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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562



CORTE DI APPELLO DI ANCONA, 17/02/2011, Sentenza n. 159


DIRITTO PROCESSUALE AMMINISTRATIVO - Art. 24 L. n. 689/81 - Reato e violazione amministrativa - Spostamento di competenza - Presupposto. La connessione oggettiva richiesta dall’art. 24 della L. n. 689/81, per determinare lo spostamento di competenza, non consiste nella mera identità, totale o parziale, della condotta integrante entrambe le fattispecie, amministrativa e penale; occorre invece, secondo il dato normativo testuale, che “l’esistenza” del reato “dipenda” dall’accertamento della violazione amministrativa (Cassazione civile, sez. trib., 28 febbraio 2008, n. 5242)  Pres. Vadalà, Est. Marcelli - F. s.p.a. (avv. Verna) c. Comune di Serra S. Quirico (avv. Ceruti) - (conferma Tribunale di Ancona, Sez. distaccata di Fabriano del 16/07/2009) - CORTE DI APPELLO DI ANCONA - 17 febbraio 2011, n. 159

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Procedimento amministrativo - Disposizione di cui all’art. 2, c. 3 L. n. 241/1990 - Inapplicabilità ai procedimenti regolati dalla L. n. 689/1981. La disposizione di cui alla L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 2, comma 3, tanto nella sua originaria formulazione, secondo cui il procedimento amministrativo deve essere concluso entro il termine di trenta giorni, quanto nella formulazione risultante dalla modificazione apportata dal D.L. 14 marzo 2005, n. 35, art. 36 bis, convertito dalla L. 14 maggio 2005, n. 80, secondo cui il termine è di novanta giorni, nonostante la generalità del testo in cui è inserita, è incompatibile con i procedimenti regolati dalla L. 24 novembre 1981, n. 689, che costituisce un sistema di norme organico e compiuto e delinea un procedimento di carattere contenzioso scandito in fasi i cui tempi sono regolati in modo da non consentire, anche nell’interesse dell’incolpato, il rispetto di un termine così breve (Cass. 27 luglio 2007 n. 16763) Pres. Vadalà, Est. Marcelli - F. s.p.a. (avv. Verna) c. Comune di Serra S. Quirico (avv. Ceruti) - (conferma Tribunale di Ancona, Sez. distaccata di Fabriano del 16/07/2009) - CORTE DI APPELLO DI ANCONA- 17 febbraio 2011, n. 159

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - CAVE E MINIERE - Art. 14 L. n. 689/81 - Termine di 90 gg. decorrenti dall’accertamento - Significato di accertamento - Infrazione di cui all’art. 20 della l.r. Marche n. 71/97 - Commisurazione alla quantità del materiale abusivamente estratto. L’art. 14 della L. n. 689/81, nel riferirsi all’accertamento e non “al giorno in cui è stata commessa la violazione, va inteso nel senso che il termine di 90 giorni comincia a decorrere dal momento in cui è compiuta o si sarebbe dovuta compiere, anche in relazione alla complessità o meno della fattispecie, l’attività amministrativa volta a verificare l’esistenza dell’infrazione. L’accertamento non coincide con la generica ed approssimativa percezione del fatto, ma con il compimento delle indagini necessarie per riscontrare, secondo le modalità previste dall’art. 13, l’esistenza di tutti gli elementi dell’infrazione, fermo restando che l’accertamento deve intendersi compiuto ad ogni effetto quando si tratta di valutazre i dati già acquisiti, anche se caratterizzati da complessità sotto il profilo tecnico-giuridico . Ne consegue che i limiti temporali entro i quali, a pena di estinzione dell’obbligazione di pagamento, l’amministrazione procedente deve provvedere alla contestazione, sono collegati all’esito del procedimento di accertamento e non anche alla data di commissione della violazione, dalla quale decorre soltanto il termine di inizio della prescrizione ex art. 28 L. n. 689/1981 (Cass. n. 7346 del 2004. cass. n. 3524 del 2003; Cass. n. 1866 del 2000, Cass. n. 11308 del 1998). In particolare, nel caso in cui l’infrazione è punita (art. 20 della L. r. Marche n. 71/1997) con sanzione pecuniaria commisurata alla quantità del materiale abusivamente estratto, l’accertamento del fatto materiale integrante tale infrazione non può ritenersi completato con la generica constatazione dell’abusiva estrazione di materiale, ma soltanto con la esatta quantificazione del materiale estratto ed il deposito presso il soggetto competente alla irrogazione della sanzione della definitiva relazione del tecnico incaricato dell’accertamento. Pres. Vadalà, Est. Marcelli - F. s.p.a. (avv. Verna) c. Comune di Serra S. Quirico (avv. Ceruti) - (conferma Tribunale di Ancona, Sez. distaccata di Fabriano del 16/07/2009) - CORTE DI APPELLO DI ANCONA- 17 febbraio 2011, n. 159

 


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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D'APPELLO DI ANCONA
 


Riunita in camera di consiglio con l'intervento dei sigg. magistrati


Dott. Paolo Giuseppe Vadalà Presidente
Dott. Gianmichele Marcelli Consigliere Rel
Dott. Maria Ercoli Consigliere


ha pronunciato la seguente
 


SENTENZA


Nella causa civile in grado di appello iscritta al n. 1052 del ruolo generale,per gli affari contenziosi dell'anno 2009, posta in decisione all'udienza del 16/9/2010 e promossa


DA


Fatma spa in persona del legale rappresentante elett. dom. in Ancona presso e nello studio dell'Avv. F. Piazzolla e dall'Avv. E. Verna rapp. e dif. per procura speciale.


APPELLANTE


CONTRO


Comune di Serra San Quirico in persona del Sindaco elett. dom. in Fabriano presso e nello studio dell'Avv. G. Ceruti e dal medesimo rapp. e dif. per procura speciale.


APPELLATO


Oggetto: appello avverso la sentenza del Tribunale di Ancona, Sezione Distaccata di Fabriano in data 16.07.09 ed in materia di opposizione a sanzione amministrativa


Conclusioni


Per l'appellante: in accoglimento dell'appello disporre l'annullamento della ordinanza ingiunzione e degli atti propedeutici e consequenziali comunque lesivi previa ammissione delle prove per testi già richieste in primo grado e di CTU volta ad accertare lo stato dei luoghi, la conformità al progetto assentito e la effettiva quantità di materiale asportato e le condizioni dell'area in frana. In subordine ridurre la sanzione tenuto anche conto dei contributi già versati. Con vittoria di spese.
Per l'appellato: disattendere le richieste istruttorie, confermare l'impugnata sentenza con vittoria di spese


SVOLGIMENTO


Con atto ricorso di citazione ritualmente notificato, la Fatma s.p a. si opponeva, dinanzi al Tribunale di Ancona, Sezione Distaccata di Fabriano, all'ordinanza ingiunzione n. 5/2007 emessa dal Comune di Serra San Quirico in data 13.02.2007, ordinanza che le contestava la violazione dell'art. 20 L.R. 71/97 e le ingiungeva il pagamento dell'importo di 116.521,72.
Si costituiva la parte convenuta che chiedeva il rigetto della domanda attrice.
Il Tribunale adito, con la sentenza impugnata, disattendeva l'opposizione e condannava la Fatma al pagamento delle spese processuali.
La Fatma impugnava tempestivamente la predetta decisione con atto di citazione ritualmente notificato e prospettava i motivi di doglianza riportati in parte motiva. Si costituiva l'appellato che chiedeva il rigetto dell'impugnazione.


MOTIVI DELLA DECISIONE


La Fatma ha dedotto quale primo motivo di appello la competenza funzionale del giudice penale per la connessione obiettiva di cui all'art. 24 L. 689/81 in quanto il legale rappresentante della Fatma è stata chiamata a rispondere anche del reato di cui all'art. 181 D.L.vo 42/04


Il motivo è infondato.


Secondo la giurisprudenza di legittimità (Cassazione civile , sez. trib., 28 febbraio 2008, n. 5242): la connessione oggettiva richiesta dal citato art. 24, per determinare lo spostamento di competenza, non consiste nella mera identità, totale o parziale, della condotta integrante entrambe le fattispecie, amministrativa e penale; occorre invece, secondo il dato normativa testuale, che "l'esistenza" del reato "dipenda" dall'accertamento della violazione amministrativa (Cass. n. 610912000).”


Orbene, nel caso di specie, se il reato contestato é quello di cui all'art. 181, 2 comma, del D.L.vo 22 gennaio 2004 n. 42 per aver eseguito lavori di qualsiasi genere su beni paesaggistici senza la prescritta autorizzazione (o in difformità di essa) di cui all'art. 146 del medesimo D.L.vo, l'illecito amministrativo è invece quello di cui all'art. 20 della L.R. Marche 1/12/1997 n.71 che sanziona le attività di escavazione in difetto o per inosservanza dell'autorizzazione di cui all'art. 12 della legge citata.


E’ dunque evidente che l'accertamento della violazione amministrativa non é un antecedente logico dell’accertamento del reato poiché la diversità delle autorizzazioni implica che il giudice penale non debba necessariamente accertare che le escavazioni eseguite in difetto o in difformità dell'autorizzazione paesaggistica siano state effettuate ' anche nel difetto o nell'inosservanza della seconda autorizzazione.


Con il secondo motivo di appello, la Fatma si duole del fatto che l'amministrazione sia incorsa nelle violazioni di cui agli artt. 7 L.R. Marche n. 33/98, 14 L. 689/81 e 2 L. 241/90, in quanto il Comune sin dal 06.09.2003 era stato posto in grado di iniziare l'accertamento degli elementi costitutivi della fattispecie a fronte della comunicazione, da parte del direttore della cava, del verificarsi di un fenomeno franoso; della collocazione di tale fenomeno e del possibile sconfinamento della attività estrattiva rispetto ai termini assentiti e paesaggisticamente svincolati. Il procedimento avrebbe dovuto concludersi nel termine generale di 30 (o 90) giorni ex art. 2 L. 241/90 (sicuramente applicabile alla vicenda nonostante la diversa decisione sul punto del giudice a quo), dalla scadenza del suddetto termine, il Comune avrebbe dovuto notificare il verbale di accertamento e contestazione entro i novanta giorni di Cui all'art. 7 L. R. Marche ed art. 14 L. 689/81.


Anche a voler ritenere che il Comune fosse venuto a conoscenza degli sconfinamenti e delle difformità soltanto in data 14.05.2005 quando gli pervenne la richiesta di variante per l'ampliamento della cava con allegate le planimetrie, l'ente avrebbe dovuto iniziare il procedimento che avrebbe dovuto finire entro 180 giorni (di cui 90 giorni ex art. 2 L. 241/1990 e ulteriori 90 giorni per la notifica del verbale ex art. 7 L.R. Marche 33/98 e 14 L. 689/81) e !quindi; entro il 14.06.2005 nel mentre erano trascorsi ben due anni e sei mesi: lasso ai tempo incongruo ed irragionevole, protrattosi soltanto per il comportamento negligente dell'amministrazione dinanzi ad un illecito di facile accertamento e concretamente accertato in soli 36 giorni e cioè dall' 11.11.2005 (delibera che disponeva la verifica) al 17.122005 (redazione del verbale di controllo).


La doglianza e infondata
Preliminarmente, con riferimento all'applicabilità della L. 241/90, occorre ricordare che: “Nella specie si verte appunto in questa ipotesi, poichè la giurisprudenza di legittimità - dalla quale non vi è ragione di discostarsi, nè peraltro i ricorrenti ne hanno indicata alcuna - è univocamente orientata nel senso che "la disposizione di cui alla L. 7 agosto 1990 n. 241, art. 2, comma 3, tanto nella sua originaria formulazione, applicabile ratione temporis, secondo cui il procedimento amministrativo deve essere concluso entro il termine di trenta giorni, quanto nella formulazione risultante dalla modificazione apportata dal D.L. 14 marzo 2005, n. 35, art. 36 bis, convertito dalla L. 14 maggio 2005, n. 80, secondo cui detto termine è di novanta giorni, nonostante la generalità del testo legislativo in cui è inserita, é incompatibile con i procedimenti regolati dalla L. 24 novembre 1981, n. 689, che costituisce un sistema di norme organico e compiuto e delinea un procedimento di carattere contenzioso scandito in fasi i cui tempi sono regolati in modo da non consentire, anche nell'interesse dell'incolpato, il rispetto di un termine così breve (Cass. 27 luglio 2007 n. 16763)." .


La sentenza citata giustifica l'inapplicabilità della norma in esame ai procedimenti amministrativi sanzionatori in vista della loro natura contenziosa sicchè deve essere escluso che la previsione possa riguardare, come pretende l'appellante, la fase procedimentale che va dalla notizia all'accertamento che diviene, dunque, il dies a quo per la notifica della contestazione da effettuarsi entro il termine di 90 giorni.


Quanto al periodo precedente (sino all'avvenuto accertamento, richiamato anche dalla legge regionale) la giurisprudenza di legittimità (cfr. Cassazione civile, sez. lav., 06 novembre 2009, n. 23608) chiarisce che: “Secondo la costante e consolidata giurisprudenza di questa Corte l'art 14 anzidetto, nel riferirsi all'accertamento e non "al giorno in cui e' stata con messa la violazione”; va inteso nel senso che il termine di 90 giorni comincia a decorrere dal momento in cui è compiuta o si sarebbe dovuta compiere, anche in relazione alla complessità o meno della fattispecie, l’attività amministrativa volta a verificare l’esistenza dell’infrazione. L’accertamento non coincide con la generica ed approssimativa percezione del fatto, ma con il compimento delle indagini necessarie per riscontrare, secondo le modalità previste dall'art. 13, l'esistenza di tutti gli elementi dell’infrazione, fermo restando che l'accertamento deve intendersi compiuto ad ogni effetto quando si tratta di valutare i dati già acquisiti, anche se caratterizzati da complessità sotto il profilo tecnico - giuridico (Cass. n. 11129 del 1999). Ciò posto, e' conseguente il principio affermato da questa Corte, secondo cui, in tema di sanzioni amministrative, i limiti temporali entro i quali, a pena di estinzione dell'obbligazione di pagamento, l'amministrazione procedente deve provvedere alla contestazione, sono collegati all'esito del procedimento di accertamento, la legittimita' della cui durata va valutata dal giudice di merito in relazione al caso concreto e sulla base della complessita' delle indagini indispensabili e non anche alla data ili commissione della violazione, dalla quale decorre soltanto il termine di inizio della prescrizione L n. 689 del 1981, ex art. 28 (Cass. n. 7346 del 2004; Cass. n. 3524 del 2003; Cass. n. 1866 del 2000, Cass. n. 11308 del 1998).


In particolare, in fattispecie analoga, la S.C. (Cassazione civile, sez. I, 05 luglio 2001, n. 9056) ha affermato che: “La giurisprudenza di questa Corte è, infatti, del tutto consolidata in merito al principio che il termine di novanta giorni “dall’accertamento”, previsto dalla menzionata norma per la notificazione degli estremi della violazione, inizia a decorrere non dalla generica ed approssimata percezione della commissione della violazione, bensì dal momento in cui è compiuta - o si sarebbe dovuto compiere anche in ;relazione alla complessità o meno della fattispecie - l'attività amministrativa intesa a verificare l'esistenza dell'infrazione, atteso che l'accertamento presuppone il completamento, da parte dell'autorità amministrativa competente, delle indagini intese a riscontrare la sussistenza di tutti gli elementi (oggettivi e soggettivi) dell'infrazione medesima (sent. 12724-1998; 11308-1998; 1502-1996; 3092-1995; 12610-1993).”.


Per poi precisare l'ambito del risconto (cfr Cassazione civile, sez. I, 24 luglio 2003, n. 11464) nel senso che: “Nel caso in cui, come previsto per la violazione summenzionata, l'infrazione è punita con una sanzione pecuniaria commisurata alla quantità del materiale abusivamente estratto, l'accertamento del fatto materiale integrante tale infrazione non può ritenersi completato con la generica constatazione dell'abusiva estrazione di materiale, ma soltanto con la esatta quantificazione del materiale estratto ed il deposito presso il soggetto competente alla irrogazione della sanzione della definitiva relazione del tecnico incaricato dell'accertamento. Soltanto in questo momento la pubblica amministrazione ha la possibilità di contestare al trasgressore gli estremi della infrazione commessa, avendo acquisito tutti gli elementi necessari per dare al fatto, costituente illecito amministrativo, l'esatta qualificazione giuridica e valutarlo in tutta la sua gravità. Soltanto da questo momento, quindi, può decorrere il termine di novanta giorni (dall'accertamento), di cui all'art. 14 della legge n. 689 dei 1981, per la contestazione al trasgressore dell'infrazione.".


Sulla scorta di queste premesse, si deve osservare che 'l'amministrazione non ha certo avuto notizia dell'illecito mediante la comunicazione del 04.09.2003 che dava atto del fenomeno franoso e delle opere asseritamente eseguite per la messa in sicurezza dell'area in quanto la predetta comunicazione era estremamente generica (in assenza di fotografie dei luoghi, di precisazioni sull'entità della frana ed altro) ma, soprattutto affermava espressamente che il proseguimento dell'attività estrattiva sarebbe avvenuto in linea con le linee progettuali approvate"


Soltanto con la presentazione del progetto di variante in data 14.06.2005 e con la successiva relazione tecnica integrativa del 13.09.2005, il comune aveva contezza (ancora imprecisa ai fini che qui interessano a fronte dell'incertezza della effettiva vastità degli interventi e della precisa entità dei medesimi) dell'avvenuta escavazione in difformità dal provvedimento di autorizzazione e dalla convenzione, sicchè il tempo trascorso (circa tre mesi) sino alla successiva redazione del verbale di controllo ed accertamento del 17.12.2005 (dies a quo) è congruo rispetto alla complessità del'accertamento stesso in vista anche della elevata quantità della cubatura escavata (mc. 14.669,02) e della difficoltà di determinarla mediante il criterio elle sezioni ragguagliate moltiplicando la distanza tra le sezioni e la media delle aree scavate.


Ne discende che il termine di 90 giorni non è spirato poiché ili verbale e stato notificato in data 13.02.2006.


Con il terzo motivo di appello si censura l'erronea indicazione della norma sanzionatrice nell'ordinanza che avrebbe fatto riferimento all'art. 20, 2 comma, della L.R. n. 33/98 e non all'art. 20, 2 comma, della L. R. 71/97. Avrebbe errato il primo giudice nel ritenere l'indicazione come un errore materiale comunque superato dalla documentazione dall'ordinanza richiamata e dagli scritti difensivi precedenti la sua emissione in quanto nel verbale di accertamento sarebbe stato compiuto il medesimo errore e, in ogni caso, l'indicazione della norma violata doveva essere inteso come elemento essenziale del verbale di accertamento. A tutto ciò si aggiungeva che la descrizione dei fatti, stante la vastità dell'area coltivata, non era comunque in grado di consentire all'appellante un'adeguata difesa.


Dopo aver premesso che le indicazioni di cui sopra sono funzionali all'esercizio della difesa dell’incolpato è sufficiente scorrere la missiva con cui il legale rappresentante dell’appellante in data 16.03.2006, precisando che l’oggetto della stessa riguardava il procedimento ex art. 20, 2 comma, L.R. 71/97 e proponendo osservazioni, chiedeva l'archiviazione del procedimento ovvero di essere sentita anche alla presenza di tecnici di parte per avvedersi che il difetto delle indicazioni non ha provocato alcuna compressione del diritto alla difesa.


Il quarto motivo di appello riconduce lo sconfinamento (per 920 mc.) all'evento franoso (come riconosciuto dal segretario del comune nella sua relazione del 28.02.2006) ed asserisce che il quantitativo di mc. 13.779,02 è stato asportato all'interno dei profili di abbandono autorizzati e nel perimetro di escavazione come attestato dai tecnici del comune. In ogni caso, il calcolo del materiale franato o rimosso per fini di sicurezza con il sistema adottato poiché il sistema delle sezioni ragguagliate è inapplicabile a superfici disomogenee.


La censura è infondata.
In primo luogo, e con riferimento all'escavazione dei mc 920 si deve osservare che il giudice a quo ha affermato che il segretario del comune, nel riportare nella propria relazione del 28.02.2006 che il distacco del materiale litoide al di fuori del perimetro di cava é da attribuire al movimento franoso, si era limitato a riferire quanti affermato dai tecnici di parte poiché nessun tecnico del comune aveva potuto verificare l'entità del fenomeno o individuarne l'incidenza nella modificazione nel profilo autorizzato. Il Tribunale ha inoltre affermato che lo sconfinamento era stato rilevato ! non solo nel gradone centrale, quello asseritamente interessato dalla frana secondo la Fatma, ma anche in altre parti del profilo.


Dopo aver premesso che sarebbe stato onere della Fatma provare l'evento franoso, la sua esatta collocazione e l'incidenza sui profili e che le prove richieste e non concesse in primo grado non risultano ribadite all'atto della precisazione delle conclusioni dinanzi al Tribunale, è evidente che l'incertezza dell'elemento che quale fortuito dovrebbe escludere la responsabilità, a fronte dell'escavazione attestata dai tecnici del comune, non può che ricadere a carico dell'appellante.


In ordine all'escavazione degli ulteriori mc. 13.779,02, il Tribunale ha ritenuto che l'affermazione dei tecnici nel verbale di controllo del 17.12.2005 sia un mero refuso laddove si legge "in difformità in quanto all'interno dei profili di abbandono autorizzati ma nel perimetro di escavazione" poiché in tal caso l'escavazione (all'interno del profilo e del perimetro) sarebbe stata conforme.


La censura appare infondata ove si consideri che i tecnici del comune, in sede testimoniale hanno confermato quantitativi e sconfinamenti in difformità dai profili e negli allegati 2 e 3 del verbale sono riportati con esattezza le cubature scavate fuori dai profili in difformità dal progetto autorizzato.


Con il riferimento alla quantità dei materiale escavato, dopo aver ribadito che il calcolo è stato effettuato mediante il criterio delle sezioni ragguagliate moltiplicando la distanza tra le sezioni e la media delle aree scavate, si deve osservare che le doglianze appaiano generiche in quanto si limitano ad allegare l'erroneità del criterio e la sua non applicabilità ad aree disomogenee (come quella in esame). A tale riguardo occorre ribadire che la Fatma (ai sensi della convezione che ! richiama il DPR 128/59) avrebbe dovuto informare con tempestività il comune dell'evento franoso, sospendere i lavori ed attendere l'accettazione del comune).


La quinta censura ha ad oggetto il comportamento contraddittorio del comune che ha incassato la contribuzione regionale connessa all'estrazione di materiale non autorizzato: in nessun caso l'esercente può essere chiamato a corrispondere sia la sanzione che il contributo. Fatto è che il giudice di prime cure ha utilizzato due argomenti distinti: il difetto di prova del fatto che i contributi versati riguardassero anche il materiale escavato per cui è processo e l'irrilevanza della circostanza del pagamento in quanto preteso in epoca precedente all'accertamento della sanzione. La Fatma si è doluta della prima argomentazione ma non della seconda che, pertanto, continua a sorreggere la decisione.
La Fatma ha concluso, in via subordinata, per la riduzione della sanzione in vista dell'entità dell'importo e del pagamento di cui si è detto. La richiesta deve essere disattesa ove si consideri che l'entità particolarmente ingente del materiale illegittimamente asportato giustifica la quantificazione operata e che la contribuzione versata risponde ad altro titolo.
Vanno a ultime disattese le richieste istruttorie non ribadite, in primo grado al momento della precisazione delle conclusioni. In ordine alle richieste di CTU, il proseguimento dell'attività dall'asserito evento all'accertamento la rende di dubbia utilità.


Le spese di causa seguono la soccombenza nella misura indicata nel dispositivo.


P.T.M.


La Corte d'Appello di Ancona, definitivamente pronunciando sull'appello proposto da Fatma spa in persona dei legale rappresentante nei confronti di Comune di Serra San Quirico in persona del Sindaco ed avverso la sentenza del Tribunale di Ancona, Sezione Distaccata di Fabriano in data 16.07.09, così provvede:


Condanna l'appellante a rifondere all’appellato le spese di lite del grado, spese che liquida in 1.548,00 + 6.800,00 rispettivamente per diritti ed onorari, oltre spese generali , IVA e CAP come per legge.


Ancona lì 27.01.2011


IL CONSIGLIERE REL.
Gianmichele Marcelli


IL PRESIDENTE
Paolo Giuseppe Vadalà

Depositato in Cancelleria
il 17 FEB 2011
Il Cancelliere

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