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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562

 

 

T.A.R. TOSCANA, Sez. III - 25 marzo 2011, n. 535


BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Vincolo paesaggistico - Autorizzazione - Diniego - Motivazione succinta - Legittimità.
In tema di diniego di autorizzazione paesaggistica, è legittima una motivazione anche succinta, in quanto l’onere motivazionale può essere assolto mediante l’individuazione, nell’opera abusiva, di caratteristiche che ne impediscono il corretto inserimento nella zona tutelata (Tar Toscana, III, 27/11/2006, n. 6052; Tar Campania, Napoli, VI, 4/8/2008, n. 9718). Pres. Radesi, Est. Bellucci - M.A. (avv. Pozzolini) c. Comune di Firenze (avv.ti Minucci e Selvaggi) - TAR TOSCANA, Sez. III - 25 marzo 2011, n. 535

BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Vincolo paesaggistico - Autorizzazione - Diniego - Obbligo di indicare le prescrizioni idonee a rendere l’intervento compatibile con il paesaggio - Insussistenza.
Il legislatore non impone all’Ente pubblico l’obbligo di indicare le prescrizioni tese a rendere l’intervento compatibile con il paesaggio tutelato (Tar Toscana, III, 27/11/2006, n. 6052; Tar Campania, Napoli, IV, 13/6/2007, n. 6142). Non sussiste cioè a carico del Comune l’obbligo di proporre misure idonee ad assicurare un corretto inserimento dell’abuso edilizio nel contesto paesaggistico di riferimento, dovendo l’autorità adita limitarsi a valutare l’opera così come è, ed essendo semmai compito del privato interessato proporre con l’istanza di condono misure funzionali a ridimensionare l’impatto visivo dell’opera stessa. Pres. Radesi, Est. Bellucci - M.A. (avv. Pozzolini) c. Comune di Firenze (avv.ti Minucci e Selvaggi) - TAR TOSCANA, Sez. III - 25 marzo 2011, n. 535
 

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N. 00535/2011 REG.PROV.COLL.
N. 01610/1996 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Terza)


ha pronunciato la presente


SENTENZA



sul ricorso numero di registro generale 1610 del 1996, proposto da Mattei Arturo (ora Boccalini Franco) quale Amministratore Giudiziale dei beni di proprietà dei signori Francesco Fraschetti e Carlo Fraschetti, rappresentato e difeso dall'avvocato Flavia Pozzolini, con domicilio eletto presso il suo studio in Firenze, via XX Settembre n. 60;


contro


Comune di Firenze, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Annalisa Minucci e Marco Selvaggi, con domicilio eletto in Firenze, Piazza della Signoria (Palazzo Vecchio) presso l’Ufficio del Sindaco;

per l'annullamento

- del diniego di concessione edilizia in sanatoria ai sensi dell'art. 39 della legge 724 del 1994, disposto con provvedimento di cui alla nota a firma dell'Assessore all'Urbanistica e all'Edilizia Privata del 26-2-1996 n. 10647/96;

nonchè, occorrendo, di ogni altro atto presupposto, connesso e/o conseguente e, in particolare:

a- del provvedimento del Sindaco di Firenze, di incognito numero e data, di delega delle relative competenze all'Assessore all'Urbanistica e all'Edilizia Privata;

b- dell'art. 31, lettere l e p, dello Statuto del Comune di Firenze;


Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Firenze;
Viste le memorie difensive delle parti;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 gennaio 2011 il dott. Gianluca Bellucci e uditi per le parti i difensori F. Pozzolini e A. Minucci;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO


I signori Fraschetti sono proprietari di un appezzamento di circa 6 ettari posto nel Comune di Firenze, coltivato ad ulivi, vigneti e ortaggi. Il dottor Mattei, in qualità di amministratore giudiziale dei beni degli stessi, ha presentato domanda di condono edilizio ai sensi della legge n.724/1994, in relazione alle seguenti opere, ricadenti in zona sottoposta a vincolo paesaggistico:

a) manufatto in muratura rivestito con materiale eterogeneo e coperto con ondulato in fibrocemento;

b) manufatto in parte in muratura e in parte in materiale eterogeneo;

c) locale interrato con pareti in cemento armato e copertura in fibrocemento, dotato di tettoia a copertura della rampa di accesso.

L’assessore all’urbanistica ed edilizia privata del Comune di Firenze, con nota del 26/2/1996, ha espresso il proprio diniego comunicando il parere contrario della commissione edilizia integrata, secondo cui “i materiali e le caratteristiche costruttive, aventi natura di temporaneità e prive di ogni intento di decoro, sono incompatibili con la tutela dei valori estetici tradizionali del luogo”.

Avverso la suddetta determinazione il ricorrente è insorto deducendo:

1) violazione di legge (art.32 della legge n.47/1985; art.7 della legge n.1497/1939; art.39 della legge n.724/1994; principi in tema di provvedimenti negativi); eccesso di potere per difetto di motivazione; difetto dei presupposti e di istruttoria; travisamento dei fatti;

2) violazione di legge (art.4 della L.R. n.52/1979; art.12 della L.R. n.41/1984; legge n.142/1990; art.31 dello Statuto comunale e principi desumibili; principi in tema di delega di funzioni); incompetenza.

Si è costituito in giudizio il Comune di Firenze.

All’udienza del 27 gennaio 2011 la causa è stata posta in decisone.


DIRITTO


Con la prima censura il ricorrente lamenta il difetto di motivazione e l’omessa specificazione, da parte del Comune, dei requisiti necessari ad assicurare il corretto inserimento nel contesto ambientale; in particolare il deducente osserva che il locale interrato in cemento armato, contrariamente a quanto sostiene l’amministrazione, non ha carattere temporaneo e non può contrastare col vincolo paesaggistico, e che i manufatti in oggetto sono espressione consueta della campagna toscana ed esistono sin dagli anni cinquanta.

Il rilievo è infondato.

L’atto impugnato, con il quale il Comune di Firenze, comunicando il parere contrario della commissione edilizia integrata, oppone un sostanziale diniego al rilascio del titolo edilizio richiesto, specifica la motivazione espressa dalla commissione stessa (“i materiali e le caratteristiche costruttive, aventi natura di temporaneità e prive di ogni intento di decoro, sono incompatibili con la tutela dei valori estetici tradizionali del luogo”).

Pertanto, sia pure in modo sintetico, l’amministrazione ha indicato gli elementi in base ai quali il manufatto è stato ritenuto incompatibile con il vincolo paesaggistico. La motivazione dell’impugnato provvedimento è innanzitutto incentrata sulla natura dei materiali, la cui caratteristica di scarso pregio, adatta ad un uso temporaneo, li rende avulsi dal contesto paesaggistico tutelato. Analoga valutazione è stata espressa dall’Ente in relazione alle riscontrate caratteristiche costruttive.

Trattasi di valutazione non illogica, che dà contezza dell’iter logico seguito ai fini della decisione di rigetto dell’istanza, e che non trova una smentita nella documentazione fotografica relativa all’abuso edilizio in questione, depositata in giudizio dal Comune di Firenze (Tar Toscana, III, 6/3/2006, n. 793).

Del resto, la giurisprudenza amministrativa ha più volte statuito che è legittima una motivazione anche succinta, in quanto l’onere motivazionale può essere assolto mediante l’individuazione, nell’opera abusiva, di caratteristiche che ne impediscono il corretto inserimento nella zona tutelata (Tar Toscana, III, 27/11/2006, n. 6052; Tar Campania, Napoli, VI, 4/8/2008, n. 9718).

Inoltre il legislatore non impone all’Ente pubblico l’obbligo di indicare le prescrizioni tese a rendere l’intervento compatibile con il paesaggio tutelato (Tar Toscana, III, 27/11/2006, n. 6052; Tar Campania, Napoli, IV, 13/6/2007, n. 6142). Non sussiste cioè a carico del Comune l’obbligo di proporre misure idonee ad assicurare un corretto inserimento dell’abuso edilizio nel contesto paesaggistico di riferimento, dovendo l’autorità adita limitarsi a valutare l’opera così come è, ed essendo semmai compito del privato interessato proporre con l’istanza di condono misure funzionali a ridimensionare l’impatto visivo dell’opera stessa.

Né rileva l’epoca remota di realizzazione dell’abuso, in quanto l’interesse del privato è necessariamente recessivo rispetto all’interesse sotteso all’apposizione del vincolo paesaggistico, valorizzato dall’art.9 della Costituzione.

Quanto al locale interrato, occorre considerare che il medesimo è composto da parti visibili esternamente, atte a renderlo fruibile: la richiesta di condono fa riferimento al locale de quo con antistante tettoia a copertura di rampa di accesso al locale (si veda la fotografia identificata come A/3 depositata in giudizio dal Comune).

Con il secondo motivo il ricorrente, rilevato che il gravato diniego è stato adottato dall’Assessore all’Urbanistica, osserva che è di competenza del Sindaco la determinazione sulle istanze di autorizzazione paesaggistica e di sanatoria edilizia, e che né la L.R. n.52/1979, né la normativa urbanistica, né la legge n.142/1990 prevede un potere generale di delega da parte del sindaco agli assessori; aggiunge che l’art.31 dello Statuto comunale ammette la delega per singoli atti.

La censura non è condivisibile.

L’art.31, lettera l, dello Statuto comunale prevede che il Sindaco possa delegare ai singoli assessori atti di sua competenza con potere di avocazione e riassunzione (pagina 7 del ricorso).

In attuazione della norma statutaria il Sindaco, con ordinanza n.3122 del 2/5/1995, ha delegato all’Assessore all’Urbanistica l’adozione dei provvedimenti in materia di edilizia privata, comprendenti la gravata determinazione di diniego.

Tale assetto di competenze, nell’ambito del quale il Sindaco mantiene un potere di direttiva e controllo sugli atti assessorili, non contrasta con la legge n.142/1990 ed appare in linea con l’art.4, comma 2, della stessa.

In conclusione, il ricorso va respinto.

Le spese di giudizio, inclusi gli onorari difensivi, sono determinate in euro 3.000 (tremila) oltre IVA e CPA, da porre a carico del ricorrente.


P.Q.M.


il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge. Condanna il ricorrente a corrispondere al Comune di Firenze la somma di euro 3.000 (tremila) oltre IVA e CPA, a titolo di spese di giudizio comprendenti gli onorari difensivi.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 27 gennaio 2011 con l'intervento dei magistrati:

Angela Radesi, Presidente
Gianluca Bellucci, Consigliere, Estensore
Silvio Lomazzi, Primo Referendario

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 25/03/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 



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