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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562

 

 

T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 1 aprile 2011, n. 565


INQUINAMENTO - Siti di interesse nazionale - Bonifica - Provvedimento conclusivo della conferenza di servizi - Adozione - Competenza dirigenziale - Art. 252 d.lgs. n. 152/2006.
In tema di bonifica di siti di interesse nazionale, il decreto di approvazione della Conferenza di servizi, costituisce espressione di attività di gestione e non di indirizzo politico-amministrativo, risultando, perciò, legittima la sua adozione da parte del dirigente del settore interessato, e non da parte del Ministro. Ed invero, l'art. 252 del d.lgs. n. 152/2006, distinguendo tra atti ed attività di competenza del Ministro dell'Ambiente ed atti e attività facenti capo al Ministero, colloca tra i primi l'individuazione, ai fini della bonifica, dei siti di interesse nazionale (art. 252, comma 2, cit.), il che è del tutto logico, dovendo la suddetta individuazione reputarsi atto attinente all'indirizzo politico-amministrativo in materia di bonifica. Per contro, si deve reputare che l'impugnato decreto di recepimento della Conferenza di Servizi costituisca un mero atto di gestione, di competenza dirigenziale e non del Ministro, atteso che esso certamente non concerne le scelte di fondo che la P.A. è chiamata a compiere nel settore in esame (come ad es., la mappatura dei siti di interesse nazionale), avendo invece ad oggetto la prescrizione di un singolo intervento di messa in sicurezza d'emergenza e, poi, di bonifica (T.A.R. Toscana, sez. II, 6 luglio 2010, n. 2316; T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. I, 9 ottobre 2009, n. 1738). Pres. Nicolosi, Est. Massari - T. s.p.a. (avv. Pegazzano Ferrando) c. Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (Avv. Stato) e altri (n.c.) - TAR TOSCANA, Sez. II - 1 aprile 2011, n. 565

INQUINAMENTO - Bonifica, messa in sicurezza e ripristino ambientale - Proprietario - Mancata dimostrazione dell’imputabilità soggettiva della condotta - Illegittimità dell’ordinane di bonifica - Principio “chi inquina paga”.
Non è legittimo l’ordine di bonifica, messa in sicurezza e ripristino ambientale indiscriminatamente rivolto al proprietario del fondo in ragione della sua sola qualità, ma in mancanza di adeguata dimostrazione da parte dell’Amministrazione procedente, sulla base di un’istruttoria completa e di una esauriente motivazione, dell’imputabilità soggettiva della condotta (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 19 marzo 2009, n. 1612; T.A.R. Toscana, sez. II 24 agosto 2009 n. 1398). La pubblica amministrazione non può, pertanto, imporre ai privati che non abbiano alcuna responsabilità diretta sull'origine del fenomeno contestato, ma che vengano individuati solo quali proprietari del bene, lo svolgimento delle attività di recupero e di risanamento. E ciò, del resto, in conformità al principio "chi inquina paga", cui si ispira la normativa comunitaria (art. 174, ex art. 130/R, trattato CE), la quale impone al soggetto che fa correre un rischio di inquinamento di sostenere i costi della prevenzione o della riparazione (T.A.R. Toscana, sez. II, 3 marzo 2010, n. 594). Ai fini della responsabilità in questione è perciò necessario che sussista e sia provato, attraverso l’esperimento di un’adeguata istruttoria, il rapporto di causalità tra l'azione o l'omissione dell'autore dell'inquinamento e il superamento - o pericolo concreto ed attuale di superamento - dei limiti di contaminazione, senza che possa venire in rilievo una sorta di responsabilità oggettiva facente capo al proprietario o al possessore dell’immobile meramente in ragione di tale qualità. Pres. Nicolosi, Est. Massari - T. s.p.a. (avv. Pegazzano Ferrando) c. Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (Avv. Stato) e altri (n.c.) - TAR TOSCANA, Sez. II - 1 aprile 2011, n. 565
 

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N. 00565/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00991/2009 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Seconda)


ha pronunciato la presente


SENTENZA



sul ricorso numero di registro generale 991 del 2009, proposto da:
Tirrena S.p.A., in persona del legale rappresentante pt., rappresentata e difesa dall'avv. Attilio Pegazzano Ferrando, con domicilio eletto presso Simone Nistri in Firenze, via Scialoia n.53;


contro


Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in persona del Ministro p.t., Ministero delle attività produttive, in persona del Ministro p.t., rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Firenze, domiciliataria per legge;
Comune di Carrara, in persona del Sindaco p.t.;
Regione Toscana, in persona del Presidente p.t.;
Provincia di Massa Carrara, in persona del Presidente p.t.;
Agenzia Regionale Protezione Ambiente (Arpa) – Toscana, Dipartimento di Massa, in persona del legale rappresentante pt.;

nei confronti di

Agenzia Sviluppo Industriale A.S.I. S.p.A., in persona del legale rappresentante pt.;

per l'annullamento

- del verbale e delle determinazioni tutte assunte dalla Conferenza dei Servizi decisoria svoltasi in Roma in data 10/02/2009, ai sensi dell'art. 14 ter comma 2 della legge n. 241/90 e successive modifiche e integrazioni, relativa al sito di interesse nazionale di Massa Carrara;

- del decreto direttoriale con protocollo n. 8107/QdV/DI/3 del 2/03/2009 relativo al provvedimento finale di adozione delle determinazioni conclusive delle Conferenze dei Servizi decisorie relative al sito di bonifica di interesse nazionale di Massa Carrara del 10/02/2009;

- di ogni altro atto e provvedimento preparatorio, presupposto, inerente, consequenziale o connesso, ancorché non conosciuto, con riserva di motivi aggiunti


Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e di Ministero delle Attivita' Produttive;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 febbraio 2011 il dott. Bernardo Massari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO


Riferisce la società ricorrente di aver acquistato dall'Agenzia Sviluppo Industriale – ASI - un lotto di terreno di mq 8692 incluso nel comprensorio della Zona industriale Apuana, situata all'interno dello stabilimento dell'ex Italiana Coke.

Tale area, inizialmente di proprietà di quest'ultima società, veniva poi acquistata da Eni Risorse S.p.A. che, dopo aver eseguito, dal 1988 1994, alcune opere di bonifica dei terreni, ottenendo la relativa certificazione, successivamente cedeva il terreno all'ASI che avrebbe dovuto occuparsi delle fasi successive della bonifica.

A seguito di una ispezione eseguita dall'ARPAT veniva riscontrato il superamento di numerosi parametri massimi di concentrazione per l'arsenico, il cadmio, il rame, lo zinco, il mercurio ed altre sostanze e composti tossici e nocivi per la salute.

Dopo alcune conferenze di servizi istruttorie tenutesi presso il Ministero dell'ambiente, in data 10 febbraio 2009 veniva approvato il verbale della conferenza decisoria, ai sensi dell'art. 14 ter, comma 2, della legge n. 241/1990.

Con il decreto direttoriale indicato in epigrafe veniva intimato all’ASI e alla società ricorrente di avviare, entro 10 giorni dalla data di ricevimento del verbale della suddetta conferenza decisoria, un intervento di messa in sicurezza di emergenza, attraverso l'impianto di una barriera di almeno 5 pozzi di emungimento, nonché di presentare, entro 30 giorni dalla stessa data, il progetto di bonifica dei suoli.

Contro tale atto ricorre la società in intestazione chiedendone l’annullamento, previa sospensione, con vittoria di spese e deducendo i motivi che seguono:

1. Eccesso di potere per travisamento dei fatti è manifesta illogicità. Violazione di legge in relazione a quanto previsto dagli artt. 17 del d.lgs. n. 22/1997 e 242, 244, 250, 252 e 253 del d.lgs. n. 152/2006. Eccesso di potere per difetto di istruttorie violazione di legge.

2. Eccesso di potere con riferimento alla richiesta di messa in sicurezza delle acque di falda.

3. Eccesso di potere per contraddittorietà, travisamento dei fatti, manifesta illogicità con riferimento alla richiesta di messa in sicurezza diretta tutti proprietari dei lotti.

4. Eccesso di potere per contraddittorietà, travisamento dei fatti, manifesta illogicità e difetto di istruttorie con riferimento alla richiesta di presentazione di un progetto di bonifica di tutto il terreno e non solo degli hot spot.

5. Violazione degli artt. 240 e 242 del d.lgs. n. 152/2006.

6. Violazione dell’art. 14 ter, commi 3, 6 bis e 9 della l. n. 241/1990 e dell’art. 252, comma 4, del d.lgs. n. 152/2006, nonché dell'art. 15, comma 4, del d.m. n. 471/1999.

7. Eccesso di potere e violazione di legge con riferimento alla mancata trasmissione del documento contenente i risultati dell’ARPAT relativi alla messa in sicurezza del lotto 7/a.

Si costituita in giudizio l’Amministrazione intimata opponendosi all’accoglimento del gravame.

Con ordinanza n. 528 depositata il 3 luglio 2009 veniva accolta la domanda incidentale di sospensione dell’efficacia dell’atto impugnato.

Alla pubblica udienza del 3 febbraio 2011 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.


DIRITTO
 

Con il ricorso in esame viene impugnato il decreto direttoriale in epigrafe con cui, facendo proprie le determinazioni conclusive della Conferenza di servizi decisoria relativa al sito di bonifica di interesse nazionale di Massa Carrara del 10 febbraio 2009, anch’esse impugnate, si è disposto, a carico della ricorrente, l’avvio, entro 10 giorni dalla data di ricevimento del verbale della conferenza stessa, di interventi di messa in sicurezza d'emergenza costituiti da una barriera di almeno cinque pozzi di emungimento, nonché di presentare, entro 30 giorni, il progetto di bonifica dei suoli interessati.

Con priorità logica sulle altre questioni deve essere esaminato quanto dedotto con il sesto motivo con cui si deduce il vizio di incompetenza dell'organo emanante, per essere stato il decreto di approvazione della Conferenza di servizi del 10 febbraio 2009, adottato da un dirigente, invece che dal Ministro dell'Ambiente, atteso che, in caso di suo accoglimento, ai sensi dell'art. 34, comma 2, del cod. proc. amm., si dovrebbe pronunciare l'annullamento del succitato decreto dirigenziale e rimettere l'affare alla competente autorità, restando precluso l'esame degli ulteriori motivi di censura, al fine di evitare intromissioni improprie nell'attività dell'organo riconosciuto come competente (cfr., ex plurimis, C.d.S., Sez. IV, 20 luglio 2009, n. 4568, con riferimento all’art. 26, l. n. 1034/1971).

Il motivo è infondato.

Come già rilevato dalla Sezione, il decreto gravato, costituisce espressione di attività di gestione e non di indirizzo politico-amministrativo, risultando, perciò, legittima la sua adozione da parte del dirigente del settore interessato, e non da parte del Ministro.

Ed invero, l'art. 252 del d.lgs. n. 152/2006, distinguendo tra atti ed attività di competenza del Ministro dell'Ambiente ed atti e attività facenti capo al Ministero, colloca tra i primi l'individuazione, ai fini della bonifica, dei siti di interesse nazionale (art. 252, comma 2, cit.), il che è del tutto logico, dovendo la suddetta individuazione reputarsi atto attinente all'indirizzo politico-amministrativo in materia di bonifica.

Per contro, si deve reputare che l'impugnato decreto di recepimento della Conferenza di Servizi costituisca un mero atto di gestione, di competenza dirigenziale e non del Ministro, atteso che esso certamente non concerne le scelte di fondo che la P.A. è chiamata a compiere nel settore in esame (come ad es., la mappatura dei siti di interesse nazionale), avendo invece ad oggetto la prescrizione di un singolo intervento di messa in sicurezza d'emergenza e, poi, di bonifica (T.A.R. Toscana, sez. II, 6 luglio 2010, n. 2316; T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. I, 9 ottobre 2009, n. 1738).

Passando all’esame del merito delle altre questioni, il Collegio deve rilevare la fondatezza del primo motivo con cui si lamenta la violazione degli artt. 17 del d.lgs. n. 22/1997 e 242, 244, 250, 252 e 253 del d.lgs. n. 152/2006, con riferimento all’indimostrata responsabilità della ricorrente nel porre in essere i fatti causativi della contaminazione.

In proposito occorre riaffermare il principio, ormai consolidato in giurisprudenza, secondo cui non è legittimo l’ordine di bonifica, messa in sicurezza e ripristino ambientale indiscriminatamente rivolto al proprietario del fondo in ragione della sua sola qualità, ma in mancanza di adeguata dimostrazione da parte dell’Amministrazione procedente, sulla base di un’istruttoria completa e di una esauriente motivazione, dell’imputabilità soggettiva della condotta (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 19 marzo 2009, n. 1612; T.A.R. Toscana, sez. II 24 agosto 2009 n. 1398).

La pubblica amministrazione non può, pertanto, imporre ai privati che non abbiano alcuna responsabilità diretta sull'origine del fenomeno contestato, ma che vengano individuati solo quali proprietari del bene, lo svolgimento delle attività di recupero e di risanamento. E ciò, del resto, in conformità al principio "chi inquina paga", cui si ispira la normativa comunitaria (art. 174, ex art. 130/R, trattato CE), la quale impone al soggetto che fa correre un rischio di inquinamento di sostenere i costi della prevenzione o della riparazione (T.A.R. Toscana, sez. II, 3 marzo 2010, n. 594).

Ai fini della responsabilità in questione è perciò necessario che sussista e sia provato, attraverso l’esperimento di un’adeguata istruttoria, il rapporto di causalità tra l'azione o l'omissione dell'autore dell'inquinamento e il superamento - o pericolo concreto ed attuale di superamento - dei limiti di contaminazione, senza che possa venire in rilievo una sorta di responsabilità oggettiva facente capo al proprietario o al possessore dell’immobile meramente in ragione di tale qualità.

Nel caso di specie, non solo non vi è prova di siffatta responsabilità, ma la stessa Amministrazione è ben consapevole che gli accadimenti dai quali trae origine l’inquinamento sono riconducibili ad un epoca assai anteriore a quella dell’acquisto, quando la titolarità della proprietà del sito era dell’Italiana Coke alla cui attività industriale è indubitabilmente riconducibile il fenomeno.

Altrettanto fondato si palesa il terzo motivo, incentrato sull’illogicità degli adempimenti richiesti alla ricorrente.

Invero, a tacere della omissione concernente la necessità dell’instaurazione di un contraddittorio con l’interessata in merito agli accertamenti analitici eseguiti sul sito (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. I, 19 aprile 2007, n. 1913; T.A.R. Friuli Venezia Giulia, 27 luglio 2001, n. 488), va rimarcato che l’area di proprietà della ricorrente costituisce solo una piccola porzione del sito, interamente interessato dalla contaminazione, di talché è evidente l’irragionevolezza di prescrizioni dirette ad incidere solo su una parte limitata dell’area in assenza di un adeguato coordinamento con gli altri proprietari coinvolti. Coordinamento la cui esigenza – come ricordato dalla ricorrente - è stata del resto condivisa dalla stessa Amministrazione e che si è concretizzato nel progetto predisposto, su incarico del Ministero dell’Ambiente, da ICRAM e che di fatto è stato recepito al primo punto dell’ordine del giorno della Conferenza di Servivi del 10.2.2009. Tale progetto, come evidenziato dalla ricorrente, include nella collocazione in una barriera idraulica in linea 8 nuovi pozzi dei quali nessuno all’interno del lotto di proprietà della ricorrente; donde sotto altro aspetto l’irragionevolezza della prescrizione imposta alla stessa..

Le argomentazioni che precedono, assorbite le altre censure, conducono a ritenere l’illegittimità del provvedimento avversato.

Per le considerazioni che precedono il ricorso deve pertanto accolto conseguendone l’annullamento dell’atto impugnato.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza come da liquidazione fattane in dispositivo.


P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla l’atto impugnato.

Condanna il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare al pagamento delle spese di giudizio che si liquidano forfettariamente in € 4.000,00, oltre IVA e CPA.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 3 febbraio 2011 con l'intervento dei magistrati:

Maurizio Nicolosi, Presidente
Bernardo Massari, Consigliere, Estensore
Pierpaolo Grauso, Primo Referendario

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 01/04/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 



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