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T.A.R. UMBRIA, Sez. I - 14 giugno 2011, n. 171
AREE PROTETTE - Valutazione di incidenza - Interventi esterni al perimetro dei
siti tutelati - Possibile sottoposizione a valutazione di incidenza - Art. 5 d..P.R.
n. 357/1997 - Limiti - Fattispecie. L’articolo 5, comma 3, del d.P.R.
357/1997 non limita la valutazione di incidenza ai soli interventi che ricadono
all’interno del perimetro dei siti tutelati (cfr. CGE, II, 10 gennaio 2006 n.
98; id., 29 gennaio 2004 n. 209; Cons. Stato, IV, 22 luglio 2005, n. 3917; TAR
Calabria, Catanzaro, I, 1 ottobre 2007, n. 1420). Tuttavia, non può non
rilevarsi come ammettere una valutazione di incidenza che prescinda dalla
ricaduta in un ambito vincolato delle opere di trasformazione del territorio
oggetto di valutazione, rischia di renderne assolutamente incerta la
delimitazione, mentre l’esercizio di poteri sostanzialmente vincolistici
presuppone una delimitazione certa dell’ambito vincolato, o comunque di quello
su cui si applicano gli effetti dell’esercizio del potere; ciò, innanzitutto,
per dar conto della sussistenza e delle caratteristiche dell’interesse pubblico
che richiede, per rilevanza comunitaria e costituzionale, una valutazione
differenziata e prevalente, rispetto a quella che discende dal mero rispetto
della disciplina urbanistica del territorio interessato. Ed anche l’interesse
pubblico che si concretizza nella “valutazione di incidenza”, finalizzata alla
protezione dei siti contemplati dalla direttiva 92/43/CEE relativa alla
conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna
selvatiche, recepita in Italia a partire dal 1997, non sfugge a questo
presupposto generale. Per ridurre tale inconveniente, occorre pertanto che
vengano accertati motivatamente l’incidenza ambientale dell’intervento ed il
carattere significativo di essa, in relazione ad un concreto rischio di
compromissione dell'integrità del sito protetto. (Fattispecie relativa
all’individuazione di un territorio come “corridoio di naturalità”) Pres.
Lamberti, Est.Ungari - F. s.r.l. (avv. De Matteis) c. Regione Umbria (avv.ti
Manuali e Iannotti) e A.R.P.A. Umbria (avv. Tarantini) -
TAR UMBRIA, Sez. I - 14 giugno 2011, n. 171
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N. 00171/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00224/2006 REG.RIC.
N. 00141/2007 REG.RIC
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Umbria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
* sul ricorso numero di registro generale 224 del 2006, proposto da:
Fontana Immobiliare S.r.l., rappresentata e difesa dall'avv. Francesco Augusto
De Matteis, con domicilio eletto presso Francesco Augusto De Matteis in Perugia,
via Bonazzi, 9;
contro
- Regione Umbria, rappresentata e difesa dagli avv.ti Paola Manuali e Casimiro
Iannotti, con domicilio eletto presso Paola Manuali in Perugia, corso Vannucci,
30;
- A.R.P.A. Umbria, rappresentata e difesa dall'avv. Giovanni Tarantini, con
domicilio eletto presso Giovanni Tarantini in Perugia, via Baglioni, 10;
nei confronti di
Comune di Corciano; Ass. Italiana WWF;
e con l'intervento di
Associazione Italiana per il World Wide Fund for Nature – Onlus/ONG,
rappresentata e difesa dall'avv. Paolo Brocchi, con domicilio eletto presso
Paolo Brocchi in Perugia, via del Roscetto, 3;
** sul ricorso numero di registro generale 141 del 2007, proposto da:
Fontana Immobiliare S.r.l., rappresentata e difesa dall'avv. Francesco Augusto
De Matteis, con domicilio eletto presso Francesco Augusto De Matteis in Perugia,
via Bonazzi, 9;
contro
- Comune di Corciano;
- Regione Umbria, rappresentata e difesa dagli avv.ti Paola Manuali e Casimiro
Iannotti, con domicilio eletto presso Paola Manuali in Perugia, corso Vannucci,
30;
nei confronti di
- A.R.P.A. Umbria, rappresentata e difesa dall'avv. Giovanni Tarantini, con
domicilio eletto presso Giovanni Tarantini in Perugia, via Baglioni, 10;
- Ass. Italiana WWF;
per l'annullamento
* quanto al ricorso n. 224 del 2006:
- della determinazione dirigenziale della Regione Umbria prot. n. 1636 in data 3
marzo 2006;
- di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente (ivi compresa la nota
dell’A.R.P.A. Umbria in data 22 marzo 2006, comunicata in data 17 maggio 2006);
** quanto al ricorso n. 141 del 2007:
- del provvedimento del Comune di Corciano prot. n. 3746 in data 2 febbraio
2007;
nonché, per la condanna
delle Amministrazioni intimate al pagamento dei danni derivanti dall’adozione
dei provvedimenti impugnati;
Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Umbria e dell’A.R.P.A.
Umbria;
Visto l’atto di intervento di Associazione Italiana per il World Wide Fund for
Nature – Onlus/ONG;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 marzo 2011 il dott. Pierfrancesco
Ungari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. In data 7 aprile 2005, la società ricorrente ha presentato al Comune di
Corciano un progetto per la realizzazione di una struttura alberghiera su di un
terreno in località Colle della Trinità (al di sopra dell’albergo della
Trinità), in coerenza alla classificazione (zona “Spr”) prevista dal P.R.G.
vigente.
L’intervento comporta l’edificazione di circa 20.000 mc, su un’area di sedime di
circa 5.000 mq.
Nel corso del procedimento autorizzatorio edilizio, il Comune, ritenendo che
l’intervento potesse avere una incidenza significativa sul (vicino) Sito di
Interesse Comunitario (SIC) di Monte Malbe, ha chiesto alla ricorrente la
presentazione di uno studio, da sottoporre alla Regione, ai fini della
<<valutazione di incidenza>> ambientale di cui all’articolo 6, comma 3, del
d.P.R. 357/1997 (novellato dall’articolo 5 del d.P.R. 120/2003), Regolamento
recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli
habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche. La
società ricorrente ha presentato la documentazione richiesta.
La Regione Umbria, con determinazione dirigenziale n. 1636 in data 3 marzo 2006,
ha espresso una <<valutazione di incidenza non favorevole>>.
Ciò, sottolineando in particolare, nelle premesse, che: <<il sito di Monte Malbe,
nonostante i fenomeni di antropizzazione risalenti agli anni ’50, vede una ricca
presenza di fauna di interesse comunitario e conservazionistico tale da
rappresentare una delle entità più interessanti dell’Umbria, anche in
considerazione della prossimità del capoluogo regionale>>, che <<in località ‘La
Trinità’, nonostante la lottizzazione esistente abbia modificato nel complesso
il paesaggio locale, si rileva una prevalenza della matrice forestale con
abbondanza di lecci e corbezzoli secolari, tanto da offrire un habitat
favorevole alla gran parte di micro e meso vertebrati della comunità animale
presente>>, che <<l’area di intervento si colloca a ridosso di un corridoio di
collegamento ecologico, funzionale per diverse specie selvatiche, presenti
nell’area del limitrofo SIC, come individuato nella RERU (Rete Ecologica
Regionale Umbra) >> e quindi, come affermato nel dispositivo, <<gli interventi
previsti operano una importante sostituzione di habitat con conseguenti fenomeni
di frammentazione e modificazioni irreversibili della biodiversità esistente,
tali da minacciare i delicati equilibri ecosistemici presenti nell’area>>.
Anche i VV.FF. hanno espresso parere negativo; su tale base, l’A.R.P.A. Umbria,
con nota prot. 10161 in data 10 maggio 2006, ha espresso a sua volta parere
negativo in relazione alle sistemazioni fognarie dell’intervento.
2. La ricorrente ha quindi richiesto che lo Sportello unico comunale indicesse
un’apposita conferenza di servizi, ai sensi del d.P.R. 447/1998. Ma il Comune di
Corciano, alla luce della predetta determinazione regionale negativa, ha
preannunciato il rigetto della domanda di permesso di costruire.
Perciò, la società ricorrente – oltre a controdedurre sul preavviso di rigetto -
con un primo ricorso (n. 224/2006) ha impugnato la determinazione n. 1636/2006 e
la nota A.R.P.A. succitata (pur identificandola nel ricorso con una data
diversa), chiedendone l’annullamento, oltre al risarcimento dei danni
conseguenti, e deducendo a tal fine le censure appresso sintetizzate.
2.1. Vi è difetto di motivazione e travisamento dei presupposti, in quanto non
sussiste il pericolo di soppressione di specie vegetali di pregio. Infatti (come
evidenziato dalla “relazione vegetazionale” versata in atti dalla ricorrente):
gli unici alberi presenti nell’area di intervento sono i cipressi impiantati
negli anni ‘40, mentre non ci sono corbezzoli secolari e di lecci ne sono stati
riscontrati “pochi individui”; peraltro, la ricorrente aveva chiarito di voler
impiantare le specie (oggi non esistenti) considerate dalla Regione.
2.2. Altro profilo di difetto di motivazione e di eccesso di potere, per
travisamento, illogicità manifesta e sviamento, deriva dal fatto che la (mera)
vicinanza dell’area al corridoio di collegamento al SIC non può giustificare il
diniego, posto che se l’area in questione fosse stata munita di quelle
caratteristiche ambientali, tanto da risultare dimora della fauna locale,
sarebbe stata inserita nel SIC, ma così non è stato.
Inoltre, l’area è edificabile dal 1980, e la Regione, pur non avendo avversato
in alcun modo la destinazione edificatoria dell’area in sede di ricognizione
delle aree SIC ai fini dell’approvazione del PUT (l.r. 27/2000), o in occasione
delle successive varianti urbanistiche, lo fa oggi surrettiziamente.
2.3. Risultano violati i principi di speditezza dell’azione amministrativa e di
leale collaborazione con il privato, non avendo la Regione indicato le reali
ragioni ostative alla realizzazione del progetto, né tanto meno le correzioni
che avrebbero potuto condurre all’adozione di un parere positivo.
2.4. Nei confronti della nota dell’A.R.P.A. prot. 10161/2006, la ricorrente (in
modo dichiaratamente tuzioristico) deduce invece la carenza di potere in materia
di scarichi non sfocianti in pubblica fognatura, essendo ogni valutazione di
competenza della Provincia, ai sensi degli articoli 45, comma 6 e 124, del
d.lgs. 152/2006; nonché il travisamento dei presupposti, in relazione al rilievo
preclusivo dato dall’A.R.P.A. ad un “pronunciamento negativo” del Comune di
Corciano, in realtà ancora non adottato.
3. Con atto prot. 3746 in data 5 febbraio 2007, il Comune di Corciano ha
respinto le controdeduzioni presentate dalla ricorrente al preavviso di diniego,
e, sulla base dell’avviso negativo della Regione, ha denegato/archiviato
l’istanza di permesso di costruire.
Con un secondo ricorso (n. 141/2007 – <<da valere anche quale atto di motivi
aggiunti>> al ricorso pendente), la ricorrente ha impugnato il predetto
provvedimento negativo, riproponendo a titolo di invalidità derivata le censure
già dedotte avverso l’atto regionale presupposto, ed ha reiterato la domanda
risarcitoria.
Ha prospettato inoltre ulteriori censure di violazione e falsa applicazione
dell’articolo 4, comma 2, del d.P.R. 447/1998 e dei precetti di imparzialità e
buon andamento, sottolineando che, avendo il Comune stesso segnalato alla
ricorrente (mediante atto prot. 9070/2006) la possibilità di superare il parere
contrario dei VV.FF. mediante una conferenza di servizi, ricevuta la relativa
richiesta avrebbe comunque dovuto indire la conferenza, al fine di: concordare
un nuovo progetto anticendi e sottoporre alla Regione il riesame della
valutazione di incidenza negativa, ovvero concordare con essa modalità attuative
alternative.
4. In entrambi i ricorsi si sono costituiti la Regione Umbria e l’A.R.P.A.
Umbria, e controdeducono puntualmente.
Nel ricorso n. 224/2006, è intervenuta “ad opponendum” l’Associazione Italiana
per il World Wide Fund for Nature – ONLUS/ONG, altresì controdeducendo
puntualmente.
Non si è costituito in giudizio il Comune di Corciano.
5. Il Collegio ritiene anzitutto di disporre la riunione dei ricorsi, stante
l’evidente connessione oggettiva, oltre che soggettiva.
6. Non occorre soffermarsi troppo sull’eccezione di inammissibilità del ricorso
n. 141/2007, basata sul rilievo che esso riproduce pedissequamente i motivi
aggiunti, essendo l’impugnazione degli atti connessi intervenuti in corso di
causa incontestatamente rituale e risultando quindi irrilevante in concreto la
duplice valenza attribuita dalla ricorrente alla seconda impugnazione.
7. Nel merito, deve anzitutto puntualizzarsi come, dagli atti, risulti certo che
l’area oggetto dell’intervento denegato (censita al foglio 30, particelle 227 e
447 del Catasto Terreni) sia esterna al perimetro del sito ‘Natura 2000’ di
Monte Malbe, SIC IT 5210021, ancorché posto <<in adiacenza>> al SIC (come
affermato nel provvedimento regionale), o comunque (secondo le diverse
argomentazioni degli atti difensivi) ubicato <<a ridosso>>, o <<in prossimità
del sito>> o quanto meno <<di un corridoio di collegamento ecologico>>, facenti
parte del progetto di Rete Ecologica della Regione Umbria (R.E.R.U.) approvato
con d.G.R. n. 2003 in data 30 novembre 2005, che comprende anche i <<corridoi>>
di collegamento ecologico, tipizzati dall’articolo 9, comma 2, della l.r.
27/2000 (modificata dalla l.r. 11/2005) di approvazione del PUT.
Vero è che la Regione ha precisato di avere adottato, nelle more (con d.G.R. n.
161 in data 8 febbraio 2010), i Piani di gestione dei siti regionali ‘Natura
2000’ e di aver promosso anche la revisione del perimetro del SIC di Monte Malbe,
così da ricomprendervi anche l’area (o parte dell’area) di proprietà della
ricorrente. Ma ciò non incide sulle impugnazioni in esame, alla luce del
principio del “tempus regit actum”; si tratterebbe, altrimenti, di valutare la
rilevanza di detto procedimento “in itinere” (in attesa delle decisioni del
Ministero dell’ambiente e della UE), dato che la disciplina della valutazione di
incidenza di cui al d.P.R. 357/1997, come modificato dal d.P.R. 120/2003, si
applica anche ai siti di interesse comunitario ancora soltanto “proposti” (pSIC).
Le parti resistenti ammettono, infine, la non ricomprensione dell’area tra
quelle vincolate, ma sostengono che la circostanza avrebbe uno scarso rilievo,
in quanto la realizzazione dell’intervento progettato sarebbe certamente in
grado di spiegare incidenza negativa anche sul sito di interesse comunitario.
7.1. Il Collegio osserva che, secondo l’articolo 5, comma 3, del d.P.R. 357/1997
<<I proponenti di interventi non direttamente connessi e necessari al
mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente delle specie e degli
habitat presenti nel sito, ma che possono avere incidenze significative sul sito
stesso, singolarmente o congiuntamente ad altri interventi, presentano, ai fini
della valutazione di incidenza, uno studio volto ad individuare e valutare,
secondo gli indirizzi espressi nell'allegato G, i principali effetti che detti
interventi possono avere sul proposto sito di importanza comunitaria, sul sito
di importanza comunitaria o sulla zona speciale di conservazione, tenuto conto
degli obiettivi di conservazione dei medesimi >>.
La norma, dunque, non sembra limitare la valutazione di incidenza agli
interventi che ricadono all’interno del perimetro dei siti tutelati.
La stessa giurisprudenza della Corte di Giustizia, riguardo a quanto previsto
dalla direttiva 92/43/CE, ha precisato che requisito di base della valutazione
di incidenza è la circostanza che il piano o progetto sia idoneo a pregiudicare
significativamente il sito interessato e che, in considerazione del principio di
precauzione, tale pregiudizio sussiste in tutti i casi in cui non può essere
escluso, sulla base di elementi obiettivi, che il suddetto piano o progetto
pregiudichi significativamente il sito interessato (CGE, II, 10 gennaio 2006 n.
98; id., 29 gennaio 2004 n. 209). Anche la giurisprudenza nazionale, pur
affermando che anche la semplice probabilità di un pregiudizio per l'integrità e
la conservazione del sito è sufficiente a far concludere in senso negativo la
valutazione di incidenza, ha rilevato che le incidenze sul sito, per essere
giuridicamente rilevanti, devono essere significative (Cons. Stato, IV, 22
luglio 2005, n. 3917), precisando che deve essere sottoposto a valutazione
d'incidenza qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario
alla gestione del sito d'interesse comunitario, ma che possa avere incidenze
significative sullo stesso, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e
progetti, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del sito stesso (TAR
Calabria, Catanzaro, I, 1 ottobre 2007, n. 1420).
7.2. Nella prospettiva di assicurare effettività alla tutela di interessi
primari come quelli in gioco, non poteva dunque escludersi nel caso in esame la
valutazione di incidenza.
Tuttavia, non può non rilevarsi come ammettere una valutazione di incidenza che
prescinda dalla ricaduta in un ambito vincolato delle opere di trasformazione
del territorio oggetto di valutazione, rischia di estendere la portata della
valutazione a tutto il territorio, o quanto meno a renderne assolutamente
incerta la delimitazione (si pensi alla tutela dell’avifauna, finalità
dell’analogo istituto di derivazione comunitaria delle ZPS -zone di protezione
speciale, di cui alla direttiva 79/409/CEE, anch’esse comprese nella ‘Rete
Natura 2000’, ed alla rilevanza indiretta che potrebbero avere trasformazioni
ubicate anche a forte distanza dalla ZPS; ma il discorso, con un’evidenza
minore, vale anche ai fini della protezione dell’habitat entro il quale si
spostano i piccoli mammiferi, specificamente considerati riguardo al SIC in
questione).
Mentre l’esercizio di poteri sostanzialmente vincolistici, in quanto comportanti
una forte limitazione delle facoltà di godimento e di utilizzazione delle aree
qualificate di interesse pubblico, presuppone una delimitazione certa
dell’ambito vincolato, o comunque di quello su cui si applicano gli effetti
dell’esercizio del potere; ciò, innanzitutto, per dar conto della sussistenza e
delle caratteristiche dell’interesse pubblico (nella controversia, viene
precipuamente in rilievo quello naturalistico-ambientale) che richiede, per
rilevanza comunitaria e costituzionale, una valutazione differenziata e
prevalente, rispetto a quella che discende dal mero rispetto della disciplina
urbanistica del territorio interessato. Ed anche l’interesse pubblico che si
concretizza nella “valutazione di incidenza”, finalizzata alla protezione dei
siti contemplati dalla direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli
habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, recepita
in Italia a partire dal 1997, non sfugge a questo presupposto generale.
7.3. Per ridurre gli inconvenienti segnalati, occorre che vengano accertati
motivatamente l’incidenza ambientale dell’intervento ed il carattere
significativo di essa, in relazione ad un concreto rischio di compromissione
dell'integrità del sito protetto.
Ora, nel caso in esame, la Regione ha esposto argomentazioni a difesa
dell’integrità dell’area che il P.R.G. di Corciano destina alla edificazione,
valorizzandone per contro la valenza intrinseca di corridoio naturale, alla luce
delle presenze arboree idonee ad ospitare numerose specie animali. Si è cioè
preoccupata del territorio vicino al SIC ed alle altre aree oggetto di tutela,
ma non ha invece considerato l’incidenza su questi ultimi, diretta o indiretta,
riconducibile alla realizzazione dell’intervento progettato (ad esempio, per
evidenziare un sovrappopolamento faunistico, o comunque il venir meno di un
equilibrio ecologico, nelle zone vicine, quali effetti indiretti derivanti dal
taglio degli alberi e dall’edificazione del Colle della Trinità).
Senonché, la individuazione di una parte del territorio non ancora (almeno, non
significativamente) antropizzata o urbanizzata, come (mero) “corridoio di
naturalità”, descrive una situazione di fatto, ma non sembra possa esprimere
anche una qualificazione giuridicamente rilevante, ai fini che qui interessano.
Ciò risulta evidente se si considera l’articolazione del sistema di tutela
naturalistica di riferimento. Secondo quanto stabilito nel citato progetto della
R.E.R.U., per rete ecologica si intende <<una rete di ecosistemi di importanza
locale e globale. La rete è costituita da corridoi quali: zone umide, aree
boscate, prati, pascoli, parchi di ville, corsi d’acqua naturali e artificiali,
siepi, filari e viali alberati che connettono aree naturali di maggiore
estensione, che sono di fatto serbatoi di biodiversità>> I <<corridoi>> sono
<<connessioni vegetazionali>> che <<favoriscono la biopermeabilità collegando
tra loro i nodi rappresentati dalle aree naturali protette e dai siti di Natura
2000>> e sono volti ad evitare il fenomeno della <<frammentazione>> (cfr. d.G.R.
n. 2003/2005, cit.).
Dunque, è soltanto ai <<corridoi>> espressamente qualificati e perimetrali in
attuazione dell’articolo 9, comma 2, della l.r. 27/2000, vale a dire quelli
facenti parte della rete ecologica regionale, che si applica la previsione
dell’articolo 10, comma 4 (come sostituito dall’articolo 47, della l.r. 11/2005)
secondo cui in tali aree possono essere comprese aree urbanizzate o oggetto di
previsione edificatorie, solo se <<non ne interrompano la connettività
prevedendo adeguati varchi per garantire la biopermeabilità>>. Tale previsione
sembra costituire il livello minimo del sistema di tutela, al di là del quale
riacquista efficacia la disciplina urbanistico territoriale generale. Ed è solo
rispetto a tali aree, espressamente protette per il loro valore ambientale, che
potrebbe avere rilievo la <<frammentazione>> pregiudizievole lamentata dalla
Regione, perché la stessa esistenza di una rete ecologica puntualmente
delimitata nei suoi componenti implica la sua sufficienza ad assicurare
un’adeguato livello di tutela delle residue condizioni di naturalità del
territorio.
La valutazione regionale impugnata, al contrario, implica che venga qualificata
“corridoio naturale”, e come tale sottoposta a tutela di per sé e non come
semplice strumento di difesa indiretta delle aree protette, anche un’area alla
quale la disciplina di settore non ha attribuito una simile qualificazione; e
conduce quindi ad estendere l’ambito della valutazione di incidenza oltre quello
che sembra consentito alla luce della sopra ricordata interpretazione del d.P.R.
357/1997.
Se davvero la realizzazione dell’intervento edificatorio in questione costituirà
una barriera tale da impedire il passaggio (biopermeabilità) della fauna
dall’uno all’altro degli habitat (serbatoi) ad esso limitrofi, come sostiene la
Regione, tale deprecabile accadimento sarà dovuto alla non perspicua (o, quanto
meno, alla non tempestiva) perimetrazione delle aree qualificate di interesse
naturalistico, e dei corridoi in particolare, che avrebbero dovuto includere
anche il lotto edificabile all’origine della presente controversia.
8. Per quanto esposto, deve ritenersi che il provvedimento regionale prot.
1636/2003 e, in via derivata, il provvedimento comunale prot. 3746/2007 che nel
primo trova il suo presupposto determinante, siano inficiati da difetto di
motivazione e sviamento.
La fondatezza dell’ordine di censure esaminato, esime il Collegio
dall’approfondire attraverso istruttoria gli aspetti legati alla presenza ed
alla densità nell’area di determinate specie arboree, pure contestata dalla
ricorrente (che mettono in discussione la stessa sussistenza in fatto dei
presupposti individuati dal provvedimento regionale impugnato).
L’accoglimento dei ricorsi determina l’annullamento dei provvedimenti predetti.
9. Il Collegio ritiene di aggiungere che la nota dell’A.R.P.A. prot. 10161/2006,
pure impugnata, non comporta un illegittimo esercizio dei poteri provvedimentali
spettanti alla Provincia di Perugia, ma rappresenta il parere preventivo
previsto nell’ambito del procedimento stabilito dalla Provincia stessa (cfr.
Procedure per il rilascio delle autorizzazioni ed il controllo degli scarichi,
di cui alla d.G.P. n. 716 in data 20 dicembre 2004); inoltre, il parere
scaturisce dalla mancata presentazione da parte della ricorrente, entro il
termine di trenta giorni all’uopo assegnatole, della documentazione richiesta
dall’A.R.P.A. (cfr. nota prot. 1860 in data 31 gennaio 2006); ed il richiamo al
dissenso in ordine all’intervento espresso dai VV.FF. evidenzia un ulteriore
elemento preclusivo al prosieguo dell’istruttoria, forse non rilevante ai fini
della valutazione demandata all’A.R.P.A., ma che comunque non può di per sé
comportare l’illegittimità dell’atto.
Per questa parte, pertanto, il ricorso non può essere accolto.
10. La società ricorrente ha dichiarato, nella seconda memoria unica, di non
insistere nella domanda risarcitoria, riservandosi di riproporla ai sensi
dell’articolo 30, comma 5, cod. proc. amm.
Il Collegio, tenendo conto del fatto che, al momento dell’adozione del diniego
impugnato, non risultava comunque superato l’elemento (autonomamente) preclusivo
derivante dalla mancanza del parere favorevole dei VV.FF. (da quanto esposto nel
ricorso, la ricorrente non aveva ancora presentato le integrazioni progettuali,
ripromettendosi di sottoporle alla conferenza di servizi), ed anche in
considerazione del tenore del tutto generico della domanda risarcitoria, ritiene
di non dover pronunciare al riguardo alcuna condanna.
11. Sussistono giustificati motivi per disporre l’integrale compensazione tra le
parti delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Umbria, definitivamente pronunciando
sui ricorsi, come in epigrafe proposti, previa riunione, li accoglie
parzialmente, come indicato in parte motiva e, per l’effetto, annulla il
provvedimento regionale ed il provvedimento comunale impugnati.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Perugia nella camera di consiglio del giorno 23 marzo 2011 con
l'intervento dei magistrati:
Cesare Lamberti, Presidente
Carlo Luigi Cardoni, Consigliere
Pierfrancesco Ungari, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/06/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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