AmbienteDiritto.it 

Legislazione  Giurisprudenza


Dottrina LegislazioneGiurisprudenzaConsulenza On Line

AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it

Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562



CORTE DI APPELLO DI POTENZA, Sez. civile, 28/01/2011 (ud. 29/12/2010), Sentenza n. 7



ESPROPRIAZIONE - Occupazione appropriativa - Area destinata ad opere di viabilità - Determinazione dell’indennità di espropriazione - Liquidazione del danno - Criteri di valutazione. La condizione di inedificabilità del suolo assoggettato a procedura ablatoria, perché destinato a servizi ed attrezzature pubbliche, deve essere valutata per la determinazione dell'indennità di espropriazione e per la liquidazione del danno da occupazione appropriativa, qualora sia riconoscibile un vincolo conformativo, ovvero riguardante porzioni del territorio comunale identificate in base a criteri generali e predeterminati, riconducibili alla logica della zonizzazione (Cass. n. 8218/2007). Quindi, per la liquidazione del danno da occupazione appropriativa di area destinata ad opere di viabilità dallo strumento urbanistico, occorre verificare se tale destinazione comporti limitazioni incidenti su beni determinati in funzione non già di una generale destinazione di zona, ma della localizzazione lenticolare dell'opera pubblica e sia, quindi, riconducibile a vincoli imposti a titolo particolare, a carattere espropriativo, ovvero se venga effettuata nell'ambito del programma generale di sviluppo urbanistico così assumendo contenuto conformativo della proprietà privata. Nella seconda ipotesi, l'area va qualificata come non edificabile (Cass. sez, un., n. 26615/2008). (riforma parzialmente sentenza del Tribunale di Matera del 5/6/2001) Pres. De Angelis - Est. Nesti - Appellante Comune di Policoro (avv. Gi. Di.) c. Ro.Ga. e Gi.Pa. (avv.ti Ma.St. e Fl.Ga.). CORTE DI APPELLO DI POTENZA, Sez. civile, 28/01/2011, Sentenza n. 7

ESPROPRIAZIONE - Vincoli preordinati all’esproprio - Mancata reiterazione entro il quinquennio - Effetti. In materia urbanistica, poiché la potestà dei Comuni d'imporre vincoli preordinati all'esproprio o all'inedificabilità non è illimitata, decadendo tali vincoli, ai sensi dell'art. 2 della legge 19 novembre del 1968, n. 1187, al termine del quinquennio, si determina, in caso di mancata reiterazione dei vincoli pregressi o di mancato inserimento dei terreni nell'ambito di una precisa pianificazione conformativa, una condizione di "vuoto urbanistico", disciplinata dall'art. 4, ultimo comma, della legge 28 gennaio del 1977, n. 10, dovuta alla violazione dell'obbligo di ripianificazione incombente sulla P.A. (Cass. n. 8530/2010). (riforma parzialmente sentenza del Tribunale di Matera del 5/6/2001) Pres. De Angelis - Est. Nesti - Appellante Comune di Policoro (avv. Gi. Di.) c. Ro.Ga. e Gi.Pa. (avv.ti Ma.St. e Fl.Ga.). CORTE DI APPELLO DI POTENZA, Sez. civile, 28/01/2011, Sentenza n. 7

 

DIRITTO URBANISTICO - ESPROPRIAZIONE - Vincolo di inedificabilità - Mancata reiterazione entro il quinquennio - Criteri di valutazione delle c.d. "aree bianche". Quando l'imposizione del vincolo di inedificabilità, conseguente all'atto di pianificazione urbanistica, diviene inefficace per decorso del quinquennio, opera la disciplina transitoria prevista dalla norma di salvaguardia di cui all'art. 4, ult. comma, della legge 28 gennaio del 1977, n. 10, applicabile alle "aree bianche" che, in quanto prive di disciplina urbanistica, sono valutabili secondo il criterio dell'edificabilità di fatto, ovvero alla stregua delle aree circostanti, costituenti nel loro insieme un microsistema urbanistico (Cass. n. 21434/2007). (riforma parzialmente sentenza del Tribunale di Matera del 5/6/2001) Pres. De Angelis - Est. Nesti - Appellante Comune di Policoro (avv. Gi. Di.) c. Ro.Ga. e Gi.Pa. (avv.ti Ma.St. e Fl.Ga.). CORTE DI APPELLO DI POTENZA, Sez. civile, 28/01/2011, Sentenza n. 7

 

DIRITTO URBANISTICO - ESPROPRIAZIONE - Risarcimento del danno derivante da atto illecito - Versamenti di somme effettuati prima della liquidazione del credito - Applicabilità dell’art. 1194 c.c. - Esclusione. La disposizione dell'art. 1194 del codice civile, secondo cui senza il consenso del creditore il debitore non può imputare il pagamento al capitale piuttosto che agli interessi o alle spese, presuppone la simultanea esistenza della liquidità e della esigibilità di ambedue i crediti, e cioè sia di quello per capitale che dell'altro, accessorio, per interessi o spese. Pertanto, in tema di risarcimento del danno derivante da atto illecito, i versamenti di somme effettuati in favore del creditore prima della liquidazione (giudiziale o negoziale) non sono imputabili agli interessi ed agli accessori, non essendo applicabile il criterio previsto dal citato art. 1194 cod. civ., che presuppone, appunto, l'esistenza di un debito pecuniario (Cass. n. 16448/2009). (riforma parzialmente sentenza del Tribunale di Matera del 5/6/2001) Pres. De Angelis - Est. Nesti - Appellante Comune di Policoro (avv. Gi. Di.) c. Ro.Ga. e Gi.Pa. (avv.ti Ma.St. e Fl.Ga.). CORTE DI APPELLO DI POTENZA, Sez. civile, 28/01/2011, Sentenza n. 7


 www.AmbienteDiritto.it



REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

CORTE D'APPELLO DI POTENZA
SEZIONE CIVILE


La Corte di Appello, riunita in camera di consiglio in persona dei seguenti magistrati:

dott. Tommaso De Angelis                 - Presidente -
dott. Vincenzo Autera                        - Consigliere -
dott. Ettore Nesti                               - Consigliere rel. -

ha pronunciato la seguente


SENTENZA


nella causa civile in appello n. 436/2001 R.G., avente ad oggetto risarcimento danni e vertente

Tra

Comune di Policoro, rappresentato e difeso dall'avv. Gi.Di., giusta mandato a margine della comparsa di costituzione depositata il 28/10/2008

Appellante

E

Ro.Ga. e Gi.Pa., rappresentati e difesi dagli avv.ti Ma.St. e Fl.Ga., giusta mandato a margine della citazione di primo grado


Appellati e appellanti incidentali

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


Con atto notificato il 12/6/1992 Ro.Ga. e Gi.Pa. convenivano in giudizio dianzi al Tribunale di Matera il Comune di Policoro.

Esponevano gli attori che l'ente convenuto aveva approvato, con delibera di giunta del 6/8/1982, il progetto per i lavori di costruzione della strada di Via (...) e che con successivo decreto del 16/4/1984 era stata autorizzata l'occupazione d'urgenza dei suoli necessari per realizzare detta opera, tra i quali quello censito in catasto alla partita (...), per metri quadri 369, di cui erano comproprietari.

Avendo l'amministrazione realizzato l'opera pubblica senza portare a termine il procedimento espropriativo, chiedeva parte attrice condannarsi l'ente territoriale al rilascio del fondo e, in mancanza, al risarcimento del danno, pari al valore del suolo trasformato.

Parte attrice quantificava il valore del suolo in Lire 73.800.000, oltre rivalutazione successiva e interessi.

Il Comune di Policoro si costituiva in giudizio per eccepire la prescrizione del diritto al risarcimento del danno e per evidenziare che, comunque, che lo strumento urbanistico vigente prevedeva l'inedificabilità dell'area occupata, sicché l'importo richiesto a titolo risarcitorio era da ritenersi eccessivo.

All'esito di consulenza tecnica d'ufficio, il Tribunale, con sentenza pubblicata il 5/6/2001, condannava l'ente convenuto a pagare agli attori la complessiva somma di Lire 22.974.954, oltre rivalutazione e interessi su detto importo dal 23/2/1989 al soddisfo.

Avverso tale sentenza, notificata il 12/11/2001, proponeva appello il Comune di Policoro, evocando in giudizio dinanzi a questa Corte gli attori con atti notificati l'11/12/2001.

Si costituivano in giudizio gli appellati, per chiedere il rigetto del gravame e per proporre appello incidentale.

L'istruttore sospendeva parzialmente l'esecutività della sentenza impugnata.

Precisatesi le conclusioni, con due successive ordinanze collegiali questa Corte disponeva dapprima il rinnovo della ctu e, in seguito, chiamava a chiarimenti l'ausiliare d'ufficio.

Precisatesi nuovamente le conclusioni, la causa è stata riservata per la decisione all'udienza collegiale del 7/12/2010.


MOTIVI DELLA DECISIONE


1) L'appellante principale ripropone l'eccezione di prescrizione disattesa dal Tribunale, sostenendo che detto giudice abbia erroneamente trascurato la circostanza dell'avvenuta irreversibile trasformazione del suolo - cui ricollega la decorrenza del termine di prescrizione - avvenuta nell'aprile del 1987 (giusta certificato di ultimazione dei lavori in atti). Posto che l'atto di citazione fu notificato il 12/6/1992, in quella data era già inutilmente trascorso, secondo la difesa dell'ente appellante, il termine di prescrizione quinquennale del diritto al risarcimento del danno.

1.1) Il motivo di appello è infondato, se non inammissibile, perché l'appellante si limita a riaffermare quanto sostenuto in primo grado, senza sottoporre a censura la specifica motivazione in forza della quale il Tribunale ha disatteso l'eccezione di prescrizione.

In altri termini:

- il Tribunale ha rilevato che il decreto di occupazione d'urgenza, risalente al 19/4/1984, perse efficacia il 23/2/1989 e che l'opera pubblica fu realizzata entro l'1/9/1984, data in cui terminarono i lavori, sicché il fenomeno acquisitilo ebbe a prodursi solo alla cessazione dell'occupazione legittima;

- l'appellante continua a sostenere che la prescrizione decorre dall'irreversibile trasformazione del suolo, senza sottoporre a censura l'affermazione del Tribunale, mutuata dalla consolidata e pluridecennale giurisprudenza della S.C. (per tutte: Cass. n. 7981/2007) secondo cui in tema di espropriazione per pubblica utilità, il termine di prescrizione quinquennale per l'esercizio dell'azione risarcitoria a seguito di occupazione acquisitiva decorre dalla data di scadenza dell'occupazione legittima se l'opera è realizzata nel corso di tale occupazione, oppure dal momento dell'irreversibile trasformazione del fondo (coincidente con la modifica dello stato anteriore dell'immobile) se essa è avvenuta dopo la predetta scadenza (ovvero in assenza di decreto di occupazione d'urgenza, ma sempre nell'ambito di valida dichiarazione di pubblica utilità dell'opera).

1.2) In concreto, l'occupazione d'urgenza, come si evince dagli atti, venne effettuata in forza di decreto del 16/4/1984 (con immissione in possesso avvenuta in data 29/5/1984) adottato dopo l'approvazione del progetto dei lavori, avvenuta con la procedura prevista dalla legge n. 1 del 1978. Ai sensi di detta legge (art. 1), la precedente approvazione del progetto relativo alle opere di urbanizzazione, di cui si diede atto nel decreto di occupazione di urgenza, comportò la dichiarazione di pubblica utilità dell'opera.

In casi come quello in esame, secondo il richiamato art. 1 della l. n. 1 del 1978, l'efficacia di tale dichiarazione cessa se le opere non hanno inizio entro il triennio successivo all'approvazione del progetto. Detto termine fu tuttavia rispettato, in quanto l'approvazione risale all'agosto del 1982 e i lavori ebbero inizio, come si è visto, anteriormente al settembre 1984, mese in cui si ebbe l'irreversibile trasformazione dell'area.

1.3) L'esistenza di una valida ed efficace dichiarazione di pubblica utilità, in uno alla irreversibile trasformazione del suolo nel periodo di occupazione d'urgenza, ha prodotto l'occupazione acquisitiva alla data di scadenza di detta occupazione. Peraltro, il decreto ha avuto inizialmente efficacia quinquennale, ex art. 20 l. n. 865/71, ma tale durata è stata successivamente prorogata ex lege fino alla scadenza del periodo previsto dall'art. 22 della legge n. 158 del 19911 (nel caso di specie, fino al 20/5/1993).

E' evidente, quindi, che l'eccezione di prescrizione è infondata.

1.4) Solo per completezza, questa Corte rileva che a non diversa conclusione si sarebbe giunti in presenza di un'occupazione usurpativa, che si ha qualora la P.A. proceda all'occupazione delle aree e le trasformi irreversibilmente con l'esecuzione di opere, in mancanza di dichiarazione di pubblica utilità. In tal caso, la carenza del potere espropriativo avrebbe determinato l'illegittimità "ab origine" dell'occupazione e l'illiceità permanente dell'opera pubblica ed avrebbe prodotto un illecito permanente, tale da impedire la decorrenza del termine prescrizionale in relazione all'eventuale azione di risarcimento del danno da parte del proprietario del fondo occupato (per tutte: Cass. n. 13.023/2010).

2) Col secondo motivo di gravame il Comune di Policoro si duole del fatto che il consulente tecnico d'ufficio nominato in prime cure, pur avendo accertato che sul suolo occupato fu posto fin dal 1981 un vincolo di inedificabilità, abbia in seguito stimato il valore del suolo come edificatorio. Si duole inoltre l'appellante del fatto che il Tribunale abbia immotivatamente recepito le conclusioni del CTU.

In effetti, sia il consulente tecnico nominato in primo grado che quello officiato da questa Corte hanno ritenuto che il suolo occupato rientrasse, sia al momento dell'occupazione, sia al momento dell'irreversibile trasformazione, secondo la previsione dello strumento urbanistico, in parte in zona di "verde attrezzato" e in parte in zona destinata a "viabilità pubblica", destinazioni queste confermate in seguito anche dal piano regolatore approvato con d.P.G.R. n. 267 del 28/7/1999.

Ciò, tuttavia, non incide sulla quantificazione del risarcimento, per le ragioni che di seguito si espongono.

2.1) Occorre rilevare che, in termini generali, della condizione di inedificabilità del suolo assoggettato a procedura ablatoria, perché destinato a servizi ed attrezzature pubbliche, deve tenersi conto agli effetti valutativi per la determinazione dell'indennità di espropriazione e per la liquidazione del danno da occupazione appropriativa, sempre che sia riconoscibile un vincolo conformativo, ovvero riguardante porzioni del territorio comunale identificate in base a criteri generali e predeterminati, riconducibili alla logica della zonizzazione (per tutte: Cass. n. 8218/2007). Quindi, per la liquidazione del danno da occupazione appropriativa di area destinata ad opere di viabilità dallo strumento urbanistico, occorre verificare se tale destinazione comporti limitazioni incidenti su beni determinati in funzione non già di una generale destinazione di zona, ma della localizzazione lenticolare dell'opera pubblica e sia, quindi, riconducibile a vincoli imposti a titolo particolare, a carattere espropriatilo, ovvero se venga effettuata nell'ambito del programma generale di sviluppo urbanistico così assumendo contenuto conformativo della proprietà privata. Nella seconda ipotesi, l'area va qualificata come non edificabile, (Cass. sez, un., n. 26615/2008). E nel caso in esame, si è in presenza, per quanto emerge dagli atti, di una destinazione della zona, con vincolo di in edificabilità, in base a un generale programma di sviluppo urbanistico.

2.2) Vi è tuttavia da rilevare che in materia urbanistica, poiché la potestà dei Comuni d'imporre vincoli preordinati all'esproprio o all'inedificabilità non è illimitata, decadendo tali vincoli, ai sensi dell'art. 2 della legge n. 1187 del 1968, al termine del quinquennio, si determina, in caso di mancata reiterazione dei vincoli pregressi o di mancato inserimento dei terreni nell'ambito di una precisa pianificazione conformativa, una condizione di "vuoto urbanistico", disciplinata dall'art. 4, ultimo comma, della legge n. 10 del 1977, dovuta alla violazione dell'obbligo di ripianificazione incombente sulla P.A. (giurisprudenza conforme - per tutte: Cass. n. 8530/2010).

Quando l'imposizione del vincolo di inedificabilità, conseguente all'atto di pianificazione urbanistica, diviene inefficace per decorso del quinquennio, opera, si è detto, la disciplina transitoria prevista dalla norma di salvaguardia di cui all'art. 4, ult. comma, legge n. 10 del 1977, applicabile alle "aree bianche" che, in quanto prive di disciplina urbanistica, sono valutabili secondo il criterio dell'edificabilità di fatto, ovvero alla stregua delle aree circostanti, costituenti nel loro insieme un microsistema urbanistico (Cass. n. 21434/2007).

2.3) Ciò posto, rileva questa Corte che nel caso in esame la anzidetto situazione di "vuoto urbanistico" si è verificata con riferimento all'area in cui rientra il suolo per cui è causa, visto che, come accertato in primo grado, alla data del 6/8/1982 essa era compresa, secondo il piano regolatore "Ca.", in zona in parte destinata a "verde attrezzato" e in parte destinata a "viabilità pubblica" e solo col nuovo piano approvato con d.P.G.R. n. 267 del 28/7/1999 venne riqualificata in maniera analoga. Ciò significa che nel momento in cui ebbe a verificarsi il fenomeno acquisitivo in favore della P.A., ossia alla scadenza dell'occupazione d'urgenza (v. sub 1.4) operava il criterio dell'edificabilità di fatto, essendo nel frattempo divenuta inefficace, per inutile decorso del quinquennio, la previsione del piano "Ca." e non essendo stato ancora approvato il nuovo piano regolatore.

2.4) Quanto alle concrete caratteristiche delle aree circostanti, si osserva quanto segue.

Le tre consulenze tecniche in atti, e in special modo la prima, espletata su incarico del Tribunale, e pertanto risalente a un periodo prossimo quello in cui si è esaurita la vicenda appropriativa (l'elaborato risale al 1994) hanno consentito di accertare che il suolo è sito nella zona di espansione del centro abitato di Policoro. Esso costeggia la via (...), dove sono ubicati fabbricati a uso residenziale. Non a caso il primo ctu ha utilizzato quale parametro di stima anche un suolo interessato dalla stessa procedura espropriativa (particella n. (...) del foglio (...)), stimato, in analoga causa civile, Lire 112.667 per metro quadro. Altri suoli nel medesimo foglio di mappa sono stati stimati dall'UTE come edificatori nel 1985.

2.5) Non vi è quindi motivo per discostarsi dalla stima effettuata dal consulente di primo grado (Lire 62.262 per metro quadro).

Infatti, per le ragioni esposte, erroneamente il Comune di Policoro si duole della mancata utilizzazione, nella stima comparativa, di atti riguardanti terreni con caratteristiche di inedificabilità.

3) Deve a questo punto, per ragioni di pregiudizialità logica, esaminarsi l'appello incidentale, rimettendo a un successivo esame i rimanenti motivi dell'appello principale.

3.1) In via incidentale ci si duole, in primo luogo, del fatto che il risarcimento sia stato limitato a Lire 22.974.954 (Lire 62.262 x 369 metri quadri), anziché quantificato in Lire 73.000.000.

3.2) Si tratta di un motivo di appello inammissibile, perché gli appellanti incidentali si limitano ad affermare che il risarcimento deve essere maggiore, senza spiegare le ragioni di tale assunto. Esso difetta, quindi, del requisito della specificità.

3.3) Gli appellanti in via incidentale si dolgono, inoltre, del fatto che sia stata ritenuta domanda nuova quella tesa alla condanna dell'ente convenuto al pagamento dell'indennizzo per occupazione legittima, trattandosi di una "esplicazione della domanda di risarcimento dei danni". Essi lamentano, comunque, il fatto che il Tribunale abbia ritenuto non esservi stata accettazione del contraddittorio in merito a detta domanda, formulata per la prima volta in sede di precisazione delle conclusioni: secondo gli appellanti, il fatto che durante la precisazione delle conclusioni nulla sia stato eccepito in merito alla domanda nuova comporta l'accettazione del contraddittorio. Ne consegue, secondo costoro, che la dichiarazione, contenuta nella comparsa conclusionale di controparte dinanzi al Tribunale, di non aver accettato il contraddittorio sarebbe non vera e irrilevante.

3.4) Entrambe le censure sono infondate.

E' evidente, innanzitutto, che la domanda di pagamento dell'indennità per il periodo di occupazione legittima, formulata in fase di precisazione di conclusioni, consta di una causa petendi e di un petitum diversi da quelli tipici dell'azione risarcitoria. Inoltre, il silenzio del destinatario della domanda nuova non equivale ad accettazione del contraddittorio, in quanto essa si verifica soltanto laddove la parte prenda posizione sulla fondatezza nel merito della nuova pretesa.

4) Può quindi esaminarsi l'ultima censura dell'appellante principale, riguardante il calcolo della rivalutazione e degli interessi, che di seguito si trascrive: "La misura della rivalutazione andrebbe applicata dalla data di irreversibile trasformazione del suolo. Gli interessi dovranno decorrere solo dalla pubblicazione della sentenza di secondo grado".

L'appellante richiama, a tale proposito, la pronuncia della S.C. n. 7943/1994.

4.1) Rileva questa Corte che il Tribunale ha condannato l'ente convenuto al pagamento del capitale di Lire 22.974.954 "oltre rivalutazione e interessi legali dal 23/2/1989 al soddisfo" così disapplicando il principio più volte enunciato dalla S.C., secondo cui gli interessi compensativi vanno calcolati non sulla somma integralmente rivalutata, ma sulla somma via via rivalutata dal momento in cui si è prodotto il danno e fino al momento della liquidazione o del pagamento.

4.2) La somma di Lire 22.974.954 va quindi rivalutata dalla scadenza dell'ultimo periodo di proroga dell'occupazione legittima (20/5/1993) alla data del versamento dell'acconto di Euro 16.674,00, avvenuto (giusta dichiarazione in udienza del difensore degli attori), in data 18/12/2002.

Il credito a titolo di capitale al 18/12/2002 era, tenuto conto della rivalutazione, pari a Euro 15.549,17.

Deve, a questo punto, considerarsi che la disposizione dell'art. 1194 cod. civ., secondo cui senza il consenso del creditore il debitore non può imputare il pagamento al capitale piuttosto che agli interessi od alle spese, presuppone la simultanea esistenza della liquidità e della esigibilità di ambedue i crediti, e cioè sia di quello per capitale che dell'altro, accessorio, per interessi o spese. Pertanto, in tema di risarcimento del danno derivante da atto illecito, i versamenti di somme effettuati in favore del creditore prima della liquidazione (giudiziale o negoziale) non sono imputabili agli interessi ed agli accessori, non essendo applicabile il criterio previsto dal citato art. 1194 cod. civ., che presuppone, appunto, l'esistenza di un debito pecuniario, da considerarsi, invece, in questo caso, inesistente fino alla liquidazione (giurisprudenza costante; per tutte: Cass. n. 16448/2009).

Da ciò consegue che l'acconto ha estinto il credito per capitale e, parzialmente: a) il credito per interessi sulla somma via via rivalutata fino al 18/12/2002; b) il credito per le spese liquidate dal giudice di primo grado.

E' il caso di evidenziare, inoltre, che il credito per interessi non è di per sé produttivo di interessi.

5) Le spese del secondo grado vanno parzialmente compensate, tenuto conto del fatto che l'appello principale è parzialmente fondato, quanto al calcolo della rivalutazione e degli interessi e quello incidentale viene rigettato, visto che gli attori sono soccombenti sulla domanda di condanna al pagamento dell'indennizzo per occupazione legittima del suolo.


P.Q.M.


La Corte, definitivamente pronunciando sugli appelli proposti dal Comune di Policoro e da Ro.Ga. e Gi.Pa. avverso la sentenza del Tribunale di Matera resa tra le parti il 5/6/2001, così provvede:

rigetta l'appello incidentale;

in parziale accoglimento dell'appello del Comune di Policoro, condanna il predetto ente a pagare a pagare a Ro.Ga. e a Gi.Pa. il residuo credito per spese legali liquidate dal giudice di primo grado e per interessi al saggio legale sul capitale via via rivalutatosi dal 20/5/1993 al 18/12/2002, da calcolarsi tenuto conto dei dati indicati al punto 4.2 (lett. a e b) della motivazione che precede;

condanna il Comune di Policoro al pagamento delle spese relative alle ctu di secondo grado, liquidate come da separato decreto, e al pagamento delle spese processuali del secondo grado, liquidando tale quota in complessivi Euro 2.420,00, di cui Euro 700,00 per diritti ed Euro 1.720,00 per onorario, oltre accessori come per legge e tariffa;

compensa le rimanenti spese di questo grado.

Così deciso in Potenza il 29 dicembre 2010.

Depositata in Cancelleria il 28 gennaio 2011.



 Vedi altre: SENTENZE PER ESTESO


Ritorna alle MASSIME della sentenza  -  Approfondisci con altre massime: GIURISPRUDENZA  -  Ricerca in: LEGISLAZIONE  -  Ricerca in: DOTTRINA

www.AmbienteDiritto.it

 AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it

Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006  - ISSN 1974-9562