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T.A.R. VENETO, Sez. III - 16 giugno 2011, n. 1047
DIRITTO URBANISTICO - Sede di un’associazione sindacale - Natura di opera
pubblica o di opera di urbanizzazione - Inconfigurabilità. La sede di
un’associazione sindacale non può essere qualificata come un’opera pubblica, o
d’interesse generale, ma soltanto come un bene strumentale, mediante il quale
l’associazione persegue i propri compiti statutari. Ciò non esclude che
all’interno di tale edificio possano svolgersi attività che realizzano scopi di
utilità collettiva, ma ciò si realizza per la destinazione concretamente
impressa sull’edificio - o parte di esso - dal suo proprietario, e non in
relazione alle caratteristiche intrinseche dell’opera, che la destinano
direttamente alla fruizione collettiva, come per una strada o un edificio
pubblico. Va altresì escluso che una sede sindacale possa costituire un’opera di
urbanizzazione eseguita da privato in attuazione di strumenti urbanistici. Pres.
De Zotti, Est. Gabbricci - C. (avv.ti Ciscato e Moro) c. Comune di Vicenza (n.c.)
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TAR VENETO, Sez. II - 16 giugno 2011, n. 1047
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N. 01047/2011 REG.PROV.COLL.
N. 01726/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
nel giudizio introdotto con il ricorso 1726/10, proposto da Confederazione
italiana sindacati dei lavoratori (C.I.S.L.) - unione sindacale territoriale
della provincia di Vicenza, in persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentata e difesa dagli avv. ti Ciscato e Moro, con domicilio eletto in
Venezia Mestre, Calle del Sale 33 presso lo studio dell’ avv. A. Sartori;
contro
il Comune di Vicenza, in persona del sindaco pro tempore, non costituito in
giudizio
per l'accertamento
dell'infondatezza dell'obbligazione della ricorrente di corrispondere al Comune
di Vicenza la somma di € 136.507,91 a titolo di oneri di urbanizzazione nonché
di € 310.181,91 a titolo di costo di costruzione per il permesso di costruire
P.G. nr. 13666/08 ed U.T. nr. 819/08;
e per la condanna del Comune di Vicenza a restituire alla ricorrente le predette
somme indebitamente percepite, con rivalutazione ed interessi.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 maggio 2011 il cons. avv. Gabbricci
e udito l’avv. Moro per la parte ricorrente;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.1. L’Unione sindacale territoriale della provincia di Vicenza della C.I.S.L. -
Confederazione italiana sindacati dei lavoratori è proprietaria di un’area in
Vicenza, via Carducci (fg. 64 mappali 1349 e 2280) originariamente inclusa in
z.t.o. F (cioè "Zona per interventi a interesse generale a livello urbano ed
extra — comunale"), sub zona F/2-S (cioè "zona per attrezzature religiose").
1.2. Con le deliberazioni consiliari nr. 64/2002 e nr. 6/2007, il Comune ha
modificato la subzonizzazione di tale area, passata a F/2-F (zona per
attrezzature di interesse collettivo), consentendone così l’utilizzazione per
erigervi la nuova sede della CISL di Vicenza.
1.3. L’ Ente stipulò poi con la stessa C.I.S.L. la convenzione 30 marzo 2007
che, giusta art. 25, XVI comma, delle n.t.a. vigenti, delineò i contenuti
dell’intervento, stabilendo, tra l’altro – art. 3, punto d) – che il sindacato
s’impegnava “a versare gli oneri dovuti relativamente all’intervento previsto”.
1.4. Sebbene la clausola sia generica, il Comune ritenne (a ragione, per quanto
si dirà) che v’includesse il contributo di costruzione, che fu pertanto
richiesto in € 136.507,91 per oneri di urbanizzazione ed in € 310.181,91 per
costo di costruzione, quando, nel successivo maggio 2008 fu rilasciato il
permesso di costruzione per la realizzazione della costruzione.
1.5. La C.I.S.L. ha bensì iniziato a versare ratealmente la somma richiesta, ma
agisce qui per la sua ripetizione, ritenendo la stessa non dovuta ex art. 17 III
comma, lett. c). del d.P.R. 380/2001.
Il Comune di Vicenza, pur ritualmente intimato, non si è costituito in giudizio.
2.1. Invero, procedendo da alcune considerazioni generali, è da osservare come
il citato art. 17, III comma, lett. c), disponga che il contributo di
costruzione non è dovuto “per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche
o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti
nonché per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione
di strumenti urbanistici”; la norma riproduce il previgente art. 9, lett. f)
della l. 28 gennaio 1977 n. 10, cui, nelle successive citazioni
giurisprudenziali, si farà parimenti riferimento.
2.2.1. Anzitutto, è indubbio che la disposizione deve ritenersi di stretta
interpretazione, in quanto introduce ipotesi di deroga alla previsione generale,
di cui all’art. 16, I comma, del d. lgs. 380/01, la quale assoggetta a
contributo tutte le opere che comportino trasformazione del territorio.
2.2.2. È poi evidente che lo speciale regime di gratuità richiede il concorso di
due requisiti, l'uno di carattere soggettivo e l'altro di carattere oggettivo
(così, da ultimo, C.d.S. IV, 2 marzo 2011, n. 1332).
Il primo di questi, per vero, consiste nell'esecuzione delle opere da parte di
enti istituzionalmente competenti, vale a dire “da parte di soggetti ai quali la
realizzazione dell'opera sia demandata in via istituzionale” (così, in
motivazione, C.d.S., V, 12 luglio 2005, n. 3774).
2.2.3. Secondo un orientamento particolarmente rigoroso l’opera, per conseguire
il beneficio, deve allora essere necessariamente realizzata “da un ente
pubblico, non competendo la stessa ad opere eseguite da soggetti privati, quale
che sia la rilevanza sociale dell'attività dagli stessi esercitata nella o con
l'opera edilizia alla quale la concessione si riferisce” (C.d.S.. V, 15 dicembre
2005, n. 7140).
2.2.4. In ogni caso, ammettendo possa trattarsi anche di un privato, questo deve
operare “per conto di un ente pubblico (come nella figura della concessione di
opera pubblica o in altre analoghe figure organizzatorie ove l'opera sia
realizzata da soggetti che non agiscano per scopo di lucro o che accompagnino
tale lucro ad un legame istituzionale con l'azione dell'amministrazione per la
cura degli interessi della collettività)” (così C.d.S., IV, 10 maggio 2005, n.
2226).
2.2.5. Il secondo requisito, come detto, è rappresentato dalla riconduzione del
manufatto alla categoria delle opere pubbliche o di interesse generale.
3.1. Orbene, nonostante parte ricorrente offra sul punto una ponderosa
ricostruzione, è anzitutto da escludere che la C.I.S.L. sia qualificabile come
un “ente istituzionalmente competente”,
3.2. Invero, non v’è dubbio che la ricorrente rientri tra le organizzazioni
sindacali maggiormente rappresentative, ma non per questo cessa di essere
un’associazione privata non riconosciuta che, appunto, rappresenta e tutela,
anche nelle sedi istituzionali, gli interessi categoriali dei lavoratori ad essa
iscritti, senza per questo acquistare uno status ed una qualifica che
presupporrebbe l’attuazione, mai operata, dell’ art. 39 della Costituzione (ex
multis, Cass. lav., 6 luglio 2000, n. 9043: “Le organizzazioni sindacali dei
lavoratori e quelle dei datori di lavoro sono tradizionalmente inquadrate tra le
associazioni non riconosciute, in considerazione della loro natura di gruppi -
di lavoratori o datori di lavoro - organizzati in modo stabile e provvisti di
strumenti finanziari e organizzativi adeguati per lo svolgimento di una attività
comune di autotutela” ed “in assenza di una legislazione di attuazione dell'art.
39, parte II, cost. per la relativa disciplina occorre far riferimento alla
normativa dettata dagli art. 36, 37 e 38 c.c.”).
3.3. La sede dell’associazione sindacale, a sua volta, non può essere
qualificata come un’opera pubblica, o d’interesse generale, ma soltanto come un
bene strumentale, mediante il quale l’associazione persegue i propri compiti
statutari.
Ciò non esclude che all’interno di tale edificio possano svolgersi attività che
realizzano scopi di utilità collettiva, ma ciò si realizza per la destinazione
concretamente impressa sull’edificio – o parte di esso - dal suo proprietario, e
non in relazione alle caratteristiche intrinseche dell’opera, che la destinano
direttamente alla fruizione collettiva, come per una strada o un edificio
pubblico.
3.4. Infine, va altresì escluso che una sede sindacale possa costituire un’opera
di urbanizzazione eseguita da privato in attuazione di strumenti urbanistici,
come pure la ricorrente in subordine sostiene.
È bensì vero che il Comune di Vicenza ha variato la destinazione dell’area,
consentendone l’attuale destinazione, ma ciò non basta ad assimilare l’edificio
costì realizzato ad un’opera d’urbanizzazione, primaria o secondaria.
3.4.1. Invero, la sede sindacale palesemente non è riconducibile ad alcuno degli
interventi elencati dall’art. 16, commi VII e VII bis (urbanizzazione primaria:
“ strade residenziali, spazi di sosta o di parcheggio, fognature, rete idrica,
rete di distribuzione dell'energia elettrica e del gas, pubblica illuminazione,
spazi di verde attrezzato… cavedi multiservizi e i cavidotti per il passaggio di
reti di telecomunicazioni) e VIII (urbanizzazione secondaria: “asili nido e
scuole materne, scuole dell'obbligo nonché strutture e complessi per
l'istruzione superiore all'obbligo, mercati di quartiere, delegazioni comunali,
chiese e altri edifici religiosi, impianti sportivi di quartiere, aree verdi di
quartiere, centri sociali e attrezzature culturali e sanitarie”).
3.4.2. D’altra parte, lo strumento generale comunale non ha qualificato
l’intervento de quo come opera d’urbanizzazione (cfr., per tale ipotesi, C.d.S..
V, 7140/05 cit.), mentre la convenzione 30 marzo 2007 si riferisce genericamente
ad “attrezzature d’interesse collettivo”, oltre a prevedere, giova nuovamente
ricordarlo, che il sindacato è tenuto alla corresponsione degli “oneri dovuti
relativamente all’intervento”.
4. Il ricorso va in conclusione respinto, mentre non v’è luogo a provvedere
sulle spese di lite, non essendosi costituita l’Amministrazione resistente.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda)
definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo rigetta.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio addì 5 maggio 2011 con
l'intervento dei signori magistrati:
Angelo De Zotti, Presidente
Angelo Gabbricci, Consigliere, Estensore
Marina Perrelli, Referendario
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/06/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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