di salute e sicurezza dei luoghi di lavoro -
Allegato IV, punto 1.11.1.5 del d.lgs. n. 81/08 - Possibilità di lavorare stando
seduti - Prescrizioni dell’autorità sanitaria - Art. 10 d.P.R. n. 520/55 -
Apprezzamento tecnico discrezionale - Necessaria instaurazione del
contraddittorio con il datore di lavoro. Agli operatori dell’Azienda
Sanitaria è riconosciuto (art. 10 del D.P.R. n. 520/55) il potere di impartire
disposizioni esecutive implicanti un apprezzamento tecnico-discrezionale
integrativo della disciplina stabilita dal legislatore: segnatamente tale
contenuto di discrezionalità non può essere disconosciuto nel caso in cui venga
in rilievo l’attuazione, con indicazione delle relative modalità, della
previsione dettata dall’Allegato IV, punto 1.11.1.5., del D.Lgs. n. 81/08,
secondo cui l'organo di vigilanza può prescrivere che, anche nei lavori
continuativi, il datore di lavoro dia modo ai dipendenti di lavorare stando a
sedere, ogni qualvolta ciò non pregiudichi la normale esecuzione del lavoro.
Tale previsione va raccordata con gli artt. 63 e 64 del medesimo D.Lgs. n.
81/08, che rinviano all’Allegato IV per la specificazione dei requisiti di
salute e sicurezza cui i luoghi di lavoro debbono essere conformi ed ai quali il
datore di lavoro è tenuto a provvedere, nonché all’art. 15 co. 1 lett. d), che
annovera, fra le misure generali di tutela della salute e della sicurezza dei
lavoratori nei luoghi di lavoro, il rispetto dei principi ergonomici
nell'organizzazione del lavoro, nella concezione dei posti di lavoro, nella
scelta delle attrezzature e nella definizione dei metodi di lavoro e produzione,
in particolare al fine di ridurre gli effetti sulla salute del lavoro monotono e
di quello ripetitivo. Alla luce del quadro normativo così delineato, il
riportato intervento dell’autorità di vigilanza presenta i caratteri tipici
della prescrizione attuativa di un precetto che il legislatore ha solo
parzialmente determinato, rimettendo all’amministrazione la scelta circa la
stessa opportunità di esercitare o meno il potere di ordinare l’adeguamento
delle postazioni di lavoro. Trattandosi di una misura di prevenzione dei rischi,
priva di connotazioni sanzionatorie, la sua adozione non può legittimamente
considerarsi sottratta alla preventiva instaurazione di un effettivo
contraddittorio con il datore di lavoro che ne sia destinatario, alla stregua
delle regole generali che governano l’azione amministrativa; la partecipazione
del datore di lavoro non può reputarsi esaurita con la presenza al sopralluogo
condotto dai funzionari dell’A.S. Pres. Nicolosi, Est. Grauso - Z.s.r.l. (avv.ti
Barosio, Grassi e Cicchetti) c. Azienda Sanitaria di Firenze (avv.ti Danesi e
Molesti) -
TAR TOSCANA, Sez. II - 4 febbraio 2011, n. 233
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N. 00233/2011 REG.PROV.COLL.
N. 01529/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1529 del 2009, proposto da:
Zara Italia S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentata e difesa dagli avv.ti Vittorio Barosio, Stefano Grassi e Claudia
Maria Cicchetti, con domicilio eletto presso il secondo in Firenze, corso Italia
2;
contro
Azienda Sanitaria di Firenze, in persona del Direttore generale pro tempore,
rappresentata e difesa dagli avv.ti Marzia Danesi e Liliana Molesti, con
domicilio eletto presso la propria sede in Firenze, piazza S. Maria Nuova 1;
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali;
per l'annullamento
-a) del Foglio di Disposizioni in data 13.7.2009, prot. n. 81680/09 (doc. 1),
con il quale gli operatori dell’Unità Funzionale di Prevenzione Igiene e
Sicurezza nei Luoghi di lavoro dell’Azienda Sanitaria di Firenze hanno ordinato
alla Zara Italia s.r.l. “che le postazioni di lavoro alle casse “siano
organizzate in modo da permettere l’alternanza della postura “attraverso
l’adozione di idonei sedili”, disponendo altresì che “Codesta “Azienda dovrà
ottemperare nel più breve tempo possibile e comunque non “oltre i tempi sotto
indicati, che decorrono a partire dalla data di consegna “o di ricevimento del
presente foglio: - giorni (60) …”;
-b) ogni altro atto preparatorio, antecedente, consequenziale o comunque
connesso con quello impugnato.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Azienda Sanitaria di Firenze;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 novembre 2010 il dott. Pierpaolo
Grauso e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso notificato il 16 e depositato il 18 settembre 2009, la Zara Italia
S.r.l., impresa operante nel settore dell’abbigliamento e titolare di numerosi
punti vendita in Italia ed all’estero, proponeva impugnazione avverso il “foglio
di disposizioni” in data 13 luglio 2009, con cui gli operatori dell’Unità
Funzionale di Prevenzione Igiene e Sicurezza nel Luoghi di Lavoro dell’Azienda
Sanitaria di Firenze – a seguito di sopralluogo – avevano stabilito che, nel
punto vendita di Firenze, piazza della Repubblica 1, le postazioni di lavoro
alle casse venissero organizzate in modo da permettere l’alternanza della
postura attraverso l’adozione di appositi sedili, prescrizione da ottemperare
nel termine di sessanta giorni. La società ricorrente si affidava ad un unico,
articolato, motivo in diritto, ed, intimati dinanzi a questo tribunale l’Azienda
sanitaria procedente ed il Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche
sociali, concludeva per l’annullamento dell’atto impugnato, previa sospensiva.
Con decreto presidenziale del 18 settembre 2009, veniva respinta l’istanza di
misure cautelari interinali, pure proposta con l’atto introduttivo del giudizio.
Intervenuta, quindi, la rinuncia della ricorrente alla sospensiva, nel merito la
causa – che aveva frattanto visto costituirsi in giudizio la sola Azienda
sanitaria – veniva discussa e trattenuta per la decisione nella pubblica udienza
del 23 novembre 2010.
DIRITTO
L’impugnativa proposta dalla ricorrente Zara Italia S.r.l. è diretta contro il
“foglio di disposizioni” emesso dall’Azienda Sanitaria di Firenze – Unità
Funzionale di Prevenzione Igiene e Sicurezza nel Luoghi di Lavoro il 13 luglio
2009, con cui si prescrive che, all’interno del punto vendita di Firenze, piazza
della Repubblica 1, le postazioni di lavoro alle casse siano organizzate in modo
da permettere ai lavoratori l’alternanza della postura attraverso l’adozione di
idonei sedili, e contestualmente si ricorda, quanto ai lavoratori
impossibilitati a svolgere le proprie mansioni in posizione seduta, di tenere
conto e prevedere – in sede di valutazione dei rischi – adeguate modalità di
riposo e/o alternanza posturale, nel rispetto dei principi ergonomici previsti
dal D.Lgs. n. 81/08.
In via pregiudiziale, l’Azienda resistente eccepisce l’inammissibilità del
ricorso per difetto di giurisdizione del giudice adito, assumendo che si
tratterebbe di attività di vigilanza espressione di funzioni di polizia
giudiziaria.
L’eccezione è infondata.
Come enunciato nello stesso “foglio di disposizioni” in questione, gli operatori
dell’Azienda Sanitaria hanno agito nell’esercizio del potere, loro riconosciuto
dall’art. 10 del D.P.R. n. 520/55, di impartire disposizioni esecutive
implicanti un apprezzamento tecnico-discrezionale integrativo della disciplina
stabilita dal legislatore: tale contenuto di discrezionalità non può infatti
essere disconosciuto nel caso in esame, venendo in rilievo l’attuazione, con
indicazione delle relative modalità, della previsione dettata dall’Allegato IV,
punto 1.11.1.5., del D.Lgs. n. 81/08, secondo cui l'organo di vigilanza può
prescrivere che, anche nei lavori continuativi, il datore di lavoro dia modo ai
dipendenti di lavorare stando a sedere, ogni qualvolta ciò non pregiudichi la
normale esecuzione del lavoro. Ne discende che l’atto impugnato incide, per sua
natura, su posizioni di interesse legittimo, la cui cognizione appartiene al
giudice amministrativo alla stregua dei tradizionali criteri di riparto (per
tutte, in materia, cfr. Cass., sez. un., 9 luglio 1991, n. 7547).
Nel merito, con l’unico, complesso, motivo di gravame, la società ricorrente
deduce in primo luogo la violazione degli artt. 15, 63 e 64, nonché
dell’Allegato IV, punto 1.11.1.5., del D.Lgs. n. 81/08, sostenendo che nessuna
delle disposizioni appena citate autorizzerebbe le conclusioni cui è pervenuta
l’amministrazione procedente in ordine all’asserita necessità di consentire lo
svolgimento del lavoro in posizione seduta, fermo restando l’onere del datore di
lavoro di dotare i luoghi di lavoro di locali dove i lavoratori possano riposare
durante le pause. La A.S. fiorentina sarebbe pertanto incorsa anche in un
evidente difetto di istruttoria, avendo trascurato di verificare, presso
l’esercizio di piazza della Repubblica, la presenza di tali locali, utilizzati
dai lavoratori nei frequenti momenti di pausa dalle mansioni.
Per altro verso la ricorrente precisa come, contrariamente a quanto risulterebbe
dal “foglio di prescrizioni”, gli addetti all’esercizio in questione non
svolgano esclusivamente attività di cassa, ma siano innanzitutto preposti alla
vendita ed all’assistenza alla clientela, e ricevano i clienti alla cassa per il
pagamento solo al termine di tali attività, oltre a svolgere una serie di
compiti accessori e complementari (invio e ricezione di comunicazioni, stampa ed
archiviazione di documenti, gestione degli ordini, prenotazioni dei lavori di
sartoria, riordino degli spazi di vendita, rifornimento delle borse da
consegnare ai clienti con i capi acquistati, rimozione e riordino dei sistemi
antitaccheggio, trasferimento del denaro contante dalle casse alla cassaforte).
In definitiva l’attività, tenuto anche conto del considerevole afflusso di
clientela, sarebbe tutt’altro che monotona e ripetitiva, e caratterizzata da
continui spostamenti all’interno del negozio – dalle casse alla zona di vendita,
alle aree attigue alle casse, e nell’ambito delle stesse zone di cassa – con
connessa varietà di posture; ne deriverebbe, correlativamente, l’impossibilità
di svolgere le operazioni di cassa da seduti senza, con ciò, pregiudicare
l’attività aziendale: per eseguire in modo rapido ed efficiente dette
operazioni, evitando lunghe attese alla clientela, non vi sarebbe per i commessi
altra soluzione, se non quella di rimanere in posizione eretta, mentre la
presenza di eventuali sedili determinerebbe intralcio agli spostamenti e, nel
complesso, rallentamento dell’attività, in danno dell’azienda – anche sotto il
profilo dell’immagine – e degli stessi lavoratori, talora in parte retribuiti
con percentuali sugli acquisti conclusi.
D’altro canto, prosegue la ricorrente, l’amministrazione non avrebbe fornito
alcuna prova circa gli effetti negativi, sulla salute dei lavoratori, del
mantenimento della postura eretta durante le operazioni di cassa, posto che, in
ogni caso, il tempo trascorso alla cassa sarebbe di gran lunga inferiore a
quello trascorso in piedi per l’assistenza alla vendita e le altre attività
accessorie.
Infine, la Zara Italia S.r.l. lamenta di non essere stata messa nella condizioni
di esercitare le proprie prerogative di partecipazione procedimentale, e di
tutelare le proprie ragioni, con particolare riferimento all’indicazione dei
motivi sottesi alla scelta aziendale di far svolgere le mansioni di cassa in
posizione eretta.
Seguendo l’ordine logico delle questioni, il collegio prenderà le mosse
dall’esame del profilo di censura da ultimo riassunto.
Come già osservato, l’impugnato “foglio di prescrizioni” costituisce espressione
del potere di impartire disposizioni per l'applicazione di norme obbligatorie,
in relazione alle quali le singole leggi riservino all’autorità di vigilanza un
margine di apprezzamento discrezionale; e non vi è dubbio che tale riserva di
discrezionalità sia contenuta al punto 1.11.1.5. dell’Allegato IV al D.Lgs. n.
81/08, in forza del quale “l’organo di vigilanza può prescrivere che, anche nei
lavori continuativi, il datore di lavoro dia modo ai dipendenti di lavorare
stando a sedere ogni qualvolta ciò non pregiudica la normale esecuzione del
lavoro” (è questa la versione vigente della norma, al contrario di quanto
sostenuto dalla ricorrente; ed, in ogni caso, è questa la disposizione di cui,
nella sostanza, l’Azienda sanitaria ha inteso fare applicazione, come
inequivocabilmente si ricava dal tenore dell’atto impugnato). La previsione va
raccordata con gli artt. 63 e 64 del medesimo D.Lgs. n. 81/08, che rinviano
all’Allegato IV per la specificazione dei requisiti di salute e sicurezza cui i
luoghi di lavoro debbono essere conformi ed ai quali il datore di lavoro è
tenuto a provvedere, nonché all’art. 15 co. 1 lett. d), che annovera, fra le
misure generali di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori nei
luoghi di lavoro, il rispetto dei principi ergonomici nell'organizzazione del
lavoro, nella concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle attrezzature e
nella definizione dei metodi di lavoro e produzione, in particolare al fine di
ridurre gli effetti sulla salute del lavoro monotono e di quello ripetitivo.
Alla luce del quadro normativo così delineato, nella specie l’intervento
dell’autorità di vigilanza presenta, con tutta evidenza, i caratteri tipici
della prescrizione attuativa di un precetto che il legislatore ha solo
parzialmente determinato, rimettendo all’amministrazione la scelta circa la
stessa opportunità di esercitare o meno il potere di ordinare l’adeguamento
delle postazioni di lavoro. Trattandosi di una misura di prevenzione dei rischi,
priva di connotazioni sanzionatorie, la sua adozione non può legittimamente
considerarsi sottratta alla preventiva instaurazione di un effettivo
contraddittorio con il datore di lavoro che ne sia destinatario, alla stregua
delle regole generali che governano l’azione amministrativa. Viene in rilievo,
in particolare, il principio correntemente definito del “giusto procedimento”,
che in prima battuta si realizza attraverso l’obbligo, sancito a carico
dell’amministrazione dagli artt. 7 e seguenti della legge n. 241/90, di
consentire la partecipazione procedimentale a tutte le parti, pubbliche e
private, interessate e controinteressate; obbligo la cui violazione, neppure
all’indomani dell’introduzione, nel corpo della citata legge n. 241/90,
dell’art. 21-octies, può ritenersi derubricato a mera irregolarità, posto che
l’annullabilità dell’atto affetto dalla violazione formale o procedimentale –
vertendosi in tema di attività discrezionale – può ben essere impedita a
posteriori, ma unicamente a condizione che l’amministrazione (eccepisca e)
dimostri in giudizio che il contenuto dispositivo del provvedimento non sarebbe
stato in nessun caso diverso da quello in concreto adottato: vale a dire, a
condizione che sia provata la sostanziale inutilità della partecipazione.
Che il procedimento rappresenti il “luogo virtuale” di composizione anticipata
dei conflitti, e che, pertanto, la partecipazione degli interessati vi rivesta
un ruolo tendenzialmente indefettibile, è confermato, del resto, dall’obbligo
dell’amministrazione di valutare, dandone conto in motivazione, le memorie e i
documenti presentati dai partecipanti (art. 10 l. 241/90), nonché dall’obbligo
di preventiva comunicazione delle ragioni ostative all’accoglimento di
un’istanza, e di motivare sulle osservazioni fatte eventualmente pervenire dal
destinatario del diniego (art. 10-bis l. 241/90).
Se così è, deve allora convenirsi con la società ricorrente, laddove lamenta di
non essere stata posta in grado di tutelare le proprie ragioni all’interno del
procedimento conclusosi con l’adozione della prescrizione impugnata, e questo
avuto riguardo alla possibilità di controdedurre alle valutazioni compiute
dall’organo ispettivo in ordine all’assenza di elementi tali da far presumere
l’assenza di interferenze pregiudizievoli fra la posizione seduta ed il corretto
svolgimento della prestazione lavorativa. Il pregiudizio alla normale esecuzione
del lavoro costituisce infatti, ai sensi del punto 1.11.1.5. All. IV, cit., uno
dei limiti espliciti alla discrezionalità dell’amministrazione, né la
partecipazione del datore di lavoro può reputarsi esaurita con la presenza al
sopralluogo condotto dai funzionari dell’A.S., come invece sembra trapelare
dall’atto impugnato: al sopralluogo può, al più, attribuirsi un ruolo suppletivo
della comunicazione di avvio del procedimento, ma, all’esito dell’accertamento,
Zara Italia avrebbe dovuto essere quantomeno resa edotta – mediante atti
formali, anche contestuali – dell’oggetto delle contestazioni o comunque dei
rilievi emersi, onde potersene prefigurare le prevedibili conseguenze; e,
soprattutto, avrebbe dovuto essere invitata a presentare le proprie osservazioni
e controdeduzioni in un termine congruo, in modo da garantire la piena tutela
delle posizioni soggettive coinvolte pur senza sacrificare la tempestività
dell’intervento amministrativo.
La menomazione delle prerogative procedimentali della società ricorrente
inficia, dunque, la legittimità delle prescrizioni impartite dall’Azienda
sanitaria fiorentina, che vanno annullate, dovendosi escludere che ricorrano i
presupposti per l’applicazione del sopra menzionato art. 21-octies l. n. 241/90,
peraltro neppure invocato dalla difesa resistente. La natura preliminare ed
assorbente del vizio esime il collegio dall’analisi di ogni altra censura,
restando impregiudicato l’eventuale riesercizio del potere, se emendato dalle
violazioni qui appurate.
Le spese di lite seguono la soccombenza, e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda),
definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso nei sensi di cui in parte
motiva, e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.
Condanna l’amministrazione resistente alla rifusione delle spese processuali,
che liquida in complessivi euro 2.000,00, oltre al rimborso forfettario delle
spese generali, ad I.V.A. e C.P.A. come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 23 novembre 2010 con
l'intervento dei magistrati:
Maurizio Nicolosi, Presidente
Ivo Correale, Primo Referendario
Pierpaolo Grauso, Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/02/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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