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T.A.R. VENETO, Sez. II - 19 maggio 2011, n. 861
DIRITTO URBANISTICO – Distanze legali – Costruzioni abusive – Istanza di
sanatoria – Abbattimento o riduzione a distanza legale della costruzione
illegittima. L'obbligo di rispettare le distanze legali - previste dagli
strumenti urbanistici per le costruzioni legittime non soltanto a tutela dei
proprietari frontisti ma anche per finalità di pubblico interesse - deve essere
osservato a maggior ragione nel caso di costruzioni abusive, sicché in sede di
esame delle istanze di sanatoria (i cui effetti sono limitati al campo
pubblicistico e non pregiudicano i diritti dei terzi) la violazione delle
distanze legittimamente ne comporta il diniego con conseguente necessità di
disporre e procedere all'abbattimento o alla riduzione a distanza legale della
costruzione illegittima. Pres. De Zotti, Est. Bruno - R.C. (avv.ti Sanino,
Celani e Vedova) c. Comune di Cortina D'Ampezzo (avv.ti Paniz e Stivanello
Gussoni)
- TAR VENETO, Sez. II – 19 maggio 2011, n. 861
DIRITTO URBANISTICO – Sanatoria – Art. 36 d.P.R. n. 380/2001 – Esecuzione di
opere ulteriori non esistenti alla data di presentazione della domanda –
Possibilità – Esclusione. La sanatoria può essere chiesta per opere
chiaramente individuate nei loro aspetti strutturali e funzionali che, per come
sono e non per come potrebbero essere a seguito dell’esecuzione di interventi
ulteriori, si presentano conformi alla disciplina vigente al momento della loro
realizzazione ed al momento della presentazione della domanda. L’art. 36 del
D.P.R. n. 380 del 2001, in altri termini, non può essere invocato per sanare
costruzioni abusive in relazione alle quali si richiede l’esecuzione di opere
ulteriori non esistenti alla data della presentazione della domanda. Pres. De
Zotti, Est. Bruno - R.C. (avv.ti Sanino, Celani e Vedova) c. Comune di Cortina
D'Ampezzo (avv.ti Paniz e Stivanello Gussoni)
- TAR VENETO, Sez. II – 19 maggio 2011, n. 861
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N. 00861/2011 REG.PROV.COLL.
N. 01856/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1856 del 2009, proposto da Rosa
Calcabrini, rappresentata e difesa dall’Avv. Prof. Mario Sanino e dagli Avv.
Carlo Celani ed Enrico Vedova, con domicilio eletto presso lo studio di
quest’ultimo in Venezia, Mestre, Piazza Ferretto, n.68;
contro
il Comune di Cortina D'Ampezzo, in persona del Sindaco pro tempore,
rappresentato e difeso dagli avv. Maurizio Paniz e Franco Stivanello Gussoni,
con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Venezia, Dorsoduro,
3593;
per l'annullamento
del provvedimento prot. n. 11827/09 – UT del 22 giugno 2009, recante diniego di
permesso di costruire in sanatoria per la realizzazione di una baracca
pertinenziale in legno;
di ogni altro atto annesso, connesso, presupposto ovvero consequenziale,
compreso il parere reso dalla Commissione edilizia nella seduta del 10 marzo
2009;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Cortina D'Ampezzo;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 aprile 2011 la dott.ssa Brunella
Bruno e uditi per le parti i difensori Vedova per la parte ricorrente e
Maraviglia in sostituzione di Stivanello per il Comune intimato;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso iscritto al n. 1856 del 2009 Rosa Calcabrini – comproprietaria della
porzione di un immobile sito nel Comune di Cortina d’Ampezzo, in località Alverà
– ha agito in giudizio per l’annullamento del provvedimento, prot. n. 11827/09 –
UT del 22 giugno 2009, con il quale l’amministrazione comunale ha rigettato la
domanda di permesso di costruire in sanatoria avente ad oggetto un manufatto in
legno nonché di ogni altro atto annesso, connesso, presupposto ovvero
consequenziale, compreso il parere reso dalla Commissione edilizia nella seduta
del 10 marzo 2009.
La difesa della ricorrente rappresenta, in particolare, che il manufatto de quo,
adibito a ricovero attrezzi e deposito, insiste da tempo in prossimità
dell’unità immobiliare suddetta e che, a seguito della notificazione, in data 19
novembre 2008, dell’ordinanza con la quale l’amministrazione comunale ne ha
ingiunto la demolizione, ha presentato, in data 20 gennaio 2009, un’istanza di
sanatoria (all. 2 e 3 delle produzioni documentali di parte ricorrente).
Nello specifico, emerge dalla stessa domanda di sanatoria suddetta, che
l’odierna ricorrente ha richiesto la demolizione del manufatto esistente e la
ricostruzione della struttura, rappresentando, peraltro, che, con atto
depositato in data 14 dicembre 2008 presso il Tribunale di Belluno, sezione
staccata di Piave di Cadore, ha agito per “la costituzione, per usucapione,
della servitù di distanza del fondo individuato nel mappale n.5498/2 fg. 58 nei
confronti del fondo individuato con la particella fondiaria n. 5497/4 fg. 8”.
L’amministrazione comunale ha rigettato, con il provvedimento gravato, la
suddetta istanza in quanto, essendo il manufatto “posto a confine della
adiacente proprietà non rispetta la distanza prevista dalle NTA di PRG art. 7”
nonché in considerazione dell’inammissibilità di una domanda che consenta la
sanatoria attraverso la demolizione e successiva ricostruzione delle opere
abusive.
Con il primo motivo di ricorso è stata dedotta la violazione e falsa
applicazione del D.P.R. n.380 del 2001 e della l. n. 47 del 1985, censurato il
vizio di eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche e, in
particolare, per difetto assoluto di istruttoria, erronea valutazione dei
presupposti di fatto, confusione e perplessità nell’azione amministrativa,
illogicità manifesta, sviamento di potere, contraddittorietà e difetto di
motivazione. La difesa della ricorrente contesta, nello specifico, i
giustificativi alla base del provvedimento gravato, sostenendo che la violazione
delle distanze legali tra costruzioni non è preclusiva dell’accoglimento di una
domanda di sanatoria, in quanto relativa esclusivamente al profilo privatistico
e, peraltro, considerando la proposizione dell’azione innanzi al giudice
ordinario per la costituzione, per usucapione, di una servitù di distanza ed il
carattere pertinenziale del manufatto. La stessa difesa, inoltre, sostiene la
piena ammissibilità di una sanatoria avente ad oggetto la demolizione di un
manufatto, peraltro disposta dall’amministrazione comunale, e la successiva
ricostruzione, al fine di realizzare un miglioramento sul piano urbanistico,
paesistico ed edilizio.
Con il secondo motivo di ricorso è stato dedotto il vizio di eccesso di potere
per difetto assoluto di istruttoria, erronea valutazione dei presupposti di
fatto, confusione e perplessità nell’azione amministrativa, illogicità
manifesta, sviamento di potere, contraddittorietà, difetto di presupposti e di
motivazione. Viene lamentata, nello specifico, l’omessa indicazione da parte
dell’amministrazione comunale dell’effettiva distanza sussistente tra il
manufatto oggetto dell’istanza di sanatoria e l’adiacente proprietà come pure
delle tecniche di misurazione utilizzate.
Il Comune di Cortina d’Ampezzo di è costituito in giudizio per resistere al
gravame, concludendo per la reiezione del ricorso in quanto infondato.
All’udienza del 6 aprile 2011 i difensori comparsi hanno ribadito le rispettive
conclusioni, dopo di che la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1.Il Collegio ritiene di poter procedere direttamente all’esame del merito, non
essendo stata sollevata alcuna eccezione preliminare e non emergendo questioni
rilevabili d’ufficio.
2. Il ricorso è infondato.
2.1 Legittimamente l’amministrazione comunale ha rigettato la domanda di
sanatoria ponendo a fondamento del provvedimento, in primo luogo, la violazione
dell’art. 7 delle N.T.A. del P.R.G. che disciplina le distanze tra fabbricati.
Il Collegio evidenzia, infatti, che la realizzazione di superfici utili e la
creazione di nuovo volume rende significativo e rilevante il contrasto con le
distanze dai confini e dai fabbricati previste dalla normativa edilizia comunale
(Cassazione civile , sez. II, 28 settembre 2007 , n. 20574).
Al riguardo trova applicazione il principio in base al quale l'obbligo di
rispettare le distanze legali - previste dagli strumenti urbanistici per le
costruzioni legittime non soltanto a tutela dei proprietari frontisti ma anche
per finalità di pubblico interesse - deve essere osservato a maggior ragione nel
caso di costruzioni abusive, sicché in sede di esame delle istanze di sanatoria
(i cui effetti sono limitati al campo pubblicistico e non pregiudicano i diritti
dei terzi) la violazione delle distanze legittimamente ne comporta il diniego
con conseguente necessità di disporre e procedere all'abbattimento o alla
riduzione a distanza legale della costruzione illegittima.
Ciò senza considerare che, nella fattispecie oggetto di giudizio, l’opera
insiste su area di particolare pregio, sottoposta a vincolo paesaggistico e che,
avendo determinato la creazione di superficie utile, è insuscettibile di
sanatoria ai sensi dell’art. 167, comma 4 del d. lgs. n. 42 del 2004.
Né rileva, in senso contrario, la pendenza innanzi al giudice civile di un
giudizio proposto dalla ricorrente per la costituzione, per usucapione, della
servitù di distanza, atteso che l’amministrazione, in assenza di una pronuncia
e, dunque, di un atto costitutivo della servitù, ha doverosamente rilevato il
contrasto con l’art. 7 delle N.T.A. del P.R.G., disposizione, peraltro, che non
ha costituito oggetto di impugnazione.
Anche a prescindere dalle considerazioni sopra svolte, si osserva che il
provvedimento gravato pone a proprio fondamento un ulteriore giustificativo e,
cioè, l’inammissibilità di una domanda di sanatoria di opere da demolire e
ricostruire.
Il Collegio ritiene opportuno chiarire che, in assenza di una disciplina
eccezionale che consenta il condono delle opere abusive, l’unico istituto
previsto dall’ordinamento per la sanatoria degli abusi edilizi è quello
disciplinato dall’art. 36 del D.P.R. n. 380 del 2001 e, cioè, il c.d.
accertamento di conformità.
Quanto meno improprio e foriero di confusioni si palesa, dunque, il riferimento
all’istituto del condono ed il richiamo agli artt. 31 ss. della l. n. 47 del
1985, contenuto nel ricorso introduttivo e nella memoria della difesa di parte
ricorrente del 24 febbraio 2011.
Del tutto correttamente, peraltro, le suddette disposizioni non sono menzionate
nell’istanza di sanatoria, la quale, invece, reca un richiamo all’art. 38, comma
3 delle N.T.A., disposizione, questa, che, è bene precisarlo, disciplina non già
la sanatoria delle opere accessorie bensì la loro edificazione, prevedendo
specifici requisiti e presupposti.
Ciò chiarito, l’istituto al quale fare riferimento per la sanatoria
dell’intervento, è l’art. 36 del D.P.R. n. 380 del 2001.
La suddetta disposizione consente la sanatoria delle opere solo formalmente
abusive, in quanto eseguite in assenza del titolo edilizio, ma conformi, nella
sostanza, alla disciplina urbanistica applicabile per l’area sulla quale
insistono, secondo il criterio della c.d. doppia conformità.
Dalle lettera e dalla ratio della disposizione in argomento si desume che la
sanatoria può essere chiesta per opere chiaramente individuate nei loro aspetti
strutturali e funzionali che, per come sono e non per come potrebbero essere a
seguito dell’esecuzione di interventi ulteriori, si presentano conformi alla
disciplina vigente al momento della loro realizzazione ed al momento della
presentazione della domanda. L’art. 36 del D.P.R. n. 380 del 2001, in altri
termini, non può essere invocato per sanare costruzioni abusive in relazione
alle quali si richiede l’esecuzione di opere ulteriori non esistenti alla data
della presentazione della domanda.
3. Del pari infondato si palesa il secondo motivo di ricorso con il quale la
difesa della ricorrente lamenta l’omessa indicazione, nel provvedimento,
dell’effettiva distanza sussistente tra il manufatto oggetto dell’istanza di
sanatoria e l’adiacente proprietà come pure delle tecniche di misurazione
utilizzate.
Si evidenzia che il provvedimento gravato reca un espresso richiamo all’art. 7
delle N.T.A. del P.R.G., che disciplina le distanze tra fabbricati, ed alla
violazione delle distanze con la “adiacente proprietà”.
Nella fattispecie oggetto di giudizio emerge, inoltre, che la problematica era
ben nota alla ricorrente, la quale proprio nell’istanza di sanatoria ha
dichiarato di aver agito, con atto depositato in data 14 dicembre 2008 presso il
Tribunale di Belluno, sezione staccata di Piave di Cadore, per “la costituzione,
per usucapione, della servitù di distanza del fondo individuato nel mappale
n.5498/2 fg. 58 nei confronti del fondo individuato con la particella fondiaria
n. 5497/4 fg. 8”.
In considerazione, dunque, delle peculiarità della fattispecie, il substrato
motivazionale alla base del provvedimento gravato è adeguato ed esaustivo.
Il Collegio osserva, infine, che il provvedimento di diniego pone a proprio
fondamento due distinte giustificazioni, ciascuna dei quali idonea a sorreggere
la determinazione negativa assunta dall’amministrazione, laddove la censura
presa in esame si riferisce, comunque, solo alla prima delle motivazioni
suddette.
Alla luce delle considerazioni svolte, il ricorso va rigettato.
4. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura di cui
al dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda)
definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo rigetta.
Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite nei confronti del
Comune di Cortina d’Ampezzo, che sono liquidate in € 2.000,00 per diritti ed
onorari, oltre i.v.a. e c.p.a.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 6 aprile 2011 con
l'intervento dei magistrati:
Angelo De Zotti, Presidente
Angelo Gabbricci, Consigliere
Brunella Bruno, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 19/05/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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