Si configura il reato ex articolo 259 Decreto legislativo n. 152 del 2006 quando la cessione della proprietà dei rifiuti interrompe la tracciabilità.
SALVATORE RUBERTI
Note introduttive
In un recente passato, le autorità competenti avevano provveduto al sequestro preventivo di quattro containers contenti oltre 100 tonnellate di cascami metallici di varia natura pronti per essere inviati nella Repubblica popolare cinese.
Le indagini successive, hanno accertato che la spedizione dei rifiuti era stata organizzata da una società priva della licenza ASQIQ (richiesta dalla normativa cinese in capo al soggetto generatore di rifiuti qualora intenda esportarli verso la Cina).
L’impresa indagata aveva concluso un contratto di vendita con il quale la proprietà dei rifiuti passava ad una società della Repubblica Popolare della Cina (semplice commerciante del materiale di risulta) che avrebbe, poi, ceduto i rifiuti ad altra compagine sociale cinese che avrebbe provveduto al riciclo ed al riutilizzo.
La vicenda si è conclusa con la condanna definitiva del legale rappresentante della società per il reato ex art. 259 Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
Nei gradi precedenti alla Cassazione, gli Organi giudicanti avevano sentenziato l’illegittimità della spedizione per l’assenza della licenza ASQIQ,[ii] dichiarato la sussistenza del periculum in mora in relazione al concreto ed attuale pericolo di aggravamento delle conseguenze del reato ipotizzato ove i colli sequestrati fossero stati spediti e, infine, rilevato che i contratti di compravendita per fini commerciali violavano la regola della tracciabilità dei rifiuti e non potevano essere in nessun caso utili ai fini della contestata (e disattesa) legittimità della spedizione dei rifiuti.
La Suprema Corte ha dichiarato condivisibile la conclusione alla quale era giunto il Tribunale e, di fatto ha statuito per l’infondatezza del ricorso presentato dall’imputato.
Negli ultimi anni il trasporto transfrontaliero di rifiuti dall’Unione Europea verso Paesi non OCSE (in primis la Cina) è stato spesso associato a fenomeni connotati da illiceità (es. trattamento di rifiuti pericolosi, smaltimento indiscriminato, riciclo di rifiuti contenenti elementi pericolosi per la salute dell’uomo…).
In realtà la Cina, primo target non europeo per volume di rifiuti esportati dall’UE, per contrastare efficacemente le movimentazioni di rifiuti prive di controllo si è dotata di una Legge (01 Aprile 2005) che si inserisce nel più ampio progetto di valorizzazione della salubrità dell’ambiente ribadito dall’ultimo Piano Quinquennale (2011-2015) che deve essere coordinata alla normativa comunitaria.[iii]
1. Dal traffico illecito alla spedizione illegale di rifiuti: il Regolamento (CE) n. 1013/ 2006
La nozione di “spedizione illegale” di rifiuti è stato introdotta dal Regolamento (CE) n. 1013/2006 in sostituzione della locuzione di “traffico illecito di rifiuti” introdotta dal Regolamento (CEE) n. 259/93(ora abrogato); l’articolo 259 del D.Lgs. n. 152/06 continua ad essere rubricato secondo la vecchia dizione dell’atto abrogato.
[iv]
Il regolamento comunitario in vigore disciplina e prevede i casi nei quali una spedizione di rifiuti si configura come illegale: il reato si consuma quando i soggetti obbligati omettono di eseguire le dovute notifiche alle autorità competenti o non richiedono (ed ottengono) le relative autorizzazioni;
[v] l’illecito, altresì, si verifica se gli operatori agiscono esibendo la spedizione autorizzazioni ottenute con falsa documentazione, con frode oppure con documentazione incompleta (senza specificazioni, ad esempio, del tipo di materiale trasportato).
L’illecito penale
de quo si configura anche in caso di spedizione di rifiuti in uscita dall’Unione europea e diretti verso Paesi che non fanno parte dell’EFTA
(European Fair Trade Association)[vi] e non sono firmatari della convenzione di Basilea.
[vii]
La “spedizione illegale” di rifiuti si consuma, altresì, quando risultano violati, in relazione al Regolamento (CE) n. 1013/2006, gli articoli 36 (che sancisce il divieto di esportazione dei rifiuti verso i paesi ai quali non si applica la decisione OCSE); l’articolo 39 che vieta le esportazioni di rifiuti verso l’Antartico; articolo 40 (esportazione di rifiuti verso i paesi d’oltremare) nonché il trasporto di materiale di risulta in violazione degli articoli 41 e 43 che vietano l’importazione nell’Unione europea di rifiuti destinati allo smaltimento e provenienti da Paesi terzi ad eccezione dei rifiuti provenienti da paesi aderenti alla convenzione di Basilea o da paesi con i quali è in vigore un accordo o da altri territori in situazione di crisi o in caso di guerra.
Il Regolamento (CE) n. 1013/2006 regola, quindi, la circolazione dei rifiuti nell’interno dell’Unione europea, ma è suscettibile di trovare applicazione anche alle attività di importazione e di esportazione dei rifiuti dal territorio comunitario.
La Corte di Giustizia ha delineato con precisione l’ambito di applicazione del regolamento rilevando che “
riguardo al legame fra il regolamento…e la politica commerciale comune, la Commissione afferma che la formulazione dell’art. 1, n. 2, del regolamento in parola dimostra che quest’ultimo non è unicamente diretto a disciplinare le spedizioni di rifiuti nella Comunità a fini puramente ambientali, ma che ricomprende anche le importazioni nella Comunità di rifiuti provenienti da paesi terzi, le esportazioni di rifiuti dalla Comunità verso paesi terzi e il transito di rifiuti attraverso la Comunità con un itinerario da e verso paesi terzi. Essa aggiunge che, poiché i rifiuti sono «merci» ai fini della libera circolazione delle merci nella Comunità, non vi è dubbio che l’importazione, l’esportazione e il transito di tali merci, disciplinati in particolare ai titoli IV‑VI del regolamento di cui trattasi, attengono alla politica commerciale comune.[viii]
L’ampia estensione della portata applicativa del regolamento in oggetto è, evidentemente, adeguato all’obiettivo sostanziale e preponderante dell’atto comunitario ossia la tutela dell’ambiente.
“Si dovrebbero intraprendere i passi necessari per garantire che …i rifiuti spediti all’interno della Comunità e quelli importati nella Comunità siano gestiti, per tutta la durata della spedizione, compreso il recupero e lo smaltimento nel paese di destinazione, senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente…”.
[ix] E’ opportuno tenere presente che si tratta di un obiettivo e di uno scopo che necessita di un’apposita ed estesa regolamentazione atteso che si tratta di un settore che solo marginalmente interessa il commercio internazionale.
[x]
Motivo per cui, il settore della circolazione dei materiali di risulta deve essere disciplinato secondo alcuni criteri che tengano conto della particolarità del settore e delle caratteristiche proprie del contesto comunitario.
In primis, bisogna considerare l’entrata in vigore della Convenzione di Basilea che oltre a fornire una definizione di “rifiuti pericolosi” (art. 1) ha prescritto che la spedizione degli stessi sia ridotta al livello minimo compatibile con una gestione efficiente ed ecologicamente corretta di tali rifiuti tenendo anche conto che deve essere rispettato il diritto degli Staiti di vietare l’importazione di rifiuti pericolosi.
[xi]
La Convenzione di Basilea venne adottata sulla spinta emotiva dei numerosi casi relativi al trasporto di rifiuti pericolosi provenienti dai Paesi industrializzati e diretti verso i Paesi in via di sviluppo, che si realizzava in chiara violazione dei principi generali del diritto internazionale dell’ambiente.
[xii]
Un adeguato livello di protezione dell’ambiente, inoltre, potrà essere realizzato solo se inserito in un più ampio progetto di coerenza tra il sistema comunitario e i sistemi nazionali che sono gli unici competenti per la sorveglianza e il controllo delle spedizioni di rifiuti nel territorio di uno Stato membro.
Se da un lato, l’Unione europea riconosce la competenza delle autorità nazionali in ordine alle attività di controllo e di verifica delle spedizioni di materiali di risulta, dall’altro lato il Regolamento (CE) n. 1013/2006, destinato ad trovare applicazione in tutti gli Stati membri, rappresenta lo strumento ottimale per raggiungere un adeguato livello di protezione e di sicurezza per l’ambiente quando si svolgono spedizioni di rifiuti perché tale scopo, a causa delle dimensioni o degli effetti dell’intervento in questione, può essere realizzato meglio solo a livello comunitario.
Il regolamento (CE) n. 1013/2006, infine, contiene un’ampia e dettagliata disciplina in ordine alla notifiche ed al rilascio della dovute autorizzazioni per poter spedire carichi composti dalle diverse categorie di rifiuti pericolosi, sia nel caso di un loro smaltimento sia in caso di un loro possibile riciclo.
I produttori di rifiuti sono i soggetti maggiormente responsabilizzati ed è su di loro che grava l’onere di compilare e predisporre tutta la documentazione necessaria per il trasporto.
2. Il traffico illecito di rifiuti nella legislazione italiana: la continuazione normativa con il concetto di spedizione illegale.
In Italia, l’articolo 259 del D.Lgs. n. 152/2006 punisce il traffico illecito di rifiuti mantenendo la definizione introdotta dal Regolamento (CEE) n. 259/93 abrogato e sostituito dal Regolamento (CE) n. 1013/2006.
L’articolo 259 del D.Lgs. n. 152/06 è rubricato “traffico illecito di rifiuti” si riferisce al trasporto transfrontaliero di materiale di scarto e si presenta come una norma in bianco che rimanda alla normativa comunitaria extrapenale in funzione integrativa.
La normativa italiana in materia di circolazione di rifiuti è integrata dalla normativa comunitaria, in particolare dai regolamenti.
Ai sensi dell’art. 194 del D.Lgs. n. 152/06, le spedizioni transfrontaliere sono disciplinate dai regolamenti comunitari e dagli accordi bilaterali.
“L’articolo 259 del D.Lgs. n. 152/2006 disciplina, dunque, una fattispecie di reato…posta a tutela delle spedizioni di rifiuti effettuate fuori dai confini nazionali, con l’intento di evitare viaggi di
bombe ecologiche con destinazione, in particolar modo, verso paesi dall’economia sottosviluppata…Si fa rilevare che, nonostante la rilevante offensività della condotta in esame, il legislatore ancora una volta ha attribuito alla fattispecie natura contravvenzionale, sia pure punendo il trasgressore con una pena abbastanza grave (due anni di arresto nel massimo edittale, oltre alla pena cumulativa dell’ammenda), con un aumento della pena in caso di rifiuti pericolosi (si tratta, in realtà, di un’aggravante e non di una fattispecie autonoma).
[xiii]
L’attività di “traffico illecito di rifiuti” deve intendersi equivalente a quella di “spedizione illegale di rifiuti” ai sensi della più recente normativa comunitaria.
Appare evidente la stretta connessione tra il reato in oggetto e l’illecito penale disciplinato dal successivo art. 260 D.Lgs. n. 152/2006 che punisce l’illecito traffico di rifiuti quando, lo stesso, viene perpetrato per il mezzo di un’attività organizzata.
La nuova regolamentazione in ordine agli illeciti commessi nella gestione e trasporto dei materiali di risulta è molto più analitica e incisiva rispetto alla precedente disciplina dettata dal Decreto Ronchi (D.Lgs. n. 22/1997) il quale, come fu evidenziato in sede di Commissione, da un lato non prevedeva il reato di “attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti” e dall’altro lato, nel suo complesso, l’atto normativo non prevedeva sanzioni sufficientemente efficaci per combattere i crimini ambientali.
Si è assistito, dunque, ad una “sostituzione concettuale” della rubrica del reato a seguito dell’avvicendamento tra il Regolamento (CEE) n. 259/93 e il successivo atto abrogativo, ossia Regolamento (CE) n. 1013 del 2006 che, ex art. 61, ha statuito che i riferimenti al regolamento abrogato n. 259/93 si intendono fatti al presente regolamento.
La dottrina ha unanimemente considerato che non sussistono problemi interpretativi in ordine al richiamo da parte dell’art. 259 del D.Lgs. n. 152/06 al regolamento (CEE) abrogato: anzitutto per il richiamo contenuto nell’articolo 61 del Regolamento (CE) n. 1013/2006 e, inoltre, per la sostanziale sovrapponibilità dei concetti di traffico illecito e spedizione illegale (anche se non coincidenti da un punto di vista terminologico).
[xiv]
Quindi, il regolamento (CE) n. 1013/2006 rappresenta, attualmente, il principale riferimento normativo per la definizione del traffico di rifiuti all’interno, in entrata e in uscita dal territorio comunitario.
Il traffico illecito di rifiuti, in conclusione corrisponde alla medesima fattispecie illecita definita all’articolo 2, punto 35 Regolamento (CE) n. 1013/2006.
[xv]
Per tale reato contravvenzionale è prevista la pena accessoria della confisca del materiale e i mezzi utilizzati con funzioni, eventualmente, di contenimento.
La commissione del reato ex articolo 259 del D.Lgs. 152/06 comporta, perciò, la disattesa degli obiettivi fissati dalla normativa comunitaria e propri dell’Unione europea, ossia: la garanzia di un controllo e di una sorveglianza minima sulla circolazione dei materiali di scarto; il rispetto degli obblighi previsti per le attività di intermediazione per il recupero e delle relative notifiche e comunicazioni inerenti lo smaltimento e il recupero dei rifiuti.
Il perseguimento degli obiettivi nominati in precedenza, prevede, in primis, una “griglia” di responsabilità determinate in ragione dei compiti e dei ruoli ricoperti dai singoli soggetti coinvolti nella spedizione dei rifiuti.
Il primo ed essenziale onere previsto dalla normativa dell’Unione europea riguarda gli obblighi di notifica che devono essere assolti utilizzando i moduli di notifica e di movimento previsti dalla normativa comunitaria, fornendo sia le specifiche informazioni richieste sia le necessarie garanzie finanziarie.
L’articolo 49 del Regolamento (CE) n. 1013/2006 esige che il trasporto dei rifiuti avvenga senza pericolo per la salute umana e con metodi ecologicamente corretti; i privati coinvolti nella spedizione dei rifiuti devono operare con trasparenza garantendo, altresì, il rispetto del principio di tracciabilità e di salubrità delle operazioni.
L’Unione europea, di concerto con gli Stati membri, deve garantire la regolarità delle fasi e dei contenuti delle spedizioni; a tal fine, in caso di operazioni di recupero dovrò essere preventivamente accertato che gli impianti di destinazioni siano idonei all’operazione in oggetto e che, qualora tali garanzie siano venute meno, le autorità competenti devono vietare la spedizione ed il trasporto dei rifiuti.
3. Le figure rilevanti nella spedizione illegale di rifiuti: la “griglia” delle responsabilità.
Nel contesto di una gestione dei rifiuti, in particolare per quanto riguarda il traffico e la spedizione, le normative comunitarie e nazionali individuano le figure preminenti disciplinandone i vari gradi di responsabilità.
Soggetto centrale è, sicuramente, il produttore di rifiuti “sdoppiato” nel produttore iniziale e nel nuovo produttore.
La normativa di riferimento risulta dal combinato dall’articolo 2 del Regolamento (CE) n. 1013/2006 e dall’articolo 1, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2006/12/CE.
“Nell’impianto normativo comunitario sulla materia dei rifiuti, la direttiva 2006/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2006, aveva stabilito il quadro normativo per il trattamento dei rifiuti nella Comunità, definendo alcuni concetti basilari, come le nozioni di rifiuto, recupero e smaltimento, e stabiliva gli obblighi essenziali per la gestione dei rifiuti.”
[xvi]
Il produttore iniziale è il soggetto la cui attività ha materialmente prodotto i rifiuti; il nuovo produttore è colui che “abbia effettuato operazioni di pretrattamento, miscelazione o altre operazioni che hanno modificato la natura o la composizione di detti rifiuti.”
La spedizione o la gestione dei rifiuti è, dunque, disciplinata in modo rigoroso ed analitico ed è incentrata sulla figura del produttore sul quale insiste una particolare forma di responsabilità e la cui identità deve essere sempre nota anche se ciò potrebbe comportare un pregiudizio per altri soggetti in termine di divulgazione di segreti commerciali.
[xvii]
La legislazione nazionale non distingue le due figure ma regolamenta la figura unica del produttore di rifiuti ex art. 183, lettera f, D.Lgs. 152/06 specificando che per produttore iniziale deve intendersi sia il soggetto la cui attività produce rifiuti sia colui che svolge le attività che, ai sensi della normativa comunitaria, sono imputabili alla figura nel “nuovo produttore”.
Per l’individuazione del soggetto produttore di rifiuti, comunque, non si deve fare esclusivo riferimento all’attività prettamente materiale: nella categoria vi rientrano tutti i soggetti ai quali l’attività, dalla quale sono derivati i prodotti di scarto e di risulta, è “giuridicamente riferibile” nonché i fautori di “qualsiasi intervento che determina, poi, in concreto, la produzione di rifiuti”.
[xviii]
Da un punto di vista giurisprudenziale, bisogna rilevare, che non è proprio pacifico l’individuazione della figura del produttore: ad esempio, con la sentenza n. 36963 del 12 ottobre 2005, la Cassazione penale, davanti ad un caso di un subappalto di lavori di demolizione e trasporto dei materiali, ha considerato produttori sia la società appaltatrice (alla quale è giuridicamente riferibile l’attività), sia la società subappaltatrice (che ha, materialmente, eseguito i lavori e stoccato i rifiuti) senza dare rilevanza alcuna al committente proprietario degli immobili interessati.
La figura del detentore di rifiuti può coincidere con quella del produttore; diversamente, il soggetto può essere quello che detiene i rifiuti secondo quanto statuito dall’articolo 1, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2006/12/CE; in tal modo, la nozione di detentore finisce per essere di natura residuale.
“La nozione di detentore ha carattere residuale ed ampio e finisce con il ricomprendere tutti i soggetti che svolgono attività di raccolta, di recupero, di smaltimento, di intermediazione e di commercio di rifiuti in quanto la nuova disciplina, in conformità con il principio chi inquina paga, pone a carico del detentore gli oneri relativi allo smaltimento”.
[xix]
Il D.Lgs. n. 152 del 2006, appare più preciso specificando che il detentore o possessore di rifiuti può essere una persona fisica come una giuridica (art. 183, paragrafo 1, lettera h).
La legislazione comunitaria e quella nazionale prevedono che anche sul detentore insistano gli obblighi e gli oneri propri delle attività di gestione dei rifiuti; la direttiva 2008/98/CE invita gli Stati membri “ad adottare sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive da irrogare a persone fisiche o giuridiche responsabili della gestione dei rifiuti” qualora queste violino le normative comunitarie; a titolo esemplificativo, la direttiva 2008/98/CE, indica, tra i soggetti responsabili della gestione dei rifiuti, anche i detentori dei materiali di risulta e di scarto.
[xx]
In presenta di una spedizione proveniente da uno Stato membro, il detentore potrà anche essere considerato come “notificatore” secondo un ordine per esclusione ex articolo 2, punto 15 del Regolamento (CE) n. 1013/2006.
In caso di importazioni o di transito di rifiuti all’interno del territorio dell’Unione europea, il detentore sarà ulteriormente gravato dell’onere di notifica nel momento in cui l’esportazione ha avuto luogo.
[xxi]
La figura del “raccoglitore” di rifiuti è definita, dal regolamento (CE) n. 1013/06, come colui che svolge l’attività ex articolo 1, paragrafo 1, lettera g), della direttiva 2006/12/CE ossia l’operazione di raccolta, di cernita e/o di raggruppamento dei rifiuti per il loro trasporto (stessa definizione ripresa dal D.Lgs. n. 152/06, art. 183).
Ai sensi dell’articolo 2 del regolamento (CE) n. 1013/06, il raccoglitore può essere chiamato, in subordine al produttore iniziale o la nuovo produttore, ad esperire le attività di notifica in caso di spedizione di rifiuti provenienti da un Paese membro.
Il raccoglitore sarà tenuto a svolgere le dovute notifiche alle autorità competenti qualora abbia egli stesso predisposto la spedizione di un quantitativo di rifiuti ottenuto assemblando piccole quantità di materiale proveniente da fonti diverse.
Il commerciante definisce due distinte figure: la prima è quella del committente che acquista rifiuti e successivamente li rivende; la seconda riguarda quei committenti che non prendono mai possesso materiale dei rifiuti ma che, per la raccolta o il trasporto, si avvalgono di imprese autorizzate che svolgono tale mansione per conto di terzi.
Il commerciante, così come definito, può ricevere autorizzazione da parte del produttore iniziale, del nuovo produttore o dal raccoglitore di rifiuti così come definito dall’art. 2, paragrafo 15, lettera a) regolamento (CE) n. 1013/06, ad ottemperare agli obblighi di notifica assumendo, in tali circostanze, anche la qualifica di notificatore.
L’intermediario è colui che dispone il recupero e lo smaltimento di rifiuti per conto di altri soggetti; ricorre tale figura, (definita dal regolamento (CE) n. 1013/06) anche quando l’intermediario non prende materialmente possesso del materiale di scarto.
Anche l’intermediario, come il commerciante, può ricevere autorizzazione ai fini delle notifiche dovute per legge ex art. 2 dall’art. 2, paragrafo 15, regolamento (CE) n. 1013/06.
Infine, il destinatario è la persona o l’impresa, posta sotto la giurisdizione del paese di destinazione, alla quale siano stati spediti i rifiuti a fini di recupero o smaltimento.
Per quanto riguarda l’attività di notificatore, bisogna precisare alcuni aspetti in ordine alle figure del commerciante e dell’intermediario.
Il produttore iniziale, il nuovo produttore e il raccoglitore abilitato possono delegare, alle due figure sopra richiamate, le attività di notifica obbligatorie per legge fermo restando che le tre figure deleganti verranno considerate “notificatore” qualora il commerciante o l’intermediario delegato non ottemperi agli obblighi di riprendere i rifiuti di cui agli articoli dal 22 al 25 del regolamento (CE) n. 1013/2006 oppure, situazione scuramente più gravosa, incomberanno sugli stessi gli obblighi di notifica qualora il commerciante o l’intermediario delegato notifiche una spedizione illegale.
4. La tracciabilità e la sua rilevanza ai fini nella configurazione del reato di spedizione illegale di rifiuti: la posizione della Cassazione penale nella sentenza n. 11837 del 13 marzo 2013
La regola della tracciabilità del rifiuto si desume dall’articolo 18 del Regolamento (CE) n. 1013/2006 ed è inquadrata in una logica finalistica di monitoraggio del materiale spedito sempre nell’ottica di garanzia del rispetto delle procedure prescritte dalla legge e dell’utilizzo di modalità ecologicamente compatibili.
[xxii]
L’articolo 188bis(controllo della tracciabilità dei rifiuti) del D.Lgs. n. 152/06 dispone che la tracciabilità dei rifiuti deve essere garantita dalla loro produzione sino alla loro destinazione finale.
Tale articolo sancisce per la prima volta, nel nostro ordinamento giuridico, la presenza di un doppio sistema di tracciabilità di rifiuti: 1) quello cartaceo, costituito da Registri e Formulari, che continua a valere per un numero rilevante di soggetti produttori di rifiuti speciali, cioè quelli che hanno meno di dieci dipendenti che non vogliono aderire al SISTRI e 2) appunto il SISTRI innovativo strumento di controllo elettronico e informatico della tracciabilità.
[xxiii]
La tracciabilità si configura come una forma di persistente controllo dal momento in cui il rifiuto viene predisposto per la spedizione fino al momento in cui il rifiuto viene smaltito o riciclato.
Il Regolamento (CE) n. 1013/2006 sancisce un maggiore grado di responsabilità per i soggetti operanti nel contesto di una spedizione di rifiuti che si collega all’avvertita esigenza che in ogni passaggio del trasferimento dei rifiuti siano ben precise sia la qualità di ogni singolo persona che vi opera sia le relative incombenze e gli specifici obblighi.
Il soggetto che organizza il trasporto transfrontaliero è sottoposto alla giurisdizione dello Stato dal quale i rifiuti partono ed è obbligato ad assicurare che il materiale destinato alla spedizione sia accompagnato dall’Allegato VII (ossia il prospetto con le informazioni che devono essere fornite ai fini della spedizione dei rifiuti).
L’articolo 3 del regolamento (CE) n. 1013/2006 indica i rifiuti che devono essere soggetti alla procedura di notifica e alle autorizzazioni preventive scritte; l’articolo 18, punto 1 indica gli ulteriori obblighi procedurali ai quali sono sottoposti i rifiuti di cuiall’articolo 3, paragrafi 2 e 4, quando sono destinati alla spedizione.
Il documento di cui all’allegato VII viene firmato dal soggetto che organizza la spedizione prima che la stessa abbia inizio e dovrà essere firmato successivamente, dall’impianto di recupero o dal laboratorio e dal destinatario al momento del ricevimento dei rifiuti.
I regolamenti comunitari, che integrano le disposizioni legislative nazionali, sono struttati, a loro in modo tale che vengano recepite anche le informazioni fornite dai Paesi terzi perché, nell’ottica di garantire una protezione dell’ambiente a livello globale, l’Unione europea è decisa a garantire il rispetto delle normative delle discipline proprie di quei paesi non Ocse verso i quali potrebbero essere destinati carichi di rifiuti provenienti dal territorio comunitario.
[xxiv]
Quindi, quando i rifiuti di un paese comunitario sono destinati verso uno Stato non comunitario appare predominante, come si deduce dalla pronuncia della Cassazione penale, il rispetto di quelle che sono le normative del Paese di destinazione dei rifiuti; quando ad essere interessata è una legislazione non comunitaria, la struttura del Regolamento (CE) n. 1013/06, che si fonda anche sulle indicazioni di provenienza dei Paesi non OCSE, esige che siano rispettate le norme vigenti nello Stato di destinazione, “avendo l’Istituzione europea proprie su base pattizia la determinazione e la disciplina che il singolo Stato non membro intende applicare per le varie tipologie di rifiuti.”
[xxv]
Per la normativa cinese, quindi, la richiamata licenza ASQIQ deve essere tenuta dal soggetto organizzatore della spedizione e a nulla rileva il possesso della suddetta licenza da parte di una società cinese commerciale cinese.
[xxvi]
Tale assunto non è superabile neanche in presenza di un contratto di compravendita che, di fatto, rende la società cinese, titolare della licenza ASQIQ, proprietaria dei rifiuti spediti; ciò che rende illegittimo (o, meglio, “illegale”) il traffico di rifiuti è l’assenza della suddetta licenza in capo al soggetto organizzatore e gestore della spedizione.
Una siffatta situazione configura, in capo alla società italiana, l’imputazione per il reato di cui all’articolo 259 del D.Lgs. n. 152/06 in quanto viene meno la tracciabilità del rifiuto; in altre parole, l’operazione messa in piedi dalla società italiana che, per il tramite del contratto di vendita, ha ceduto la proprietà dei rifiuti alla società cinese, ha interrotto quel filo logico di tracciabilità del materiale di scarto; conseguentemente, non essendo la società cinese qualificabile come soggetto intermediario (per contrasto con l’ordinamento nazionale cinese) il responsabile dell’intera operazione di spedizione (dalla partenza all’arrivo) rimane il soggetto generatore dei rifiuti; ossia la società italiana imputata per il tramite del suo legale rappresentante.
l’articolo 188 del D.Lgs. n. 152/06 non può essere interpretato nel senso che la catena di responsabilità sia rimasta inalterata anche se è subentrato un contratto di compravendita; ciò sarebbe esatto e legislativamente compatibile qualora la cessione delle proprietà ad altra società non avesse generato un contrasto con la normativa cinese che esige il possesso della licenza ASQIQ da parte del soggetto che organizza e gestisce una spedizione di rifiuti destinati alla Cina.
Il comma 2, lettera e, dell’art. 188 del D.Lgs. n. 152/06 afferma che il produttore o detentore dei rifiuti speciali, che operi una spedizione degli stessi, assolve i propri obblighi se esporta i rifiuti con le modalità previste dal’articolo 194 del D.Lgs. n. 152/06 che rimanda ai regolamenti comunitari strutturati, come prima ricordato, anche sulla base delle indicazioni e delle risposte ricevute dai paesi non OCSE: chi spedisce rifiuti verso la Repubblica Popolare cinese deve essere titolare della licenza ASQIQ.
Il contratto con il quale il materiale di scarto è stato venduto alla società cinese è stato strumentalmente usato per sopperire alla mancanza da parte della società italiana della licenza ASQIQ che, invece, era regolarmente tenuta dalla società cinese acquirente.
La compagine societaria cinese non era, però, l’organizzatrice della spedizione, tantomeno aveva avuto un ruolo nella gestione del traffico di rifiuti; anche se era titolare della richiesta licenza ASQIQ, non poteva, diventando titolare del materiale di risulta inviato dall’ Italia, “sanare” l’assenza della dovuta autorizzazione in capo al soggetto italiano; di fatto, l’intera operazione configurava il reato di spedizione illegale di rifiuti.
La società cinese rappresentava solo un soggetto intermediario tra il produttore di rifiuti e la società che ne avrebbe gestito il riciclo o riutilizzo e non sarebbe mai potuta essere considerata come società rifornitrice del materiale destinato alle operazioni di riutilizzo o di riciclaggio.
In conclusione, dal combinato della legge cinese e degli articoli 18 e 37 del Regolamento CE n. 1013/2006 emerge l’obbligo per il produttore di rifiuti di munirsi della licenza ASQIQ qualora intenda organizzare e gestire un spedizione di rifiuti verso la Cina; in essenza della richiamata licenza, la cessione della proprietà dei rifiuti ad altro soggetto(anche se titolare della licenza ASQIQ) configura il reato ex art. 259 del D.Lgs. n. 152/06 perché interrompe la tracciabilità dei rifiuti.
“…altrimenti non si comprenderebbe la
ratio di una normativa elaborata dalla Repubblica Popolare della Cina per porre un freno all’importazione illegale di rifiuti agevolata dalle facilitazioni consentite da determinate province amministrative della Cina
[xxvii] ad imprese operanti su quei territori che in forza di contratti di vendita si trasformano da soggetti commercianti a soggetti fornitori di rifiuti”.
[xxviii]
[i] “In tema di rifiuti, la confisca prevista dalla normativa, ex articolo 259 del D.L.vo n. 152/2006, è stata imposta dal legislatore a seguito di una evidente presunzione di pericolosità del mezzo di trasporto utilizzato per lo svolgimento dell’attività illecita e si giustifica non per la pericolosità intrinseca della cosa, ma per la funzione “generalpreventiva – dissuasiva” attribuitale dal legislatore con connotati repressivi propri delle pene accessorie e, pertanto, può prescindere dalla pericolosità intrinseca della cosa (Cass. Sez. III, 11/03/2009 n. 10710). Inoltre, le posizioni dei singoli concorrenti in relazione al contributo fornito singolarmente per la realizzazione del reato andranno poi valutate dal giudice sulla base dei criteri generali previsti dal codice penale…” la Corte di Cassazione ha, nel medesimo arresto, puntualizzato che “Sussiste continuità normativa tra l’articolo 259 del D.L.vo n. 152/2006 e il testo dell’articolo 53 del D.L.vo n. 22/1997 precedentemente in vigore, infatti, la misura della confisca era già prevista in precedenza.” Cassazione penale sent. n. 6890 del 23 febbraio 2011. i due arresti richiamati sono reperibili sul sito: www.cortedicassazione.it
[ii] La licenza AQSIQ, emanata dall’Amministrazione Generale della Supervisione della Qualità, Ispezione e Quarantena della Repubblica Popolare Cinese in base agli accordi vigenti con il governo italiano, é un requisito essenziale per poter vendere direttamente materiali di recupero sul mercato cinese.
[iv] Il concetto (non giuridico) di «traffico di rifiuti» risulta essere più articolato e strutturato, presupponendo l’esistenza di più attività, di più risorse e di una maggiore partecipazione criminale. Diversamente, nella «spedizione illegale» di rifiuti, anche una sola «spedizione» potrebbe essere bastevole per configurare l’illecito, senza per ciò stesso necessitare e/o configurare il «traffico di rifiuti», il quale ultimo reato peraltro potrebbe assumere ulteriori connotazioni tali da «trasformarlo» nel delitto di cui all’art. 260 del d.lgs. n. 152/2006, in assenza del quale avremmo la applicazione delle sanzioni a singole fattispecie contravvenzionali e/o reati finanziari e/o societari. A. PIEROBON, in Diritto e giurisprudenza agraria, alimentare e dell’ambiente, n. 4, 2011, pag. 232.
[v] “
Le ragioni più frequenti dell’illegalità sono da ricondurre al fatto che la spedizione di rifiuti è stata effettuata in assenza di notifica all’autorità competente ovvero in violazione di un divieto di spedizione ai sensi del regolamento (CE) n. 1013/2006. La reazione più frequente in tali casi è stata la reintroduzione dei rifiuti nel paese di origine e l’applicazione di una multa.” Relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo COM(2012) 448 Final del 7.8.2012, cit.
[vi] Si tratta di un’associazione che si pone il fine ultimo di agevolare e promuovere la collaborazione tra gli Stati che vi fanno parte migliorando, così, lo scambio di informazioni e creando un sistema ottimale di gestione delle risorse.
[vii] Convenzione sul controllo dei movimenti oltre frontiera di rifiutipericolosi e sulla loro eliminazione.
[viii] Sentenza della Corte di Giustizia del 8 settembre 2009, C-411/06. www.curia.europa.eu
[ix] Regolamento (CE) n. 1013/2006, Consideranda 33.
[x] Nel corso degli anni, l’UE ha sviluppato norme ambientali fra le più rigorose al mondo. Le priorità attualmente perseguite – proteggere le specie e gli habitat minacciati e usare le risorse naturali con maggiore efficienza – aiutano anche l’economia in quanto favoriscono l’innovazione e l’imprenditorialità. Ogni anno negli Stati membri vengono prodotti circa due miliardi di tonnellate di rifiuti, anche particolarmente pericolosi, e questa cifra è in continuo aumento.
[xi] Nei termini in cui il carattere ambientale del regolamento impugnato risulta dalle finalità di tutela dell’ambiente perseguite dalla convenzione di Basilea, la Commissione, pur sottolineando che detta convenzione ha un’importante dimensione di politica commerciale, come emergerebbe dalla circostanza che è stata presa in considerazione nell’ambito dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), fa osservare che il regolamento in parola ha una portata ben più ampia della citata convenzione. Quest’ultima, infatti, si applicherebbe solamente ai movimenti di rifiuti pericolosi destinati allo smaltimento, mentre il regolamento impugnato concernerebbe tutti i rifiuti, pericolosi o meno, e destinati o meno allo smaltimento o al recupero. Sentenza della Corte di Giustizia del 8 settembre 2009, C-411/06. www.curia.europa.eu
[xii] Questa Convenzione si occupa di regolamentare il trasporto ed il commercio di rifiuti pericolosi, piuttosto che proibirne totalmente i movimenti transfrontalieri. A tal fine, prevede innanzitutto per le Parti un obbligo di carattere generale volto a ridurre la produzione dei rifiuti pericolosi e a provvedere, per quanto possibile, al loro smaltimento all’interno del Paese di produzione in modo da ridurre tendenzialmente al minimo i movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi. P. DELL’ANNO, E. PICOZZA,
Trattato di diritto dell’ambiente, (diretto da), Padova, 2012, pag. 89
[xiii] N. ALLERUZZO, R. BERTUZZI,
Manuale pratico di polizia ambientale. Tutela penale dell’ambiente e attività di polizia giudiziaria, 2012, Pag. 228.
[xiv] Per una precisa disamina sulla continuità normativa tra i due regolamenti, si veda FICCO e FIMIANI,
Trasporti transfrontalieri:il principio di continuità normativa salva le sanzioni del “Testo unico ambientale” sul traffico illecito, in Rifiuti – bollettino di informazioni normativa, Edizioni ambiente, 2007, XI, n. 145, 8.
[xv] “In realtà, tale regolamento altro non è che l’applicazione su base europea della Convenzione di Basilea del 22 marzo 1989. L’obiettivo comune di entrambi i provvedimenti non è solo quello della soppressione dei traffici illeciti, ma anche il controllo di quelli leciti, al fine di incentivare l’autosufficienza all’interno degli Stati produttori di rifiuti. A tale fine, il regolamento suddivide i rifiuti in tre liste: “verde”, “ambra” e “rossa”. N. LUGARESI, S. BERTAZZO,
Nuovo codice dell’ambiente, 2009, pag. 1043.
[xvi] E MARIOTTI, M. IANNANTUONI,
Il nuovo diritto ambientale, 2011, pag. 301.
[xvii] La Corte di Giustizia, con una recente sentenza, ha stabilito che “
L’articolo 18, paragrafo 4, del regolamento (CE) n. 1013/2006… deve essere interpretato nel senso che non consente a un intermediario di commercio, che organizza una spedizione di rifiuti, di non divulgare l’identità del produttore dei medesimi al destinatario della spedizione…persino quando l’omissione di tale divulgazione sia necessaria alla tutela dei segreti commerciali dell’intermediario. C-11/11, sentenza del 29 marzo 2012. www.curia.europa.eu
[xviii] Cassazione penale, sent. n. 4957 del 21 gennaio 2000; in tale arresto, la Cassazione aveva statuito che rientrava nel concetto di “produttore” sia l’impresa edile che, a seguito di opera di demolizione aveva prodotto quantità di materiale di scarto (che avrebbe provveduto a trasportare in discarica) ma anche il proprietario dell’immobile ristrutturato sul quale insisteva l’obbligo di vigilanza e controllo che, nella fattispecie, rappresentava quale legame giuridico essenziale per imputare allo stesso la produzione di rifiuti. La sentenza è reperibile in www.cortedicassazione.it.
[xix]Cassazione penale sent. n. 2662 del 15 gennaio 2004; nel caso in esame, la Suprema Corte ha ravvisato la figura del detentore nel soggetto che ricopriva la qualifica di dirigente del settore appalti di una Pubblica amministrazione in quanto, a causa della rescissione del contratto con l’impresa appaltatrice, il dirigente doveva essere considerato quale responsabile della gestione dei rifiuti prodotti e non adeguatamente smaltiti. La sentenza è reperibile in www.cortedicassazione.it.
[xx] “L’introduzione della responsabilità estesa del produttore nella presente direttiva è uno dei mezzi per sostenere una progettazione e una produzione dei beni che prendano pienamente in considerazione e facilitino l’utilizzo efficiente delle risorse durante l’intero ciclo di vita, comprendendone la riparazione, il riutilizzo, lo smontaggio e il riciclaggio senza compromettere la libera circolazione delle merci nel mercato interno.” Consideranda n. 27
[xxi] “Al fine di “scomporre” (e conseguentemente meglio controllare) il complessivo fenomeno del transito di rifiuti, il regolamento europeo scinde la disciplina in esso contenuta per singole tipologie di circolazione…ed in ragione della motivazione che informa ciascun trasferimento(ai fini di smaltimento, di recupero, di smaltimento e recupero congiunti). MARIO P. CHITI, G. GRECO,
Trattato di diritto amministrativo europeo, volume I, 2007, pag. 1704.
[xxii] La tracciabilità, com’è noto, è uno degli aspetti cardine della normativa comunitaria sulle spedizioni dei rifiuti, la quale normativa (necessariamente, ex ante), cerca di meglio definire i soggetti e le loro incombenze, peraltro con una precisa – e formale – scansione «gerarchica» che sostanzialmente vede (in ambito fisiologico): il produttore, il detentore, il raccoglitore, il commerciante, l’intermediario, il destinatario, il notificatore, il quale ultimo, in potenza, fagocita tutti gli altri soggetti, eccezion fatta per il destinatario. A. PIEROBON, in Diritto e giurisprudenza agraria, alimentare e dell’ambiente, n. 7/8, luglio/agosto 2012, pag. 479.
[xxiii] B. ALBERTAZZI,
La nuova gestione dei rifiuti dopo il D.Lgs. n. 205/2010, 2011, pag. 167.
[xxiv] “
Il contenuto delle risposte al questionari, ivi comprese le indicazioni del rifiuti la cui importazione è vietata o soggetta a restrizioni e controlli e le indicazioni circa le regole che ogni Paese non membro chiede siano rispettate, è reso pubblico periodicamente dall’istituzione europea e dunque conoscibile da qualsiasi operatore e rappresenta il riferimento normativo per valutare la regolarità delle operazioni di spedizione del rifiuti.” Cassazione Penale, sent. n. 30793 del 27 luglio 2012 in www.cortedicassazione.it
[xxv] Cassazione Penale, sent. n. 11837 del 13 marzo 2013, www.cortedicassazione.it
[xxvi] Conforme, in tal senso, anche Cassazione penale sent. n. 27413 del 20 giugno del 2012 che, in merito alla licenza ASQIQ, ha tento a precisare che si tratta di documentazione la cui obbligatorietà “è ben nota” agli operatori del settore.
[xxvii] E’ noto che nel Paese asiatico esistono veri e propri distretti del riciclo illegale. Il Governo cinese, già dall’agosto del 2011, ha reso più stringente la normativa sull’importazione e sul trattamento dei rifiuti. Ad esempio, è vitata l’importazione dei rifiuti non ancora idonei ad essere riutilizzati quando gli stessi sono destinati all’immagazzinamento o alla trasformazione o di quelli non conformi agli standard di controllo della protezione ambientale nazionale o alle relative specifiche tecniche o ad altri necessari requisiti.
[xxviii] Cassazione Penale, sent. n. 11837 del 13 marzo 2013.