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T.A.R. VENETO, Sez. I - 18 aprile 2011, n. 656
RIFIUTI - Albo nazionale dei gestori ambientali - Cancellazione per condanne
riportate - Art. 17, c. 1 DM n. 406/1998 - Deroga per effetto della
riabilitazione o della sospensione della pena - Estensione della deroga
all’indulto - Esclusione. L’art. 17, comma 1, lett. a) del DM 28 aprile 1998
n. 406 prevede la cancellazione dall’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali nel
caso del venir meno di uno dei requisiti di cui al precedente art. 10 (ovvero,
nella specie, una condanna definitiva per reati in materia ambientale), fatti
salvi, gli effetti della riabilitazione e della sospensione della pena. La
deroga in base alla quale viene meno l’effetto preclusivo all’accesso all’albo a
causa di condanne riportate presuppone, in entrambi i casi contemplati -
riabilitazione e sospensione della pena - una specifica pronuncia del giudice di
minor disvalore del reato commesso, successiva nel caso della riabilitazione,
preventiva e prognostica nel caso della sospensione della pena: ciò non accade
viceversa per l’indulto, la cui applicazione avviene in via automatica senza
alcuna valutazione discrezionale da parte del giudice; ne deriva che in tale
ultima ipotesi deve ritenersi legittima la sanzione della cancellazione
irrogata. Pres. ed Est. Borea - M.M. Ditta individuale (avv.ti Lucchetta e
Pagnoscin) c. Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare
(Avv. Stato) e Albo Nazionale Gestori Ambientali - Sezione Regionale del Veneto
(n.c.)
- TAR VENETO, Sez. I - 18 aprile 2011, n. 656
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N. 00656/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00390/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 390 del 2010, proposto da:
Matteazzi Marco Ditta Individuale, rappresentato e difeso dagli avv. Marina
Lucchetta, Alberto Pagnoscin, con domicilio eletto presso Alberto Pagnoscin in
Venezia-Mestre, corso del Popolo, 151 Scala B, Ii°;
contro
Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, rappresentato
e difeso dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata per legge in Venezia, San
Marco, 63;
Albo Nazionale Gestori Ambientali - Sezione Regionale del Veneto;
per l'annullamento
del provvedimento dell'Albo Nazionale dei Gestori - Sezione regionale del Veneto
dd. 16.9.2009, prot. n. 33217/2009 che ha disposto a carico della ricorrente la
cancellazione dall'Albo Nazionale Gestori Ambientali ai sensi dell'art. 212,
comma 8, del decreto legislativo 2.4.2006, n. 15, con efficacia dal 15.12.2009;
nonchè di ogni atto annesso, connesso o presupposto.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Ambiente e della
Tutela del Territorio e del Mare;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 gennaio 2011 il dott. Vincenzo
Antonio Borea e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il ricorrente si duole di un provvedimento dell’Albo Nazionale dei Gestori
Ambientali di cancellazione dall’Albo in questione disposta nei propri confronti
ai sensi della norma di cui all’art. 17, comma 1, lett. a) del DM 28 aprile 1998
n. 406, a tenore della quale la suddetta sanzione è prevista nel caso del venir
meno di uno dei requisiti di cui al precedente art. 10, ovvero, nella specie, a
causa di una condanna definitiva per reati in materia ambientale, fatti salvi,
prosegue la norma, occorre qui precisare, “gli effetti della riabilitazione e
della sospensione della pena”.
Va subito precisato che nella motivazione del provvedimento impugnato si afferma
tra l’altro l’irrilevanza, ai fini che nella specie interessano, di una sentenza
del Consiglio di Stato (VI Sez., 5695/07), invocata dall’interessato nel corso
del procedimento a sostegno della tesi secondo la quale l’indulto del quale il
medesimo aveva usufruito in forza della legge n. 241/06 avrebbe dovuto essere
considerato equivalente alla sospensione della pena, circostanza dal suddetto
art. 10 prevista come idonea a paralizzare gli effetti della condanna
eventualmente riportata.
Va altresì aggiunto che dopo che in sede cautelare questo TAR , con ord.za n.
197 del 31 marzo 2010, aderendo alla prospettazione della P.A., aveva respinto
la domanda di sospensione degli effetti del provvedimento impugnato, è
sopraggiunta in contrario l’ord.za n. 4257 del 14 settembre 2010 con la quale la
VI Sez. del Consiglio di Stato, ha viceversa ritenuto di dover sospendere il
provvedimento impugnato con richiamo alla suddetta precedente sentenza n.
5695/07, la quale, si afferma, avrebbe annullato la disposizione di cui all’art.
10, comma 2, lett. e) (rectius, f)) del DM n. 406/98 la quale quindi, a sua
volta, nella specie, sarebbe stata malamente ed erroneamente applicata.
Ciò premesso, va in primo luogo sgomberato il campo dalla eccezione di
incompetenza territoriale del TAR adito nella parte in cui il ricorso si
rivolgerebbe in realtà contro il più volte ricordato DM n. 406/98.
E’ facile rilevare infatti che, stante in regime della non rilevabilità di
ufficio all’epoca vigente (prima cioè dell’entrata in vigore del codice del
processo amministrativo di cui al D.L.vo n. 104/10) l’eccezione appare tardiva
ed irritale (art. 31 L.n. 1034/71). E ciò dicesi a prescindere dal fatto, come
si vedrà, che il ricorrente soltanto in via del tutto residuale ed eventuale
mostra di voler impugnare anche la suddetta disposizione del DM n. 406/98.
Venendo al merito, appare in primo luogo del tutto da condividere la tesi della
P.A. secondo la quale la più volte ricordata sentenza n. 5697 /07 del C.di S.
non ha affatto inteso annullare la disposizione di cui al ricordato art. 10,
comma 2, lett. f) del DM. n. 406/98, essendosi limitata la medesima a ritenere
di poter estendere la “salvezza” ivi prevista degli effetti preclusivi della
condanne ad opera della riabilitazione e della sospensione della pena anche
all’indulto,con la precisazione, si badi, che la suddetta estensione vale
relativamente “alle pene la cui entità sia comunque rientrante nei limiti di
concedibilità della sospensione condizionale di cui all’art. 163 del Codice
penale e allorchè siano decorsi i periodi massimi di applicabilità delle pene
accessorie rispetto al momento in cui la condanna fu pronunziata” (nella specie
risalente al 1984 mentre la domanda di iscrizione sarebbe stata presentata e
respinta ben 14 anni dopo, nel 1994).
E ciò è tanto vero (che la sentenza di cui sopra non ha inteso annullare la
disposizione, si ripete), che dal dispositivo risulta soltanto l’annullamento
della sentenza oggetto di impugnativa (il quale aveva respinto il ricorso di
primo grado), e non altro: sintomatico è poi il fatto che lo stesso ricorrente,
pur ovviamente richiamando la detta sentenza, sia nei motivi di ricorso, che,
ancora prima, nel procedimento disciplinare avviato a suo carico, la invoca a
ben vedere soltanto come precedente ritenuto particolarmente autorevole.
Ferma restando quindi la vigenza e operatività della succitata disposizione, con
la precisazione, che pare ovvia, che l’interpretazione fornitane nella succitata
sentenza fa stato soltanto tra le parti di quel giudizio, nei limiti, per di
più, delle circostanze di fatto in quel caso operanti, può ora portarsi
l’attenzione sulla fattispecie oggi in esame.
La questione di merito da risolvere consiste dunque nello stabilire se l’indulto
di cui all’art. 174 c.p. sia o meno in tutto equiparabile alla sospensione della
pena di cui agli artt. 163 e ss. stesso codice;
in caso positivo dovendosi condividere la soluzione favorevole voluta dal
ricorrente, nel secondo viceversa dovendosi ritenere fondate le argomentazioni
della difesa resistente: . è evidente infatti che la disposizione di cui
all’art. 10 del DM n. 406/98 in tanto può ritenere idoneo l’indulto a
sterilizzare gli effetti della condanna patita dal ricorrente al pari della
sospensione della pena in quanto il primo appaia di fatto equivalente al primo
nei suoi effetti favorevoli ovvero, se non equivalente, comunque ancor più
favorevole.
Il Collegio, a conferma di quanto già statuito in sede cautelare, non ritiene
che tale equivalenza sia configurabile.
Come giustamente si osserva ex adverso, la deroga in base alla quale viene meno
l’effetto preclusivo all’accesso all’albo dei gestori ambientali a causa di
condanne riportate presuppone, in entrambi i casi contemplati, riabilitazione e
sospensione della pena, una specifica pronuncia del giudice di minor disvalore
del reato commesso, successiva nel caso della riabilitazione, preventiva e
prognostica nel caso della sospensione della pena: ciò non accade viceversa per
l’indulto, la cui applicazione avviene in via automatica senza alcuna
valutazione discrezionale da parte del giudice. (vedasi ad es., non a caso, la
sentenza di condanna del ricorrente, in atti, la quale si conclude
telegraficamente con l’espressione “pena condonata ai sensi della L. 31 luglio
2006 n. 241).
Ugualmente non a caso, del resto, è da considerare che mentre sia la
riabilitazione che la sospensione della pena espressamente si estendono alle
pene accessorie (artt. 178 e. 166), il contrario è previsto per l’indulto (il
quale “non estingue le pene accessorie ): a conforto della differenza di natura
tra indulto da un lato e, per quel che qui più interessa, sospensione della pena
dall’altro, appare poi determinante il fatto che mentre l’indulto estingue la
pena, la sospensione condizionale, al termine del periodo concesso, estingue il
reato, e quindi si atteggia come misura nettamente più favorevole, con
l’ulteriore conseguenza che, secondo un ultimissimo arresto delle SS.UU penali,
dopo una serie di contraddittorie pronunce sulla possibilità o meno di
concessione di entrambi i benefici, non può essere contestualmente disposta la
sospensione condizionale della pena e applicato l’indulto, sul presupposto che
il primo beneficio prevale sul secondo, in quanto appunto tale da comportare
l’estinzione del reato al termine del periodo previsto e non può quindi non
essere concesso (il primo) ove ne risultino i presupposti, con esclusione del
secondo, in quanto meno favorevole ( SS.UU. n. 36837/10).
E ciò sul presupposto che l’obiettivo perseguito dalla sospensione della pena,
istituto che ha finalità giuridico-sociali, mirando alla prevenzione della
criminalità e ponendosi come strumento dei pressione nei confronti del reo in
funzione di una sua non recidivanza e dell’adempimento di obblighi di
particolare valore sociale, sarebbe del tutto frustrata dalla simultanea
applicazione dell’indulto, dato che in tal caso la sospensione della pena non
potrebbe più essere revocata venendo meno il carattere disincentivante della
misura di cui all’art. 163 c.p. (così la sent. ricordata n.36837/10).
In definitiva, una volta accertata la profonda differenza fra indulto e
sospensione della pena (l’uno con applicazione automatica (ove non ricorrano i
presupposti della più favorevole misura della sospensione condizionale della
pena) e con estinzione della sola pena, l’altra concedibile in via prioritaria
sul presupposto di una valutazione soggettiva da parte del giudice sulla
possibilità per il reo di non commettere ulteriori reati e comportante l’effetto
ben più radicale dell’estinzione del reato, risulta evidente l’impossibilità di
individuare nell’indulto quella medesima eadem ratio rispetto alla sospensione
condizionale delle pena che sola consentirebbe, in considerazione della natura
eccezionale della deroga prevista dall’art. 10 del DM n. 406/98, di considerare
equivalenti le due misure ai fini voluti.
Con la precisazione, da ultimo, che non appare condivisibile l’affermazione del
ricorrente secondo la quale il medesimo non avrebbe potuto usufruire della
sospensione della pena a causa della applicazione dell’indulto.
Come si osserva ex adverso, a prescindere dal fatto che non sembra da escludere
la possibilità di chiedere la sospensione della pena anche dopo l’applicazione
dell’indulto, eventualmente con rinuncia a quest’ultimo, in ragione della
maggior utilità della prima rispetto al secondo (principio del favor rei, art.
183 c.p., cfr. Cass. Pen., sez.III, 15232/09), è da rilevare che nella specie la
sospensione condizionale della pena di fatto non è stata concessa, al momento
della condanna, o perché non richiesta o perché il giudice non ha ritenuto
sussistessero i presupposti soggettivi ai fini del necessario giudizio
prognostico, in relazione al comportamento del reo e al numero e alla gravità
dei reati commessi.
In conclusione, il ricorso deve essere respinto.
Le spese possono comunque essere compensate tra le parti, in relazione alla
delicatezza delle questioni esaminate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo
respinge.
Spese compensate tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 19 gennaio 2011 con
l'intervento dei magistrati:
Vincenzo Antonio Borea, Presidente, Estensore
Claudio Rovis, Consigliere
Riccardo Savoia, Consigliere
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/04/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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