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Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
Corte
Costituzionale Sentenza del 17 maggio 2001 n. 135.
IN NOME DEL
POPOLO ITALIANO
LA CORTE
COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Fernando SANTOSUOSSO Presidente
- Massimo VARI Giudice
- Riccardo CHIEPPA "
- Gustavo ZAGREBELSKY "
- Valerio ONIDA "
- Carlo MEZZANOTTE "
- Fernanda CONTRI "
- Guido NEPPI MODONA "
- Piero Alberto CAPOTOSTI "
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
ha pronunciato
la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale
della legge della Regione Liguria, riapprovata il 26 gennaio 1999, recante
"Ulteriori modificazioni alla legge regionale 1° luglio 1994 n. 29 (Norme
regionali per la protezione della fauna omeoterma e per il prelievo
venatorio)", promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei
ministri, notificato l'11 febbraio 1999, depositato in Cancelleria il 19
successivo ed iscritto al n. 8 del registro ricorsi 1999.
Visto l'atto di costituzione della Regione
Liguria;
udito nell'udienza pubblica del 23 gennaio
2001 il Giudice relatore Fernanda Contri;
uditi l'avvocato dello Stato Giuseppe
Fiengo per il Presidente del Consiglio dei ministri e l'avvocato Gigliola
Benghi per la Regione Liguria.
Ritenuto in fatto
1. - Con ricorso regolarmente notificato e
depositato, il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato in via
principale, in riferimento all'art. 19 della legge 11 febbraio 1992, n. 157
(Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo
venatorio), questione di legittimità costituzionale della delibera legislativa
recante "Ulteriori modificazioni alla legge regionale 1° luglio 1994 n. 29
(Norme regionali per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il
prelievo venatorio)", riapprovata a maggioranza assoluta dal Consiglio
regionale della Liguria nella seduta del 26 gennaio 1999, nell'identico testo
rinviato dal Governo con atto del 15 gennaio 1999.
Ad avviso del ricorrente, l'impugnata
delibera legislativa "detta disposizioni che conferiscono alla Giunta
regionale un potere di controllo della fauna selvatica ... che si dovrebbe
svolgere attraverso procedure diverse da quelle previste dall'art. 19 della
legge 11 febbraio 1992 n. 157 e in relazione ... ad una materia, quale l'elenco
delle specie cacciabili, di normale pertinenza della normativa statale".
La disposizione censurata inserisce il comma
2-bis nel testo dell'art. 36 della legge regionale n. 29 del 1994, che al comma
2 disciplina il controllo della fauna selvatica, prevedendo che le Province -
per la migliore gestione del patrimonio zootecnico, per la tutela del suolo,
per motivi sanitari, per la selezione biologica, per la tutela del patrimonio
storico artistico, per la tutela delle produzioni zoo-agro-forestali ed ittiche
- provvedono al controllo selettivo della fauna selvatica "mediante
l'utilizzo di metodi ecologici"; lo stesso comma 2 dell'art. 36 prevede
che, qualora l'Istituto nazionale per la fauna selvatica verifichi
l'inefficacia di detti metodi, la Provincia può autorizzare piani di
abbattimento, destinati ad essere attuati dalle guardie venatorie dipendenti
dalle Province.
Il comma 2-bis censurato dal Governo
integra la citata disposizione stabilendo che, "qualora l'esigenza di
tutela delle produzioni zoo-agro-forestali ed ittiche richieda l'adozione di
iniziative volte a prevenire gravi danni alle colture, al bestiame domestico,
ai boschi, alla pesca ed alle acque, così come previste dall'art. 34, comma 2,
la Giunta regionale procede con propria deliberazione, assunta d'intesa con le
Province interessate, coordinando detta previsione con le norme del presente
articolo e tenendo conto del D.P.C.M. 21 marzo 1997 e delle altre normative
nazionali e comunitarie vigenti in materia".
L'introduzione del menzionato comma 2-bis
viene censurata dal ricorrente in considerazione del rinvio all'art. 34, comma
2, che, tra l'altro, autorizza la Giunta regionale, d'intesa con le Province,
ad includere nell'elenco delle specie cacciabili dalla terza domenica di
settembre al 31 dicembre una serie di specie selvatiche (tra le quali il
passero, lo storno, la gazza, la cornacchia, il corvo). A questo riguardo, nel
ricorso, si legge: "Il riferimento all'art. 34 comma 2 della legge
regionale 1° luglio 1994 n. 29, per molti aspetti incomprensibile nel contesto
normativo dell'art. 36 della stessa legge, acquista in tal modo un significato
inequivoco. Il potere di controllo venatorio, pacificamente spettante
all'autorità regionale, viene piegato, attraverso l'atipicità della procedura
adottata, alla finalità di un ampliamento dell'elenco regionale delle specie
cacciabili".
Il Presidente del Consiglio lamenta la
violazione dell'art. 19 della legge-quadro n. 157 del 1992 ed altresì,
richiamando la sentenza della Corte costituzionale n. 272 del 1996,
l'inosservanza del principio che riserva allo Stato la regolamentazione delle
specie cacciabili, giacché la legge regionale impugnata introdurrebbe una nuova
categoria di interventi di controllo faunistico - diversi da quelli, di
competenza provinciale, attuati nell'àmbito di un piano selettivo da sole
guardie venatorie previo parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica
- "che si realizzano attraverso generici inserimenti delle specie protette
nell'elenco regionale delle
specie cacciabili da parte della
generalità dei cacciatori muniti di licenza".
2. - Nel giudizio davanti a questa Corte
si è costituita la Regione Liguria per chiedere che il ricorso del residente
del Consiglio sia dichiarato inammissibile o, nel merito, infondato.
In via preliminare, la Regione eccepisce
l'inammissibilità del ricorso con il quale è stata impugnata la delibera
legislativa riapprovata a maggioranza assoluta dal Consiglio regionale il 26
gennaio 1999, nell'identico testo rinviato dal Governo con atto del 15 gennaio
1999, in quanto per quest'ultimo atto di rinvio "mancava radicalmente il
presupposto". Ad avviso della resistente, infatti, il testo rinviato in
data 15 gennaio 1999 (approvato dal Consiglio regionale con delibera del 22
dicembre 1998) risultava modificato rispetto
ad una precedente delibera legislativa
(adottata il 3 novembre 1998, e già oggetto di un primo rinvio governativo,
comunicato alla Regione il 5 dicembre 1998) al solo scopo di adeguarsi al
rilievo, formulato con il primo atto di rinvio, circa l'inosservanza, da parte
della delibera legislativa del 3 novembre 1998, delle norme contenute nel
d.P.C.m. 21 marzo 1997.
La resistente si duole inoltre, da un
lato, della coincidenza solo parziale tra motivi del rinvio e motivi del
ricorso, lamentando quest'ultimo anche la violazione - non rilevata in sede di
rinvio - della riserva di competenza statale in ordine alla regolamentazione
delle specie cacciabili; dall'altro, della mancata indicazione, da parte del
ricorrente, della norma costituzionale violata dalla Regione.
Nel merito, la Regione Liguria esclude
innanzi tutto che la disciplina censurata, che ha finalità di controllo
faunistico, abbia "a che vedere con l'inserimento di determinate specie
nel calendario venatorio", a norma dell'art. 34, comma 2, della legge
regionale n. 29 del 1994. A differenza di quanto prevede quest'ultima
disposizione, si osserva nell'atto di costituzione, "l'art. 36 [che la
disposizione censurata integra, inserendovi il comma 2-bis] non risolve il
problema del danno alle colture consentendo l'inclusione di determinate specie
non cacciabili nel calendario venatorio (e quindi: utilizzando l'attività
venatoria in corso quale metodo per limitare la sovrappopolazione di specie
dannose all'agricoltura), ma è norma che regola con carattere di generalità il
controllo delle specie dannose, al di là ed indipendentemente dalla stagione
venatoria, e con l'utilizzo di metodi non necessariamente coincidenti con
l'abbattimento".
Il comma 2-bis introdurrebbe la competenza
della giunta regionale in luogo di quella provinciale al fine dell'adozione di
misure di controllo destinate a prevenire "danni che - per la loro
estensione generalizzata - esorbitino dal territorio di una o più province, per
assurgere a fenomeno di portata regionale", come accade per i danni alle
coltivazioni di olivi causati dallo storno, "per il controllo del quale
sono risultati del tutto inadeguati gl'interventi finora attuati da parte
provinciale".
A questo proposito, deduce la Regione
resistente che "il prelievo di specie non cacciabili non avviene (né lo
potrebbe) mediante inclusione della singola specie nell'elenco, giacché ciò consentirebbe
il prelievo con carattere di stabilità per tutto il tempo collegato alla durata
dell'intera stagione venatoria, ma al diverso fine di controllare - quando se
ne presenti la necessità, e con le modalità descritte al secondo comma del
medesimo art. 36 - una specie faunistica che sta causando danno alle
colture". Sarebbe proprio l'esplicito riferimento alla necessità di
coordinamento "con le norme del presente articolo", contenuto nella
stessa disposizione censurata, a garantire il rispetto della procedura che
prevede il previo parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica e la
eventuale predisposizione di un piano di abbattimento.
In merito al riferimento, contenuto
anch'esso nella disposizione censurata, all'art. 34, comma 2, della legge regionale
n. 29 del 1994, la Regione afferma che tale rinvio "serve solo a
richiamare l'identità dei presupposti di fatto delle due fattispecie (esistenza
di danni all'agricoltura o al bestiame)".
Considerato in diritto
1. - Con ricorso del Presidente del
Consiglio dei ministri, il Governo ha sollevato in via principale, in
riferimento all'art. 19 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la
protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), questione
di legittimità costituzionale della delibera legislativa recante
"Ulteriori modificazioni alla legge regionale 1° luglio 1994 n. 29 (Norme
regionali per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo
venatorio)", riapprovata a maggioranza assoluta dal Consiglio regionale
della Liguria nella seduta del 26 gennaio 1999, nell'identico testo rinviato
dal Governo con atto del 15 gennaio 1999. Nel ricorso, si deduce tra l'altro la
violazione, da parte della Regione, della riserva di competenza statale in
materia di regolamentazione delle specie cacciabili, profilo non esplicitato
nell'atto di rinvio.
2. - In via preliminare, occorre esaminare
l'eccezione, sollevata dalla resistente, di inammissibilità dell'impugnativa
del Governo in quanto successiva ad un atto di rinvio illegittimamente
reiterato, per il quale "mancava radicalmente il presupposto".
L'impugnata delibera legislativa è la
terza di una sequenza di tre delibere di contenuto omogeneo, in materia di
controllo faunistico, recanti modificazioni alla legge regionale 1° luglio
1994, n. 29: la prima, del 3 novembre 1998, è stata rinviata dal Governo con
atto comunicato alla Regione il 5 dicembre 1998; la seconda, adottata a
maggioranza assoluta il 22 dicembre 1998, che ha modificato il testo approvato
il 3 novembre nella parte oggetto dei rilievi formulati dal Governo, ed in
relazione a tali rilievi, ha provocato, anziché l'impugnazione da parte del
Governo, un nuovo rinvio, in data 15 gennaio 1999; la terza delibera
legislativa, impugnata nel presente giudizio costituzionale, è stata adottata a
maggioranza assoluta dal Consiglio regionale il 26 gennaio 1999 e non apporta
modifiche alla precedente. Sennonché, deduce la resistente, a giustificazione
del secondo rinvio governativo difettava il requisito della novità della
seconda delibera, ciò che si rifletterebbe sull'atto introduttivo del presente
giudizio, determinandone l'inammissibilità.
L'eccezione non è fondata.
Questa Corte è chiamata a valutare se sia
ammissibile il ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri con il quale è
stata impugnata la delibera legislativa recante "Ulteriori modificazioni
alla legge regionale 1° luglio 1994 n. 29 (Norme regionali per la protezione
della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio)", riapprovata
a maggioranza assoluta dal Consiglio regionale il 26 gennaio 1999 nell'identico
testo rinviato dal Governo con atto del 15 gennaio 1999, giacché il testo
rinviato in data 15 gennaio 1999 (approvato dal Consiglio regionale con delibera
del 22 dicembre 1998) sarebbe stato modificato rispetto ad una precedente
delibera legislativa (adottata il 3
novembre 1998, e già oggetto di un primo rinvio governativo, comunicato alla
Regione il 5 dicembre 1998) al solo scopo di adeguarsi al rilievo, formulato
con il primo atto di rinvio, circa l'inosservanza, da parte della delibera
legislativa del 3 novembre 1998, delle norme contenute nel D.P.C.M. 21 marzo
1997.
La difesa della Regione muove dalla
premessa secondo la quale il Governo non avrebbe potuto, dopo la riapprovazione
a maggioranza assoluta in data 22 dicembre 1998, reiterare il rinvio. In base
alla consolidata giurisprudenza di questa Corte, la seconda delibera
legislativa non poteva considerarsi "nuova" in quanto le modifiche
apportate dalla Regione alla prima delibera concernevano la disposizione
censurata con il primo rinvio e risultavano introdotte proprio allo scopo di
accogliere e superare i rilievi governativi (v., ex plurimis, sentenze nn. 260
del 1995; 359 del 1994; 287 del 1994; 158 del 1988). In tale frangente, il
Governo, ritenendo inappaganti le modifiche operate dalla Regione, avrebbe
dovuto impugnare la delibera nel termine previsto dall'art. 127 della
Costituzione.
In più di un'occasione, questa Corte ha
già avuto modo di precisare che il sistema previsto dall'art. 127 della
Costituzione presuppone, da un lato, che il Consiglio regionale, ove intenda
superare l'ostacolo costituito dal rinvio governativo, riapprovi la legge non
nuova a maggioranza assoluta e, dall'altro, che il Governo, di fronte ad una
legge non nuova, possa solo proporre questione di legittimità costituzionale
dinanzi a questa Corte (sentenza n. 287 del 1994; v. anche la sentenza n. 154
del 1990).
Ma tale premessa non può indurre a
ritenere inoppugnabile la terza delibera legislativa, adottata a maggioranza
assoluta, per la ritenuta inammissibilità del ricorso successivo ad un secondo
rinvio. La Regione, piuttosto, di fronte alla reiterazione del rinvio
governativo di una legge sprovvista, in base ai criteri individuati dalla
richiamata giurisprudenza costituzionale, del carattere di novità, avrebbe
potuto difendere la propria sfera di autonomia sollevando conflitto di
attribuzione davanti a questa Corte, in relazione all'atto di rinvio ritenuto
lesivo. L'ulteriore riapprovazione a maggioranza assoluta della legge
nuovamente rinviata
necessariamente riapre l'iter
procedimentale di cui all'art. 127 della Costituzione.
3. - L'eccezione di inammissibilità della
questione di legittimità costituzionale sollevata in riferimento al principio
che riserva allo Stato la competenza in materia di individuazione delle specie
cacciabili e di variazione dei relativi elenchi deve invece essere accolta, non
trovando tale motivo di ricorso la necessaria corrispondenza in rilievi formulati
dal Governo in sede di rinvio.
4. - Passando allo scrutinio nel merito
della questione sollevata in riferimento all'art. 19 della legge 11 febbraio
1992, n. 157, assunto a parametro interposto in quanto principio fondamentale
della materia a norma dell'art. 117 della Costituzione, il ricorrente assume
l'incostituzionalità dell'impugnata delibera legislativa, nella parte in cui
inserisce il comma 2-bis nel testo dell'art. 36 della legge regionale n. 29 del
1994 (il quale, al comma 2, disciplina il controllo selettivo della fauna
selvatica in modo sostanzialmente
conforme all'invocato art. 19 della
legge-quadro n. 157 del 1992) per disporre che, "qualora l'esigenza di
tutela delle produzioni zoo-agro-forestali ed ittiche richieda l'adozione di
iniziative volte a prevenire gravi danni alle colture, al bestiame domestico,
ai boschi, alla pesca ed alle acque, così come previste dall'art. 34, comma 2,
la Giunta regionale procede con propria deliberazione, assunta d'intesa con le
Province interessate".
Ciò, ad avviso del ricorrente,
autorizzerebbe la Giunta regionale ad includere nell'elenco delle specie
cacciabili una serie di specie selvatiche (passero, storno, gazza, cornacchia,
corvo) non più ammesse al prelievo venatorio in séguito all'entrata in vigore
del D.P.C.M. 21 marzo 1997, introducendo così una nuova categoria di interventi
di controllo faunistico "che si realizzano attraverso generici inserimenti
delle specie protette nell'elenco regionale delle specie cacciabili da parte
della generalità dei cacciatori muniti di licenza", interventi diversi da
quelli, di competenza provinciale, attuati nell'àmbito di un piano selettivo,
da sole guardie venatorie, previo parere dell'Istituto nazionale per la fauna
selvatica.
La questione è fondata.
L'art. 19, comma 2, della legge n. 157 del
1992, prevede che le Regioni, per la migliore gestione del patrimonio
zootecnico, per la tutela del suolo, per motivi sanitari, per la selezione
biologica, per la tutela del patrimonio storico artistico, per la tutela delle
produzioni zoo-agro-forestali ed ittiche, provvedono al controllo delle specie
di fauna selvatica, anche nelle zone vietate alla caccia.
Il legislatore statale specifica che tale
controllo, esercitato selettivamente, viene praticato di norma mediante
l'utilizzo di metodi ecologici, su parere dell'Istituto nazionale della fauna
selvatica. Qualora l'Istituto verifichi l'inefficacia dei predetti metodi, le
Regioni possono autorizzare piani di abbattimento destinati ad essere attuati
dalle guardie venatorie dipendenti dalle amministrazioni provinciali. Queste
ultime potranno altresì avvalersi dei proprietari o conduttori dei fondi sui
quali si attuano i piani medesimi, purché muniti di licenza per l'esercizio
venatorio, nonché delle guardie forestali e delle guardie comunali munite di
licenza per
l'esercizio venatorio.
Non v'è dubbio, innanzi tutto, che l'art.
19 della legge quadro n. 157 del 1992, nella parte in cui disciplina i poteri
regionali di controllo faunistico, costituisce un principio fondamentale della
materia a norma dell'art. 117 della Costituzione, tale da condizionare e
vincolare la potestà legislativa regionale: non solo per la sua collocazione
all'interno della legge quadro e per il rilievo generale dei criteri in esso
contenuti, frutto di una valutazione del legislatore statale di idoneità e
adeguatezza di tali misure rispetto alle finalità, ivi indicate, del controllo
faunistico; ma anche per il suo significato innovativo rispetto alla disciplina
del controllo faunistico di cui alla precedente legge cornice 27 dicembre 1977,
n. 968 (Principi generali e disposizioni per la protezione e la tutela della
fauna e la disciplina della caccia) - che all'art. 12 non precludeva la
partecipazione dei cacciatori (non proprietari dei fondi interessati)
all'esecuzione dei piani di abbattimento destinati al controllo selettivo - e
per l'inerenza della disposizione invocata dal Governo a materia contemplata
dalla normativa comunitaria in tema di protezione delle specie selvatiche. La
rigorosa disciplina del controllo faunistico recata dall'art. 19 della legge n.
157 del 1992 è infatti strettamente connessa all'àmbito di operatività della
direttiva 79/409/CEE, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (v.
sentenza n. 168 del 1999).
Il generico richiamo, contenuto nella
disposizione censurata, al D.P.C.M. 21 marzo 1997, alle "altre normative
nazionali e comunitarie vigenti" e alla necessità di coordinamento delle
iniziative di cui all'art. 34, comma 2, "con le norme del presente
articolo", non garantisce di per sé né il rispetto della procedura di
consultazione dell'INFS - il cui ruolo, nel quadro delle competenze in materia
di protezione della fauna e caccia, è stato da questa Corte riconosciuto come
decisivo in varie occasioni (v. le sentenze nn. 53 del 2000; 272 del 1996; 248
e 35 del 1995) - né l'osservanza del procedimento previsto dall'invocato art.
19 nel caso in cui l'Istituto verifichi l'inefficacia dei metodi ecologici, per
altro sostanzialmente riprodotto nel comma 2 dell'art. 36 della legge della
Regione Liguria n. 29 del 1994, che ne rimette l'attivazione all'iniziativa
delle province.
Il rinvio all'art. 34 della medesima legge
regionale, che l'impugnata delibera inserisce nel corpo dell'art. 36, non può
avere altro significato che quello di consentire - sia pure in via derogatoria
e allo scopo di prevenire danni alle colture e altri eventi dannosi – la caccia
alle specie selvatiche enumerate al comma 2 dello stesso art. 34, il quale
include più di una specie sottratta dagli elenchi delle specie cacciabili dal
citato D.P.C.M. 21 marzo 1997.
Del resto, che la disciplina regionale
denunciata riguardi lo storno, non più ammesso al prelievo venatorio dal
momento dell'entrata in vigore del citato decreto di variazione degli elenchi
delle specie cacciabili, risulta in termini espliciti dalla stessa memoria di
costituzione della Regione; che la delibera denunciata sia diretta a consentire
una forma di controllo - la caccia di selezione ad opera della generalità dei
cacciatori - non consentita dall'art. 19 della legge quadro e dal comma 2
dell'art. 36 della legge regionale, che ne riproduce il disposto, risulta poi
dalla circostanza che, per l'esecuzione di piani di abbattimento degli storni
nel rispetto dei princìpi fondamentali della legge quadro, può ritenersi del tutto
adeguata la disciplina già contenuta nell'art. 19, comma 2, della legge quadro
e nell'art. 36, comma 2, della legge regionale n. 29 del 1994. E ciò,
indipendentemente dalla modifica che l'impugnata delibera legislativa intende
apportare, con l'aggiunta del comma 2-bis, che, agli invocati fini di controllo
faunistico, risulterebbe comunque superfluo.
Quanto precede impone di dichiarare l'illegittimità costituzionale della delibera legislativa recante "Ulteriori modificazioni alla legge regionale 1° luglio 1994 n. 29 (Norme regionali per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio)", riapprovata a maggioranza assoluta dal Consiglio regionale della Liguria nella seduta del 26 gennaio 1999, nell'identico testo rinviato dal Governo con atto del 15 gennaio 1999, per contrasto con l'art. 117 della Costituzione, in relazione all'art. 19 della legge quadro 11 febbraio 1992, n. 157.
LA CORTE
COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale della delibera legislativa recante
"Ulteriori modificazioni alla legge regionale 1° luglio 1994 n. 29 (Norme
regionali per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo
venatorio)", riapprovata, a séguito di rinvio governativo, dal Consiglio
regionale della Liguria il 26 gennaio 1999.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 maggio 2001.
Fernando SANTOSUOSSO, Presidente
Fernanda CONTRI, Redattore
Depositata in Cancelleria il 17 maggio
2001.