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Per altre sentenze vedi: Sentenze
per esteso
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio (Sezione Seconda Ter) ha
pronunciato la seguente
S
E N T E N Z A
sul ricorso n. 2354/95
proposto da xxx rappresentata e difesa dall’avv. xxx con domicilio eletto
presso la stessa in Roma alla Via xxx
c o n t r o
il Comune di Anguillara
Sabazia rappresentato e difeso dall’Avv. xxx con domicilio eletto presso lo
stesso in Anguillara Sabazia alla Via Poggio dei Pini, 16 per
l'annullamentodella Ordinanza n. 185 del 7.12.1994 con cui il Sindaco del Comune
di Anguillara Sabazia ha ingiunto la demolizione di opere edilizie abusive.
Visto il ricorso con i
relativi allegati;
Visto l'atto di
costituzione in giudizio del Comune di Anguillara Sabazia.
Vista la memoria
prodotta dallo stesso Comune a sostegno della propria difesa;
Visti gli atti tutti
della causa;
Udito alla pubblica
udienza del 26 ottobre 2000 il relatore Consigliere Paolo Restaino e uditi,
altresì, l’avv. Carlucci, per delega dell’avv. Grande per la ricorrente e
l’avv. Bigagli per l’amministrazione resistente.
Ritenuto e considerato
in fatto e in diritto quanto segue:
Viene impugnata la Ordinanza n. 185 in
data 7.12.1994 con la quale il Sindaco del Comune di Anguillara Sabazia ha ingiunto
alla ricorrente la demolizione di opere abusive consistenti nella realizzazione
di una canna fumaria in eternit.
Deduce la ricorrente come motivi di
gravame la violazione e falsa applicazione degli artt. 4 e 7 L. 28.2.85 n. 47
(e disposizioni successive) nonché eccesso di potere per carente, erronea ed
incompleta valutazione dei presupposti di fatto e di diritto.
Il preteso abuso è stato accertato a
seguito di sopralluogo effettuato dall’Ufficio Tecnico del Comune di Anguillara
Sabazia in violazione dell’art. 4 comma IV L. 47/85 che demanda agli Ufficiali
ed Agenti di P.G. l’accertamento delle violazioni in materia urbanistico
edilizia.
Viene altresì denunciata la violazione del
successivo art. 7 della stessa legge che riconduce le opere sanzionabili perché
eseguite in assenza di concessione a quelle che costituiscono un organismo
edilizio (o parte di esso) rilevante in sé ed autonomamente utilizzabile,
mentre nel caso di specie la presenza di una canna fumaria di ridotte
dimensioni non può avere destinazione autonoma, né comporta alcun aumento di
cubatura rispetto all’immobile su cui insiste.
Viene pertanto dedotta anche la omessa
valutazione di presupposti di fatto.
Rileva infine la istante che ella si è
avvalsa della normativa introdotta in materia di condono, effettuando in data
29.12.94, il pagamento di lire 2.000.000 dell’oblazione e presentando il
21.1.95 la relativa domanda con conseguente non attuabilità, nelle more, di
interventi da parte del Comune.
Il contraddittorio è stato istituito nei
confronti del Comune di Anguillara Sabazia che, costituitosi in giudizio,
sostiene nella propria memoria di difesa la infondatezza delle censure svolte
nel ricorso, mentre, con documentazione successivamente dallo stesso
depositata, viene allegato il provvedimento comunale con cui è stata dichiarata
priva di effetti la domanda di sanatoria presentata dalla attuale ricorrente
per l’abuso di cui trattasi.
Alla udienza del 26 ottobre 2000 la causa
è passata in decisione.
Sono infondati i rilievi che la attuale
istante (nei cui confronti il Comune di Anguillara Sabazia ha adottato un
provvedimento ingiuntivo della rimozione di una canna fumaria in quanto
realizzata su immobile di sua proprietà senza la concessione edilizia) propone
in via preliminare per contestare l’accertamento della violazione edilizia
addebitatale, da parte dell’Ufficio Tecnico comunale anziché ad opera di Agenti
di Polizia Giudiziaria che, ai sensi dell’art. 4 della legge n. 47/1985, di cui
la stessa lamenta la violazione, sarebbero gli unici competenti a rilevare la
esistenza di abusi edilizi perpetrati nell’ambito del territorio comunale. La
disposizione richiamata dalla ricorrente (il quarto comma dell’art. 4 della
legge n. 47/1985) intende soltanto statuire l’obbligo di “ufficiali ed agenti
di polizia giudiziaria” di dare immediata comunicazione, nei casi di presunte
violazioni urbanistico-edilizie, all’Autorità giudiziaria, al Presidente della
Giunta Regionale ed al Sindaco, ma non preclude allo stesso organo (e quindi al
Comune), cui il primo comma dello stesso art. 4 attribuisce l’esercizio della
vigilanza sulla attività urbanistico-edilizio ed al quale spetta in ogni caso,
anche ai sensi dello stesso quarto comma della legge in questione, la verifica
della regolarità delle opere (di presunta irregolarità edilizia) e la adozione
dei provvedimenti conseguenti una volta che abbia avuto cognizione di tali
abusi (anche ad opera, per ipotesi, di esposti o denunce di proprietari di
immobili limitrofi), di procedere ad accertamenti “in loco” servendosi dei
propri uffici tecnici e di emanare i conseguenti provvedimenti idonei a
reprimere l’abuso edilizio accertato, sulla base degli esiti di tali
accertamenti.
Risultano infondati, ad avviso del
Collegio, anche i successivi rilievi con i quali la ricorrente intende
denunciare la errata valutazione dei presupposti di fatto e la errata
applicazione delle disposizioni della stesa legge n. 47/1985 che sanzionano le
opere edilizie realizzate senza concessione, ad un intervento, quale quello da
lei eseguito, riducentesi nella semplice installazione di una canna fumaria
sull’edificio di sua proprietà che, per le sue dimensioni e la sua destinazione
di utilizzazione, sarebbe da ritenersi effettuabile senza il preventivo
rilascio di concessione edilizia.
Va precisato al riguardo che nel sistema di cui alla legge n. 47/1985, che
tipicizza le violazioni edilizie in ragione della natura, finalità e
caratteristiche degli interventi eseguiti prevedendo la applicazione di distinte
e corrispondenti misure sanzionatorie per la repressione dei rispettivi abusi,
devono ritenersi sottratte al regime della concessione edilizia soltanto quelle
opere che siano riconducibili (anche in applicazione di previsioni normative
dettate da disposizioni diverse da quelle della citata legge n. 47/1985) o al
regime della autorizzazione comunale ovvero a quello, estremamente
semplificato, della c.d. “denuncia di inizio di attività” che consente la
esecuzione di particolari interventi su edifici preesistenti mediante la
presentazione della medesima d.i.a. al Comune.
Sono dunque solo tali interventi che possono essere realizzati senza
concessione edilizia poiché a giudizio del legislatore nella ipotesi di
esecuzione degli stessi in preesistenti edifici e posti in un rapporto di
stretto collegamento con la costruzione cui accedono, può ritenersi proprio
dalla presenza dell’edificio principale, assorbito l’impatto o la alterazione
(sempre che sia di modesta proporzione) che il nuovo intervento arreca al
preesistente assetto edilizio.
Ora, per quanto concerne la canna fumaria installata dalla ricorrente
sull’edificio di sua proprietà risulta evidente, per le dimensioni della stessa
e la conformazione, in particolare del comignolo, di eccessiva e sproporzionata
mole e consistenza ponderale e per la conseguente alterazione, di palese
evidenza, che arreca alla costruzione su cui è stata installata ed alla sua
sagoma, che la stessa si presenta, nello spazio interessante la sua apposizione
ed elevazione in altezza, come un visibile prolungamento completativo degli
elementi costituenti la sagoma di una fiancata e della sovrastante copertura a
tetto spiovente dell’edificio preesistente, già realizzato.
La stessa canna fumaria non può perciò considerarsi, come sostiene la
ricorrente, un elemento meramente accessorio ovvero di ridotta e aggiuntiva
destinazione pertinenziale, come tale assorbito o occultato dalla preesistente
struttura dell’immobile.
Quanto infine alle considerazioni che la stessa istante riferisce alla avvenuta
presentazione di una domanda di condono che inibirebbe allo stato ogni
intervento repressivo del Comune, va osservato che quest’ultimo ha depositato
in giudizi la propria determinazione n. 1204/99 adottata in data 3.8.1999 con cui
la domanda che la istante aveva presentato per ottenere il condono “ex lege” n.
724/1994 è stata dichiarata priva di effetti per attuale inesistenza del suo
oggetto essendo già intervenuta la demolizione della stessa opera abusiva.
Non sussiste dunque, sotto ogni profilo,
alcuna possibilità di accoglimento delle censure svolte nel ricorso che va, per
tale ragione, rigettato.
Le spese vanno poste, nella misura nel dispositivo indicata, a carico della
ricorrente.
P. Q. M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del
Lazio (Sezione Seconda Ter) rigetta il ricorso indicato in epigrafe.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del Comune resistente, delle
spese di giudizio che si liquidano nella complessiva misura di L.
2.000.000=(due milioni) comprensive degli onorari di difesa.
Ordina che la presente sentenza sia
eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella Camera di
Consiglio del 26 ottobre 2000, con l'intervento dei Magistrati:
Gianni Leva Presidente
Paolo Restaino Consigliere est.
Giulio Amadio Consigliere