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T.A.R. UMBRIA, Sez. I - 20 gennaio 2011, n. 16
BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Vincolo indiretto - Omessa notifica al
proprietario, possessore o detentore - Inefficacia del provvedimento -
Esclusione - Art. 47 d.lgs. n. 42/2004. L’art. 47 del codice dei beni
culturali (d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42), al primo comma, dispone che il
provvedimento contenente le prescrizioni di tutela indiretta è notificato al
proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo degli immobili
interessati, tramite messo comunale o a mezzo posta raccomandata con avviso di
ricevimento, e doveva dunque essere comunicato alla società ricorrente. Tale
disposizione non vale tuttavia a sancire il carattere recettizio del
provvedimento contenente prescrizioni di tutela indiretta, con la conseguenza
che la sua comunicazione non è condizione di efficacia del provvedimento. Pres.
Lamberti, Est. Fantini - A.B. s.r.l. (avv. Ranalli) c. Ministero per i Beni e le
Attivita' Culturali (Avv. Stato) -
TAR UMBRIA, Sez. I - 20 gennaio 2011, n. 16
BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Vincolo indiretto - Differenza con il vincolo
diretto - Cornice ambientale - Imposizione del vincolo sull’area in vista o in
prossimità del bene culturale. A differenza del vincolo diretto, che
riguarda il bene culturale, il vincolo indiretto si caratterizza per coinvolgere
l’ambito costituente la “fascia di rispetto”, che non coincide con l’ambito
materiale dei confini perimetrali dei singoli immobili, ma va stabilita in
rapporto alla consistenza della c.d. “cornice ambientale”; ciò comporta che il
vincolo indiretto può essere imposto sull’area che si trova in vista od in
prossimità del bene culturale (tra le tante, T.A.R. Veneto, Sez. II, 4 novembre
2004, n. 3846). Pres. Lamberti, Est. Fantini - A.B. s.r.l. (avv. Ranalli) c.
Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali (Avv. Stato)
- TAR UMBRIA, Sez. I - 20 gennaio 2011, n. 16
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N. 00016/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00291/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Umbria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 291 del 2009, proposto da:
Agricola Badia S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentata e difesa dall'avv. Giovanni Ranalli, con domicilio eletto presso
l’avv. Lietta Calzoni in Perugia, via Bonazzi, 9;
contro
Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali, Direzione Regionale per i Beni
Culturali e Paesaggistici dell’Umbria, in persona dei rispettivi legali
rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi ope legis dall'Avvocatura
distrettuale dello Stato di Perugia, presso i cui uffici sono pure legalmente
domiciliati, alla via degli Offici, 14;
e con l'intervento di
ad adiuvandum:
Comune di Ficulle, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso
dall'avv. Alessandra Granati, con domicilio eletto presso l’avv. Francesco
Paganelli in Perugia, piazza Danti, 7;
ad opponendum :
Comitato per la Tutela e Valorizzazione delle Valli del Chiani e Migliari, in
persona dei signori meglio specificati nell’atto di intervento, rappresentato e
difeso dagli avv.ti Michele Venturiello e Maria Grazia Carcione, con domicilio
eletto presso l’avv. Corrado De Fazio in Perugia, via Cesarei, 4;
per l'annullamento
del decreto della Direzione Regionale in data 30 gennaio 2009 con cui è stato
imposto un vincolo indiretto ai sensi dell’art. 45 del d.lgs. n. 42 del 2004,
limitatamente all’area di proprietà della ricorrente; di ogni altro atto
presupposto, connesso e/o consequenziale, tra cui la comunicazione di avvio del
procedimento di tutela indiretta per la salvaguardia degli immobili denominati
Chiesa di San Nicola al Monte Orvietano e badia San Nicola al Monte, ed il
verbale del 15 ottobre 2008 del Comitato regionale di coordinamento.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero per i Beni e le Attivita'
Culturali;
Visti gli atti di intervento, rispettivamente ad adiuvandum e ad opponendum, del
Comune di Ficulle e del Comitato per la tutela e valorizzazione delle valli del
Chiani e Migliari;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1 dicembre 2010 il Cons. Stefano
Fantini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La società ricorrente è proprietaria di un’area, di circa trenta ettari, ubicata
nel Comune di Ficulle, al cui interno sono ricomprese, tra l’altro, la chiesa di
S. Nicola al Monte Orvietano, nonché la “Badia di San Nicola al Monte”,
costituenti beni culturali.
Premette che, al momento dell’acquisto, detta area versava in un completo stato
di abbandono, ed il complesso immobiliare costituito dalla chiesa e dalla badia
era in evidente stato di degrado.
L’acquisto è stato finalizzato al recupero dell’intera area, mediante
ristrutturazione della badia, da destinare a struttura turistico ricettiva (c.d.
residenza d’epoca), nonché alla realizzazione di nove casali in pietra, sempre
da destinare ad attività turistico ricettiva, ognuno di circa mq. 200, da
realizzare a debita distanza dalla badia, con materiali e modalità non
impattanti con le caratteristiche del luogo.
Tale progetto risultava conforme al nuovo P.R.G. adottato dal Comune di Ficulle,
ed in fase di approvazione al momento dell’acquisto dell’area, che destinava il
terreno in questione ad area turistico residenziale, con destinazione d’uso
prevalente “residenziale”.
Espone di avere provveduto ad effettuare lavori di pulizia dei boschi, ripe e
fossi, alla rimessa in produzione di terreni seminativi, alla protezione dei
fabbricati esistenti mediante puntellamento di solai e tetti, nonché all’ingabbiamento
della torre con ponteggi metallici.
Rappresenta come con nota in data 15 febbraio 2008 il Comitato per la tutela e
la valorizzazione delle Valli del Chiani e Migliari abbia richiesto alla
Direzione Regionale per i Beni e le Attività Culturali, nonché alla competente
Soprintendenza l’apposizione del vincolo di tutela indiretta nell’area limitrofa
all’abbadia.
Con nota del 5 maggio 2008 la Direzione Regionale comunicava al Comune di
Ficulle l’avvio del procedimento di tutela indiretta, concernente un’area
comprensiva anche del terreno oggetto dell’intervento progettato dalla Agricola
Badia S.r.l.; la società proponeva le sue osservazioni, evidenziando che
l’intervento edilizio ipotizzato non avrebbe in alcun modo leso il cono visuale
delle chiesa e della badia, ma avrebbe, anzi, consentito di valorizzare l’intera
zona.
Avverso il provvedimento di imposizione del vincolo indiretto deduce i seguenti
motivi di diritto :
1) Violazione dell’art. 47 del d.lgs. n. 42 del 2004; violazione dell’art. 8
della legge n. 241 del 1990.
Il gravato provvedimento, in violazione delle norme rubricate, non è stato
comunicato alla società proprietaria dell’area, avendo l’Amministrazione fatto
ricorso ad altre forme di pubblicità notiziale (in particolare alla
pubblicazione nell’albo pretorio del Comune di Ficulle, nel sito internet del
Comune e nel B.U.R.), comunque inidonee allo scopo, non essendo, del resto,
applicabile alla comunicazione del provvedimento la disposizione dell’art. 8
della legge n. 241 del 1990, concernente la comunicazione di avvio del
procedimento. Giova precisare che sono circa una decina i destinatari del
provvedimento finale.
2) Violazione dell’art. 2 della legge n. 241 del 1990, in combinazione con
l’art. 46 del d.lgs. n. 42 del 2004; violazione dell’art. 6 del d.m. n. 495 del
1994; errore in fatto; difetto di motivazione e carenza di istruttoria.
Nella fattispecie in esame il procedimento di apposizione del vincolo è stato
avviato in data 5 maggio 2008 e doveva concludersi nel termine di 240 giorni,
vale a dire entro il 31 dicembre 2008.
Il provvedimento di vincolo è stato invece emanato in data 30 gennaio 2009, e
dunque tarvidamente, senza che siano emerse, e siano state comunque evidenziate
le esigenze istruttorie di cui all’art. 6, comma 6 bis, del d.m. n. 495 del
1994, giustificanti l’interruzione del termine di conclusione del procedimento.
3) Violazione degli artt. 4 e 6 del d.m. n. 495 del 1994, nella prospettiva che
non è stata comunque data notizia alla ricorrente, soggetto interessato, in
quanto destinatario del provvedimento finale, dell’esistenza di ragioni
interrutive del termine di conclusione del procedimento.
4) Violazione dell’art. 19 del d.P.R. n. 233 del 2007; errore in fatto;
violazione dell’art. 10 della legge n. 241 del 1990; difetto assoluto di
istruttoria.
L’art. 19 del d.P.R. n. 233 del 2007 dispone che il Comitato regionale di
coordinamento deve esprimere un parere obbligatorio in merito alle proposte di
dichiarazione di interesse culturale o paesaggistico aventi ad oggetto beni od
aree suscettibili di tutela intersettoriale, nonché in merito alle proposte di
tutela indiretta.
Nel provvedimento gravato si fa riferimento al verbale della riunione del
Comitato regionale di coordinamento del 15 ottobre 2008 favorevole
all’accoglimento delle osservazioni del Comune di Ficulle, che risultano
peraltro essere state trasmesse alla Direzione regionale con nota del successivo
16 ottobre 2008.
5) Violazione dell’art. 42 del d.lgs. n. 42 del 2004; eccesso di potere per
difetto di motivazione e carenza di istruttoria; illogicità ed irragionevolezza
manifesta.
Il vincolo indiretto, allorché si risolve in un divieto assoluto di edificazione
su una vasta zona di territorio, deve essere rigorosamente motivato e sorretto
da adeguata istruttoria, sotto il profilo della connessione funzionale con le
esigenze di tutela e valorizzazione dell’immobile direttamente vincolato.
Nel caso di specie, la realizzazione di singole unità immobiliari a distanza di
circa 200 metri dalla badia e dalla chiesa non avrebbe potuto arrecare alcun
danno alla prospettiva ed alle luci della chiesa e della badia, né alterarne le
condizioni di ambiente e decoro, ma potevano avere come effetto quello di
valorizzare l’intera area.
6) Violazione dell’art. 45 del d.lgs. n. 42 del 2004 sotto ulteriore profilo;
eccesso di potere per illogicità ed irragionevolezza sotto ulteriore profilo;
contraddittorietà.
La Direzione Regionale, con nota del 22 dicembre 2007, chiedeva al Comune di
Ficulle di mitigare nella fase operativa del P.R.G. le previsioni già formulate,
in particolare limitando la macroarea turistico-residenziale alla zona al di là
del torrente (rispetto al borgo fortificato); tale previsione avrebbe consentito
alla società ricorrente di effettuare l’intervento edilizio progettato (i nove
casali).
Con la comunicazione di avvio del procedimento di imposizione del vincolo
indiretto la zona da assoggettare a vincolo, del tutto illogicamente e senza
alcuna idonea motivazione, è notevolmente aumentata rispetto a quella
originariamente ipotizzata.
7) Violazione dell’art. 42 del d.lgs. n. 42 del 2004, in combinazione con l’art.
35 della l.r. Umbria n. 11 del 2005; illogicità ed irragionevolezza manifesta.
Il provvedimento impugnato precisa che «eventuali proposte di modifica
dell’edificato esistente potranno comprendere esclusivamente aumenti di aree di
calpestio o di volumetrie previsti dalla normativa urbanistica ad oggi vigente
in materia».
L’art. 35 della l.r. n. 11 del 2005 dispone altresì che gli ampliamenti di
edifici esistenti, qualora a seguito della loro realizzazione compromettano le
caratteristiche tipologiche, storiche ed architettoniche dell’edificio
esistente, possono costituire un organismo edilizio autonomo.
Il decreto impugnato, da un lato, preclude la possibilità di realizzare i casali
previsti a distanza di oltre 200 metri dagli edifici oggetto di vincolo diretto,
d’altro lato, consente di realizzare ampliamenti degli edifici esistenti, posti
a pochi metri dalla chiesa e dalla badia, che si concretizzano in organismi
edilizi autonomi, secondo quanto inferibile dalla norma suindicata.
8) Violazione dell’art. 45 del d.lgs. n. 42 del 2004 sotto ulteriore profilo;
violazione degli artt. 3 e 10 della legge n. 241 del 1990; eccesso di potere per
difetto di istruttoria sotto ulteriore profilo.
Le osservazioni presentate dalla società ricorrente in sede di contraddittorio
procedimentale non sono state in alcun modo analizzate dall’Amministrazione
resistente; le osservazioni presentate dal Comune di Ficulle sono state accolte
in ordine alle modifiche che possono essere accettate; ma il Comune aveva
chiesto di includere nel novero degli interventi costruttivi non proibiti dal
vincolo quelli previsti dalla normativa urbanistica ad oggi adottata.
9) Violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990; difetto di motivazione e
carenza di istruttoria; disparità di trattamento, nella considerazione che le
particelle indicate nel provvedimento di vincolo non coincidono con quelle
riportate nella planimetria allegata all’atto impugnato.
Inoltre dalla planimateria si desume che l’area oggetto di vincolo è stata
ridotta rispetto a quella indicata nell’avvio del procedimento, e ciò senza
alcuna motivazione.
Si è costituito in giudizio il Mi.B.A.C. controdeducendo puntualmente alle
censure avversarie e chiedendo la reiezione del ricorso.
Sono intervenuti ad adiuvandum il Comune di Ficulle e ad opponendum il Comitato
per la tutela e valorizzazione delle valli del Chiani e Migliari.
All’udienza dell’1 dicembre 2010 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. - Deve essere preliminarmente dichiarato inammissibile l’intervento,
notificato in data 16 novembre 2010, proposto dal Comitato per la tutela e
valorizzazione delle Valli del Chiani e Migliari a sostegno delle regioni del
resistente Mi.B.A.C., non essendo lo stesso stato notificato al Comune di
Ficulle, intervenuto ad adiuvandum con atto notificato in data 15 ottobre 2010,
e dunque parte anteriormente costituita nel processo.
2. - Con il primo motivo di ricorso viene dedotta la violazione dell’art. 47 del
codice dei beni culturali (d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42), lamentandosi la
mancata comunicazione, nei suoi confronti, del provvedimento di imposizione del
vincolo indiretto, ed, al contempo, l’inadeguatezza delle disposte misure di
pubblicità notiziale.
La censura non appare meritevole di positiva valutazione, e deve dunque essere
disattesa.
E’ pur vero che il predetto art. 47, al primo comma, dispone che il
provvedimento contenente le prescrizioni di tutela indiretta è notificato al
proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo degli immobili
interessati, tramite messo comunale o a mezzo posta raccomandata con avviso di
ricevimento, e doveva dunque essere comunicato alla società ricorrente. Ma tale
disposizione, secondo il costante indirizzo giurisprudenziale, non vale a
sancire il carattere recettizio del provvedimento contenente prescrizioni di
tutela indiretta, con la conseguenza che la sua comunicazione non è condizione
di efficacia del provvedimento.
In ogni caso, la mancata notificazione di un atto amministrativo al suo
destinatario non incide sull’esistenza o validità dello stesso, con la
conseguenza che non può essere considerato nullo od illegittimo per il solo
fatto della mancata comunicazione da parte dell’Autorità emanante (Cons. Stato,
Sez. IV, 21 agosto 2006, n. 4860).
Parte ricorrente è, del resto, venuta a conoscenza del provvedimento contenente
le prescrizioni di tutela indiretta ed ha potuto utilmente impugnarlo, con ciò
determinando anche la sanatoria del vizio della comunicazione.
3. - Con il secondo ed il terzo mezzo, che possono essere trattati
congiuntamente, in quanto connessi, viene poi dedotta la violazione del
combinato disposto dell’art. 2 della legge n. 241 del 1990 e dell’art. 46 del
d.lgs. n. 42 del 2004, allegandosi la tardività del provvedimento impugnato
rispetto al termine finale del procedimento, previsto in 240 giorni, decorrente
dalla comunicazione di avvio del 5 maggio 2008, e la mancata rappresentazione di
ragioni interruttive del termine di conclusione del procedimento.
Le censure non appaiono meritevoli di positiva valutazione.
Ed invero, secondo il costante insegnamento giurisprudenziale, salvo che la
norma non disponga specificamente nel senso della perentorietà, il termine di
conclusione del procedimento (anche se ad iniziativa d’ufficio) ha natura
meramente ordinatoria od acceleratoria, con la conseguenza che il provvedimento
tardivo non è di per sé illegittimo (tra le tante, T.A.R. Lombardia, Milano,
Sez. II, 6 febbraio 2009, n. 1158; T.A.R. Emilia Romagna, Parma, 14 gennaio
2008, n. 25; Cons. Stato, Sez. VI, 6 aprile 2010, n. 1913), potendo assumere
rilievo solo ai fini dell’eventuale valutazione della responsabilità
dirigenziale (art. 2, comma nove, della legge n. 241 del 1990).
A seguito dell’introduzione, nell’ambito della legge sul procedimento
amministrativo, dell’art. 2 bis (per effetto della legge 18 giugno 2009, n. 69),
vengono, a certe condizioni, correlate all’inosservanza del termine finale
conseguenze significative sul piano della responsabilità civile
dell’Amministrazione (c.d. danno da ritardo), ma non anche profili afferenti
alla legittimità dell’atto tardivamente adottato.
Si desume in particolare dall’art. 46, commi 4 e 5, del d.lgs. n. 42 del 2004
che la scadenza del termine finale del procedimento per la tutela indiretta
comporta come conseguenza il venire meno dell’immodificabilità cautelare
dell’immobile, ma non si riflette anche in termini di illegittimità del
provvedimento finale.
Nel descritto contesto appare dunque irrilevante la circostanza che non sia
stata data comunicazione alla ricorrente dell’esistenza di ragioni istruttorie
con effetto interrutivo del termine di conclusione del procedimento ai sensi
dell’art. 6, comma 6-bis, del d.m. 13 giugno 1994, n. 495.
4. - Con il quarto motivo viene poi dedotta la violazione dell’art. 19 del
d.P.R. 26 novembre 2007, n. 233, oltre che il difetto di istruttoria,
nell’assunto che il parere obbligatorio del Comitato regionale di coordinamento,
favorevole all’accoglimento delle osservazioni del Comune di Ficulle, risalente
al 15 ottobre 2008, sarebbe intervenuto il giorno antecedente alla trasmissione
delle osservazioni comunali, avvenuta il 16 ottobre 2008.
Il motivo non appare meritevole di positiva valutazione, in quanto, come
allegato dall’Avvocatura dello Stato nei propri scritti difensivi, il Comitato
regionale di coordinamento, tenuto ad esprimere pareri obbligatori in merito
alle proposte di prescrizioni di tutela indiretta, ha approvato, nella seduta
del 15 ottobre 2008, le modifiche proposte dal Comune di Ficulle, pervenutegli
con comunicazione differente (ed anteriore) da quella del 16 ottobre,
indirizzata alla Direzione Regionale, e della quale si dà atto nel provvedimento
di imposizione del vincolo.
5. - Con il quinto motivo si deduce, in sintesi, il vizio di motivazione e di
istruttoria del provvedimento impugnato, che non avrebbe sottoposto ad adeguata
valutazione l’incidenza della realizzazione delle singole unità immobiliari (a
debita distanza dalla chiesa e dalla badia), estendendo il vincolo indiretto per
un raggio di circa 400 metri.
Anche tale motivo è infondato.
Il provvedimento di imposizione del vincolo indiretto è caratterizzato da
discrezionalità tecnica, censurabile solo per macroscopiche incongruenze ed
illogicità, che nel caso di specie non appaiono ravvisabili.
Il provvedimento impugnato indica con precisione i beni oggetto del vincolo, e
le cose in funzione delle quali esso è imposto.
La “relazione di vincolo” chiarisce che la salvaguardia del bene va assicurata
tenendo conto anche del contesto territoriale in cui sono inseriti i beni di
interesse monumentale; lo spazio di rispetto coincide con la campagna
circostante, facendo corretta applicazione del criterio della c.d. continuità
storica tra il monumento e gli insediamenti circostanti.
E’ noto infatti che, a differenza del vincolo diretto, che riguarda il bene
culturale, il vincolo indiretto si caratterizza per coinvolgere l’ambito
costituente la “fascia di rispetto”, che non coincide con l’ambito materiale dei
confini perimetrali dei singoli immobili, ma va stabilita in rapporto alla
consistenza della c.d. “cornice ambientale”; ciò comporta che il vincolo
indiretto può essere imposto sull’area che si trova in vista od in prossimità
del bene culturale (tra le tante, T.A.R. Veneto, Sez. II, 4 novembre 2004, n.
3846).
L’area interessata dal vincolo indiretto non è una circonferenza con raggio pari
a 400 metri lineari, ma è stata ridotta, con l’obiettivo di contenere il
sacrificio del proprietario, escludendo quasi tutte le aree a bosco, da cui non
si gode di alcuna veduta dei monumenti, fatta eccezione per quelle
immediatamente limitrofe.
La stessa scelta dell’inedificabilità parziale appare adeguatamente motivata con
indicazione delle finalità perseguite, e con riguardo alla natura del bene ed
alla sua ubicazione (Cons. Stato, Sez. VI, 6 settembre 2002, n. 4566).
6. - Le osservazioni che precedono inducono a disattendere anche la sesta
censura, con la quale si lamenta una sorta di contraddittorietà tra la nota
indirizzata dall’Amministrazione dei Beni Culturali al Comune di Ficulle in data
23 dicembre 2007 (alla cui stregua sarebbe risultata possibile l’edificazione
dei nove casali, pur richiedendosi di mitigare la macroarea turistico
residenziale) ed il gravato provvedimento di vincolo.
Anzitutto, sotto il profilo strettamente formale, già di per sé idoneo ad
escludere la contraddittorietà con precedente atto, occorre evidenziare come la
nota del 23 dicembre provenga da altro ufficio (rispetto a quello che ha
adottato le prescrizioni di tutela indiretta), e cioè dall’allora Soprintendenza
per i Beni Architettonici, il Paesaggio, il Patrimonio Storico Artistico ed
Etnoantropologico di Perugia.
In ogni caso, anche sotto il profilo contenutistico, una siffatta divergenza non
è dato ravvisare; la nota in esame dichiara espressamente di concordare con le
osservazioni del Comitato per la tutela e valorizzazione delle valli del Chiani
e del Migliari circa l’incompatibilità della destinazione urbanistica con
elevata volumetria con le emergenze storiche sottoposte a tutela.
7. - Il settimo mezzo censura le statuizioni provvedimentali che (precludendo la
possibilità di realizzare i casali a duecento metri dagli edifici oggetto di
vincolo diretto) consentono però poi, in modo asseritamente contraddittorio ed
irragionevole, di realizzare ampliamenti di quanto già esistente, a poca
distanza dalla chiesa e dalla badia, al punto da prefigurare organismi edilizi
autonomi ai sensi dell’art. 35 della l.r. Umbria 22 febbraio 2005, n. 11, oltre
che di costruire annessi agricoli.
Il mezzo non appare meritevole di positiva valutazione.
Anzitutto, con riferimento alla prescrizione secondo cui «eventuali proposte di
modifica dell’edificato esistente potranno comprendere esclusivamente aumenti di
aree di calpestio o di volumetrie previsti dalla normativa urbanistica ad oggi
vigente in materia …», va precisato che la stessa aggiunge come «in linea
generale potranno essere accolte solo modificazioni marginali, preferibilmente
autonome e disgiunte che consentano la lettura dei vari interventi nella loro
evoluzione e comunque in forme tradizionali utilizzando materiali e forme
tipiche dei luoghi».
In secondo luogo, per quanto riguarda gli annessi agricoli, sono consentiti «semprechè
sia dimostrato che, per necessità di conduzione del fondo, non sia possibile e/o
opportuno edificarli in zone esterne all’area di tutela indiretta».
Non emerge comunque la certezza della realizzazione di tali nuove e modeste
costruzioni, le quali devono essere autorizzate specificamente, e comunque
risultare rispettose dei limiti previsti dal provvedimento di vincolo, che
preclude, tra l’altro, trasformazioni che offendano la visuale dei monumenti e
tali da costituire barriere permanenti o temporanee alla vista.
Ben altro impatto, in una prospettiva di tutela, come si evince anche dalla
relazione tecnica del consulente di parte ricorrente (geom. Materazzini), ove si
parla di una volumetria complessiva di mc. 7000, avrebbe evidentemente la
realizzazione di nove casali, nessun rilievo potendo, ad oggi, assumere la
dedotta circostanza secondo cui, nel passato, ed in particolare nel 1600, le
aree limitrofe alla chiesa ed alla badia erano interessate dalla presenza di
innumerevoli immobili.
8. - Non meritevole di accoglimento risulta anche l’ottavo motivo di ricorso,
con cui la ricorrente si duole della mancata valutazione del proprio contributo
partecipativo, in violazione del combinato disposto degli artt. 3 e 10 della
legge n. 241 del 1990.
E’ infatti consolidata la giurisprudenza nel ritenere che l’obbligo, ai sensi
dell’art. 10 della legge sul procedimento, di esame delle memorie e dei
documenti difensivi presentati dagli interessati, nel corso dell’iter
procedimentale, non impone un’analitica confutazione in merito di ogni argomento
utilizzato dagli stessi, essendo sufficiente uno svolgimento motivazionale che
renda, nella sostanza, percepibile la ragione del mancato adeguamento
dell’azione dell’Amministrazione alle deduzioni difensive delle parti (tra le
tante, Cons. Stato, Sez. VI, 7 gennaio 2008, n. 17).
Il provvedimento gravato dà atto di avere esaminato le osservazioni della Badia
S.r.l. in data 10 ottobre 2008, acquisite agli atti della Direzione regionale il
successivo 16 ottobre; il corredo motivazionale del provvedimento adottato, nel
suo complesso, è sufficiente a disattendere le memorie e gli scritti difensivi
versati nel procedimento dalla società ricorrente.
9. - Con l’ultimo motivo si deduce che le particelle indicate nel provvedimento
di vincolo non corrispondono a quelle riportate nella planimetria allegata, e
che la stessa planimetria enuclea un’area più ristretta rispetto a quella
individuata nella comunicazione di avvio del procedimento.
Il motivo è infondato, se non anche inammissibile per genericità.
Anche ad ammettere le sole affermate divergenze, si verterebbe o al cospetto di
un mero errore materiale, suscettibile di rettifica, od , al contrario, di una
ponderata valutazione che ha portato a restringere l’area intressata dal vincolo
indiretto, a dimostrazione del corretto agire dell’Amministrazione.
10. - Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere respinto per
l’infondatezza dei motivi dedotti.
Sussistono giusti motivi, in ragione del carattere tecnico-discrezionale delle
valutazioni poste a fondamento del provvedimento impugnato, che non escludono un
qualche margine di opinabilità, per compensare tra tutte le parti le spese di
giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Umbria (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, previa
declaratoria di inammissibilità dell’intervento ad opponendum spiegato dal
Comitato per la tutela e valorizzazione delle valli del Chiani e del Migliari,
lo respinge.
Compensa tra le parti le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Perugia nella camera di consiglio del giorno 1 dicembre 2010 con
l'intervento dei magistrati:
Cesare Lamberti, Presidente
Carlo Luigi Cardoni, Consigliere
Stefano Fantini, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 20/01/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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