(Resource Productivity in the G8 and the OECD – Rapporto OECD)
Il principio delle 3 R (Reduce, Reuse, Recycle) diventa il cardine dello sviluppo sostenibile
(Resource Productivity in the G8 and the OECD – Rapporto OECD)
MARIA GABRIELLA IMBESI
Abstract
Il Rapporto, pubblicato dall’OECD il 13 settembre 2011, declina le modalità del modello di sviluppo sostenibile e monitora i progressi compiuti in materia di risorse produttive, secondo le indicazioni formulate dai ministri dell’ambiente del G8 nella conferenza tenutasi a Kobe nel maggio del 2008. In quella stessa occasione era stato approvata l’adozione del c.d. 3R Action Plan.
Pertanto, a tre anni di distanza, l’OECD tira le somme dei risultati ottenuti sulla base delle politiche intraprese per aumentare la produttività delle risorse ed il quadro che emerge non è confortante. Anche perchè, a fronte di una crescita globale dei consumi di materie prime, le previsioni parlano di raddoppio dell’economia globale e di aumento di un terzo della popolazione mondiale entro il 2030.
Diventa così ineludibile promuovere la green economy e puntare sulla più efficiente (nel senso di compatibile) allocazione delle risorse.
Il Contesto
Con il rapporto OECD sulla produttività delle risorse nei Paesi G8 e OECD viene delineato un nuovo modello di sviluppo, che intende creare più valore impiegando meno risorse; ciò con il dichiarato intento di non compromettere i bisogni delle future generazioni.
Il rapporto individua alcuni elementi dei quali deve tener conto il programma di sviluppo sostenibile; questi dovranno essere interpretati tenendo presente il principio delle c.d. 3 R (Reduce, Reuse, Recycle), ossia riduzione, riuso e riciclo:
• l’estrazione di materie prime continua a crescere, ma si sta sganciando o letteralmente disaccoppiando (fenomeno del c.d. decoupling)1 dalla crescita economica globale. Infatti i Paesi del G8 e più in generale quelli dell’OECD hanno migliorato la produttività, aumentando l’intensità2 dello sfruttamento delle risorse e allo stesso tempo riducendo i consumi pro capite;
• il livello generale dei consumi delle risorse è cresciuto ma in misura inferiore rispetto alla crescita economica. Tuttavia la crescita è diminuita in termini relativi, mentre nel periodo 1980/2008 i consumi pro capite dei Paesi G8 e OECD sono rimasti a livelli altissimi (il triplo del resto del mondo);
• nell’ambito dei Paesi G8 soltanto Canada, Germania, Italia e Giappone sono riusciti a “disaccoppiare” i consumi di materie prime dallo sviluppo economico in termini assoluti (riduzione dei consumi e della crescita economica insieme);
• l’unico settore che presenta un trend positivo è quello dei rifiuti urbani/comunali (10% circa dei rifiuti totali). Infatti i rifiuti solidi pro capite sono diminuiti nell’ultimo decennio di oltre il 4% tra i Paesi OECD, mentre i rispettivi PIL sono aumentati. Il tasso di riciclo di alcuni materiali, quali vetro, acciaio, alluminio, carta e plastica, è in continua ascesa e in alcuni casi ha raggiunto addirittura l’80%;
• adeguate politiche ambientali di sostegno alla produttività delle risorse contano sulla riduzione dello sfruttamento di materie vergini e sulla promozione dell’uso di materie prime già in circolazione. La filosofia che presiede a questa nuova politica di gestione dei rifiuti si fonda sulle c.d. 3R, che si associano al principio della sostenibilità dei materiali ampiamente sviluppato dall’OECD;
• i Paesi OECD stanno cercando di migliorare la produttività delle loro economie per evitare sprechi. La consapevolezza dell’impatto ambientale e dei costi delle risorse si esprime così attraverso l’uso dei materiali e dei prodotti, tenendo conto del loro intero ciclo di vita.
Lo sforzo dei Paesi OECD per lo sviluppo di una strategia di “crescita verde” si è manifestato con l’adozione di progetti ambientali e di strategie di sviluppo sostenibile. Ad esempio, si è investito molto nella ricerca e nell’innovazione, utilizzando tecniche avanzate di incremento dell’efficienza energetica, promuovendo l’eco design e la coerente sostituzione di materiali naturali, nonché di adeguati sistemi di riuso. Lo sforzo per assicurare una buona governance del settore delle materie prime si è espresso anche attraverso numerose iniziative internazionali, sviluppate sia dall’UNEP (United Nations Environment Programme)3 che dalla Commissione europea per l’ambiente4.
Elementi di criticità
Il disancoramento tra il consumo delle risorse e lo sviluppo economico, anche se considerato in termini assoluti, non può però essere considerato la panacea per risolvere tutti i problemi ambientali, in quanto è richiesta una più attenta analisi del fenomeno. Spesso migliorando la produttività delle risorse, cioè riducendo la quantità di risorse impiegate per unità di prodotto grazie all’innovazione tecnologica, si assume di ridurre parallelamente anche l’impatto ambientale e di evitare così la scarsità delle risorse stesse. Tuttavia le risorse possono essere così abbondanti che il loro uso non provoca alcun impatto ambientale, come il caso dell’acqua utilizzata per irrigare i campi in una regione ricca di risorse idriche. Inoltre è stato studiato un altro fenomeno che va sotto il nome di “effetto rimbalzo”, vale a dire che non sempre il miglioramento della produttività corrisponde al disaccoppiamento. Infatti se un prodotto diventa più economico, grazie al fatto che la sua produzione ha impiegato meno risorse, la sua domanda potrebbe aumentare, vanificando la potenziale efficienza energetica espressa in termini ambientali.
Un’altra criticità è rappresentata dall’analisi dei flussi di materiali (MAE, acronimo di ) che viene contabilizzata per valutare i carichi ambientali delle attività economiche (soprattutto quando le risorse sono scarse) e la produttività delle stesse. Tale sistema consente di calcolare le importazioni (espresse in unità “fisiche”/tonnellate) di materiali che entrano nel sistema economico nazionale e le corrispondenti uscite esportate e disperse nell’ambiente. Tali indicatori descrivono quindi l’estrazione, la trasformazione, il consumo e lo smaltimento di prodotti chimici, materie prime e prodotti finiti.
In particolare sono rilevanti i c.d. flussi indiretti. I flussi di materiali impiegati nella produzione di merci sono infatti di due tipi: diretti e indiretti; quelli diretti entrano nella composizione del nuovo prodotto (per es. la plastica per il cellulare), quelli indiretti rappresentano invece i flussi di materiale necessari all’estrazione e alla lavorazione di materie prime. Tali materiali sono più difficili da quantificare perché costituiti da semilavorati o da residui di raccolto (utilizzati per la produzione di idrocarburi) che non sono importati e restano nel Paese di produzione. Questi particolari flussi sono identificati come zaino ecologico (ecological rucksack) e costituiscono i flussi nascosti (hidden flows) che vengono estratti e spostati senza essere assorbiti nel ciclo economico, pur avendo un impatto ambientale.
Il dato più allarmante riportato nel rapporto riferisce che la produzione globale annua di rifiuti si attesta sui 12 bilioni di tonnellate5. Di queste metà è prodotta dai Paesi G8 ed 1/3 da quelli OECD. Ciò significa che annualmente circa 1/5 del materiale estratto finisce in rifiuti, mentre il resto è emesso in atmosfera (attraverso la combustione di combustibili fossili) o si aggiunge allo stock di materiali sotto forma di infrastrutture, investimenti e beni di consumo. L’andamento dei rifiuti nell’ultimo decennio varia da Stato a Stato: in Germania e Gran Bretagna si è registrata una riduzione del 10% -20%, in Giappone la produzione è stata costante, in Italia è aumentata del 30%.
Come sopra evidenziato l’unico dato è rappresentato dalla riduzione dei rifiuti solidi urbani/comunali (intorno al 10% in media negli Stati OECD). Tale risultato è dovuto in larga parte alle politiche di sviluppo messe in campo dalla maggior parte dei membri OECD, tuttavia una quota significativa è anche la conseguenza della crisi economica e finanziaria mondiale che ha drasticamente ridotto i consumi e di conseguenza i rifiuti.
Ormai in gran parte dei rifiuti viene trattata in discariche ed inceneritori per essere riciclata. Per alcuni materiali i risultati ottenuti sono estremamente soddisfacenti (vetro, carta ed acciaio) ed il riciclaggio raggiunge quasi quota 50%. Alcuni Paesi rappresentano la punta di diamante del riciclaggio: ad es. Belgio e Paesi Bassi arrivano a riciclare il 95% dei rifiuti, la Svizzera si attesta al 90%.
Per i metalli, invece, il discorso è più complesso. Quelli ferrosi e non ferrosi sono facilmente riciclati, diversamente da quelli preziosi e di uso specifico. L’UNEP6 ha calcolato che su 60 metalli esaminati solo 18 sono riciclati al 50% e altri 36 appena al 10%; questo significa che i margini di un miglioramento sono elevati e c’è ancora molto da fare in questo ambito. In sostanza il tasso di riciclo, continua a crescere per i materiali di grandi dimensioni.
mentre resta piuttosto basso per i materiali di grande valore.
Il rapporto sottolinea come la produzione di beni e quella di rifiuti siano due facce della stessa medaglia, entrambe legate alla produttività delle risorse. Quindi diventa fondamentale sviluppare efficienza ed innovazione oltre ad assicurare politiche coerenti con l’uso più oculato delle risorse ed il riciclaggio dei rifiuti.
Politiche di supporto allo sviluppo sostenibile
L’OECD ha coniugato la politica delle 3R con il concetto di gestione sostenibile dei materiali (Sustainable Materials Management) d’ora in poi SMM. Seguendo questa impostazione il focus di autorità politiche, industrie e consumatori si sposta dai materiali e dal prodotto e dal processo produttivo al sistema dei flussi dei materiali, del loro ciclo di vita e dell’impatto sull’ambiente. Soltanto l’implementazione delle politiche e delle best practices legate allo sviluppo sostenibile potrà aumentare la produttività delle risorse e disancorare lo sviluppo economico dal consumo di risorse. La migliore gestione dei materiali minimizzerà l’impatto ambientale riducendo il rilascio di sostanze tossiche nell’ambiente e limitando l’esposizione degli uomini alle stesse. Un altro vantaggio sarà rappresentato dalla diminuzione della quantità di materiali da estrarre per la produzione. A questi benefici si aggiungeranno quelli delle politiche coerenti con questa strategia. Per esempio si potranno incoraggiare i consumatori ad acquistare confezioni più grandi sia di cibo che di altri prodotti, così da evitare le singole confezioni. Ma questa soluzione presenta un insito pericolo: se si acquistano confezioni più grandi di cibo è più facile che i prodotti si deteriori provocando un danno ambientale forse peggiore di quello che si vorrebbe evitare.
Semmai è più utile utilizzare la filosofia delle 3R per ridurre la dipendenza dalle materie prime importate. E’ quanto ha fatto il Giappone che ha investito molto nel riciclaggio dei materiali tanto da raggiungere una produttività delle risorse superiore al 37% della media del 2005.
La gestione efficiente e sostenibile dei materiali comporta una riduzione dei costi di produzione e quindi una maggiore competitività, senza considerare i vantaggi potenziali per la crescita e per l’occupazione.
Il giro d’affari delle industrie che gravitano nel settore ambientale è elevato e comunque in crescita. Intorno al controllo e alla gestione dell’inquinamento, alla raccolta ed al trattamento dei rifiuti, alle energie rinnovabili ed al riciclaggio girano oltre 300 bilioni di euro solo in Europa, con un indotto di circa 3.5 milioni di posti di lavoro, coprendo una quota di mercato pari al 30 – 40%. Il settore è comunque in continuo sviluppo con un tasso medio annuo dell’8% e prevede di raggiungere i 4 trilioni di euro entro il 2015, offrendo anche spazio a nuove figure professionali e specializzazioni.
L’implementazione delle politiche SMM che producono l’internalizzazione delle esternalità ambientali7 (per es. l’estrazione, l’uso e la cessione o il recupero) richiedono strumenti economici e politiche di mercato adeguati. I più diffusi sono la tassazione dei rifiuti, alcune pratiche di gestione degli stessi (discariche ed inceneritori), costruzione di materiali e carbon fossile. La soluzione ottimale resta comunque quella di una politica integrata e coordinata delle politiche sulla produttività delle risorse. Come ha giustamente osservato la stessa Commissione europea dell’ambiente solo pochi Paesi, come Finlandia e Paesi Bassi, hanno adottato con lungimiranza una visione integrata del problema, la maggior parte invece si è dimostrata miope. Infatti ciascun Ministro si è concentrato sulla propria giurisdizione ignorando le esigenze di coordinamento.
Il documento elenca le sfide che occorrerà superare per implementare le politiche SMM:
→ l’ostacolo maggiore è la frammentazione delle politiche è il maggiore ostacolo;
→ ostacoli finanziari;
→ il disallineamento temporale delle strategie: alcune politiche sono a medio termine ed altre a breve o viceversa;
→ mancanza di consapevolezza sui benefici economici legati all’ambiente;
→ insufficiente internalizzazione delle esternalità: lamentata soprattutto da Austria, Polonia, Svezia e la cui rilevanza è stata sottolineata dalla stessa Commissione europea;
→ i modelli di consumo che condizionano negativamente le politiche SMM, in quanto i prodotti di seconda mano o quelli riciclati sono generalmente considerati prodotti inferiori rispetto a quelli nuovi e non usufruiscono di incentivi economici e fiscali;
→ diffusa mancanza di consapevolezza sul fatto che la SMM sia uno strumento indispensabile per ovviare alla scarsità di risorse.
Principi guida
Concretamente come è possibile migliorare la produttività ed assicurare la gestione sostenibile dei materiali?
Secondo il rapporto occorre puntare a lungo termine sui seguenti obiettivi:
o politica coerente: nell’uso delle risorse e nella gestione dei materiali;
o partnerships e incentivi: vanno stimolate le collaborazioni nel settore privato e nella ricerca, studiando adeguati strumenti di incentivazione;
o informazioni e analisi dei materiali: è essenziale la comprensione delle materie prime, dei flussi nazionali ed internazionali dei materiali e della relazione tra produttività e rischi ambientali. Quindi va stimolato il contributo fornito dalla MFA;
o strutture: devono essere adottati principi e linee guida per favorire la produttività e strutture adeguate per indirizzare gli investimenti;
o prospettive internazionali: favorire lo sviluppo di una visione comune con soluzioni differenziate a livelli locale, regionale e internazionale. E’ chiaro infatti che i Paesi ricchi di risorse e che esportano hanno esigenze diverse da quelli poveri e dipendenti dalle importazioni. Dunque gli Stati del G8 e dell’OECD hanno delle grandi responsabilità in questo senso.
Il rapporto traccia dunque una guida sintetica dei principi che presiedono allo sviluppo sostenibile. In primo luogo la preservazione del capitale naturale dal quale dipende la sopravvivenza del genere umano. A questo si affianca la gestione dei materiali, dei prodotti e dei processi produttivi in grado di assicurare sicurezza e sostenibilità ambientale. Ne consegue l’utilizzo di una vasta gamma di strumenti politici diretti a stimolare la sostenibilità ambientale, economica e sociale. Ma l’elemento più qualificante sarà di certo la necessaria condivisione ed il coinvolgimento di tutte le parti sociali nell’assumere un ruolo attivo e responsabile a favore dello sviluppo sostenibile.
1 La definizione supera il tradizionale rapporto tra danni ambientali e beni economici. Si parla di decoupling assoluto quando l’impatto ambientale diminuisce mentre l’economia si sviluppa; al contrario il decoupling è relativo se l’impatto ambientale cresce ma ad un tasso inferiore a quello dell’economia;
2 L’intensità dei materiali si riferisce alla produttività, cioè al processo in base al quale i materiali estratti dalle risorse naturali generano valore aggiunto. Tale intensità è misurata nel documento come consumi nazionali (DMC Domestic material consumption per unità di PIL;
3 In seno all’UNEP the International Panel on Sustainable Resource Management ha deciso nel 2007 di promuovere la ricerca scientifica indipendente sull’uso sostenibile di risorse naturali e del loro impatto sull’ambiente durante l’intero ciclo di vita;
4 Nel 2005 la Commissione ha adottato la strategia sull’uso sostenibile delle risorse naturali, nel 2008 ha introdotto the EU Raw Materials Initiative e nel 2011 (entrambi hanno fissato regole per assicurare l’accesso a materie prime non energetiche);
5 1 metric ton = 1000 kilograms;
6 International Panel on Resources;
7 Procedimento mediante cui si cerca di correggere l’inefficienza allocativa derivante dall’esistenza di esternalità tipiche dell’inquinamento ambientale.