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T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 1 aprile 2011, n. 567
ASSOCIAZIONI E COMITATI - Comitati costituiti in forma associativa temporanea -
Legittimazione ad agire - Limiti. Deve essere esclusa la legittimazione ad
agire dei comitati istituiti in forma associativa temporanea, con scopo
specifico e limitato, costituenti una mera proiezione degli interessi dei
soggetti che ne fanno parte e che quindi non sono portatori in modo continuativo
di interessi diffusi radicati nel territorio. Diversamente si consentirebbe una
sorta di azione popolare che non é ammessa dall’ordinamento (Cons. Stato, Sez.V,
23.4.07, n .1830; Sez. VI, 11.7.08, n. 3507; TAR Toscana, Sez. I, 2.12.10, n.
6710; T.A.R. Lazio Lt I, 8.7.09, n. 670; T.A.R. Puglia, Ba, Sez. III, 15.4.09,
n. 866). Pres. Nicolosi, Est. Correale -Comitato S. (avv. Carissimi) c.
Provincia di Arezzo (avv. Manneschi)
- TAR TOSCANA, Sez. II - 1 aprile 2011, n. 567
ASSOCIAZIONI E COMITATI - Associazioni ambientaliste - Art. 13 L. n. 349/1986 -
Potere di accertamento della legittimazione ad agire - Giudice - Valutazione
caso per caso - Condizioni. L'affidamento al Ministero dell'ambiente, ex
art. 13 l. 8 luglio 1986 n. 349, del potere di accertamento della legittimazione
ad agire delle associazioni ambientaliste e dei comitati non esclude la
possibilità per il giudice di valutare, caso per caso, la sussistenza della
legittimazione in capo ad una determinata associazione ad impugnare
provvedimenti lesivi di interessi ambientali; la verifica di tale capacità di
agire, anche in relazione all’art. 18 l.n. 349/86, è comunque assoggettata a
precise e circoscritte condizioni (Cons. Stato, Sez. IV, 2.10.06, n. 5760 e
19.2.10 n. 1001), diversamente configurandosi un’azione popolare non prevista
dall’ordinamento. Pres. Nicolosi, Est. Correale -Comitato S. (avv. Carissimi) c.
Provincia di Arezzo (avv. Manneschi) -
TAR TOSCANA, Sez. II - 1 aprile 2011, n. 567
ASSOCIAZIONI E COMITATI - Comitato - Rappresentatività rispetto all’interesse da
proteggere - Indici. L'interesse diffuso si trasforma in interesse
collettivo, e diventa, quindi, interesse legittimo tutelabile in giudizio, solo
nel momento in cui, indipendentemente dalla sussistenza della personalità
giuridica, l'ente dimostri la sua rappresentatività rispetto all'interesse che
intende proteggere. Rappresentatività che deve essere desunta da una serie di
indici elaborati dalla giurisprudenza: deve trattarsi di un ente il cui statuto
preveda come fine istituzionale la protezione di un determinato bene a fruizione
collettiva, cioè di un dato interesse diffuso o collettivo, l'ente medesimo deve
essere in grado, per la sua organizzazione e struttura, di realizzare
concretamente le proprie finalità ed essere dotato di stabilità, nel senso che
deve svolgere all'esterno la propria attività in via continuativa (Cons. Stato,
Sez. VI, 11.7.08, n. 3507); l'organismo collettivo deve essere portatore di un
interesse localizzato, nel senso che deve sussistere uno stabile collegamento
territoriale tra l'area di afferenza dell'attività dell'ente e la zona in cui è
situato il bene a fruizione collettiva che si assume leso (“criterio della c.d.
vicinitas”). Pres. Nicolosi, Est. Correale -Comitato S. (avv. Carissimi) c.
Provincia di Arezzo (avv. Manneschi) -
TAR TOSCANA, Sez. II - 1 aprile 2011, n. 567
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N. 00567/2011 REG.PROV.COLL.
N. 01690/2007 REG.RIC.
N. 00951/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
A) sul ricorso numero di registro generale 1690 del 2007, integrato da motivi
aggiunti, proposto da:
Comitato “Salute e Ambiente”, in persona del legale rappresentante pro tempore,
Landucci Alfredo, rappresentato e difeso dall'avv. Daniele Carissimi, con
domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Leandro Chiarelli in Firenze, via G.
La Pira, 21;
contro
Provincia di Arezzo, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e
difesa dall'avv. Marco Manneschi, con domicilio ex lege presso la Segreteria del
T.A.R. Toscana in Firenze, via Ricasoli, 40;
nei confronti di
Chimet S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e
difesa dagli avv.ti Roberto Alboni, Silvia Bondi e Domenico Iaria, con domicilio
eletto presso lo studio del terzo in Firenze, via de’Rondinelli, 2;
B) sul ricorso numero di registro generale 951 del 2010, proposto da:
Comitato “Salute e Ambiente”, in persona del legale rappresentante pro tempore,
Landucci Alfredo, rappresentato e difeso dall'avv. Daniele Carissimi, con
domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Leandro Chiarelli in Firenze, via G.
La Pira, 21;
contro
Provincia di Arezzo, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e
difesa dall'avv. Marco Manneschi, con domicilio ex lege presso la Segreteria del
T.A.R. Toscana in Firenze, via Ricasoli, 40
nei confronti di
Chimet S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e
difesa dagli avv.ti Roberto Alboni e Domenico Iaria, con domicilio eletto presso
lo studio del secondo in Firenze, via de’Rondinelli, 2;
per l’annullamento
A) quanto al ricorso n. 1690 del 2007:
1) del provvedimento prot. n. 119/EC della Provincia di Arezzo del 21.08.2007;
del provvedimento integrato prot. n. 250/EC della Provincia di Arezzo del
31.12.2003;
nonchè di ogni atto presupposto, connesso e consequenziale.
2) quanto ai motivi aggiunti depositati in data 18.02.2008
del provvedimento dirigenziale n. 195/EC della Provincia di Arezzo del
6.12.2007;
nonchè di ogni atto presupposto, connesso e consequenziale;
B) quanto al ricorso n. 951 del 2010:
del provvedimento dirigenziale n. 51/EC del 16 marzo 2010 (prot.
51299\41-01-01-10), con il quale è stata approvata la nuova Autorizzazione
integrata ambientale - AIA per l’impianto Chimet, con sostituzione dell’AIA
rilasciata nel 2007;
di ogni altro atto presupposto o consequenziale derivante dall'attuazione del
provvedimento.
Visti i ricorsi, i motivi aggiunti ed i relativi allegati;
Viste le memoria di costituzione nei due giudizi della Provincia di Arezzo e
della Chimet S.p.A., con i relativi allegati;
Vista l’istanza cautelare dei ricorrenti nel ricorso n. 1690/07;
Viste le memorie difensive delle parti;
Visti tutti gli atti delle due cause;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 dicembre 2010 il Primo Referendario
Ivo Correale e uditi per le parti i difensori come specificato nel relativo
verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
Con un primo ricorso a questo Tribunale, notificato il 17 ottobre 2007,
depositato il successivo 26 ottobre e iscritto al n.r.g. 1690/2007, il Comitato
in epigrafe, premettendo considerazioni sulla propria legittimazione ad agire,
chiedeva l’annullamento dei provvedimenti, pure evidenziati in epigrafe, con cui
la Provincia di Arezzo, in data 31 dicembre 2003, aveva autorizzato, con
prescrizioni, la Chimet spa all’esercizio delle operazioni di gestione dei
rifiuti, fino al 31 dicembre 2008, presso l’impianto di smaltimento e recupero
di rifiuti speciali, pericolosi e non pericolosi, da lei gestito in Comune di
Civitella in Val di Chiana e con cui, in data 21 agosto 2007, ne aveva disposto
l’integrazione per ulteriori quantitativi massimi.
Il Comitato ricorrente, in sintesi, lamentava quanto segue:
“Violazione dei principi di precauzione – Violazione e falsa applicazione art.
32 Cost. – Violazione e falsa applicazione della normativa comunitaria,
nazionale e regionale sulla valutazione di impatto ambientale e di
autorizzazione integrata ambientale (AIA-IPPC) – Eccesso di potere per carenza
istruttoria – Sviamento di potere”.
I provvedimenti apparivano illegittimi sia perché non tenevano conto della
previsione normativa che, a fronte della tipicità dell’impianto in questione,
sanciva l’obbligo di previa procedura di v.i.a. sia perché la configurazione
dell’impianto stesso aveva comportato modifiche essenziali che richiedevano tale
obbligatoria procedura.
Inoltre, il Comitato ricorrente chiedeva anche la condanna dell’Amministrazione
al risarcimento del danno ingiusto verificatosi in capo ai soggetti facenti
parte del medesimo e tutti residenti nelle vicinanze dell’impianto, a causa del
superamento di limiti massimi consentiti per diverse sostanze inquinanti,
riscontrato anche dall’ARPAT di Arezzo.
Con separata istanza, notificata il 6 dicembre 2007 e depositata il successivo
18 dicembre, il Comitato ricorrente chiedeva anche la sospensione dei
provvedimenti impugnati, rappresentando quali elementi di pericolo i richiamati
sforamenti di concentrati inquinanti.
Si costituiva in giudizio la Provincia di Arezzo, rilevando primariamente la
tardività del ricorso, in riferimento all’impugnato provvedimento del dicembre
2003, e l’inammissibilità dello stesso, in riferimento a quello dell’agosto
2007, perché l’efficacia dello stesso era limitata all’anno 2007 ed era superata
dall’intervenuta autorizzazione integrata ambientale rilasciata alla Chimet spa.
Quest’ultima pure si costituiva in giudizio, con memoria di pura forma,
rilevando la carenza di legittimazione nonchè l’inammissibilità ed infondatezza
del ricorso, come successivamente illustrato in una memoria depositata il 15
gennaio 2008.
Alla camera di consiglio del 16 gennaio 2008, la trattazione della domanda
cautelare era rinviata, su istanza di parte ricorrente, a quella del merito
della controversia.
Con motivi aggiunti ritualmente notificati e depositati il 18 febbraio 2008, il
Comitato ricorrente chiedeva anche l’annullamento del provvedimento dirigenziale
provinciale del 6 dicembre 2007 con il quale era rilasciata alla Chimet spa
l’autorizzazione integrata ambientale per l’impianto in questione.
In particolare il Comitato, richiamando integralmente i motivi di cui al ricorso
introduttivo che riteneva applicabili anche al nuovo provvedimento impugnato,
lamentava ulteriormente:
“III Motivo. Nullità della emessa autorizzazione integrata ambientale”.
Richiamando la differenza ontologica tra procedimento per la v.i.a. e
procedimento per il rilascio dell’a.i.a., il Comitato ricorrente riteneva che
nel caso di specie il primo non aveva preceduto il secondo, non potendosi
neanche dare luogo a v.i.a. in ratifica, essendo la valutazione ambientale un
presupposto preliminare e preventivo dell’autorizzazione in questione.
“Violazione di legge”.
L’a.i.a. rilasciata violava in modo palese i principi della disciplina sulle
emissioni in atmosfera, consentendo di immettere inquinanti senza alcun valore
limite nei periodi di avviamento e di spegnimento né qualificava la potenzialità
massima termica del forno, come imposto dal d.lgs. n. 133 del 2005, art. 5,
comma 6, ma fissava dei parametri presuntivi sulla base del flusso di rifiuti,
consentendo così in futuro la possibilità di aggirare la normativa e di mutare
il flusso dei rifiuti senza svolgere una procedura di v.i.a.. Inoltre non
trattava in alcun punto gli scarichi ed i valori relativi per le acque di
lavaggio dei fumi, in violazione della normativa del “codice ambiente” sugli
scarichi e senza fissazione di ulteriori parametri, e rimandava a successivi
provvedimenti, non noti, da parte del Comune l’integrazione in materia di
inquinamento acustico, senza neanche il necessario approfondimento in sede
istruttoria dell’esame della nutrita documentazione depositata nel corso del
procedimento.
Le altre parti costituite depositavano memorie ad ulteriore sostegno ed
illustrazione delle proprie eccezioni e tesi difensive di merito. In particolare
la Chimet spa estendeva ad un terzo difensore il mandato difensivo.
La pubblica udienza del 14 ottobre 2009 era rinviata su istanza di parte per
consentire la trattazione organica nella medesima udienza con altri ricorsi
proposti in relazioni ai medesimi provvedimenti impugnati nella presente sede.
Con un secondo ricorso, notificato il 29 maggio 2010, depositato il successivo
10 giugno e iscritto al r.n.g. 951/2010, il medesimo Comitato chiedeva
l’annullamento del provvedimento dirigenziale provinciale nel frattempo adottato
il 16 marzo 2010 con il quale era stata rilasciata una nuova a.i.a. per
l’impianto della Chimet spa, in sostituzione di quella del 2007 oggetto dei
precedenti motivi aggiunti.
Ripercorrendo le premesse del contenzioso e insistendo sulla propria
legittimazione processuale a ricorrere, il Comitato ricorrente lamentava quanto
segue.
“I. Violazione dei principi di precauzione – Violazione e falsa applicazione
art. 32 Cost. – Violazione e falsa applicazione della normativa comunitaria,
nazionale e regionale sulla valutazione di impatto ambientale e di
autorizzazione integrata ambientale (AIA-IPPC) – Eccesso di potere per carenza
istruttoria – Sviamento di potere”.
Il Comitato ricorrente, in sostanza, riproponeva il primo motivo del ricorso n.
1690/2007, rimarcando che l’a.i.a. non assorbe la v.i.a., che quest’ultima la
deve precedere e che, nel caso di specie, tale rapporto di consequenzialità non
era stato rispettato, ricorrendo un’ipotesi di modifica sostanziale
dell’impianto, ai sensi dell’art. 4 d.lgs. n. 152/06, come novellato nel 2008.
Analogamente al primo ricorso, anche in questo il Comitato ricorrente concludeva
l’esposizione chiedendo il risarcimento del danno subito dai proprietari di
immobili finitimi facenti parte del Comitato medesimo.
Si costituivano anche in questo giudizio la Provincia di Arezzo e la Chimet spa,
chiedendo la reiezione del ricorso.
In prossimità della nuova udienza di merito del 22 dicembre 2010, rinviata dal
26 ottobre 2010, tutte le parti depositavano memorie a sostegno delle rispettive
tesi ed eccezioni difensive.
Alla pubblica udienza del 22 dicembre 2010, quindi, le cause erano trattenute in
decisione.
DIRITTO
Il Collegio ritiene di disporre la riunione dei due ricorsi al fine di deciderli
con un’unica sentenza, attesa la connessione soggettiva e parzialmente oggettiva
dei medesimi in relazione ai motivi di ricorso proposti.
Il Collegio, passando all’esame del primo ricorso, deve considerare le eccezioni
preliminari sollevate e ritiene fondata quella di carenza di legittimazione
attiva del Comitato ricorrente.
Il Collegio, infatti, secondo l’orientamento recente di questo Tribunale (TAR
Toscana, Sez. I, 2.12.10, n. 6710), evidenzia che la legittimazione a ricorrere
sussiste in quanto un soggetto giuridico possa vantare la titolarità di una
posizione incisa dell’azione amministrativa e ciò non accade quando un comitato
spontaneo di cittadini è invece caratterizzato da una forma associativa
temporanea, essendo volto alla protezione dei soggetti che ne sono parte e non
ha una sua personalità giuridica distinta da questi ultimi, né può ritenersi
dotato di quel carattere di stabilità consistente nel fatto di svolgere
all’esterno la propria attività da tempo ed in via continuativa (Cons. Stato,
Sez.V, 23.4.07, n .1830; Sez. VI, 11.7.08, n. 3507).
Nel caso di specie il Collegio rileva la circostanza che la costituzione del
Comitato ricorrente sia avvenuta solo il 9 settembre 2007, pochi giorni prima
della proposizione del ricorso n. 1690/2007.
Come ricordato, la giurisprudenza ha affermato che deve essere esclusa la
legittimazione ad agire dei comitati istituiti in forma associativa temporanea,
con scopo specifico e limitato, costituenti una mera proiezione degli interessi
dei soggetti che ne fanno parte e che quindi non sono portatori in modo
continuativo di interessi diffusi radicati nel territorio. Diversamente si
consentirebbe una sorta di azione popolare che non é ammessa dall’ordinamento
(T.A.R. Lazio Lt I, 8.7.09, n. 670; T.A.R. Puglia, Ba, Sez. III, 15.4.09, n.
866).
Nel caso di specie, al momento della proposizione del ricorso, non può ritenersi
“radicato” nel territorio il Comitato ricorrente, costituitosi solo nel
settembre 2007, come detto.
Il Collegio, inoltre, ribadendo recente specifica giurisprudenza di questa
Sezione (TAR Toscana, Sez. II, 21.1.11, n. 121 e 31.8.10, n. 5144), evidenzia
che, in generale, le associazioni ambientaliste, non comprese nell'elenco di cui
all'art. 13 della legge n. 349 del 1986, sono legittimate a impugnare i
provvedimenti lesivi di interessi ambientali qualora perseguano statutariamente
in modo non occasionale obiettivi di tutela ambientale, abbiano un adeguato
grado di rappresentatività e stabilità, abbiano un'area di afferenza
ricollegabile alla zona in cui è situato il bene a fruizione collettiva che si
assume leso.
Come ricordato nelle due sentenze ora richiamate, anche se è vero che
l'affidamento al Ministero dell'ambiente, ex art. 13 l. 8 luglio 1986 n. 349,
del potere di accertamento della legittimazione ad agire delle associazioni
ambientaliste e dei comitati non esclude la possibilità per il giudice di
valutare, caso per caso, la sussistenza della legittimazione in capo ad una
determinata associazione ad impugnare provvedimenti lesivi di interessi
ambientali – come riconosciuto dallo stesso Comitato ricorrente citando Cons.
Stato, Sez. IV, 21.11.05, n. 6467 - la verifica di tale capacità di agire, anche
in relazione all’art. 18 l.n. 349/86, è comunque assoggettata a precise e
circoscritte condizioni (Cons. Stato, Sez. IV, 2.10.06, n. 5760 e 19.2.10 n.
1001), diversamente configurandosi un’azione popolare non prevista
dall’ordinamento.
In concreto, contrariamente a quanto pur suggestivamente e diffusamente
illustrato negli scritti difensivi del Comitato ricorrente, un’associazione non
riconosciuta, territorialmente delimitata, deve garantire il possesso dei
requisiti, quanto a scopo, rappresentanza, articolazione territoriale, non
occasionalità o contingibilità, attività costante di promozione di iniziative
volte all’accrescimento dell’interesse verso valori ambientali propri del
territorio di riferimento non dissimili, nel dovuto rapporto rispetto all’ambito
territoriale di riferimento, a quelli propri delle associazioni riconosciute,
essendo stati tali requisiti individuati dalla legge in via eccezionale e nella
giusta mediazione - a temperamento del principio di personalità dell’azione in
riferimento alla protezione di un interesse personale e attuale – come
condizione necessaria al riconoscimento di un’iniziativa processuale a tutela di
interessi ambientali coinvolgenti interessi diffusi della collettività.
Diversamente, difetterebbe l’elemento di collegamento soggettivo con l’insieme
degli interessi diffusi aventi a riferimento i valori ambientali da promuovere e
perseguire, i quali solo divenendo stabilmente propri del soggetto esponenziale
non sarebbero più adespoti e come tali lasciati all’esclusiva cura della
pubblica amministrazione (di questa Sezione, n. 5144/10 cit.).
Nel caso di specie non si riscontrano in capo al Comitato ricorrente i suddetti
integrali requisiti.
Infatti è’ depositato in atti l’atto costitutivo in cui si legge (art. 2) che il
medesimo “…persegue il fine della solidarietà civile, culturale e sociale e che
ha lo scopo di tutelare in via continuativa e stabile la salute dei cittadini e
l’ambiente nel territorio della Val di Chiana” (come da modifica del Consiglio
Direttivo del 1 ottobre 2007) ma tali profili appaiono del tutto generici, in
assenza di prova della effettiva e consolidata rappresentatività fondata sul
collegamento stabile con il territorio interessato che deve però consolidarsi,
obiettivamente, in un periodo di tempo significativo, che nel caso di specie è
essente in quanto il Comitato risulto costituito solo il 9 settembre 2007.
La carenza di adeguata consistenza e rappresentatività degli interessi
considerati, inoltre, deve valutarsi anche con riferimento al numero degli
associati (T.A.R. Toscana, Sez. II, 5.2.98, n. 145) e questi, a quel che risulta
nell’atto costitutivo, erano solo in numero di tredici.
Quel che traspare dall’atto costitutivo è, quindi, solo un’iniziativa di poco
anteriore alla proposizione del ricorso n. 1690/2007 – pur essendo l’impianto
autorizzato da tempo - e quindi strumentalmente finalizzata al promuovimento
dell’azione giurisdizionale che di li a poco sarebbe stata intentata, con la
conseguenza che ciò non consente di ritenere la legittimazione del Comitato
ricorrente (Tar Toscana, Sez. II, n. 5144/10 cit.).
Ad analoga conclusione deve pervenirsi anche in riferimento al ricorso n.
951/10.
E’ vero, infatti, che nel frattempo erano decorsi circa tre anni dalla
proposizione del precedente ricorso e dei motivi aggiunti, ma è altrettanto vero
che non risulta dimostrato che, nel frattempo, il Comitato ricorrente abbia dato
luogo ad una costante opera di radicamento nel territorio e di proposizione di
iniziative a sostegno dello scopo sociale in tutte le sedi indicate nell’atto
costitutivo depositato in giudizio.
Nella specie, oltre a quanto dedotto in precedenza in merito al ricorso n. 1690
del 2007, si richiamano nuovamente i principi generali in argomento sintetizzati
dalla giurisprudenza cui il Collegio ritiene di aderire.
Può considerarsi indirizzo, infatti, ormai consolidato quello secondo cui
l'interesse diffuso si trasforma in interesse collettivo, e diventa, quindi,
interesse legittimo tutelabile in giudizio, solo nel momento in cui,
indipendentemente dalla sussistenza della personalità giuridica, l'ente dimostri
la sua rappresentatività rispetto all'interesse che intende proteggere.
Rappresentatività che deve essere desunta da una serie di indici elaborati - non
senza contrasti in effetti - dalla giurisprudenza nel corso degli ultimi anni.
In particolare, è stato evidenziato che se deve trattarsi di un ente il cui
statuto preveda come fine istituzionale la protezione di un determinato bene a
fruizione collettiva, cioè di un dato interesse diffuso o collettivo, l'ente
medesimo deve essere in grado, per la sua organizzazione e struttura, di
realizzare concretamente le proprie finalità ed essere dotato di stabilità, nel
senso che deve svolgere all'esterno la propria attività in via continuativa
(Cons. Stato, Sez. VI, 11.7.08, n. 3507). L'azione, pertanto, deve assumere
connotazioni tali da creare in capo all'ente una situazione sostanziale
meritevole di tutela, al fine di escludere la legittimazione a ricorrere delle
c.d. “associazioni di comodo”, la cui attività non riflette effettive esigenze
collettive e continuative (TAR Campania, Sa, Sez. II, 20.12.10, n. 13718).
Infine, l'organismo collettivo deve essere portatore di un interesse
localizzato, nel senso che deve sussistere uno stabile collegamento territoriale
tra l'area di afferenza dell'attività dell'ente e la zona in cui è situato il
bene a fruizione collettiva che si assume leso (“criterio della c.d. vicinitas”).
Ebbene, il Collegio rileva che ancora al momento della proposizione del ricorso
in esame non risulta che il Comitato ricorrente avesse svolto attività
significative da cui desumere l'esistenza di un'azione stabile e continuativa a
sostegno dell’interesse di riferimento.
Non risultano, infatti, iniziative specifiche - quali ulteriori ricorsi
giurisdizionali relativi ad altre problematiche, convegni, visite guidate, borse
di studio o altro - cui fare riferimento per dimostrare la legittimazione del
Comitato ricorrente, considerando che i presupposti processuali - tra cui
rientra senz'altro la legittimazione ad agire - devono sussistere al momento
della proposizione della domanda e non possono essere desunti da eventi
verificatisi successivamente (Cons. Stato, Sez. VI, n. 3507/08 cit.).
Non è tanto, quindi, il numero degli associati a rilevare – che il Comitato
ricorrente afferma di essere nell’ordine delle centinaia – ma la costanza e
varietà delle iniziative assunte che si assumono come elementi qualificanti ai
fini della legittimazione a ricorrere.
Poiché, per costante principio giurisprudenziale, la prova della legittimazione
attiva incombe sulla parte ricorrente (C.G.R.S., 13.12.10, n. 1477; TAR Valle
Aosta, 18.3.99, n. 56; TAR Veneto, Sez. I, 12.5.93, n. 445; Tar Lazio, Sez. III,
20.6.91, n. 337), per quanto dedotto, deve quindi concludersi nel senso che, al
momento della proposizione del secondo ricorso, il Comitato ricorrente era privo
di effettiva rappresentatività rispetto all'interesse che intendeva proteggere,
in quanto la sua azione risultava carente di stabilità e continuità, non potendo
dirsi che il Comitato abbia svolto attività significative da cui desumere
l'esistenza di un'azione caratterizzata nel senso illustrato.
Alla luce delle precedenti deduzioni, quindi, il ricorso n. 1690/2007 ed i
relativi motivi aggiunti nonché il ricorso n. 951/2010 devono essere dichiarati
inammissibili per carenza di legittimazione attiva.
Ne consegue che anche la domanda risarcitoria collegata non può trovare
accoglimento.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda),
definitivamente pronunciando sui ricorsi ed i motivi aggiunti, come in epigrafe
proposti:
1) dispone la riunione dei due ricorsi;
2) li dichiara inammissibili per carenza di legittimazione attiva;
3) rigetta la domanda risarcitoria;
4) condanna il Comitato ricorrente a corrispondere alla Provincia di Arezzo ed
alla Chimet spa le spese di lite, che liquida in euro 2.000,00 oltre accessori
di legge per ciascuna.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nelle camere di consiglio del 22 dicembre 2010 e del 3
gennaio 2011 con l'intervento dei magistrati:
Maurizio Nicolosi, Presidente
Ivo Correale, Primo Referendario, Estensore
Pierpaolo Grauso, Primo Referendario
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 01/04/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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