Sito giuridico ambientale
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
SEZ. VI – Sentenza 28 dicembre 2000 n.
7044
N.
Reg.Dec.
N. 5144 Reg.Ric.
ANNO 1995
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha
pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n.5144/1995, proposto dal Ministero dei beni culturali e
ambientali, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, e per legge domiciliato presso gli uffici di quest’ultima, in
Roma, via dei Portoghesi, n.12;
contro
xxx rappresentati e difesi dagli Avv.ti xxx, presso quest’ultimo
elettivamente domiciliati in Roma, alla via xxx;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. dell’Umbria, 3 marzo 1995, n.83, resa tra le parti.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
visto l’atto di costituzione in giudizio degli appellati e
l’appello incidentale da questi proposto;
viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
difese;
visti tutti gli atti della causa;
relatore alla pubblica udienza del 7 luglio 2000 il consigliere Francesco Caringella e udito l'Avv. dello Stato xxx;
ritenuto e considerato quanto segue.
1. Il Comune di
Assisi, quale autorità subdelegata dalla Regione, rilasciava l’autorizzazione
paesistica in relazione ad opere al servizio dell’abitazione di pertinenza dei
signori xxx. Con decreto ministeriale 21 settembre 1993, la suddetta
autorizzazioni paesistica veniva annullata congiuntamente ad altre
autorizzazioni paesistiche rese dal Comune Assisi.
I privati istanti proponevano ricorso al T.A.R. Umbria avverso
detto decreto e avverso gli atti presupposti.
1.1. Il T.A.R. Umbria,
con la sentenza in epigrafe, accoglieva il motivo di ricorso con cui si era
dedotta la tardività del D.M. 21 settembre 1993, lamentandosi che dies a quo
del termine di sessanta giorni doveva essere ritenuto quello in cui la
documentazione perviene alla locale Soprintendenza, e non al Ministro; inoltre,
ad avviso del T.A.R., rileverebbe quale dies a quo la data di effettivo arrivo
degli atti alla Soprintendenza, e non quella di protocollazione degli stessi.
Quanto al dies ad quem il Tribunale, poggiando sull’assunto del carattere
recettizio dell’atto di annullamento osservava che nel termine di 60 giorni,
diversamente da quanto accaduto nel caso di specie, il decreto va non solo
adottato ma anche comunicato agli interessati.
Il T.A.R. respingeva invece il motivo di ricorso con cui si era
dedotto che il termine di sessanta giorni per l’esercizio del potere
ministeriale di annullamento delle autorizzazioni paesistiche non può subire
interruzioni o sospensioni per richieste istruttorie, e assorbiva tutti gli
altri motivi di ricorso.
2. Avverso tale
sentenza ha interposto appello il Ministero dei beni culturali e ambientali.
Si sono costituiti gli appellati, che con appello incidentale hanno
riproposto tutti i motivi del ricorso di primo grado che il T.A.R. ha respinto
o dichiarato assorbiti.
3. Il Ministero
appellante critica la sentenza del T.A.R., osservando, quanto al dies a quo,
che il termine di sessanta giorni per l’esercizio del potere ministeriale di
annullamento decorre solo da quando gli atti arrivano al Ministro, e non da
quando arrivano alla Soprintendenza. Rileva inoltre il Ministero, in merito al dies
ad quem, che, per pacifica giurisprudenza, nel detto termine il decreto va
adottato e non anche comunicato ai soggetti destinatari.
3.1. Il mezzo è fondato.
In merito al dies a quo il Collegio osserva, ribadendo la posizione
di recente assunta dalla Sezione (decisione 2 marzo 2000, n.1096), che il
termine perentorio di sessanta giorni per l’adozione del provvedimento
ministeriale di annullamento di nulla osta paesistico, inizia a decorrere solo
da quando la documentazione perviene, completa, all’organo competente a
decidere (C. Stato, sez.IV, 4 dicembre 1998, n.1734), che è il Ministro, e non
gli organi periferici dell’amministrazione dei beni culturali e ambientali (C.
Stato, sez.VI, 3 marzo 1994, n.241).
Ai fini della decorrenza del dies a quo, pertanto, non rileva
l’arrivo degli atti alla Soprintendenza, occorrendo invece che gli atti
pervengano al Ministero, inteso come amministrazione centrale (C. Stato,
sez.VI, 6 ottobre
1999, n.1319).
In contrario, non interessa che una circolare del Ministero dei
beni culturali e ambientali stabilisca che le pratiche relative a nulla osta
paesistici siano inoltrate al Ministro per il tramite delle locali
Soprintendenze, in quanto le circolari non possono essere ritenute vincolanti
se contrarie alle leggi.
Nella specie, l’art.82, D.P.R. n.616 del 1977, stabilisce che le
Regioni devono trasmettere le autorizzazioni paesistiche rilasciate <<al
Ministero>>, e non già alle periferiche Soprintendenze, e che dall’arrivo
degli atti al Ministero decorre il termine di sessanta giorni per l’esercizio
del potere di annullamento.
Pertanto, la circolare in questione non è idonea né ad alterare il
regime del dies a quo del termine, né a modificare l’organo destinatario degli
atti.
I nulla osta paesistici devono essere inoltrati direttamente
all’amministrazione centrale.
E il termine di sessanta giorni per l’annullamento ministeriale
decorre, pertanto, da quando gli atti arrivano all’amministrazione centrale,
atteso che competente a provvedere è il Ministro.
D’altro canto, la parte interessata può sempre pretendere che le
Soprintendenze trasmettano gli atti immediatamente all’amministrazione
centrale, senza trattenere gli stessi per l’istruttoria, ovvero presentare
direttamente gli atti a quest’ultima, in tal modo attivando la decorrenza del
termine di sessanta giorni per l’esercizio del potere ministeriale di
annullamento; e conseguentemente dedurre in giudizio la superfluità
dell’operato delle Soprintendenze dal momento in cui gli atti pervengono
all’amministrazione centrale. In difetto di tale contestazione specifica in
giudizio, nella specie mancante, la parte non può duolersi della circostanza
che, presentati gli atti alla Soprintendenza periferica, questa li trattenga
per l’istruttoria del caso e li trasmetta all’amministrazione centrale solo
quando la documentazione è completa, in tal modo spostando in avanti la
decorrenza del termine di sessanta giorni.
3.2. Parimenti fondata si
appalesa la censura mossa dall’appellante in merito al dies ad quem. Il
Collegio non ha motivo per discostarsi dal consolidato orientamento della
Sezione, di recente suffragato dall’Adunanza Plenaria del Consiglio (decisione
n.20/1999) a dire del quale, stante il carattere non recettizio della
statuizione di che trattasi, nel termine di legge il decreto deve essere
adottato e non anche comunicato al destinatario.
3.3. Applicando le
tracciate coordinate al caso di specie risulta in definitiva che gli atti
risultano trasmessi dalla Soprintendenza all’amministrazione centrale il 3
settembre 1993.
Rispetto a tale data, il decreto ministeriale del 21 settembre 1993
risulta tempestivo. Alla stessa conclusione deve pervenirsi anche considerando
quale dies a quo il termine di effettiva ricezione (anziché quello di
protocollatura) individuato dagli appellati nel 6 agosto 1993.
Per quanto esposto, va accolto l’appello principale.
4. Occorre ora passare
all’esame dei motivi del ricorso di primo grado che il T.A.R. hanno respinto o
dichiarato assorbiti, e che gli appellati ha espressamente riproposto con
appello incidentale.
4.1.
Gli
appellati contestano anzitutto, sempre in merito al dies a quo per la
decorrenza del termine di sessanta giorni per l’adozione del provvedimento
ministeriale di annullamento del nulla osta paesistico, che il termine in
parola possa subire interruzioni o sospensioni a causa delle richieste di
integrazione istruttoria rivolte dall’amministrazione statale al Comune di
Assisi.
L’ordinamento non prevederebbe, infatti, la possibilità che il
termine di sessanta giorni possa subire interruzioni o sospensioni per
integrazioni istruttorie; in ogni caso nella specie le richieste istruttorie
sarebbero palesemente pretestuose attesa la natura del controllo riservata al Ministero,
limitata al profilo della legittimità dell’autorizzazione paesistica.
4.2. La censura è
infondata.
4.2.1. Il termine di sessanta giorni inizia a decorrere solo da quando
la documentazione perviene, completa, all’organo competente a decidere (C. Stato,
sez.IV, 4 dicembre 1998, n.1734; sez.VI, n.1096/2000 cit.), essendo inidonea a
far iniziare la decorrenza del termine la presentazione di documentazione
incompleta, e dunque tale da non consentire il corretto esercizio del potere di
controllo attribuito all’amministrazione per i beni culturali e ambientali in
materia paesistica (C. Stato, sez.VI, 14 febbraio 1996, n.209).
Essendo necessario, ai fini del corretto esercizio del potere di
controllo attribuito all’amministrazione, che a questa pervenga una documentazione
completa, deve coerentemente ammettersi, senza che a nulla rilevi una specifica
previsione di legge, che possano essere chieste le necessarie integrazioni
istruttorie (C. Stato, sez.VI, 14 febbraio 1996, n.209).
Ciò che deve ritenersi non consentito, stante la perentorietà del
termine, è che lo stesso venga sospeso, interrotto o prorogato arbitrariamente,
cioè al di fuori di una necessaria istruttoria (C. Stato, sez.VI, 16 marzo
1995, n.279), e tanto nell’ottica del principio di leale cooperazione, che per
Corte Cost. 18 ottobre 1996, n.341, non opera in modo unidirezionale, perché al
dovere regionale di informazione immediata e completa corrisponde il dovere
statale di non determinare ingiustificati aggravamenti del procedimento con
richieste di documentazione pretestuose, dilatorie o tardive, suscettibili di
menomare l’esercizio delle attribuzioni regionali in materia di tutela del
paesaggio. Sotto questa angolazione prospettica, la Consulta ha ritenuto
costituzionalmente legittimo l’art.82, co. 9, D.P.R. n.616 del 1977, nella
parte in cui non prevede alcun preciso e univoco referente temporale per la
decorrenza del termine di sessanta giorni entro cui il Ministero può annullare
il nulla osta paesistico regionale (C. Cost., 4 giugno 1997, n.170).
Quest’ultima pronuncia ha anche osservato che in caso di inerzia amministrativa
l’interessato può tutelare la propria situazione soggettiva attivando anche le
misure per un sollecito inoltro della pratica e comunque può rivolgersi
direttamente al Ministero per i beni culturali e ambientali; inoltre le regole
procedimentali sul responsabile del procedimento e sui diritti di
partecipazione e di accesso assicurano il rispetto del buon andamento.
Deve aggiungersi che presupponendo il termine di sessanta giorni
per l’esercizio del potere di annullamento che la pratica sia pervenuta
completa di tutta la documentazione, se tale completezza documentale non
sussiste (nella specie mancava nella documentazione anche il parere al quale
rinviava l’autorizzazione paesistica, all’evidenza necessario nell’ottica della
verifica di legittimità), deve ritenersi possibile la richiesta di integrazione
istruttoria nel medesimo termine di sessanta giorni.
D’altro canto, come già osservato, la parte interessata può sempre
pretendere che le Soprintendenze trasmettano gli atti immediatamente
all’amministrazione centrale, senza trattenere gli stessi per l’istruttoria,
ovvero presentare direttamente gli atti a quest’ultima, in tal modo attivando
la decorrenza del termine di sessanta giorni per l’esercizio del potere
ministeriale di annullamento; e conseguentemente dedurre in giudizio la
superfluità dell’operato delle Soprintendenze dal momento in cui gli atti
pervengono all’amministrazione centrale. In difetto di tale contestazione specifica
in giudizio, nella specie mancante, la parte non può duolersi della circostanza
che, presentati gli atti alla Soprintendenza periferica, questa li trattenga
per l’istruttoria del caso e li trasmetta all’amministrazione centrale solo
quando la documentazione è completa, in tal modo spostando in avanti la
decorrenza del termine di sessanta giorni.
4.2.2. Ciò premesso, deve
osservarsi, in fatto, che il potere di annullamento risulta tempestivamente
esercitato, atteso che le richieste istruttorie non appaiono né tardive né
dilatorie.
Nella specie, la trasmissione degli atti dal Comune alla
Soprintendenza non era completa, tanto che la Soprintendenza ha chiesto al
Comune integrazione istruttoria.
Le richieste istruttorie della Soprintendenza hanno riguardato:
documentazione grafica e fotografica, il parere della commissione edilizia, cui
fanno rinvio le autorizzazioni paesistiche rilasciate dal Comune di Assisi.
Le richieste non appaiono perciò pretestuose, ma congrue, e
appaiono piuttosto elusive le risposte del Comune di Assisi, che non ha inteso
trasmettere la richiesta documentazione e, in particolare, i pareri della
commissione edilizia, pareri che avrebbero consentito al Ministero di
verificare se l’amministrazione comunale avesse o meno compiuto le valutazioni
di compatibilità ambientale degli interventi edilizi.
Alla luce di quanto esposto, il presente motivo di appello
incidentale va respinto.
5. L’appellato
ripropone, poi, gli altri motivi del ricorso di primo grado e lamenta che:
- il decreto ministeriale di annullamento avrebbe esercitato un non
consentito sindacato di merito;
- il decreto ministeriale è viziato da difetto di motivazione;
- il decreto ministeriale stigmatizza il difetto di motivazione del
nulla osta annullato, senza considerare che quest’ultimo, essendo un atto
ampliativo, non necessita di specifica motivazione;
- il difetto di motivazione del decreto ministeriale emerge anche
dalla circostanza che con un unico decreto sono state annullate diverse
autorizzazioni paesistiche, con un’unica motivazione che non consente di
comprendere l’iter logico seguito dal Ministero per ciascuna delle tre diverse
situazioni.
5.1. Le censure sono
infondate.
5.1.1. Il decreto
ministeriale non ha esercitato alcun sindacato di merito, ma si è mantenuto nei
limiti del controllo di legittimità.
Tuttavia, nell’ambito del sindacato di legittimità, il Ministero
per i beni culturali e ambientali può stigmatizzare qualsiasi vizio del nulla
osta paesistico, ivi compresi quelli di eccesso di potere per difetto di
istruttoria e di motivazione.
E’ quanto accaduto nel caso di specie, in cui i pareri paesistici
sono assolutamente carenti di qualsiasi motivazione in ordine alla
compatibilità ambientale delle opere da condonare, di talché correttamente il
decreto ministeriale ha rilevato il vizio di istruttoria e di motivazione.
5.1.2. Né potrebbe
costituire motivazione sufficiente dei pareri paesistici il generico richiamo
ai pareri della commissione edilizia, che non sono neppure in atti, e che,
anzi, il Comune di Assisi si è espressamente rifiutato di trasmettere alla
Soprintendenza, nonostante questa ne avesse fatto specifica richiesta.
Pertanto, il provvedimento ministeriale non poteva valutare la
sussistenza, nei pareri paesistici, di una motivazione per relationem ai pareri
della commissione edilizia, atteso che il Comune si è rifiutato di trasmettere
all’amministrazione statale detti pareri.
5.1.3. Neppure può
sostenersi che i pareri paesistici, in quanto atti autorizzatorii ampliativi,
non necessiterebbero di specifica motivazione, in quanto, trattandosi di atti
che incidono sull’interesse pubblico alla salvaguardia dell’ambiente, devono
essere specificamente e congruamente motivati.
5.1.4. Non può condividersi
neppure la censura dell’appellante incidentale di difetto di istruttoria e
motivazione del decreto ministeriale. Quest’ultimo, rilevato il difetto di
istruttoria e motivazione dei pareri paesistici, non poteva esso stesso
compiere valutazioni specifiche, riservate al Comune.
5.1.5. Quanto, infine, al
rilievo secondo cui il difetto di motivazione del decreto ministeriale
emergerebbe dalla circostanza che con un unico provvedimento sono stati
annullate molteplici autorizzazioni paesistiche, con una medesima motivazione,
è da osservare che l'unicità di motivazione per una pluralità di situazioni
diverse non determina, nel caso di specie, vizio alcuno. E, invero, tutte le
autorizzazioni paesistiche espresse dal Comune di Assisi sono state reputate
prive di motivazione, e pertanto, essendo identico il vizio delle stesse, unica
poteva essere la motivazione dell’annullamento ministeriale.
6. In conclusione, va
accolto l’appello principale e respinto quello incidentale.
Le spese di lite possono essere interamente compensate in relazione
ad entrambi i gradi di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione sesta),
definitivamente pronunciando sul ricorso principale in epigrafe, lo accoglie;
respinge l’appello incidentale.
Compensa
interamente tra le parti le spese e gli onorari di lite in relazione ad
entrambi i gradi di giudizio.
Ordina che la pubblica amministrazione dia esecuzione alla presente
decisione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 7 luglio 2000, con la partecipazione di:
Giovanni RUOPPOLO Presidente
Sergio SANTORO Consigliere
Paolo NUMERICO Consigliere
Lanfranco BALUCANI Consigliere
Francesco CARINGELLA Consigliere
Est.
Presidente Consigliere
Segretario