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Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia Sent. 27 luglio 2001 n. 488.

Ric. n. 727/2000 R.G.R.            

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia costituito da:

Vincenzo Sammarco- Presidente

Enzo Di Sciascio - Consigliere

Oria Settesoldi    - Consigliere, relatore

ha pronunciato la seguente

 

 

SENTENZA

 

sul ricorso n. 727/2000 della Esso Italiana S.R.L., rappresentata e difesa dagli avv.ti Paolo Zanchini e Federico Rosati, con elezione di domicilio presso lo studio del  secondo in Trieste;

 

CONTRO

il Comune di Trieste, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Maria Serena Giraldi  con elezione di domicilio in Trieste presso l’Avvocatura comunale ;

e nei confronti

dell’Autorità Portuale di Trieste, non costituita in giudizio;

 

PER

l'annullamento dell’ordinanza sindacale 26.5.2000 n. 60247 con la quale è stato ordinato alla ricorrente di adottare “interventi di messa in sicurezza d’emergenza, di bonifica e di ripristino ambientale” nel comprensorio di via Errera in Trieste quale asserita responsabile del relativo inquinamento;

  Visto il ricorso, ritualmente notificato e depositato presso la Segreteria;

  Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune;

  Viste le memorie prodotte dalle parti tutte;

  Visti gli atti tutti della causa;

  Uditi, nella pubblica udienza del 25 maggio 2001 - relatore il Consigliere Oria Settesoldi - i difensori delle parti presenti;

  Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue:

 

FATTO

 

Il provvedimento in epigrafe riguarda una raffineria in Trieste dove la ricorrente ha da anni cessato ogni attività, con dismissione dell’attività di raffinazione nel 1965 e  mantenimento in loco di un deposito di prodotti per il quale, con D.M. 30.4.84 n. 13146, il Ministero dell’Industria dava atto della rinuncia della Esso alla “concessione relativa al deposito costiero..”

Anche il deposito venne poi dismesso nei primi anni 80, i suoli interessati dall’impianto vennero restituiti al concedente Ente Porto (ora Autorità Portuale) con verbale di riconsegna del 31 marzo 1982 e  le aree di proprietà vennero venute all’Ente Porto con rogito del 14 gennaio 1988.

Con il decreto oggetto della presente impugnativa si ordina alla ricorrente “ai sensi di quanto disposto dal D.M. 25.10.1999 n. 471” ...”di adottare i necessari interventi di messa in sicurezza d’emergenza, di bonifica e di ripristino ambientale” delle aree asseritamente inquinate ricadenti sia tra quelle prima in concessione sia tra quelle vendute all’Ente Porto.

Il ricorso risulta imperniato sui seguenti motivi:

Violazione e falsa applicazione dell’art. 17 D.Lgv 5.2.97 n. 22, nonché dell’art. 8 del D.M. 25.10.1999 n. 471 - Violazione dell’art. 11 delle Preleggi, dell’art. 25 Cost. e del principio di irretroattività.  Eccesso di potere per travisamento dei fatti e carenza dei presupposti  - Difetto di motivazione.

Vengono imputati alla ricorrente fatti risalenti a 35 anni e a 18 anni addietro, così illegittimamente pretendendo di attribuire efficacia retroattiva alla normativa di cui al cosiddetto Decreto Ronchi e relativo regolamento.

Ulteriore violazione delle norme richiamate nonché dei principi comunitari -  Eccesso di potere per carenza di istruttoria, travisamento, illogicità ed ingiustizia - carenza di motivazione.

La normativa comunque richiede una rigorosa valutazione della responsabilità dell’inquinamento che nel caso di specie sarebbe mancata dato che i dati sull’inquinamento sono posteriori all’epoca in cui la ricorrente è cessata dal possesso dei luoghi.

Eccesso di potere per carenza d’istruttoria, illogicità, perplessità, travisamento ed erronea valutazione dei fatti - carenza di motivazione.

Fermo il carattere assorbente delle precedenti censure si deduce che nella valutazione della situazione non risulta sia stato tenuto conto di elementi pure noti al Comune, come le pattuizioni dell’atto di compravendita all’ente porto ed il verbale di riconsegna dei terreni in concessione, dalla cui lettura emergeva la prova che la ricorrente non poteva venir qualificata “responsabile”.  Se ne doveva dedurre l’esclusione di ogni obbligo a carico della ricorrente e l’esclusiva responsabilità dell’Ente Porto.

Si è  costituito in giudizio il Comune intimato controdeducendo per il rigetto del ricorso.

 

DIRITTO

 

Il Collegio ritiene anzitutto di pronunciarsi in ordine all’applicabilità al procedimento in esame del D.leg.vo 22/97 e del D.M. 471/99.

Al riguardo, condividendo l’opinione espressa dal TAR Lombardia, Milano, I sez. con la sentenza n. 987/01, si ritiene che la nuova normativa si applichi a qualunque situazione di inquinamento  in atto al momento dell’entrata in vigore del decreto legislativo.  Infatti, dal momento che l’inquinamento dà luogo ad una situazione di carattere permanente che perdura fino a che non ne vengano rimosse le cause ed i parametri ambientali alterati siano riportati entro i limiti normativamente ritenuti accettabili, è evidente che le previsioni del decreto Ronchi si applicheranno a qualunque sito che risulti attualmente inquinato, indipendentemente dal momento in cui possa essere avvenuto il fatto o i fatti generatori dell’attuale situazione patologica.  Pertanto, coerentemente con l’impostazione dell’art. 17  D.Leg.vo 22/97 e del relativo regolamento di attuazione, il soggetto su cui grava l’obbligo di procedere a proprie spese agli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale è prima di tutto il responsabile della situazione di inquinamento, in seconda battuta la norma prevede che ”qualora i responsabili non provvedano ovvero non siano individuabili” gli interventi necessari vengano comunque realizzati d’ufficio dal Comune o, in subordine, dalla Regione con privilegio immobiliare sulle aree bonificate per il recupero delle spese, esercitabile anche in pregiudizio dei diritti acquistati dai terzi sull’immobile.  Il proprietario, quindi, qualora non coincida con il responsabile dell’inquinamento e questi non sia identificabile, finisce comunque per essere il soggetto definitivamente gravato, tanto è vero che l’ordinanza di cui all’art. 8 del D.M. 471/99 deve essere notificata anche a lui.

Avendo riguardo alla situazione specifica del caso di specie e premesso quindi che il lungo lasso di tempo trascorso non è di per sé in grado di esentare la ricorrente dalla eventuale responsabilità dei fatti inquinanti e quindi dall’obbligo di provvedere ad effettuare l’indispensabile ripristino ambientale così come previsto dal c.d. decreto Ronchi, - con la conseguente infondatezza della prima censura -  resta il fatto che tale lasso di tempo non è comunque privo di rilevanza agli effetti della verifica della responsabilità dell’inquinamento.

In effetti, con il secondo motivo di ricorso si censura proprio l’incompletezza dell’istruttoria con riguardo a tale considerazione che avrebbe richiesto un’ampia ed approfondita disamina da svolgersi, ovviamente, in contraddittorio con tutti coloro che sono stati  nel possesso dei luoghi in questione, non potendosi escludere a priori che lo stato di inquinamento attualmente riscontrabile sia addebitabile a più e diversi fattori e quindi anche a più di un soggetto, ed avrebbe dovuto considerare e valutare attentamente tutte le possibili cause dei parametri che hanno superato i livelli di accettabilità, identificandole e valutandone le possibili fonti in relazione a tutte le attività che sono state in loco esercitate. Questa indagine non risulta essere stata fatta con il necessario approfondimento e rigore, tanto più che l’indagine commissionata alla Foster Wheeler Environmental Italia S.r.l. era preliminarmente mirata a verificare lo stato di inquinamento ambientale dell’area al fine di suggerire le possibili linee di intervento e  non comprendeva specificamente tale questione, alla quale sembra quasi che venga data una risposta ritenuta scontata, date le caratteristiche dell’attività in loco a suo tempo esercitata dalla ESSO e la mancanza di precedenti bonifiche dei luoghi. Ritiene invece il collegio che nel caso di specie, proprio perché al momento della riconsegna dei luoghi non sono state effettuati nè verifiche dell’inquinamento né interventi di alcun tipo, l’indagine deve essere particolarmente mirata a dare risposta, attraverso l’identificazione dettagliata del tipo di inquinamento e delle specifiche modalità di diffusione anche territoriale dello stesso, anche al quesito circa l’esatta identificazione del responsabile, onde permettere di addebitare, senza possibilità di dubbio, le responsabilità del riscontrato superamento dei limiti  di accettabilità della contaminazione dei siti interessati all’uno o all’altro o, ed eventualmente in che percentuale, a entrambi i soggetti che si sono succeduti nel possesso dei luoghi interessati ed hanno ivi esercitato attività con effetti inquinanti.

Le considerazioni che precedono evidenziano la fondatezza del secondo motivo di ricorso che, come espressamente dedotto in ricorso, presenta carattere assorbente rispetto alla terza censura che è stata evidentemente dedotta in via subordinata.

Il ricorso deve essere quindi accolto con il conseguente annullamento dell’atto impugnato.

Le spese possono comunque essere compensate tra le parti.

 

P.Q.M.

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in premessa, lo accoglie e per l’effetto annulla l’atto impugnato.

  Spese compensate.

 

  Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

  Così deciso in Trieste, in Camera di Consiglio, il 25 maggio 2001.

Il Presidente                                                                              L'Estensore

 

Il Segretario

Depositata nella segreteria del Tribunale  
il 27 luglio 2001