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T.A.R. VENETO, Sez. III – 12 gennaio 2011, n. 24
INQUINAMENTO ACUSTICO – Classificazione acustica – Sindacato giurisdizionale –
Limiti. Il sindacato in sede giurisdizionale in materia di classificazione
acustica del territorio incontra precisi limiti nell'esigenza di non impingere
nel merito delle valutazioni discrezionali di spettanza dell’ente locale: di
conseguenza, il sindacato suddetto è esercitabile in presenza di illogicità,
irrazionalità o travisamenti che denuncino la sussistenza del vizio di eccesso
di potere (cfr. Cons. St., IV, n. 9302/09). Pres. Di Nunzio, Est.
Buricelli – G.F. (avv. Pellegrini) c. Comune di Cappella Maggiore (avv.ti
Pinello e Zanchettin) -
TAR VENETO, Sez. III – 12 gennaio 2011, n. 24
INQUINAMENTO ACUSTICO – Classificazione acustica – Rapporto con la
pianificazione urbanistica. La classificazione acustica del territorio deve
coordinarsi e non sovrapporsi meccanicamente alla pianificazione urbanistica. se
da un lato, infatti, la zonizzazione acustica si caratterizza per la tendenziale
omogeneità con la zonizzazione degli strumenti urbanistici, la quale costituisce
l’imprescindibile punto di partenza per la classificazione del territorio,
tuttavia deve considerarsi che tale corrispondenza non è perfettamente biunivoca
e che anzi esiste un naturale scollamento fra le due tipologie di
pianificazione, poiché lo strumento urbanistico disciplina l'assetto del
territorio ai fini prettamente urbanistici ed edilizi, individuando le zone
omogenee con criteri quantitativi, mentre la classificazione acustica ha
riguardo all'effettiva fruibilità dei luoghi, valendosi di indici qualitativi
(cfr. Tar Veneto n. 967/09; Tar Liguria, Sez. I, 28 giugno 2005, n. 985). Pres.
Di Nunzio, Est. Buricelli – G.F. (avv. Pellegrini) c. Comune di Cappella
Maggiore (avv.ti Pinello e Zanchettin) -
TAR VENETO, Sez. III – 12 gennaio 2011, n. 24
INQUINAMENTO ACUSTICO – Aree a destinazione industriale – Classi V e VI –
Attribuzione – Presenza di abitazioni – Margini di apprezzamento discrezionale -
Allegato A) del DPCM 14/11/1997. La normativa vigente e, in particolare,
l’allegato A) del DPCM 14 novembre 1997 e la deliberazione della Giunta
regionale veneta n. 4313 del 21 settembre 1993, richiedono che alle aree a
destinazione industriale ricomprese nelle zone territoriali omogenee di tipo D
siano attribuite le classi V o VI a seconda che esse si riferiscono,
rispettivamente, ad aree prevalentemente industriali (con scarsità di
abitazioni) o esclusivamente industriali (prive di insediamenti abitativi, ad
eccezione della casa dei custodi o dei proprietari dell’attività industriale),
ed è pertanto la presenza o meno di insediamenti abitativi diversi da quelli del
custode o del proprietario nell’ambito dell’attività industriale l’elemento da
considerare quale criterio discretivo tra le due classi. E’ evidente, inoltre,
che l’attribuzione in concreto di una delle due classi in sede di pianificazione
dell’intero territorio comunale è connotata da margini di apprezzamento
discrezionale che, seppure ancorati all’accertamento di specifici presupposti di
fatto, devono ricondurre a sintesi interessi tra loro confliggenti, quali la
tutela della salute e la salvaguardia della libertà di iniziativa economica
(cfr. Tar Lombardia, Brescia, 2 aprile 2008, n. 348; Tar Piemonte, Sez. II, 19
febbraio 2007, n. 714; Tar Veneto, Sez. III, 24 gennaio 2007, n. 187 ; Tar
Lombardia, Milano, Sez. II, 7 aprile 2005, n. 751). Pres. Di Nunzio, Est.
Buricelli – G.F. (avv. Pellegrini) c. Comune di Cappella Maggiore (avv.ti
Pinello e Zanchettin) -
TAR VENETO, Sez. III – 12 gennaio 2011, n. 24
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N. 00024/2011 REG.PROV.COLL.
N. 01199/2001 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1199 del 2001, proposto da Gallo Franco,
rappresentato e difeso dall'avv. Vincenzo Pellegrini, con domicilio presso la
Segreteria del Tar ai sensi dell’art. 25 cod. proc. amm. ;
contro
Il. Comune di Cappella Maggiore, in persona del Sindaco “pro tempore”,
rappresentato e difeso dagli avvocati Giorgio Pinello e Maurizio Zanchettin, con
domicilio eletto presso lo studio del primo in Venezia, San Polo, 3080/L;
per l'annullamento
della delibera del Consiglio comunale di Cappella Maggiore n. 5 del 21.2.2001,
avente a oggetto la “approvazione piano classificazione acustica nel territorio
comunale e regolamento acustico comunale”, nella parte relativa all’inserimento
dell’area di proprietà del ricorrente in classe V anziché in classe VI;
Visti il ricorso, con i relativi allegati;
visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Cappella Maggiore;
viste le memorie difensive prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
difese;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nell'udienza pubblica del 10 dicembre 2010 il consigliere Marco
Buricelli e uditi per le parti gli avvocati A. Dal Bello, su delega di
Pellegrini, per il ricorrente e G. Pinello per il Comune resistente;
ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.-Il ricorrente espone di essere proprietario di un’area situata nella zona
industriale di Cappella Maggiore (TV) –zona D ai sensi del PRG comunale, nella
quale svolge attività di riciclo rottami.
Nel 2000, ottemperando alle disposizioni della L. R. Veneto 10 maggio 1999, n.
21, recante “Norme in materia di inquinamento acustico” , normativa regionale
attuativa della L. 26 ottobre 1995, n. 447, il Comune di Cappella Maggiore aveva
incaricato un professionista affinché predisponesse uno studio sulla situazione
territoriale del Comune, in vista della successiva approvazione di un piano di
zonizzazione acustica del territorio medesimo.
In data 29.11.2001 il Consiglio comunale ha adottato, con la delibera n. 40, il
piano di classificazione acustica e il relativo regolamento.
Successivamente, mediante delibera n. 5 (prot. n. 1797) del 21.2.2001, il
Consiglio comunale ha approvato in via definitiva il piano e il regolamento
acustico comunale.
Con questi atti l’intera zona industriale del Comune è stata inserita nella
classe V di cui al DPCM 14.11.1997, concernente le “aree prevalentemente
industriali”, interessate da insediamenti industriali e con scarsità di
abitazioni, anziché nella classe VI, relativa alle “aree esclusivamente
industriali”, aree interessate in via esclusiva da attività industriali e prive
di insediamenti abitativi (v. anche la DGRV n. 4313/93).
Nel medesimo piano di classificazione, all’interno della zona industriale –e
quindi anche nell’area in cui si trova la proprietà del ricorrente- è stata
individuata una “fascia di transizione” profonda 30 metri nella quale vengono
applicati i limiti di rumore, ancora più restrittivi, previsti per la zona
immediatamente adiacente (dall’esame degli atti non risulta con chiarezza se
all’interno della fascia di transizione sono stati applicati i limiti di rumore
previsti per le zone di classe IV o di classe III, ma questo aspetto non assume
rilevanza decisiva ai fini del decidere. Sembra, comunque, che all’interno della
fascia di transizione debbano essere rispettati i limiti della classe IV ).
Ciò posto il ricorrente ha impugnato la delibera n. 5 del 2001 nella parte che
riguarda l’inserimento dell’area di sua proprietà in classe V (“aree
prevalentemente industriali”) , come se si trattasse di area interessata dalla
contemporanea presenza di insediamenti industriali e abitativi, anziché in
classe VI (“aree esclusivamente industriali”), pur in assenza di insediamenti
abitativi, contestando l’individuazione, sempre all’interno della zona
industriale, di una fascia di transizione profonda 30 metri nella quale, come
detto, si applicano limiti di rumorosità ancora più rigorosi.
In particolare il ricorrente lamenta violazione dell’art. 4, comma 1, lett. a),
della legge 26.10.1995, n. 447. Violazione dei criteri di classificazione
acustica del territorio comunale dettati dal DPCM 14.11.1997, tabella A. Eccesso
di potere per difetto dei presupposti di fatto e irragionevolezza. Carenza di
motivazione. Sviamento. Si contesta la legittimità della scelta comunale di
classificare la zona industriale come zona di classe V, dal momento che
all’interno della zona medesima non si trova alcun insediamento abitativo,
dovendo invece tale classificazione (classe V -“aree prevalentemente
industriali”) essere adottata per aree interessate dalla compresenza di
insediamenti industriali ed abitativi. Nello specifico, il pregiudizio concreto
per l’attività del ricorrente va individuato nel fatto che l’inserimento nella
classe V comporta il rispetto del c.d. limite “differenziale”, che si stabilisce
rapportando il rumore ambientale di fondo con il rumore causato dalla sorgente
sonora. Il criterio differenziale non può superare i 5 db durante il giorno e i
3 db nel periodo notturno. Si tratta di un limite “fortemente oneroso e perfino
vessatorio” in assenza di rumore di fondo, ad es. in zone isolate, e tale
limite, proprio per questo, non si applica alle attività localizzate in zone
esclusivamente industriali, nelle quali rimane applicabile il solo limite
massimo di emissione e di immissione (sulle condizioni di non applicazione dei
valori limite differenziali cfr art. 4, comma 1, del DPCM 14.11.1997). Nella
specie si tratta di limite differenziale impossibile da rispettare. Il
ricorrente, come già si è accennato, lamenta poi l’inserimento, nell’area di sua
proprietà, della fascia di transizione, la quale soggiace a limiti acustici
ancora più rigidi. La contestazione di fondo mossa alla delibera comunale si
incentra sull’asserita errata applicazione del criterio discretivo tra la classe
V e classe VI, criterio che presupporrebbe, ad avviso del ricorrente, il
semplice accertamento della presenza -o assenza- di insediamenti abitativi. La
zona nella quale il Gallo ha collocato la propria attività è una tipica zona
industriale, non essendovi alcun insediamento abitativo al suo interno. Entro la
zona industriale del Comune non è presente alcuna abitazione. Al confine con la
proprietà del ricorrente, appena al di fuori della zona industriale sorge una
singola abitazione, realizzata in zona agricola. Anche a voler considerare, ai
soli fini della classificazione acustica, ricompresa nella zona industriale
l’abitazione posta al confine, una singola abitazione non costituirebbe un
“insediamento abitativo”. A distanza superiore vi è qualche altra abitazione
sparsa. Nell’approvare il piano di classificazione acustica il Comune avrebbe
omesso di considerare la preesistente destinazione d’uso, giuridica e di fatto,
del territorio, come prescritto dall’art. 4, comma 1, lett. a), della legge
26.10.1995, n. 447. Il ricorrente, dopo avere rimarcato la incongruità della
scelta del Comune, lamenta infine il vizio di difetto di motivazione, dato che
la “relazione tecnica e zonizzazione” dell’aprile del 2000 si limita ad
affermare che “per quanto riguarda la zona industriale non ci sono dubbi che
essa sia da inserire in classe V”.
Resiste il Comune.
2.-Il ricorso è infondato e va respinto.
In via generale va premesso che:
-in base a quanto dispone l’art. 4, comma 1, lett. a) della l. n. 447/95, i
comuni procedono alla classificazione acustica del proprio territorio “tenendo
conto delle preesistenti destinazioni d’uso del territorio” medesimo;
-il DPCM 14 novembre 1997, per quanto qui più interessa, reca le seguenti
definizioni: “classe V - aree prevalentemente industriali: rientrano in questa
classe le aree interessate da insediamenti industriali e con scarsità di
abitazioni”; “classe VI - aree esclusivamente industriali: rientrano in questa
classe le aree esclusivamente interessate da attività industriali e prive di
insediamenti abitativi” (v. anche DGRV n. 4313 del 1993, recante criteri
orientativi in materia ai comuni ai fini della suddivisione dei territori,
secondo cui per aversi “insediamento abitativo” occorre una pluralità di
abitazioni);
-il sindacato in sede giurisdizionale in materia di classificazione acustica del
territorio incontra precisi limiti proprio nell'esigenza di non impingere nel
merito delle valutazioni discrezionali di spettanza dell’ente locale: di
conseguenza, il sindacato suddetto è esercitabile in presenza di illogicità,
irrazionalità o travisamenti che denuncino la sussistenza del vizio di eccesso
di potere (cfr. Cons. St., IV, n. 9302/09). Di conseguenza, affinché possano
essere censurate le scelte operate dall’amministrazione in questo ambito,
occorre che il ricorrente dimostri che le scelte medesime siano illogiche o
irrazionali, ovvero dettate da un’errata valutazione dei presupposti di fatto;
- come è stato osservato dalla sezione (v. sent. n. 967/09), “la classificazione
acustica del territorio deve coordinarsi e non sovrapporsi meccanicamente alla
pianificazione urbanistica…la zonizzazione acustica si caratterizza per la
tendenziale omogeneità con la zonizzazione degli strumenti urbanistici, la quale
costituisce l’imprescindibile punto di partenza per la classificazione del
territorio. Tuttavia, come è stato sottolineato, deve considerarsi che “tale
corrispondenza non è perfettamente biunivoca e che anzi esiste un naturale
scollamento fra le due tipologie di pianificazione, poiché lo strumento
urbanistico disciplina l'assetto del territorio ai fini prettamente urbanistici
ed edilizi, individuando le zone omogenee con criteri quantitativi, mentre la
classificazione acustica ha riguardo all'effettiva fruibilità dei luoghi,
valendosi di indici qualitativi (cfr. Tar Liguria, Sez. I, 28 giugno 2005, n.
985). La normativa vigente e, in particolare, l’allegato A) del DPCM 14 novembre
1997 e la deliberazione della Giunta regionale n. 4313 del 21 settembre 1993,
richiedono che alle aree a destinazione industriale ricomprese nelle zone
territoriali omogenee di tipo D siano attribuite le classi V o VI a seconda che
esse si riferiscono, rispettivamente, ad aree prevalentemente industriali (con
scarsità di abitazioni) o esclusivamente industriali (prive di insediamenti
abitativi, ad eccezione della casa dei custodi o dei proprietari dell’attività
industriale), ed è pertanto la presenza o meno di insediamenti abitativi diversi
da quelli del custode o del proprietario nell’ambito dell’attività industriale
l’elemento da considerare quale criterio discretivo tra le due classi. E’
evidente, inoltre, che l’attribuzione in concreto di una delle due classi in
sede di pianificazione dell’intero territorio comunale è connotata da margini di
apprezzamento discrezionale che, seppure ancorati all’accertamento di specifici
presupposti di fatto, devono ricondurre a sintesi interessi tra loro
confliggenti, quali la tutela della salute e la salvaguardia della libertà di
iniziativa economica (cfr. Tar Lombardia, Brescia, 2 aprile 2008, n. 348; Tar
Piemonte, Sez. II, 19 febbraio 2007, n. 714; Tar Veneto, Sez. III, 24 gennaio
2007, n. 187 ; Tar Lombardia, Milano, Sez. II, 7 aprile 2005, n. 751)…”.
Guardando ora più di vicino al caso in esame, va sottolineato che:
- nei pressi del lotto di proprietà del Gallo –ove è esercitata una attività
rumorosa all’aperto, e non all’interno di un capannone industriale, essendo
l’area Gallo l’unico lotto della zona industriale a non essere edificato-
esistono diverse abitazioni: non solo la –preesistente, a quanto consta-
abitazione bifamiliare della ditta De Bastiani, che dista una decina di metri
dall’area del Gallo, ma anche altre sei abitazioni, le quali ultime si trovano
sì in un’area esterna alla zona industriale, ma distano dalla proprietà del
Gallo appena tra i 60 e i 100 metri;
- l’attività del Gallo viene svolta non all’interno di una zona industriale
isolata ma “al limite” della zona industriale, al confine tra aree di classe V e
aree caratterizzate da una più intensa attività umana, in una “zona di frangia”
interessata, appunto, dalla compresenza di attività industriali e insediamenti
abitativi;
-ai fini di causa -nel senso dell’accoglimento del ricorso- non pare decisivo il
rilievo secondo cui non esistono insediamenti abitativi all’interno della zona
industriale di Via Mattarella. Va posto l’accento, invece, sulla discrezionalità
affidata al Comune in materia, alla luce delle caratteristiche concrete delle
diverse aree. Detto altrimenti, la scelta comunale di inserire una zona in
classe V o in classe VI resta correlata a un apprezzamento discrezionale che
tenga conto anche della presenza di insediamenti abitativi prossimi alla zona
industriale, non potendo la classificazione derivare, in modo meccanico,
dall’accertamento dell’assenza di abitazioni all’interno dei confini della zona
industriale stessa. In questa prospettiva, la peculiare collocazione
dell’attività del Gallo, prossima a un insediamento abitativo, rende non
manifestamente irragionevole o arbitraria, e neppure viziata da erronea
valutazione dei presupposti o da inadeguata rappresentazione della situazione di
fatto, la scelta comunale di far rientrare l’area del ricorrente, come la
restante zona industriale, in classe V, relativa alle aree prevalentemente
industriali con scarsità di abitazioni, anziché in classe VI, che riguarda
invece le aree interessate esclusivamente da attività industriali e prive di
insediamenti abitativi (conf. anche la DGRV n. 4313/93 che, al p. 1.0. , detta
il criterio orientativo di non creare micro suddivisioni di aree, al fine di
evitare una zonizzazione troppo frammentata, individuando invece aree con
caratteristiche omogenee o comunque ambiti funzionali significativi) ;
-anche la rilevata carenza di motivazione non sussiste. Infatti, la peculiare
situazione del ricorrente è stata analizzata in modo specifico nella relazione
tecnica redatta dal professionista incaricato dal Comune (v. relaz. cit. e nota
difensiva P. A. , cui si rinvia);
-analogamente non irragionevole risulta l’individuazione della fascia di
transizione tra le due classi: del resto la DGRV n. 4313/93 accorda sul punto
un’ampia discrezionalità all’amministrazione comunale, alla luce della specifica
situazione di fatto, laddove prevede che la fascia di transizione possa essere
individuata totalmente nella zona di classe superiore o in quella di classe
inferiore ovvero a cavallo delle stesse; anche rispetto a tale profilo, nella
relazione tecnica viene fornita una motivazione adeguata.
In conclusione, se non si può escludere che apprezzamenti diversi
dell’Amministrazione avrebbero potuto condurre a differenti soluzioni,
ugualmente legittime, si ritiene tuttavia che le scelte adottate in concreto dal
Comune non siano viziate né da irragionevolezza né da carenza di motivazione e
che alla base delle scelte fatte non vi sia stato un travisamento dei
presupposti di fatto.
Il ricorso deve essere perciò respinto ma le particolarità della vicenda
trattata consigliano di compensare integralmente tra le parti le spese e gli
onorari della controversia.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del 10 dicembre 2010 con
l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Di Nunzio, Presidente
Marco Buricelli, Consigliere, Estensore
Stefano Mielli, Primo Referendario
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 12/01/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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