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Consiglio di Stato Sez. V - sent. dell’8/03/2001, n. 347

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

Il  Consiglio  di  Stato  in  sede  giurisdizionale,   Quinta  Sezione   ANNO 1995 ha pronunciato la seguente

 

DECISIONE

 

sul ricorso in appello sub n. 1515/95 proposto dal COMUNE DI GOITO in persona del sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Claudio Arria e Gustavo Romanelli e presso lo studio di quest’ultimo elett.te dom.to in Roma, Via Cosseria, n. 5;

c o n t r o

xxxx, rappresentate e difese dagli xxxx e  presso lo studio del secondo elett.te dom.te in xxx;

e   n e i   c o n f r o n t i

del SINDACO DEL COMUNE DI GOITO in qualità di ufficiale del Governo, non costituito in giudizio;

del MINISTERO DELLA SANITA’ in persona del ministro pro-tempore, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia – sez. Brescia,  21 dicembre 1993, n. 1051;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di xxx e litisconsorti;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore alla pubblica udienza del 31 ottobre 2000 il Consigliere xxx appellate.

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

F A T T O

Con ricorso al Tar della Lombardia – sez. Brescia notificato il 14 e il 16 dicembre 1989 xxx impugnavano i provvedimenti del sindaco di Goito 16 ottobre 1989 n. 47, recante ordine di asporto da un’area di proprietà delle interessate di rifiuti tossico-nocivi e smaltimento degli stessi in discarica di tipo “C”, e 16 novembre 1989 n. 8539, recante proroga del termine fissato nel provvedimento precedente.

Deducevano la loro totale estraneità allo scarico e all’abbandono dei rifiuti sull’area di loro proprietà e l’omessa indicazione dei riferimenti di fatto concernenti i campionamenti e l’analisi dei rifiuti, con conseguente lesione del loro diritto alla difesa.

Resisteva al ricorso il Comune di Goito.

Il Tar adito - sez. Brescia definiva il giudizio con sentenza 21 dicembre 1993, n. 1051, con cui accoglieva il ricorso sul rilievo che i provvedimenti impugnati ponevano l’obbligo di asporto e di smaltimento a carico delle ricorrenti sulla considerazione della loro condizione di attuali proprietarie dell’area, indipendentemente da ogni accertamento circa la responsabilità.

Avverso tale sentenza propone appello il Comune di Goito, con ricorso notificato il 3 febbraio 1995, con un unico articolato motivo.

Resistono all'appello le ricorrenti in primo grado.

All'odierna udienza, uditi i difensori delle parti, il ricorso è passato in decisione.

D I R I T T O

Il Comune appellante sottopone a critica la sentenza impugnata che ha ritenuto illegittimi i provvedimenti impugnati in primo grado per il fatto che essi avevano imposto alle ricorrenti gli obblighi di asporto e di smaltimento dei rifiuti insistenti sull’area di loro proprietà, indipendentemente da ogni accertamento di responsabilità.

L’appello non è fondato.

Va premesso che la fattispecie da decidere è sorta in costanza della normativa previgente a quella di cui al d. lgs. n. 22/97, attualmente in vigore.

Quest’ultima – essa sì - descrive con sufficiente puntualità la posizione del proprietario dell’area riguardo al divieto di abbandono di rifiuti ed ai conseguenti obblighi ripristinatori.

In base all’art. 14, comma 3, d. lgs n. 22/97, chiunque viola i divieti di abbandono di rifiuti sul suolo o di immissione di rifiuti nel suolo è tenuto a procedere alla rimozione, all'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa.

In base all’art. 17, comma 10, d. lgs. cit., gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale costituiscono onere reale sulle aree inquinate di cui ai commi 2 e 3, onere reale che deve essere indicato nel certificato di destinazione urbanistica.

Secondo la normativa ora vigente, quindi, il proprietario che non sia anche produttore dei rifiuti risponde dell’abbandono sul suolo dei medesimi se questo sia a lui imputabile a titolo di dolo o colpa ovvero se abbia acquistato un’area inquinata, come tale gravata da onere reale.

La normativa vigente alla data dei provvedimenti impugnati in primo grado, invece, si limitava a stabilire che “allo smaltimento dei rifiuti speciali, anche tossici e nocivi, sono tenuti a provvedere a proprie spese i produttori dei rifiuti stessi”(art. 3, comma 3, dpr n. 915/82) e che “i costi relativi alle attività di smaltimento dei rifiuti speciali sono a carico dei produttori dei medesimi, dedotto l'importo degli eventuali recuperi” (art.13 dpr cit.).

Dalle quali disposizioni sez. V, 1 dicembre 1997, n. 1464 ha desunto che destinatari dei provvedimenti in tema di smaltimento dei rifiuti sono i produttori e non anche i proprietari dell’area nella quale i rifiuti sono destinati.

Nella specie, il percorso argomentativo dei provvedimenti impugnati in primo grado non ascriveva alle attuali resistenti il fatto dell’abbandono dei rifiuti, id est della creazione della discarica abusiva.

Gli accertamenti di polizia giudiziaria, infatti, avevano indicato come responsabile del fatto il xxx, congiunto delle ricorrenti e proprietario dell’area sulla quale le società a lui collegate, successivamente dichiarate fallite, svolgevano un’attività economica: precedenti provvedimenti, pertanto, erano stati indirizzati al curatore fallimentare delle società predette.

Separata evidenza, invece, veniva data al fatto che le attuali resistenti avevano acquistato, in esito a vendita forzata, la proprietà dell’area in questione.

Nessuna considerazione, peraltro, veniva svolta nella motivazione del provvedimento circa le ragioni per cui i proprietari sarebbero stati tenuti, in quanto tali, a provvedere allo smaltimento dei rifiuti.

Non circa la configurazione di un eventuale onere reale, in un contesto normativo che peraltro considerava esclusivamente la responsabilità personale del produttore di rifiuti e non del proprietario.

Non circa l’eventuale proiezione pubblicistica della responsabilità per danno cagionato da cose in custodia, di cui all’art. 2051 c.c., che comunque avrebbe richiesto, in relazione alla prova liberatoria del caso fortuito, una separata evidenza ai fini di un efficace esercizio del diritto di difesa da parte delle attuali resistenti. 

Per le suesposte considerazioni, l’appello va respinto.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del secondo grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in s.g. (Sez. V), definitivamente pronunciando:

1) Rigetta l'appello;

2) Compensa tra le parti le spese del secondo grado di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.                                                                               

Così deciso in Roma il 31 ottobre 2000 dal Consiglio di Stato in s.g. (Sez. V) riunito in camera di consiglio con l'intervento dei seguenti Magistrati:

Salvatore Rosa    Presidente

Stefano Baccarini            Consigliere estensore

Aldo Fera            Consigliere

Marco Lipari        Consigliere

Marco Pinto        Consigliere

 

L'ESTENSORE    IL PRESIDENTE

F.to Stefano Baccarini                                     F.to Salvatore Rosa

IL SEGRETARIO

F.to Francesco Cutrupi