Sito giuridico
ambientale
Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
R
E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
PER L'EMILIA-ROMAGNA
SEZIONE DI PARMA
composto
dai Signori:
Dott. Gaetano Cicciò Presidente
Dott. Ugo Di Benedetto Consigliere Rel.Est.
Dott. Umberto Giovannini Primo Referendario.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso N. 501/96 proposto da xxx,
rappresentati e difesi dall’avv. xxx, ed elettivamente domiciliati nello studio
dell’avv. xxx, in Parma, xxx;
contro
- Ministero per i Beni Culturali e
Ambientali;
- Direttore Generale dell’Ufficio Centrale
per i Beni Ambientali e Paesaggistici del Ministero per i Beni Culturali e
Ambientali, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di
Bologna e domiciliati nella sede della stessa Avvocatura, in Bologna, via G.
Reni, 4;
e contro
Comune di Carpaneto Piacentino, n.c.;
per l'annullamento
del decreto del 21/5/96 con il quale
veniva annullata la delibera del Comune di Carpaneto n. 484 del 30/5/94 che
autorizzava i ricorrenti a costruire una stalla e una sala di mungitura in
località Fornace Vecchia, fraz. Chero;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio
dell’Avvocatura dello Stato;
Viste le memorie prodotte dai ricorrenti e
dall’Avvocatura a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Uditi alla pubblica udienza del 8 maggio
2001 gli avv. xxx per i ricorrenti e xxx per l’Avvocatura;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
1. I ricorrenti hanno impugnato il
provvedimento in epigrafe indicato con il quale il Direttore dell’Ufficio
Centrale per i Beni Ambientali e Paesaggistici ha annullato la deliberazione
della Giunta Comunale di Carpaneto del 30/5/1994, n. 484, che autorizzava i
ricorrenti, ex articolo 7 della legge 29/6/1939, n. 1497, a costruire una
stalla ed una sala mungitura in località Fornace Vecchia, fraz. Chero.
L’Amministrazione intimata. costituitasi in giudizio, ha concluso per la
reiezione del ricorso e, con separata memoria, ha sviluppato ampiamente le proprie
difese.
All’udienza del 8/5/2001 la causa è stata trattenuta in decisione.
2. Il ricorso è infondato.
Va respinta la prima censura con la quale
viene dedotta la violazione degli articoli 7 e 8 della legge 241/1990 per
mancata comunicazione dell’avvio del procedimento.
Infatti, il controllo di legittimità
attribuito agli organi dal Ministero per i Beni Culturali e Ambientali sulle
autorizzazioni paesaggistiche rilasciate ai sensi dell’articolo 7 della legge
1497/1939 non costituisce l’effetto di un autonomo procedimento amministrativo
bensì una fase necessaria del procedimento già avviato ad istanza di parte per
il rilascio della suddetta autorizzazione.
Pertanto i ricorrenti non possono invocare
la violazione degli articoli 7 e 8 della legge 241 del 1990 poiché dette
disposizioni non trovano applicazione nei procedimenti amministrativi avviati
ad istanza di parte. In tale ipotesi, infatti, gli interessati possono in ogni
momento rappresentare comunque le proprie osservazioni.
Nel caso concreto, poi, i ricorrenti erano
stati espressamente avvertiti dell’avvio della fase di controllo presso la
Soprintendenza poiché la stessa concessione edilizia rilasciata dal Sindaco
(doc. 3) precisa che “la medesima viene trasmessa per conoscenza alla Soprintendenza
di Bologna per eventuali provvedimenti entro sessanta giorni ai sensi
dell’articolo 1, comma 5, della legge 431/85”, come ammesso nel ricorso stesso
(vedi pag. 2 del ricorso).
3. Né sussiste l’incompetenza dedotta con la seconda censura. Infatti il potere
di annullamento dell’autorizzazione paesaggistica, che l’art. 82, comma nono,
del D.P.R. 616/1977, attribuiva direttamente al Ministro, deve ritenersi, - a
seguito dell’entrata in vigore del D. Lvo n. 29/1993, che ha attribuito ai
dirigenti la competenza su tutti gli atti gestionali già riservati agli organi
politici – di competenza della dirigenza ministeriale e, segnatamente, del
Direttore generale dell’ufficio centrale per i BB.AA.PP., salvo eventuale
delega ai Soprintendenti territorialmente competenti (cfr Cons. Stato, sez. VI,
3 novembre 2000 n. 5934).
4. Né sussiste la violazione dell’articolo
82 del D.P.R. n. 616/77 per emanazione tardiva del provvedimento di
annullamento.
Il termine in questione per l’emanazione del provvedimento (non recettizio),
decorre dalla data di ricevimento, da parte dell’Amministrazione competente,
del provvedimento autorizzatorio completo dell’intera documentazione, salva la
possibilità di disporre integrazioni istruttorie che interrompono il predetto
termine perentorio (cfr ex multis CdS, sez. V, 3/2/2000, n. 678; CdS, sez. VI,
28/1/2000, n. 403; CdS, sez. VI, 10/11/2000, n. 6045) nel medesimo termine di
sessanta giorni (CdS, sez. VI, 28/12/2000, n. 7044).
Come puntualmente indicato dai ricorrenti
nella terza censura, in data 4/2/96 la Soprintendenza riceveva i documenti
relativo al caso in esame. In data 27/2/96, poi, chiedeva integrazioni
documentali che a lei pervenivano il 2/4/96 e successivamente in data 21/5/96
il Direttore Generale disponeva l’annullamento in parola. Poiché le richieste
istruttorie del 27/2/96 (doc. 7) non erano certo pretestuose, soltanto dalla
data di ricezione della documentazione trasmessa (vedi doc. 8) poteva ritenersi
completa la documentazione necessaria per l’esercizio del potere di controllo
che è stato effettuato, pertanto, entro sessanta giorni da quest’ultima data.
5. Né può condividersi la quarta censura
dedotta con la quale i ricorrenti rilevano che gli interventi indicati
dall’articolo 17, commi 1° e 8°, del Piano Territoriale Paesistico Regionale,
tra cui rientrerebbe quello in esame, sarebbero comunque consentiti, senza
possibilità di alcuna valutazione discrezionale in merito.
Contrariamente a quanto sopra dedotto,
anche per gli interventi suddetti resta il potere autorizzatorio ex articolo 7
della legge n. 1497/1939, da sottoporre a verifica di legittimità ai sensi del
citato art. 82 D.P.R. 616/1977.
Il Piano paesistico regionale, infatti, costituisce un ulteriore mezzo di
tutela del paesaggio ed è connesso, nel suo momento genetico, con i vincoli
stessi e, nel suo momento funzionale, con l’autorizzazione puntuale e concreta
agli interventi edilizi, ai sensi del citato articolo 7 della legge 1497/1939.
Il piano paesistico regionale, infatti,
non supera i vincoli paesistici bensì ne costituisce uno “strumento di
attuazione” essendo diretto a disciplinarne l’operatività (Corte Costituzionale
13/7/1990, n. 327). Esso può determinare la portata, i contenuti e gli effetti
dei vincoli già imposti al fine di disciplinarne l’operatività superando
l’episodica e frammentaria tutela derivante da un mero regime autorizzatorio.
Pertanto, poiché il vincolo permane e non viene meno con l’approvazione del
piano paesistico (cfr Cons. Stato, sez. VI, 20/1/1998, n. 106) quest’ultimo non
può mai derogare, per categorie di opere, alla necessità dell’autorizzazione
poiché ciò attiene al regime inderogabile del vincolo stesso. In caso contrario
il piano paesistico più che uno strumento di attuazione e gestione del vincolo
costituirebbe un inammissibile strumento di attenuazione se non di deroga. In
definitiva, per ciò che attiene all’edificazione, il piano paesistico ben può
individuare degli interventi che, per la loro natura, funzione o dimensione,
sono in posizione di incompatibilità assoluta con i valori salvaguardati dal
vincolo precludendo, in tal modo, ogni possibilità autorizzatoria. Al contrario
per le restanti opere la compatibilità continua a dover essere valutata in
concreto essendo indispensabile un giudizio tecnico-discrezionale puntuale da
effettuarsi con la specifica autorizzazione, caso per caso, ai sensi
dell’articolo 7 della legge 1497 del 1939. Naturalmente, al fine di
omogeneizzare gli interventi, il piano può stabilire criteri, parametri e tipologie
a salvaguardia del settore protetto, per evitare che le aree siano utilizzate
in modo pregiudizievole per i valori tutelati dal vincolo paesistico, quali
criteri generali per l’esercizio del potere autorizzatorio nei casi concreti.
Pertanto, l’elencazione delle opere
consentite dall’articolo 17 del P.T.P. della Regione Emilia-Romagna non
consiste in una automatica autorizzazione generale. Essa individua alcune
tipologie di opere astrattamente compatibili con il vincolo, ferma restando la
necessaria autorizzazione, ai sensi dell’art. 7 della legge 1497/1939, previa
verifica di una puntuale compatibilità in concreto dell’opera edilizia stessa
con i valori tutelati dal vincolo nel particolare contesto in cui l’intervento
si inserisce.
6. Né è condivisibile la quinta censura
con cui si deduce la violazione dell’articolo 82, comma 3, del D.P.R. 616/1977
e la violazione dell’articolo 3 della legge 241/1990 nonché l’eccesso di potere
per travisamento dei fatti.
Va, infatti, osservato che le autorizzazioni ex articolo 7 citato, anche se
hanno natura di atti ampliativi della sfera giuridica dei destinatari, debbono
essere congruamente motivate in modo che possa essere ricostruito l’iter logico
che ha condotto a ritenere le opere autorizzate non lesive dei valori
paesistici sottesi all’imposizione del vincolo (cfr ex multis Cons. Stato, sez.
VI, 2/3/2000, n. 1096; Cons. Stato, sez. VI, 8/3/2000, n. 1162; Cons. Stato,
sez. VI, 3/11/2000, n. 5934).
Nel caso concreto il provvedimento
impugnato ha posto chiaramente in evidenza la totale carenza di motivazione
dell’autorizzazione ex art. 7 citato che ha apoditticamente affermato la
mancanza di contrasto dell’intervento con il Piano Paesistico Regionale, senza
altro aggiungere.
L’autorizzazione annullata dal Direttore
Generale del Ministero del Beni Ambientali e Paesistici con il provvedimento
impugnato, infatti non spiega come e perché l’intervento autorizzato pur
“modificando lo stato dei luoghi, è da considerarsi compatibile con le esigenze
di tutela paesaggistica” e, pertanto, è affetto dalle illegittimità rilevate
con l’atto impugnato per totale carenza di motivazione.
7. Per tali ragioni il ricorso va
respinto.
Sussistono giustificate ragioni per la
integrale compensazione tra le parti delle spese di causa.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia-Romagna, Sezione di Parma, definitivamente pronunziando sul ricorso in epigrafe, lo RESPINGE.
Spese compensate.
Ordina che la presente
sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.
Così deciso in Parma, il giorno 8 maggio 2001.
f.to Gaetano Cicciò Presidente
f.to Ugo Di Benedetto Consigliere Rel.Est.
Depositata in Segreteria ai sensi dell’art.55 L.18/4/82, n.186
Parma, lì 24 maggio 2001
Il
Segretario
f.to Eleonora Raffaele