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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 1 aprile 2011, n. 569
DIRITTO PROCESSUALE AMMINISTRATIVO - Patrocinio a spese dello Stato - Onlus
-Spettanza - Esclusione. Il patrocinio a spese dello Stato non spetta alle
associazioni che, pur non perseguendo scopo di lucro, godono di introiti
superiori al limite di legge, specie quando quegli introiti derivano da
versamenti degli associati corrisposti anche allo specifico scopo di tutelare in
giudizio interessi diffusi. Pres. Nicolosi, Est. Correale - WWF Italia (avv.
Zuccaro) c. Provincia di Arezzo (avv. Manneschi) -
TAR TOSCANA, Sez. II - 1 aprile 2011, n. 569
RIFIUTI - AIA - Piano interprovinciale di gestione dei rifiuti - Contenuto
dell’AIA - Incisione - Esclusione. Il carattere meramente programmatorio del
piano interprovinciale gestione rifiuti non può incidere sulla localizzazione di
impianti già esistenti né sul contenuto dell’A.I.A., rivolta esclusivamente
all’esercizio dell’impianto. Pres. Nicolosi, Est. Correale - WWF Italia (avv.
Zuccaro) c. Provincia di Arezzo (avv. Manneschi) -
TAR TOSCANA, Sez. II - 1 aprile 2011, n. 569
RIFIUTI - Impianti assoggettati al d.lgs. n. 334/1999 - AIA - Prescrizioni di
sicurezza e prevenzione dei rischi di incidenti rilevanti - Assenza - Motivo di
illegittimità dell’aia - Esclusione. Ai sensi dell’art. 7, c. 8 del d.lgs.
n. 59/05, per gli impianti assoggettati al d.lgs. 17 agosto 1999, n. 334, l’a.i.a.
è rilasciata pur in assenza delle prescrizioni ai fini di sicurezza e
prevenzione dei rischi di incidenti rilevanti, salvo successivo aggiornamento,
con la conseguenza che tale assenza non può essere considerata motivo di
illegittimità dell’autorizzazione in questione. Pres. Nicolosi, Est.
Correale - WWF Italia (avv. Zuccaro) c. Provincia di Arezzo (avv. Manneschi) -
TAR TOSCANA, Sez. II - 1 aprile 2011, n. 569
VIA, VAS E AIA - Autorizzazione integrata ambientale - Conformità urbanistica -
Effetti sulla legittimità dell’autorizzazione - Esclusione. Gli accertamenti
in ordine alla conformità edilizia-urbanistica non rilevano sulla legittimità
dell’autorizzazione integrata ambientale, legata unicamente alle modalità di
esercizio dell’impianto, fatto salvo l’autonomo potere sindacale in materia di
vigilanza edilizio-urbanistica. Pres. Nicolosi, Est. Correale - WWF Italia (avv.
Zuccaro) c. Provincia di Arezzo (avv. Manneschi) -
TAR TOSCANA, Sez. II - 1 aprile 2011, n. 569
VIA, VAS E AIA - Autorizzazione integrata ambientale - Prescrizioni sindacali ex
artt. 216 e 217 RD. n. 1265/34 - Assenza - Illegittimità dell’AIA -
Inconfigurabilità. L’assenza delle prescrizioni sindacali di cui di cui agli
artt. 216 e 217 RD n. 1265/34 non comporta l’illegittimità dell’autorizzazione
integrata ambientale, che può essere rilasciata trascorso il termine di legge
(sessanta giorni dalla data di pubblicazione dell’annuncio di cui all’art. 5, c.
7 del d.lgs. n. 59/05), ferma restando la possibilità per il sindaco stesso di
chiedere successivamente la verifica dell’autorizzazione rilasciata qualora lo
ritenga necessario per l’interesse della salute pubblica. Pres. Nicolosi, Est.
Correale - WWF Italia (avv. Zuccaro) c. Provincia di Arezzo (avv. Manneschi) -
TAR TOSCANA, Sez. II - 1 aprile 2011, n. 569
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N. 00569/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00376/2008 REG.RIC.
N. 00942/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
A) sul ricorso numero di registro generale 376 del 2008, proposto da:
WWF ITALIA-Associazione Italiana per il World Wild Fund For Nature Onlus, in
persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv.
Franco Zuccaro, con domicilio eletto presso l’avv. Monica Bandini in Firenze,
via Cavour, 85;
contro
Provincia di Arezzo, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e
difesa dall'avv. Marco Manneschi, con domicilio ex lege presso la Segreteria del
T.A.R. Toscana in Firenze, via Ricasoli, 40;
nei confronti di
Chimet S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e
difesa dagli avv.ti Roberto Alboni e Domenico Iaria, con domicilio eletto presso
lo studio del secondo in Firenze, via de’Rondinelli, 2;
B) sul ricorso numero di registro generale 942 del 2010, proposto da:
WWF ITALIA-Associazione Italiana per il World Wild Fund For Nature Onlus, in
persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv.
Franco Zuccaro, con domicilio eletto presso l’avv. Lucia Aglietti in Firenze,
via Gino Capponi, 30;
contro
Provincia di Arezzo, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e
difesa dall'avv. Marco Manneschi, con domicilio ex lege presso la Segreteria del
T.A.R. Toscana in Firenze, via Ricasoli, 40;
nei confronti di
Chimet S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e
difesa dagli avv.ti Roberto Alboni e Domenico Iaria, con domicilio eletto presso
lo studio del secondo in Firenze, via de’Rondinelli, 2;
per l'annullamento
A) quanto al ricorso n. 376 del 2008:
del provvedimento dirigenziale n. 195/EC emesso il 6 dicembre 2007 dal Dirigente
del Servizio ecologia della Provincia di Arezzo, affissa all'Albo Pretorio dal 6
dicembre 2007 per quindici giorni consecutivi, con il quale si rilascia alla
Società CHIMET SPA l'autorizzazione integrata ambientale fino al 5 dicembre 2015
per le attività ivi indicate, limitatamente alle tre di seguito specificate,
condotte nell'impianto medesimo,:1) di eliminazione o di recupero di rifiuti
pericolosi,concernente l'eliminazione degli oli usati, con capacità di oltre 10
tonnellate al giorno; 2) di discarica che riceve più di 10 tonnellate al giorno
o con capacità totale di oltre 25000 tonnellate, ad esclusione delle discariche
per i rifiuti inerti; 3) impianto di fusione e lega di metalli non ferrosi,
compresi i prodotti di recupero, di tutti gli ulteriori punti del provvedimento
che abbiano attinenza con le attività specificate, in particolare i punti
2,5,6,7,8,9,10,12,20,24, e di ogni altro atto, anche non conosciuto dal
ricorrente, presupposto connesso e conseguente..
B) quanto al ricorso n. 942 del 2010:
del provvedimento dirigenziale n.51/EC (servizio ecologia) emesso il 16 marzo
2010 dal Segretario Generale della Provincia di Arezzo, affissa all’Albo
Pretorio per 15 consecutivi, conosciuto, quindi dal ricorrente non prima del 2
aprile 2010, con il quale si rilascia alla società CHIMET SPA, meglio indicata
sopra, l’autorizzazione integrata ambientale fino al 5 dicembre 2012 per le
attività ivi indicate, limitatamente alle tre di seguito specificate, condotte
nell’impianto medesimo,: 1) di eliminazione o di recupero di rifiuti pericolosi
(punto 5.1 dell’allegato I del D.lgs. 59/2005), della lista di cui all’art.1,
paragrafo 4, della direttiva 91/689/CEE quali definiti negli allegati IIA e IIB
(operazioni R1, R5, R6, R8 ed R9) della direttiva 75/442/CEE e nella direttiva
75/439/CEE del consiglio del 16 giugno 1975, concernente l’eliminazione degli
oli usati, con capacità di oltre 10 tonnellate al giorno, 2) di discarica che
riceve più di 10 tonnellate al giorno o con capacità totale di oltre 25.000
tonnellate, ad esclusione delle discariche per i rifiuti inerti (punto 5.4
dell’allegato I del D.lgs. 59/2005), 3) impianto di fusione e lega di metalli
non ferrosi, compresi i prodotti di recupero, con una capacità di fusione
superiore a 4 tonnellate/ giorno per il piombo ed il cadmio o a 20
tonnellate/giorno per tutti gli altri metalli (punto 2.5 b) dell’allegato I del
D.lgs. 59/2005), di tutti gli ulteriori punti del provvedimento che abbiano
attinenza con le attività specificate e di ogni altro atto, anche non conosciuto
dal ricorrente, presupposto, connesso e conseguente, in particolare la
deliberazione della Giunta provinciale 15 marzo 2010 n.146.
Visti i due ricorsi e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione nei due giudizi della Provincia di Arezzo e della
Chimet S.p.A., con la relativa documentazione;
Viste le memorie difensive delle parti;
Visti tutti gli atti delle cause;
Relatore nell'udienza pubblica del 22 dicembre 2010 il Primo Referendario Ivo
Correale e uditi per le parti i difensori come specificato nel relativo verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
Con un primo ricorso a questo Tribunale, notificato il 18 febbraio 2008,
depositato il successivo 29 febbraio ed iscritto al n. r.g. 376/2008,
l’associazione Wwf Italia chiedeva l’annullamento del provvedimento dirigenziale
della Provincia di Arezzo del 6 dicembre 2007 con il quale era rilasciata alla
Chimet spa autorizzazione integrata ambientale fino al 5 dicembre 2015 per le
attività ivi specificate.
Ricostruendo la successione dei provvedimenti amministrativi che avevano
consentito fino ad allora la gestione dell’impianto in questione in località
Badia al Pino, l’associazione ricorrente lamentava, in sintesi, quanto segue.
“1) Violazione e mancata applicazione dell’articolo 5 legge regionale Toscana 3
novembre 1998 n. 79 in relazione al punto c) dell’allegato A1 di detta legge,
dell’articolo 1 dpcm 10 agosto 1988 n. 377, comma 1, lettera i), dell’articolo 4
comma I° in relazione all’allegato I numero 9 della dir. N. 85/337/CEE del 26
giugno 1985, dell’articolo 42 dlgs 152/2006, dell’articolo 34 del d.lgs.
152/2006, dell’articolo 1 e 5 dir. 24 settembre 1996 n. 96/61/CE, dell’articolo
5, comma 12, del dlgs 59/2005”.
Il progetto dell’inceneritore in questione doveva essere sottoposto a
procedimento di valutazione di impatto ambientale, unico strumento di effettiva
tutela ambientale, da porsi come condizione di procedibilità per chiedere ed
ottenere l’autorizzazione all’esercizio, senza alcuna possibilità di sanatoria
“postuma” e configurando tale assenza un vizio genetico, permanente e continuato
delle eventuali autorizzazioni che si sono succedute e si succedono. Tale
conclusione era avallata dalle norme comunitarie esistenti al momento
dell’emanazione dell’atto e direttamente applicabili, secondo costante
giurisprudenza sul punto, nonché anche dal d.lgs. n. 152/06 e dal d.lgs. n.
59/05, in quanto non risultava la v.i.a. integrata nella procedura di a.i.a., il
cui provvedimento finale era stato rilasciato prima della conclusione della
valutazione ambientale.
“2) Eccesso di potere per mancanza dei presupposti di legge per l’emissione
dell’autorizzazione integrata ambientale con riferimento all’assenza di
valutazione di impatto ambientale, carente istruttoria sul punto”.
Nel provvedimento impugnato nulla si diceva in ordine alla mancanza di v.i.a. né
poteva valere la considerazione in ordine al momento della sua prima
autorizzazione, comunque posteriore all’entrata in vigore della l.r. n. 79/98
che esentava da v.i.a. solo gli impianti già autorizzati, anche sotto il profilo
ambientale.
“3) Violazione ed errata applicazione dell’articolo 197 del d.lgs 152/2006,
dell’articolo 19 del dlgs 18 agosto 2000 n. 267 e dell’articolo 20 del dlgs 5
febbraio 1997 n. 22. Violazione ed errata applicazione dell’articolo 1 d.lgs. 18
febbraio 2005 n. 59 e dell’articolo 1 e 5 della dir. 96/61/CE. Eccesso di potere
per carente istruttoria sul punto”.
Per la normativa europea, a differenza dell’impostazione di quella italiana,
anche gli impianti già autorizzati dovevano adeguarsi alle norme introdotte in
materia di verifica di impatto ambientale e l’autorizzazione impugnata doveva
quantomeno essere sospesa in attesa di una pianificazione territoriale in
relazione alla problematica dello smaltimento di rifiuti in ambito provinciale.
“4) Violazione e mancata applicazione dell’articolo 4 e 6 della direttiva
2000/76/CE del 4 dicembre 2000, dell’articolo 4, 5 e 8 d.lgs. 133/2005,
dell’articolo 3 della direttiva 96/61/CE e dell’articolo 3 dell’abrogata
direttiva 75/442/CEE. Eccesso di potere per carente istruttoria sul punto”.
Non risultava che l’inceneritore autorizzato producesse energia nonostante le
norme richiamate in epigrafe impongano tale necessità.
“5) Violazione dell’art. 7 del d.lgs. 59/2005 in relazione alle prescrizioni del
d.lgs. 334/1999. Eccesso di potere per mancata istruttoria sul punto”.
Nel provvedimento impugnato non vi era traccia della valutazione delle
prescrizioni ai fini della sicurezza e della prevenzione dei rischi di incidenti
rilevanti, nonostante l’impianto dia luogo a produzione e stoccaggio di
materiali tossici.
“6) Violazione e mancata applicazione dell’articolo 5 comma 11 del dlgs.
59/2005. Eccesso di potere per carente istruttoria sul punto”.
Non risultavano acquisite le prescrizioni del sindaco di cui agli artt. 216 e
217 r.d. 1265/1934, ulteriore strumento per valutare il rischio ambientale,
unitamente alla procedura di v.i.a. e alla pianificazione territoriale, tutti
nel caso di specie assenti.
“7) Violazione ed errata applicazione dell’articolo 5 comma 1 del dlgs. 59/2005.
Eccesso di potere per carente e contraddittoria istruttoria”.
Risultava la modifica al forno dell’impianto denominato “Tecnitalia” nel corso
del 2001 senza alcuna comunicazione all’Amministrazione e dando luogo a modifica
sostanziale per la quale doveva essere rilasciata anche specifica a.i.a.
“8) Violazione e mancata applicazione dell’articolo 5 del d.lgs. 5972005 sotto
altro profilo: la mancata acquisizione delle risultanze della conferenza dei
servizi. Eccesso di potere per carente istruttoria e per assenza e difetto di
motivazione in relazione agli accertamenti iniziati e non ancora terminati ed
alle prescrizioni sindacali sollecitate e non acquisite”.
Non risultavano, dalle conferenze di servizi, le necessarie prescrizioni
sindacali in materia sanitaria e risultavano ancora in corso le risultanze
urbanistico-edilizie, secondo quanto affermato dai rappresentanti dello stesso
Comune di Civitella Val di Chiana in quella sede.
“9) Eccesso di potere per carente motivazione e contraddittorietà in relazione
alle modalità di controllo delle emissioni”.
Risultava individuata una nuova emissione, contraddistinta dalla sigla AC005,
che non poteva che far considerare l’attuazione di una modifica sostanziale.
“10) Violazione dell’articolo 13 del d.lgs. 1 maggio 2005 n. 133. Eccesso di
potere per carente istruttoria”.
In ordine alle ceneri residue della combustione, non risultavano specificate le
modalità di stoccaggio e/o trasporto.
“11) Violazione e mancata applicazione dell’articolo 4 dlgs 59/2005 e 8 dlgs
133/2005”.
Non era specificato in dettaglio se l’impianto in questione utilizzava in
concreto le migliori tecniche disponibili (BAT) di settore, non essendo
sufficiente un generico richiamo alle stesse.
Si costituiva in giudizio la Provincia di Arezzo, chiedendo la reiezione del
ricorso.
Dato che l’Associazione ricorrente, su sua specifica domanda, risultava ammessa
al patrocinio a spese dello Stato, l’Agenzia delle Entrate proponeva richiesta
di revoca alla competente Commissione presso questo Tribunale che l’aveva
disposta, la quale revocava il beneficio in questione in considerazione del
reddito per l’anno 2007 riconosciuto in possesso della ricorrente.
Ne conseguiva che la ricorrente proponeva in data 9 giugno 2010 istanza di
riammissione.
Nel frattempo la medesima Associazione, con un secondo ricorso notificato il 27
maggio 2010, depositato il successivo 9 giugno e iscritto al r.g. 942/2010
chiedeva l’annullamento del provvedimento dirigenziale provinciale con il quale,
revocando la precedente, era rilasciata nuova a.i.a. alla Chimet spa per le
attività riportate in epigrafe.
Ricostruendo nuovamente le premesse del contenzioso, l’associazione ricorrente
lamentava, in sintesi, quanto segue.
“Primo Motivo: Violazione e mancata applicazione dell’articolo 2 e 4 della
direttiva comunitaria 27 giugno 1985 n. 85/337/CEE”.
Il progetto dell’inceneritore in questione doveva essere sottoposto a
procedimento di valutazione di impatto ambientale, da considerarsi come
condizione di procedibilità di quello, successivo, di a.i.a., per cui la
relativa assenza si configurava come un vizio “genetico, permanente e
continuato” dei provvedimenti che si sono succeduti. Né l’art. 43, comma 6, l.r.
n. 12/2010 nel frattempo entrato in vigore poteva essere invocato laddove
escludeva la necessità di v.i.a. per le autorizzazioni integrate ambientali
invece previste anche per i procedimenti di rinnovo di autorizzazioni o
concessioni per cui all’epoca del rilascio non era stata effettuata alcuna
valutazione ambientale, dato che tale esclusione collideva con la norma
comunitaria richiamata in epigrafe e direttamente applicabile, che invece sempre
la imponeva.
“Secondo motivo: Violazione ed errata applicazione dell’articolo 43 legge
regionale toscana 12 febbraio 2010 n. 10, dell’articolo 5 dir. 15 gennaio 2008
n. 2008/1/CE, dell’articolo 2, lettera d), comma 1, del dlgs. 18 febbraio 2005
n. 59”.
L’impianto della Chimet spa non poteva considerarsi comunque “esistente”, ai
sensi dell’art. 5 direttiva 2008/1/CE, in quanto alla data del 10 novembre 1999,
individuata come limite dall’art. 2, lett. d), d.lgs. n. 59/05, non aveva
ottenuto tutte le necessarie autorizzazioni ambientali. Ne conseguiva che lo
stesso non poteva essere sottoposto a semplice rinnovo ma a nuova procedura di
a.i.a., la quale a sua volta doveva essere preceduta da v.i.a.
“Terzo motivo: Violazione e mancata applicazione dell’articolo 182 e 199 del
dlgs 3 aprile 2006 n. 152 e della nota 14 al punto R1 dell’allegato II della
dir. 19 novembre 2008 n. 2008/98/CE”. Violazione e mancata applicazione
dell’art. 7 della direttiva 2000/12/CE.
Tra le operazioni che si svolgevano nell’impianto in questione non potevano
rientrare quelle contraddistinte con la sigla R1 (recupero con utilizzazione
principalmente come combustibile o come altro mezzo per produrre energia), dato
che la sua efficienza energetica non era uguale o superiore a 0,65 (per gli
impianti autorizzati dopo il 31 dicembre 2008) secondo la disciplina
direttamente applicabile pur se non ancora trasposta in testo legislativo
italiano, della direttiva 2008/98/CE: infatti, la mancata produzione di energia
da parte dell’impianto lo rendeva con efficienza energetica pari a zero.
Inoltre, la Provincia di Arezzo non aveva considerato se lo smaltimento dei
rifiuti era effettuato in condizioni di sicurezza né aveva considerato che la
specifica localizzazione non era prevista in alcun piano nazionale, regionale o
provinciale.
“Quarto Motivo: Eccesso di potere per mancanza dei presupposti di legge per
l’emissione dell’autorizzazione integrata ambientale con riferimento all’assenza
di VIA. Carente istruttoria sul punto”.
Nell’autorizzazione impugnata nulla si diceva in ordine alla mancanza di v.i.a.
nonostante la Provincia conoscesse lo osservazioni sul punto fatte pervenire da
altra società concorrente con la Chimet spa né si esaminava la problematica in
ordine all’applicabilità dell’art. 43, comma 6, l.r. n. 10/2010 sopra
evidenziata.
“Quinto motivo: Violazione ed errata applicazione dell’articolo 197 del dlgs
152/2006, dell’articolo 19 del dlgs 18 agosto 2000 n. 267. Violazione ed errata
applicazione dell’articolo 1 dlgs 18 febbraio 2005 n. 59 e dell’articolo 1 e 5
della dir. 2008/1/CE. Eccesso di potere per carente istruttoria sul punto”
Il Piano interprovinciale di gestione dei rifiuti (ATO 7 Toscana Sud) non aveva
individuato la zona dell’inceneritore Chimet tra i siti, anche privati, di
gestione dei rifiuti tramite smaltimento e ciò, senza neanche il supporto di una
procedura di v.i.a., doveva comportare la sospensione dell’a.i.a. almeno fino
all’approvazione del Piano provinciale.
“Sesto motivo: Violazione e mancata applicazione del piano straordinario Area
vasta ATO 7, ATO 8, ATO 9. Eccesso di potere per carente istruttoria, carenza di
presupposto e di motivazione.”.
Nel Piano straordinario in epigrafe non era indicato l’impianto Chimet e ciò
contrastava con la conclusione per cui lo stesso era da considerarsi già
esistente.
“Settimo motivo: Violazione dell’art. 7 del d.lgs. 59/2005 in relazione alle
prescrizioni del dlgs. 334/1999. Eccesso di potere per mancata istruttoria sul
punto.”
La produzione e stoccaggio di ceneri altamente tossiche e pericolose imponeva di
considerare l’impianto sottoposto alla normativa in materia di rischi da
incidenti rilevanti, ai sensi del d.lgs. n. 334/99.
“Ottavo motivo: Violazione e mancata applicazione dell’art. 5 comma 11 del Dlgs.
59/2005. Eccesso di potere per carente istruttoria sul punto”.
L’associazione ricorrente riproponeva le doglianze in ordine alla modifica del
2001 riguardante il forno denominato “Tecnitalia” e alla necessità di acquisire
le prescrizioni del sindaco di cui agli artt. 216 e 217 del RD n. 1265/1934,
fondamentali per la valutazione del rischio ambientale, unitamente a v.i.a. e
pianificazione territoriale, pure assenti, però.
“Nono motivo: Violazione ed errata applicazione dell’articolo 5 comma 1 del dlgs.
59/2005. Eccesso di potere per carente e contraddittoria istruttoria”.
Riprendendo carenze già a suo tempo evidenziate nella precedente a.i.a. del 2007
in ordine alla modifica essenziale all’impianto apportata in relazione al forno
“Tecnitalia”, l’Associazione ricorrente insisteva nel rilavare che essa doveva
comportare una procedura di valutazione ambientale, ancora una volta ignorata
dall’Amministrazione che aveva dato luogo a semplice rinnovo invece di nuovo
rilascio.
“Decimo motivo: Violazione e mancata applicazione dell’articolo 5 del dlgs.
59/2005 sotto altro profilo: la mancata acquisizione delle risultanze della
conferenza dei servizi. Eccesso di potere per carente istruttoria e per assenza
e difetto di motivazione in relazione agli accertamenti iniziati e non ancora
terminati ed alle prescrizioni sindacali sollecitate e non acquisite”.
Ribadendo che le prescrizioni sindacali in materia sanitaria non risultavano
considerate già nella precedente conferenza di servizi del 2007, non risultavano
espresse le determinazioni del Comune in ordine al controllo delle risultanze
edilizio urbanistiche pure emerse i quella sede.
“Undicesimo motivo: Eccesso di potere per carente motivazione e
contraddittorietà in relazione alle modalità di controllo delle emissioni”.
Risultavano autorizzate modifiche in ordine alla emissione contraddistinta dalla
sigla AC005, da considerarsi nuova emissione, a conferma delle modifiche
sostanziali riportate in relazione al su indicato forno.
“Dodicesimo motivo: Violazione dell’articolo 13 del dlgs. 11 maggio 2005 n. 133.
Eccesso di potere per carente istruttoria”.
L’autorizzazione impugnata nulla disponeva in ordine al trasporto e stoccaggio
delle ceneri residue della combustione, non essendo sufficiente quanto indicato
nell’allegato tecnico al provvedimento.
“Tredicesimo motivo: Violazione e mancata applicazione dell’articolo 4 dlgs.
59/2005 e 8 dlgs. 13372005. Eccesso di potere per carente istruttoria
consistente nel mancato controllo sulla rispondenza della gestione dei rifiuti
nell’inceneritore di Badia al Pino alle migliori tecniche disponibili”.
Non era sufficiente il mero richiamo alle c.d. BAT (Migliori Tecniche
Disponibili) ma l’Amministrazione doveva verificare in concreto, secondo la
specifica scansione per ciascuna sezione prevista nelle linee guida comunitarie.
“Quattordicesimo motivo: Violazione e mancata applicazione della direttiva 19
novembre 2008 n. 2008/98/CE ed in particolare dell’articolo 23.”
La normativa richiamata nel provvedimento impugnato si arrestava al dlgs. n.
133/2005 di trasposizione di una direttiva comunitaria ormai abrogata da altra,
la 2008/98/CE, che pur non ancora trasposta si applicava direttamente
nell’ordinamento, se non altro in relazione alle misure precauzionali e di
sicurezza da prendere.
Si costituivano anche in questo giudizio la Chimet spa e la Provincia di Arezzo,
rilevando l’inammissibilità e infondatezza del ricorso.
Anche in questa sede, l’associazione ricorrente proponeva ricorso avverso la
decisione della Commissione per il patrocinio a spese dello Stato che aveva
respinto la relativa istanza sulla base della mancata comprova del reddito
fissato dall’art. 76 T.U. n. 115/02.
In prossimità della pubblica udienza del 22 dicembre 2010, tutte le parti
costituite depositavano memorie (uniche) ad illustrazione delle proprie tesi
difensive.
In particolare la Provincia, evidenziava - in relazione al contenuto del primo
ricorso n. 376/2008 - che la Giunta provinciale, con deliberazione n. 535/2009,
aveva concluso positivamente un procedimento di v.i.a. riguardante anche la
disamina dell’attuale situazione dello stabilimento, concordato con il Governo
Italiano, la Regione Toscana e la Comunità europea in seguito all’apertura di
una procedura di infrazione sul punto, soddisfacendo la pretesa collegata al
ricorso in questione. Inoltre, in seguito alla disposta revoca e sostituzione
del provvedimento ivi impugnato con quello n. 51/C del 2010, il ricorso stesso
poteva dichiarasi improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.
Alla pubblica udienza del 22 dicembre 2010, quindi, le cause erano trattenute in
decisione.
DIRITTO
Il Collegio, preliminarmente,
dispone la riunione dei due ricorsi, attesa l’evidente connessione soggettiva e
sostanzialmente oggettiva dei medesimi, al fine di deciderli con un’unica
sentenza.
In secondo luogo, il Collegio conferma la revoca dell’ammissione al patrocinio a
spese dello Stato dell’associazione ricorrente, in relazione al ric. n.
376/2008, e il relativo rigetto della domanda, in relazione al ric. n. 942/10.
Sostiene sul punto la ricorrente di non seguire scopi di lucro e che non solo
l’attività principale ma anche quella connessa eventualmente esercitata,
funzionalmente destinata a supportare la prima, non concorre a formare il
reddito imponibile di detta Onlus, ai sensi delle condizioni di cui all’art. 119
d.p.r. n. 115/2002, da considerarsi norma eccezionale in quanto il trattamento
che già spetta alle associazioni non abbienti, ai sensi dell’art. 74 d.p.r.
cit., in forza di tale norma spetta anche a quelle abbiente a condizioni che non
perseguano scopi di lucro e non svolgano attività economica, in quanto - come la
ricorrente - Onlus e O.n.g.
In proposito, quindi, il Collegio richiama le norme citate le quali,
rispettivamente, prevedono:
“È, altresì, assicurato il patrocinio nel processo civile, amministrativo,
contabile, tributario e negli affari di volontaria giurisdizione, per la difesa
del cittadino non abbiente quando le sue ragioni risultino non manifestamente
infondate.” (art. 74, comma 2); “Può essere ammesso al patrocinio chi è titolare
di un reddito imponibile ai fini dell'imposta personale sul reddito, risultante
dall'ultima dichiarazione, non superiore a euro 10.628,16” (art. 76, comma 1);
“Il trattamento previsto per il cittadino italiano è assicurato, altresì, allo
straniero regolarmente soggiornante sul territorio nazionale al momento del
sorgere del rapporto o del fatto oggetto del processo da instaurare e
all'apolide, nonché ad enti o associazioni che non perseguono scopi di lucro e
non esercitano attività economica” (art. 119).
L’associazione ricorrente, in sostanza, sostiene che quest’ultima, in quanto
norma “eccezionale” è la sola ad applicarsi alle associazioni non perseguenti
scopo di lucro o non esercitanti attività economiche, che non vedrebbero
applicata nei propri confronti la norma di cui agli artt. 74 e 76 cit. che
pongono un limite reddituale.
Il Collegio non concorda con tale ricostruzione di parte.
In primo luogo appare condivisibile la conclusione del Tribunale di Milano, Sez.
III, 14.12.2004, n. 739 richiamata anche dalla ricorrente, nella parte in cui si
sostiene che ben si comprende che l’azione delle associazioni “no profit” possa
essere agevolata sotto il profilo fiscale ma non che il legislatore esenti lo
Stato dal pagare le spese processuali a quelle associazioni che godono di
introiti superiori al limite di legge, specie quando quegli introiti derivano da
versamenti degli associati corrisposti anche allo specifico scopo di tutelare in
giudizio interessi diffusi.
In secondo luogo, proprio esaminando la struttura del testo normativo di
riferimento, si rileva che la Parte Terza, intitolata “Patrocinio a spese dello
Stato”, contiene al Titolo I le “Disposizioni generali sul patrocinio a spesse
dello Stato nel processo…amministrativo…”. In tale ambito generale, il Capo I
prevede l’istituzione del patrocinio stesso (artt. 74, sopra riportato, e 75) e
il Capo II illustra le condizioni per l’ammissione al patrocinio (artt. 76, pure
sopra riportato, e 77).
Ad avviso del Collegio - per quel che rileva nella presente sede - sono queste
le norme generali applicabili per tutte le ipotesi di patrocinio. Seguono, poi,
le “Disposizioni particolari sul patrocinio nel processo penale (tra cui l’art.
90 che prevede l’equiparazione dello straniero e dell’apolide), di cui al Titolo
II e III, e le “Disposizioni particolari sul patrocinio a spese dello Stato nel
processo civile, amministrativo, contabile e tributario”, di cui al Titolo IV,
il quale, all’art. 119 comma 1, prevede nuovamente l’equiparazione dello
straniero e dell’apolide.
Ne consegue che le “Disposizioni generali” di cui al Titolo I - comprese quelle
sul limite reddituale - si applicano a tutte le forme di patrocinio mentre le
“Disposizioni particolari” di cui al Titolo II e al Titolo IV si applicano, in
aggiunta, rispettivamente al processo penale e a quello amministrativo, per quel
che rileva nella presente sede.
Ciò è confermato dalla circostanza per la quale il legislatore ha inserito la
norma sulla equiparazione dello straniero e dell’apolide tanto nel Titolo II
quanto nel Titolo IV, a testimonianza del fatto che tali disposizioni si
aggiungano ciascuna all’impianto generale che prevede l’ammissione al patrocinio
a spese dello Stato solo per soggetti non abbienti ai sensi dell’art. 76, comma
1, cit.
La norma di cui all’art. 119 cit., quindi, non può essere considerata norma
eccezionale, rectius speciale, nel senso che si estranea da quanto la precede
per disciplinare direttamente le ipotesi ivi previste, richiamando invece le
precedenti.
Infatti, laddove l’art. 119, prima parte, afferma che “Il trattamento previsto
per il cittadino italiano è assicurato, altresì, allo straniero regolarmente
soggiornante sul territorio nazionale al momento del sorgere del rapporto o del
fatto oggetto del processo da instaurare e all'apolide”, non può che logicamente
fare riferimento al “trattamento” di ordine generale previsto dagli artt. 74-76
citt., non riscontrandosi altrimenti logica in una disposizione che, se
interpretata come norma “speciale” estraniata dal contesto generale che la
precede, consentirebbe a stranieri regolari e apolidi una condizione migliore
rispetto agli altri cittadini ai fini del patrocinio in questione, non
considerando detta norma il reddito massimo invece indicato dall’art. 76 cit. Di
conseguenza, anche la seconda parte dell’art. 119 in questione non può che
essere interpretata secondo la medesima logica, nel senso che il beneficio in
esame è esteso anche ad enti ed associazioni che non perseguono scopi di lucro e
non esercitano attività economica - così come a stranieri regolari e apolidi -
purchè rientrino, però, nei parametri generali di cui all’art. 76 cit.
Il Collegio, quindi, all’interpretazione propugnata dalla ricorrente, che
privilegia il profilo “soggettivo”, ritenendo la mera qualifica di ente o
associazione che non persegue scopi di lucro o esercita attività economica come
idonea a consentire il patrocinio come richiesto, ritiene preferibile quella
“oggettiva” che lega il beneficio in questione comunque alla dimostrazione del
possesso di un reddito non superiore a quello indicato dall’art. 76 cit. anche
per i soggetti indicati nell’art. 119 cit.
Né tale conclusione può ritenersi portatrice di una conclusione definita dalla
ricorrente, nel suo specifico gravame nel ric. n. 942/2010, “aberrante” in
quanto il WWF verrebbe “scoraggiato” a svolgere il proprio compito
istituzionale, dato che lo scopo del patrocinio a spese dello Stato non è quello
di “incoraggiare” soggetti portatori di specifici interessi, anche se collettivi
e diffusi, ma di sopperire, appunto sotto un profilo oggettivo, alle carenze
reddituale che non consentirebbero di provvedere ad una efficace difesa in sede
giurisdizionale, ai sensi dell’art. 24 Cost.
Passando all’esame dei ricorsi, il Collegio deve esaminare, ancora
preliminarmente, le eccezioni sollevate della Provincia di Arezzo in relazione
alla relativa improcedibilità.
Per fare questo, però, è necessario ricostruire sinteticamente la successione
degli ultimi provvedimenti che hanno consentito all’impianto della Chimet spa di
operare.
Con provvedimento dirigenziale provinciale n. 250/EC del 31 dicembre 2003 era
rilasciata l’autorizzazione quinquennale per l’esercizio dell’impianto in
questione, per determinati quantitativi; con determinazione dirigenziale n.
112/EC del 24 agosto 2006, l’autorizzazione in questione era integrata in
relazione ad ulteriori quantitativi massimi di rifiuti da smaltire e recuperare,
pericolosi e non pericolosi. Successivamente, con determinazione dirigenziale n.
119/EC del 21 agosto 2007, l’autorizzazione in questione era integrata per
ulteriori quantitativi massimi di rifiuti, fino al 31 ottobre 2007.
In data 6 dicembre 2007 era rilasciato il provvedimento dirigenziale provinciale
n. 195/EC concernente autorizzazione integrata ambientale richiesta dalla Chimet
spa in data 29 luglio 2004.
Solo tale ultimo provvedimento era impugnato dall’associazione ricorrente, con
il ric. n. 376/2008, la quale rappresentava gli undici motivi di ricorso
riassunti in narrativa, fondati essenzialmente sull’assenza di previa v.i.a.,
sulla carenza di attenzione alla normativa sanitaria e sui rischi rilevanti e
sul mancato approfondimento della problematica delle ceneri volanti residue di
combustione e dell’effettivo rispetto delle BAT. Tale provvedimento era poi
integrato da altra determinazione dirigenziale n. 148/EC del 19 settembre 2008.
Nel frattempo, però, l’Amministrazione provinciale proseguiva la sua attività e
adottava la deliberazione di Giunta provinciale n. 535 del 6 ottobre 2009 con
cui - a fronte del progetto di ampliamento dello stabilimento in questione
presentato dalla Chimet spa, ex art. 14 l.r. Toscana n. 79/98, in data 14 giugno
2006 - approvando il relativo parere del Nucleo di Valutazione, esprimeva parere
negativo in merito alla compatibilità ambientale del progetto di ampliamento in
questione ma dava atto, con riferimento all’esercizio dell’attuale stabilimento,
sulla base dei contenuti e delle motivazioni del giudizio conclusivo
dell’inchiesta pubblica svolta e della documentazione presentata, che il
procedimento compiuto in sede di v.i.a. sull’esistente consentiva di confermare
le autorizzazioni ambientali esistenti relative agli attuali livelli produttivi
e di trattamento.
La Provincia, infine, avviava il relativo procedimento di riesame dell’a.i.a.
già rilasciata, comunicando l’avvio del procedimento in data 15 ottobre 2009,
cui seguiva la pubblicazione da parte della Chimet spa del relativo avviso su un
quotidiano locale in data 29 ottobre 2009, la relativa conferenza di servizi
nelle sedute del 5 e 20 novembre 2009, 17 dicembre 2009, 19 gennaio 2010, 2
febbraio 2010, e rilasciava nuova autorizzazione integrata ambientale con
determinate prescrizioni con provvedimento dirigenziale n. 51/EC del 16 marzo
2010, precisando che “…il rilascio del presente atto comporta la revoca e la
sostituzione del Provvedimento dirigenziale n. 195/EC del 6 dicembre 2007 e del
Provvedimento n. 148/EC del 19 settembre 2008.”.
Tale provvedimento era poi oggetto di gravame da parte dell’associazione
ricorrente, con ric. n. 942/2010.
Alla luce di tali premesse, il Collegio ritiene di condividere l’eccezione di
improcedibilità del ricorso n. 376/2008 per sopravvenuta carenza di interesse.
Con tale gravame, infatti, il Wwf Italia chiedeva l’annullamento
dell’autorizzazione integrata ambientale di cui al provvedimento dirigenziale n.
195/EC del 6 dicembre 2007, il quale, però, nelle more della decisione, è stato
esplicitamente revocato e sostituito dal successivo provvedimento dirigenziale
provinciale n. 51/EC del 16 marzo 2010.
Ne consegue che lo stesso, oggetto dell’esercizio del potere di autotutela, non
è più vigente nell’ordinamento e la ricorrente non ha più alcun interesse alla
decisione del relativo ricorso, essendo stata disposta la “revoca” (ex tunc) e
la “sostituzione” del medesimo.
Ai fini della formula estintiva del gravame, poi, il Collegio ricorda di aver
precisato di recente (TAR Toscana, sez. II, 9.12.10, n. 6718) che il giudice
deve dichiarare la cessazione della materia del contendere qualora sopravvenga
un provvedimento, pur di secondo grado, idoneo a far conseguire al ricorrente il
medesimo risultato che egli, con l’azione giurisdizionale, richiedeva mentre
deve dichiarare la sopravvenuta carenza di interesse quando un successivo
provvedimento di secondo grado ovvero un diverso provvedimento, pur rivalutando
il rapporto sostanziale, non soddisfa integralmente la pretesa del ricorrente
medesimo (TAR Sicilia, Pa, Sez. III, 14.12.09, n. 1911; Cons. Stato, Sez. V,
12.12.09, n. 7800).
Nel caso di specie proprio tale fattispecie si è manifestata, in quanto l’a.i.a.
alla Chimet spa non è stata semplicemente revocata - con conseguente
soddisfacimento dell’interesse sostanziale della ricorrente a non vedere
esercitato l’impianto al fine di tutela ambientale diffusa - ma è stata
sostituita con altro provvedimento di analogo contenuto, dopo riesame dei
presupposti sostanziali e nuova e approfondita fase istruttoria, che rilascia
nuova a.i.a., non dando luogo, così, a soddisfare la pretesa della ricorrente,
che infatti ripropone molti dei motivi di ricorso già evidenziati nel precedente
gravame.
Ne consegue, quindi, che il ricorso n. 376/2008 deve essere dichiarato
improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse.
Le relative spese di lite possono essere compensate integralmente, proprio in
virtù del successivo riesame sostanziale del rapporto controverso, oggetto del
successivo provvedimento n. 51/EC del 16 marzo 2010.
Per quel che riguarda il ric. n. 942/2010, il Collegio ritiene che anche in
questo caso l’esame del medesimo non possa superare, per buona parte, il vaglio
delle eccezioni preliminari.
Risulta, infatti, che principalmente il primo, il secondo e il quarto motivo
lamentano l’assenza di una procedura di valutazione ambientale precedente al
rilascio dell’a.i.a. di cui al relativo provvedimento impugnato.
Ebbene, come sopra accennato, risulta invece che tale valutazione ambientale sia
stata effettuata precedentemente al rilascio dell’a.i.a. in questione, in
occasione della specifica domanda avanzata ex art. 14 l.r. n. 79/98 dalla Chimet
spa in relazione al progetto di ampliamento, risanamento ambientale e
riqualificazione paesaggistica dello stabilimento in questione.
Che la valutazione ambientale riguardava l’intero impianto e non soltanto le
parti già modificate o da modificare era chiarito nel verbale della riunione
tenutasi presso il Ministero dell’Ambiente in seguito all’ apertura di una
procedura da parte della Commissione europea sul punto, in seguito ad esposti
pervenutili, e nella nota del 9 maggio 2008 in cui la Provincia di Arezzo
comunicava alla Chimet spa che l’attività istruttoria sarebbe stata condotta
sulla totalità degli impianti, sia esistenti che derivanti dalle modifiche
sostanziali richieste, con conseguente richiesta di invio di specifica
documentazione integrativa sull’esistente da parte della Chimet spa.
Su tale domanda l’Amministrazione provinciale promuoveva una formale inchiesta
pubblica, ai sensi dell’art. 15 l.r. n. 79/98, conclusa con parere del
costituito Comitato secondo cui, pur esprimendosi negativamente in ordine alla
domanda di v.i.a. per l’ampliamento, non risultavano in relazione agli attuali
livelli produttivi e di trattamento situazioni di contaminazione tali da
richiedere la chiusura degli impianti o anche riduzioni dei livelli produttivi e
di trattamento attualmente autorizzati. Lo stesso Nucleo di valutazione
dell’Amministrazione provinciale si esprimeva, condividendo le conclusioni del
Comitato, anche sul procedimento di v.i.a. svolto sull’impianto esistente. Il
tutto, poi, confluiva nella deliberazione della Giunta provinciale n. 535 del 6
ottobre 2009 la quale - come sopra richiamato - dava atto, con riferimento
all’esercizio dell’attuale stabilimento, sulla base dei contenuti e delle
motivazioni del giudizio conclusivo dell’Inchiesta Pubblica, che il procedimento
svolto in sede di v.i.a. su quello esistente consentiva di confermare le
autorizzazioni ambientali relative agli attuali livelli produttivi e di
trattamento, ferma restando la necessità di procedere all’aggiornamento
dell’a.i.a. già rilasciata, come poi avvenuto con il riesame, revoca e
sostituzione di cui al provvedimento dirigenziale n. 51/EC del 16 marzo 2010.
Il Collegio rileva che la deliberazione di Giunta provinciale n. 535/09 non
risulta impugnata dal Wwf Italia che, quindi, non può dolersi in sede di
rilascio della nuova a.i.a. dell’assenza di procedimento di valutazione
ambientale, se invece questo risulta effettuato. Se le modalità e le condizioni
di svolgimento di tale procedimento non erano ritenute conformi alle
disposizioni normative vigenti, era circostanza questa da farsi valere nei
termini di decadenza chiedendo eventualmente l’annullamento di tale
deliberazione giuntale ma non al momento di chiedere l’annullamento del
conseguente provvedimento di a.i.a.
Poiché tale deliberazione di Giunta provinciale, facendo richiamo al contenuto
delle conclusioni della relativa Inchiesta Pubblica, rassicura sulla assenza di
situazioni di contaminazione tali da richiedere chiusura dell’impianto o anche
solo riduzioni dei livelli produttivi e di trattamento in opera, l’interesse
diffuso alla tutela ambientale rappresentato dall’associazione ricorrente
risultava quindi soddisfatto da tale conclusione se, evidentemente, la medesima
non aveva ritenuto di proporre gravame avverso tale deliberazione.
Ne consegue, quindi, l’inammissibilità del ricorso n. 942/2010 nella parte in
cui lamenta assenza di procedimento di v.i.a., in quanto lo stesso risulta
invece eseguito ed attestato da specifico provvedimento provinciale la cui
legittimità non può essere posta in discussione nella presente sede in quanto
non impugnato.
In relazione agli altri motivi di ricorso, non strettamente legati alla
lamentata assenza di previa valutazione di impatto ambientale, si osserva quanto
segue.
Il terzo motivo di ricorso lamenta che tra le operazioni di recupero che si
svolgono nell’impianto non possono essere ricomprese quelle di cui alla sigla R1
nella lista di cui all’art. 1, par. 4, della direttiva 91/689/CEE quali definiti
negli allegati II a e II B della direttiva 75/442/CEE (oggi 2008/98/CE).
Come però osservato anche nelle difese della Chimet spa, la medesima non è stata
autorizzata per le operazioni R1, come si evince dalla tabella D riportata a
pag. 42 dell’a.i.a. impugnata, per cui non si comprende da quali elementi di
fatto l’associazione ricorrente abbia desunto che la Chimet spa dia luogo a tale
tipo di operazioni.
Da qui l’inammissibilità - e comunque l’infondatezza in fatto - del motivo di
ricorso.
Sul quarto motivo di ricorso si richiama quanto sopra rilevato in ordine alla
lamentata assenza di v.i.a., rilevando che non risulta che nel provvedimento
impugnato nulla si dice in proposito della mancanza di v.i.a., in quanto risulta
chiaramente richiamata la deliberazione di Giunta n. 535/09 sopra evidenziata e
la successiva fase istruttoria con le relative conclusioni, a conferma
dell’esistenza di un riferimento al procedimento di valutazione di impatto
ambientale nel senso sopra prospettato.
Inammissibili e infondati si palesano il quinto e il sesto motivo di ricorso con
il quale è contestata la mancata previsione dell’impianto in questione tra
quelli considerati nel piano interprovinciale gestione rifiuti ATO 7 Toscana
Sud.
In merito il Collegio osserva che il carattere meramente programmatorio di tale
strumento non può incidere sulla localizzazione di impianti già esistenti né sul
contenuto dell’a.i.a., rivolta esclusivamente all’esercizio dell’impianto, fermo
restando che la valutazione sulla localizzazione e conformità ambientale è già
contenuta nel procedimento di v.i.a., nel caso di specie - per quanto illustrato
- già effettuato e non impugnato nelle sue determinazioni conclusive poste a
fondamento del provvedimento dirigenziale in questa sede oggetto di gravame.
Infondato è anche il settimo motivo di ricorso con cui si lamenta l’assenza
delle prescrizioni di cui al d.lgs. n. 334/99.
In merito il Collegio osserva che - in disparte l’argomento relativo
all’effettiva applicabilità all’impianto in questione delle disposizioni di cui
al d.lgs. n. 334/99 - il medesimo art. 7, comma 8, d.lgs. n. 59/05 applicato al
momento del rilascio del provvedimento specificava che: “Per gli impianti
assoggettati al decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, l'autorità
competente ai sensi di tale decreto trasmette all'autorità competente per il
rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale i provvedimenti adottati, le
cui prescrizioni ai fini della sicurezza e della prevenzione dei rischi di
incidenti rilevanti sono riportate nella autorizzazione. In caso di decorrenza
del termine stabilito dall'articolo 5, comma 12, senza che le suddette
prescrizioni siano pervenute, l'autorità competente rilascia l'autorizzazione
integrata ambientale e provvede al suo successivo aggiornamento, una volta
concluso il procedimento ai sensi del decreto legislativo del 17 agosto 1999, n.
334.”.
E’ evidente, quindi, che pur in assenza di tali prescrizioni l’a.i.a. è
rilasciata - salvo successivo aggiornamento - con la conseguenza che tale
assenza non può essere considerata motivo di illegittimità dell’autorizzazione
in questione. Lo stesso quadro prescrittivo dell’a.i.a considera poi tale
aspetto anche al fine di un attento profilo di monitoraggio per cui, sotto
questo aspetto, la tutela dell’interesse diffuso riconducibile alla ricorrente
appare osservata.
Infondato è anche l’ottavo motivo di ricorso in cui si lamenta la sussistenza di
valutazioni edilizio-urbanistiche ancora in atto e la mancata acquisizione delle
prescrizioni sindacali di cui agli artt. 216 e 217 RD n. 1265/34.
Sul primo punto il Collegio osserva che gli accertamenti in ordine alla
conformità edilizia-urbanistica non rilevano sulla legittimità
dell’autorizzazione integrata ambientale in questione, legata unicamente alle
modalità di esercizio dell’impianto, fatto salvo l’autonomo potere sindacale in
materia di vigilanza edilizio-urbanistica.
Sul secondo punto, il Collegio anche in questa occasione richiama il testo
normativo di riferimento, di cui all’art. 5, comma 11, d.lgs. n. 59/05, che
dispone, in merito, quanto segue: “L'autorità competente, ai fini del rilascio
dell'autorizzazione integrata ambientale, acquisisce, entro sessanta giorni
dalla data di pubblicazione dell'annuncio di cui al comma 7, trascorsi i quali
l'autorità competente rilascia l'autorizzazione anche in assenza di tali
espressioni, ovvero nell'ambito della conferenza di servizi di cui al comma 10,
le prescrizioni del sindaco di cui agli articoli 216 e 217 del regio decreto 27
luglio 1934, n. 1265, nonchè il parere dell'Agenzia per la protezione
dell'ambiente e per i servizi tecnici per gli impianti di competenza statale o
delle Agenzie regionali e provinciali per la protezione dell'ambiente negli
altri casi per quanto riguarda il monitoraggio ed il controllo degli impianti e
delle emissioni nell'ambiente. In presenza di circostanze intervenute
successivamente al rilascio dell'autorizzazione di cui al presente decreto, il
sindaco, qualora lo ritenga necessario nell'interesse della salute pubblica,
chiede all'autorità competente di verificare la necessità di riesaminare
l'autorizzazione rilasciata, ai sensi dell'articolo 9, comma 4”.
Appare chiaro, quindi, secondo quanto osservato in relazione al motivo
precedente, che l’assenza delle prescrizioni sindacali - evidentemente ritenute
non necessarie dal sindaco del Comune interessato nel caso di specie - non
comporta l’illegittimità dell’autorizzazione, che può essere rilasciata
trascorso il termine di legge, ferma restando la possibilità per il sindaco
stesso di chiedere successivamente la verifica dell’autorizzazione rilasciata
qualora lo ritenga necessario per l’interesse della salute pubblica.
Se poi l’associazione resistente intendeva contestare la mancata pronuncia del
sindaco, il motivo si palesa inammissibile in quanto il ricorso non risulta
notificato al medesimo e al Comune di Civitella Val di Chiana.
Inammissibile è invece il nono motivo, nuovamente orientato a lamentare assenza
di v.i.a. in relazione alla modifica al forno “Tecnitalia”, ritenuta essenziale,
in quanto - come sopra evidenziato - una procedimento di valutazione ambientale
riguardante tutto l’impianto esistente si è tenuto e le relative risultanze non
risultano impugnate.
Il decimo motivo riprende la doglianza relativa all’assenza di prescrizioni
sanitarie e determinazioni in ordine alle risultanze edilizio-urbanistiche e
quindi, sul punto, il Collegio non può che rimarcarne l’infondatezza per quanto
sopra illustrato
L’undicesimo motivo si sofferma su ritenute incongruità della precedente a.i.a.
del 2007 e, di conseguenza, la doglianza è inammissibile per quanto chiarito in
precedenza, dato che tale provvedimento risulta integralmente sostituito da
quello di cui al provvedimento n. 51/EC del 16 marzo 2010.
Come dedotto dalla Chimet spa nelle sue difese, poi, l’emissione AC005 risulta
segmentata in due elementi, identificati quali AC001 e AC005, con conseguente
qualificazione più analitica di una medesima emissione e non introduzione di una
nuova.
Con il dodicesimo motivo la ricorrente lamenta la mancata osservanza della
disposizione di cui all’art. 13, comma 2, d.lgs. n. 133/05, secondo la quale:
“Il trasporto e lo stoccaggio di residui secchi sotto forma di polvere devono
essere effettuati in modo tale da evitare la dispersione nell'ambiente, ad
esempio utilizzando contenitori chiusi”.
Non risulterebbe indicato l’impianto esterno di conferimento né risulterebbero
chieste delucidazioni sul punto nel corso dell’istruttoria.
Il Collegio osserva in merito che la norma si riferisce essenzialmente ai
soggetti incaricati del trasporto e che nel corso dell’istruttoria risultano
acquisite documentazioni in ordine al miglioramento del sistema di inquinanti
presenti nei fumi provenienti dai forni a griglia del Settore A con conseguente
quadro di prescrizioni ad esso legati.
Inammissibile per genericità è poi il tredicesimo motivo di ricorso, ove la
ricorrente non specifica quali migliori tecniche disponibili non siano state
seguite, limitandosi ad affermare come astrattamente dovrebbe intendersi il
richiamo alle BAT di settore.
Infine si rileva l’inammissibilità dell’ultimo motivo di ricorso, in quanto non
risulta specificato dalla ricorrente quali misure precauzionali e di sicurezza
siano state nello specifico tralasciate in relazione all’affermazione di cui
alla direttiva 2008/98/CE - il cui termine di trasposizione era comunque fissato
al 12 dicembre 2010 dal relativo art. 40, quindi successivamente all’adozione
del provvedimento impugnato - in considerazione della valutazione della fase
istruttoria e del quadro prescrizionale contenuto nel provvedimento impugnato.
Alla luce di quanto dedotto, quindi, il ricorso n. 942/2010 deve in parte essere
dichiarato inammissibile e in parte infondato.
Le spese di questo giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da
dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda),
definitivamente pronunciando sui ricorsi come in epigrafe proposti:
1) dispone la riunione dei due ricorsi;
2) dichiara il ricorso n. 376/2008 improcedibile per sopravvenuto difetto di
interesse;
3) dichiara il ricorso n. 942/2010 in parte inammissibile e in parte lo rigetta;
4) respinge l’istanza di riammissione al patrocinio a spese dello Stato;
5) compensa le spese quanto al ricorso 376/2008 e quanto al ricorso 942/2010
condanna l’associazione ricorrente a corrispondere alla Provincia di Arezzo e
alla Chimet spa le spese di lite, che liquida in euro 2.000,00 oltre accessori
di legge, per ciascuna.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nelle camere di consiglio del 22 dicembre 2010 e del 3
gennaio 2011 con l'intervento dei magistrati:
Maurizio Nicolosi, Presidente
Ivo Correale, Primo Referendario, Estensore
Pierpaolo Grauso, Primo Referendario
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 01/04/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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