LA FORMAZIONE MANAGERIALE DEI DIRIGENTI DEL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE
di FABRIZIO LORENZOTTI
1. Premessa. – Da diversi anni, parecchie figure dirigenziali delle strutture del Servizio sanitario nazionale sono obbligate a conseguire una formazione manageriale, frequentando appositi corsi. L’obbligo interessa i direttori generali, i direttori sanitari, i dirigenti sanitari delle strutture complesse e può essere esteso dalle Regioni ai direttori amministrativi. Sotto l’aspetto quantitativo, la categoria che presenta il maggior numero di soggetti da formare è quella dei dirigenti sanitari delle strutture complesse, cioè coloro che svolgono le professioni di medici, odontoiatri, veterinari, farmacisti, biologi, chimici, fisici e psicologi.
Nelle pagine che seguono vengono ricostruite le vicende normative che hanno condotto alla nascita e alla dilatazione della formazione manageriale; si cerca di comprenderne le ragioni e di illustrare i contenuti, le modalità organizzative ed i termini dei relativi corsi.
2. La formazione del personale del Servizio sanitario nazionale in base alla legge n. 833/1978. – La legge 23 dicembre 1978, n. 833, istitutiva del Servizio sanitario nazionale, non prevedeva una formazione manageriale dei dirigenti; anche perché, all’epoca, non esisteva una caratterizzazione aziendale delle Unità sanitarie locali. Queste erano legislativamente definite (art. 15) come strutture operative dei Comuni, singoli o associati, e delle Comunità montane; tanto è vero che gli organi di governo delle Unità sanitarie locali (l’assemblea generale, il comitato di gestione e il suo presidente) erano composti esclusivamente da personale politico locale.
Tale essendo la situazione, la questione della formazione manageriale non era concepibile. Invece, sul più generale tema di una formazione diversa da quella manageriale, quella legge dedicava attenzione:
1) alla formazione professionale e permanente nonché all’aggiornamento scientifico culturale del personale (art. 2, comma 1, n. 8). In particolate, il piano sanitario nazionale doveva indicare, tra gli altri obiettivi, quelli di formazione e aggiornamento del personale (art. 53, comma 10, lettera h);
2) a specifiche iniziative di formazione e di aggiornamento degli operatori dei servizi di prevenzione delle Unità sanitarie locali (art. 23);
3) ad appositi corsi, anche obbligatori, di formazione antinfortunistica e di prevenzione in materia di sicurezza negli ambienti di lavoro (art. 24, comma 2, n. 3).
3. La formazione del personale del Servizio sanitario nazionale in base alla originaria versione del decreto legislativo n. 502/1992. – Ugualmente, l’originaria formulazione del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria) non si occupava della formazione manageriale.
Quel testo conteneva significative novità in tema di qualificazione delle Unità sanitarie locali, che venivano definite (art. 3) aziende che si configurano come enti strumentali della Regione1, dotati di personalità giuridica pubblica, autonomia organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile, gestionale e tecnica. Unitamente alla qualificazione aziendale, venivano introdotte (sempre con l’art. 3) le figure del direttore generale (con tutti i poteri di gestione e di rappresentanza dell’Unità sanitaria locale), del direttore amministrativo e del direttore sanitario.
Tuttavia, il tema della formazione manageriale dei dirigenti non veniva neppure sfiorato, ma – in relazione alla più ampia questione della formazione del personale – quel testo dettava disposizioni sulla:
1) formazione di base del personale, secondo gli indirizzi contenuti nel piano sanitario nazionale (art. 1, comma 4, lettera e);
2) formazione degli specializzandi (art. 6, comma 2);
3) formazione per l’accesso ai ruoli dirigenziali del Servizio sanitario nazionale, da realizzare mediante specifici protocolli di intesa tra Università, Regioni, Aziende ospedaliere, Unità sanitarie locali e Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico di diritto pubblico (art. 6, comma 2). Si tratta di una formazione generica, non caratterizzata da particolari aggettivi, tantomeno da aspetti manageriali. La previsione di questo tipo di formazione è stata lasciata intatta dalle modifiche apportate negli anni seguenti al decreto legislativo n. 502/1992;
4) formazione specialistica nelle scuole di specializzazione attivate presso le strutture sanitarie e istituzione di corsi di specializzazione presso i presidi ospedalieri delle Unità sanitarie locali (sempre l’art. 6, comma 2, e anche l’art. 16);
5) formazione del personale sanitario infermieristico, tecnico e della riabilitazione, da svolgere in sede ospedaliera (art. 6, comma 3);
6) formazione e aggiornamento, ad iniziativa di Regioni, Unità sanitarie locali e Aziende ospedaliere, del personale a contatto con il pubblico, sui temi inerenti la tutela dei diritti dei cittadini (art. 14, comma 8);
7) formazione medica (art. 16).
Rispetto alle previsioni della legge n. 833/1978, si è verificato un notevole incremento delle esigenze di formazione del personale, destinato a svilupparsi ulteriormente negli anni successivi.
4. La disciplina della formazione manageriale inizia con il D.P.R. n. 484/1997. – La formazione manageriale viene prevista, per la prima volta, a livello normativo, dal D.P.R. 10 dicembre 1997, n. 484: “Regolamento recante la determinazione dei requisiti per l’accesso alla direzione sanitaria aziendale e dei requisiti e dei criteri per l’accesso al secondo livello dirigenziale per il personale del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale”2, entrato in vigore il 31 gennaio 1998.
Il D.P.R. n. 484/1997 trova il suo fondamento nell’art. 2, comma 1-bis, del decreto-legge 18 novembre 1996, n. 583, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 gennaio 1997, n. 4, che ha demandato ad uno o più regolamenti la determinazione dei requisiti e dei criteri per l’accesso al secondo livello dirigenziale dei ruoli sanitari.
Il decreto in esame è tuttora vigente, però alcune sue disposizioni risultano superate per incompatibilità dalla normativa successiva, pertanto, nel presente paragrafo, conviene dare un rapido sguardo ai punti essenziali della formazione manageriale nel momento della sua prima apparizione, rinviando per il resto al paragrafo 8, dove sarà svolto un esame più dettagliato delle disposizioni da ritenere ancora oggi valide ed efficaci.
Disciplinando la formazione manageriale, il decreto si rivolge a due tipologie di personale dei ruoli sanitari: a) i medici che possono ottenere l’incarico di direzione sanitaria aziendale (art. 1); b) gli appartenenti ai ruoli sanitari, cioè i componenti di otto categorie professionali sanitarie (indicate dall’art. 3: medici, odontoiatri, veterinari, farmacisti, biologi, chimici, fisici, psicologi) che possono accedere al secondo livello dirigenziale (art. 5).
Le strutture interessate sono quelle delle Unità sanitarie locali, delle Aziende ospedaliere, degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, degli Istituti ed Enti di cui all’art. 4, commi 12 e 13, del decreto legislativo n. 502/1992 (ad esempio: l’ospedale Galliera di Genova, l’Ordine Mauriziano, l’ospedale Bambino Gesù) e degli Istituti zooprofilattici sperimentali.
Le suddette due tipologie di personale, per ottenere gli incarichi dirigenziali (rispettivamente di direzione sanitaria aziendale e di secondo livello dirigenziale), non solo debbono soddisfare specifici requisiti (secondo quanto stabilito dagli artt. 1 e 3), ma devono anche conseguire un attestato di formazione manageriale, frequentando e superando appositi corsi, i cui contenuti didattici sono costituiti principalmente da quattro aree tematiche: 1) organizzazione e gestione dei servizi sanitari, 2) indicatori di qualità dei servizi e delle prestazioni, 3) gestione delle risorse umane e organizzazione del lavoro, 4) criteri di finanziamento e bilanci.
Le quattro aree tematiche sono tuttora ritenute fondamentali sia per la formazione manageriale dei dirigenti sopra indicati, sia (come risulterà dal paragrafo 7) per i direttori generali.
5. La legge delega n. 419/1998, il decreto legislativo n. 229/1999 e la formazione manageriale dei direttori generali. – La formazione manageriale dei direttori generali delle Aziende unità sanitarie locali e delle Aziende ospedaliere viene prevista dalla legge 30 novembre 1998, n. 419, che delega il Governo ad emanare uno o più decreti legislativi, contenenti disposizioni modificative e integrative del decreto legislativo n. 502/1992.
In particolare, l’art. 2, comma 1, lettera u), indica, tra i principi ed i criteri direttivi cui deve attenersi il Governo nell’esercizio della delega, la ridefinizione dei requisiti per l’accesso all’incarico di direttore generale delle Aziende unità sanitarie locali e delle Aziende ospedaliere, prevedendo anche la certificazione della frequenza di un corso regionale di formazione in materia di sanità pubblica e di organizzazione e gestione sanitaria, di durata non superiore a sei mesi, secondo modalità dettate dal Ministro della sanità (ora Ministro della salute), previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano (d’ora in poi abbreviata in “Conferenza Stato Regioni”).
In attuazione della legge delega viene emanato il decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, che modifica radicalmente il decreto legislativo n. 502/1992 e contiene, tra l’altro, fondamentali disposizioni sulla formazione manageriale, riguardanti non soltanto i direttori generali e i direttori sanitari, ma tutti i dirigenti sanitari delle strutture sanitarie; inoltre, le Regioni possono estendere l’obbligo di siffatta formazione ai direttori amministrativi.
Dopo il decreto legislativo n. 229/1999, altri decreti legislativi hanno continuato a modificare il decreto n. 502/1992, senza toccare però la formazione manageriale. Sull’argomento sono invece intervenuti, con disposizioni molto dettagliate, il decreto del Ministro della Sanità 1 agosto 2000, per quanto riguarda i direttori generali, e l’accordo della Conferenza Stato Regioni del 10 luglio 2003, per quanto riguarda i dirigenti sanitari delle strutture complesse.
Nei paragrafi successivi, seguendo lo stesso metodo utilizzato nelle pagine precedenti, in primo luogo (paragrafo 6) viene dato un rapido sguardo alle diverse tipologie di formazione (diverse da quella manageriale) del personale del Servizio sanitario nazionale contenute nel testo vigente del decreto legislativo n. 502/1992: in secondo luogo (paragrafo 7), l’attenzione viene concentrata sulla sola formazione manageriale dei direttori generali e dei direttori amministrativi, così come disciplinata non solo dal testo vigente del decreto n. 502/1992, ma anche dal decreto ministeriale 1 agosto 2000; in terzo luogo (paragrafo 8), l’attenzione viene spostata sulla formazione manageriale dei direttori sanitari e dei dirigenti sanitari delle strutture complesse, così come disciplinata non solo dal testo vigente del decreto n. 502/1992, ma anche dall’accordo Stato Regioni del 10 luglio 2003, nonché dal D.P.R. n. 484/1997 nelle parti di esso che possono attualmente ritenersi ancora valide ed efficaci.
6. Tipologie di formazione del personale del Servizio sanitario nazionale secondo il testo vigente del decreto legislativo n. 502/1992. – Sulla formazione del personale del Servizio sanitario nazionale, il testo attualmente vigente del decreto legislativo n. 502/1992 contiene parecchie disposizioni; tralasciando quelle del tutto marginali, vanno segnalate le seguenti:
a) il Piano sanitario nazionale indica, tra gli obiettivi, le esigenze relative alla formazione di base e gli indirizzi relativi alla formazione continua del personale, nonché al fabbisogno e alla valorizzazione delle risorse umane (art. 1, comma 10, lettera g);
b) corsi di diploma universitario per la formazione interdisciplinare di figure professionali di livello non dirigenziale operanti nell’area sociosanitaria a elevata integrazione sanitaria (art. 3, comma 4);
c) corsi a cura delle Regioni per le figure professionali operanti nell’area sociosanitaria a elevata integrazione sanitaria (art. 3, comma 5);
d) formazione degli specializzandi (art. 6, comma 2);
e) formazione per l’accesso ai ruoli dirigenziali del Servizio sanitario nazionale, da realizzare mediante specifici protocolli di intesa tra Università, Regioni, Aziende ospedaliere, Unità sanitarie locali e Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico di diritto pubblico (art. 6, comma 2);
f) formazione specialistica nelle scuole di specializzazione attivate presso le strutture sanitarie e istituzione di corsi di specializzazione presso i presidi ospedalieri delle Unità sanitarie locali (sempre l’art. 6, comma 2, e anche l’art. 16);
g) formazione del personale sanitario infermieristico, tecnico e della riabilitazione, da svolgere in sede ospedaliera (art. 6, comma 3);
h) programmi di formazione per la collaborazione dei farmacisti alle iniziative finalizzate a garantire il corretto utilizzo dei medicinali prescritti e il relativo monitoraggio, nonché a favorire l’aderenza dei malati alle terapie mediche (art. 8, comma 2, lettera b-bis, n. 2);
i) programmi per promuovere la formazione e l’aggiornamento degli operatori addetti alla gestione della documentazione clinica e alle attività di controllo (art. 8-octies, comma 3, lettera d);
l) formazione e aggiornamento, ad iniziativa di Regioni, Unità sanitarie locali e Aziende ospedaliere, del personale a contatto con il pubblico, sui temi inerenti la tutela dei diritti dei cittadini (art. 14, comma 8);
m) formazione medica (art. 16);
n) formazione continua (art. 16-bis), che comprende l’aggiornamento professionale e la formazione permanente.
7. La formazione manageriale dei direttori generali e dei direttori amministrativi del Servizio sanitario nazionale secondo la disciplina attualmente vigente. – Per i direttori generali, la disposizione fondamentale è contenuta nell’art. 3-bis, comma 4, del decreto legislativo n. 502/1992 (d’ora in poi, i riferimenti a questo decreto legislativo si intendono comprensivi di tutte le successive modificazioni sopravvenute nel corso degli anni).
I direttori generali devono produrre, entro diciotto mesi dalla nomina, il certificato di frequenza di uno dei corsi di formazione in materia di sanità pubblica e di organizzazione e gestione sanitaria.
I corsi sono organizzati ed attivati, con periodicità almeno biennale, dalle Regioni, anche in ambito interregionale ed in collaborazione con le Università o altri soggetti pubblici o privati accreditati ai sensi dell’art. 16-ter (dello stesso decreto n. 502/1992), operanti nel campo della formazione manageriale.
I contenuti, la metodologia delle attività didattiche, la durata dei corsi, non inferiore a 120 ore, da concludere in un periodo non superiore a sei mesi, nonché le modalità di conseguimento della certificazione, sono stabiliti, con decreto del Ministro della Sanità (ora della Salute), previa intesa in sede di Conferenza permanente Stato Regioni.
In tema di formazione manageriale dei direttori amministrativi, è molto più flessibile il comma 9 del medesimo art. 3-bis: tutto dipende dalle singole Regioni che possono subordinare il conferimento dell’incarico alla frequenza del corso di formazione programmato per i direttori generali oppure del corso per i dirigenti sanitari di struttura complessa, oppure di altro corso di formazione manageriale appositamente programmato.
Mentre il decreto legislativo n. 502/1992 stabilisce che i direttori generali devono produrre, entro diciotto mesi dalla nomina, il certificato di frequenza del corso di formazione (art. 3-bis, comma 4) e i dirigenti sanitari di struttura complessa debbono conseguire l’attestato di formazione entro un anno dall’inizio dell’incarico (art. 15, comma 8), non viene fissato alcun termine per i direttori amministrativi. Anche questo è un elemento che dovrà essere stabilito dalle Regioni.
Non è chiara la ragione della diversità dei termini per conseguire la formazione: diciotto mesi per i direttori generali, un anno per i dirigenti delle strutture complesse (e anche per i direttori sanitari). Probabilmente essa è dovuta al fatto che i corsi per direttori generali hanno una durata maggiore degli altri.
La disciplina specifica dei corsi di formazione per i direttori generali (eventualmente estesi dalle Regioni ai direttori amministrativi), concernente i contenuti, la metodologia didattica, la durata, le modalità di conseguimento della certificazione, è rintracciabile nel decreto del Ministro della Sanità 1 agosto 20003 (Disciplina dei corsi di formazione dei direttori generali delle aziende sanitarie).
Sul testo del decreto ministeriale, come previsto dall’art. 3-bis del decreto legislativo n. 502/1992, è stata acquisita l’intesa con la Conferenza permanente Stato Regioni, nella seduta del 29 marzo 2000.
I corsi sono attivati ed organizzati, almeno ogni due anni, dalle Regioni, anche in ambito interregionale.
Per la effettiva realizzazione, le Regioni possono avvalersi della collaborazione delle Università o di altri soggetti pubblici o privati, operanti nel campo nella formazione manageriale, accreditati ai sensi dell’art. 16-ter del decreto legislativo n. 502/1992.
La durata dei corsi non può essere inferiore a 120 ore e va programmata in un periodo non superiore a sei mesi (però, il periodo di tempo necessario dipende anche dal numero di ore effettivamente dedicato alla didattica nel corso di una settimana, forse il decreto ministeriale allude anche a questa esigenza, quando si riferisce ad una programmazione che attua criteri di flessibilità).
I corsi hanno lo scopo di fornire gli strumenti e le tecniche propri del processo manageriale, quali l’analisi e la diagnosi organizzativa, la pianificazione strategica e operativa, il controllo di gestione, la direzione per obiettivi e la gestione delle risorse umane.
Le aree tematiche fondamentali sono: la sanità pubblica, l’organizzazione e gestione dei servizi sanitari, la gestione economico-finanziaria, le risorse umane e organizzazione del lavoro, articolate principalmente secondo le indicazioni contenute nell’allegato al decreto stesso. Le Regioni possono organizzare i corsi, prevedendo ulteriori contenuti di tipo teorico, pratico od operativo, ritenuti necessari in rapporto alle particolari situazioni sanitarie, sociali ed ambientali locali.
Occorre notare che le aree tematiche fondamentali sono pressoché identiche a quelle per direttori sanitari e dirigenti delle strutture complesse.
L’attività didattica deve essere di tipo teorico, pratico e seminariale, impiegando una metodologia di tipo prevalentemente attivo, privilegiando tecniche di formazione che prevedano il lavoro di gruppi, analisi di esperienze particolarmente significative, sviluppo di progetti applicativi.
E’ possibile l’utilizzazione di sistemi di formazione a distanza che, però, non possono superare il cinquanta per cento delle ore di durata del corso.
Al termine del periodo di formazione, viene rilasciata ai corsisti che abbiano seguito il numero totale delle ore previste (presa alla lettera questa indicazione comporta che i corsisti dovrebbero frequentare il cento per cento delle ore previste, il che è ovviamente assurdo, anche considerando che si tratta di persone che hanno notevoli impegni lavorativi. Probabilmente, come previsto per la formazione manageriale dei dirigenti di struttura complessa, è necessaria una frequenza dell’ottanta per cento delle ore complessive del corso) una certificazione di frequenza, comprovante il grado di acquisizione degli strumenti e delle tecniche propri del processo manageriale (per comprovare il grado di acquisizione, evidentemente, sono necessari degli esami, oltre al colloquio finale di cui si dirà tra breve).
La certificazione di frequenza è rilasciata dalla Regione sulla base delle attestazioni dei responsabili degli enti e delle strutture che hanno tenuto i corsi. I legali rappresentanti di questi enti e strutture, immediatamente dopo lo svolgimento del colloquio finale, trasmettono, per ciascun candidato, alla Regione, l’attestazione del grado di proficua acquisizione degli strumenti e delle tecniche del processo manageriale e una dichiarazione sui giorni di effettiva frequenza.
8. La formazione manageriale dei direttori sanitari e dei dirigenti sanitari delle strutture complesse secondo la disciplina attualmente vigente. – Per quanto riguarda la formazione manageriale dei direttori sanitari e dei dirigenti sanitari delle strutture complesse, sono indispensabili alcuni chiarimenti preliminari connessi alle disposizioni del decreto legislativo n. 502/1992.
Il primo riguarda le nuove denominazioni dei dirigenti del ruolo sanitario: ai sensi dell’art. 15-terdecies, in relazione alla categoria professionale e alla struttura di appartenenza, nonché all’attività svolta, questi dirigenti assumono la denominazione di direttori se sono responsabili di struttura complessa; assumono, invece, la denominazione di responsabili se sono dirigenti di struttura semplice.
Il secondo attiene alla individuazione delle strutture complesse: come disposto dall’art. 15 quinquies, comma 6, si considerano strutture complesse i dipartimenti e le unità operative individuate secondo i criteri di cui all’atto di indirizzo e coordinamento governativo previsto dall’art. 8-quater, comma 3. Fino all’emanazione di questo atto si considerano strutture complesse tutte le strutture già riservate dalla normativa precedente ai dirigenti di secondo livello dirigenziale. In termini più semplici, i dirigenti del secondo livello vanno ora definiti direttori di struttura complessa.
Invece le strutture semplici vanno intese come articolazioni interne di una struttura complessa (art. 15, comma 7-quater).
Tuttavia, pur essendo più esatta la denominazione di “direttori di strutture complesse”, continueremo ad usare, non sempre ma spesso, la denominazione di “dirigenti sanitari delle strutture complesse”, ciò tutte le volte in cui la denominazione più esatta può creare confusione con la figura dei direttori sanitari veri e propri.
Il terzo ha a che fare con la comprensione delle ragioni in base alle quali i dirigenti sanitari delle strutture complesse debbono frequentare e superare i corsi di formazione manageriale. La spiegazione sta in più disposizioni dell’art. 15: questi dirigenti devono attuare programmi di attività promossi, valutati e verificati a livello dipartimentale ed aziendale, finalizzati all’efficace utilizzo delle risorse e all’erogazione di prestazioni appropriate e di qualità (comma 3); gli strumenti per la verifica annuale del loro operato rilevano la quantità e la qualità delle prestazioni sanitarie erogate in relazione agli obiettivi assistenziali assegnati, concordati preventivamente in sede di discussione del budget, in base alle risorse professionali, tecnologiche e finanziarie messe a disposizione, registrano gli indici di soddisfazione degli utenti e provvedono alla valutazione delle strategie adottate per il contenimento dei costi tramite l’uso appropriato delle risorse (comma 5); i dirigenti in esame svolgono funzioni di direzione e organizzazione delle strutture complesse e adottano le decisioni necessarie per il corretto espletamento del servizio, sono responsabili dell’efficace ed efficiente gestione delle risorse attribuite (comma 6).
In sintesi, come ricordato dalla parte introduttiva dell’accordo Stato Regioni del 10 luglio 2003, i dirigenti sanitari delle strutture complesse, per l’esercizio delle funzioni di direzione di un servizio pubblico essenziale, come quello sanitario, sono chiamati a possedere adeguate conoscenze e competenze non soltanto di natura professionale ma anche organizzativa e gestionale in un contesto di risorse finite. Essi devono farsi carico del così detto “governo clinico” del servizio sanitario, inteso come sintesi di autonomia professionale e responsabilità gestionale, ovvero come sintonia tra il piano della gestione operativa di settore e quello della gestione strategica aziendale.
Chiariti i suddetti aspetti, si può ora esaminare la formazione manageriale dei direttori sanitari e dei dirigenti sanitari delle strutture complesse, disciplinata – come già anticipato alla fine del paragrafo 5 – dal testo vigente del decreto n. 502/1992, dall’accordo Stato Regioni del 10 luglio 2003, nonché dal D.P.R. n. 484/1997 nelle parti di esso che possono attualmente ritenersi ancora valide ed efficaci.
Ovviamente le principali disposizioni al riguardo sono contenute nell’art. 16-quinquies del decreto legislativo n. 502/1992: la formazione manageriale costituisce un requisito necessario per lo svolgimento degli incarichi di direttori sanitari e per la direzione delle strutture complesse da parte delle categorie dei medici, odontoiatri, veterinari, farmacisti, biologi, chimici, fisici e psicologi.
Essa si consegue, dopo l’assunzione dell’incarico (su questo punto la disposizione normativa è chiara ma non soddisfacente: non si capisce perché la formazione manageriale non potrebbe essere conseguita prima dell’assunzione dell’incarico. Anche sotto il profilo dell’effettiva preparazione e dell’idoneità, risulta di gran lunga preferibile ed auspicabile una formazione conseguita prima del conferimento dell’incarico).
Il mancato superamento del primo corso, attivato dalla Regione successivamente al conferimento dell’incarico, determina la decadenza dall’incarico stesso.
Devono frequentare e superare i corsi i dirigenti sanitari delle strutture complesse delle Unità sanitarie locali, delle Aziende ospedaliere, degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, degli Istituti zooprofilattici sperimentali, degli Istituti ed Enti di cui all’art. 4, commi 12 e 13, del decreto legislativo n. 502/1992 (ad esempio: l’ospedale Galliera di Genova, l’Ordine Mauriziano, l’ospedale Bambino Gesù), nonché il personale degli enti e strutture pubbliche indicate all’art. 11 del D.P.R. n. 484/1997, al quale sia stata estesa la disciplina sugli incarichi dirigenziali di struttura complessa di cui al decreto legislativo n. 502/1992.
Per conseguire la formazione manageriale è necessario frequentare e superare, con le relative spese a carico dei partecipanti, appositi corsi organizzati ed attivati dalle Regioni, anche a livello interregionale. A tal fine le Regioni possono avvalersi delle Università e di soggetti pubblici e privati accreditati.
Il comma 2 dell’art. 16-quinquies stabilisce che le Regioni, previo accordo con il Ministero della sanità in sede di Conferenza Stato Regioni, organizzano ed attivano i corsi e, in questo modo, apre la strada all’accordo sulla formazione manageriale raggiunto nella Conferenza Stato Regioni del 10 luglio 2003.
L’accordo definisce le linee che permettono il riconoscimento reciproco delle attestazioni dei corsi manageriali seguiti dal personale sanitario e individua le condizioni che devono essere garantite affinché l’attestato sia riconosciuto valido.
Nei corsi deve essere riservata precedenza di iscrizione ai dirigenti sanitari in servizio presso le strutture sanitarie delle singole realtà.
Le Regioni organizzano, parallelamente ai suddetti corsi, iniziative di formazione continua su tematiche attinenti alla formazione manageriale, riservate ai dirigenti sanitari in possesso del certificato di formazione.
La durata dei corsi non deve essere inferiore a 100 ore di frequenza certificata. Le Regioni programmano corsi di durata superiore al fine di concedere un massimo di assenze fino al venti per cento delle attività globalmente programmate.
Una percentuale maggiore di assenze comporta l’esclusione dal colloquio finale. Nei casi di gravidanza, puerperio o malattia, il periodo di formazione può essere sospeso, fermo restando che l’intera sua durata non potrà essere ridotta e che il periodo di assenza dovrà essere recuperato nell’ambito di un altro corso.
I corsi sono riferiti prioritariamente a quattro aree tematiche: I) organizzazione e gestione dei servizi sanitari, II) indicatori di qualità dei servizi – sanità pubblica, III) gestione delle risorse umane, IV) criteri di finanziamento ed elementi di bilancio e controllo. L’allegato A al testo dell’accordo specifica i possibili contenuti delle quattro aree tematiche.
La metodologia didattica è di tipo prevalentemente attivo; le lezioni tradizionali (lezioni frontali) sono affiancate da strumenti quali analisi e discussione di casi didattici, incident, role playing, simulazioni e griglie di analisi, finalizzati a favorire, tramite la discussione in piccoli gruppi di lavoro, l’apprendimento dei contenuti oggetto del corso. le discussioni guidate, gli incident e, più in generale, tutti gli strumenti didattici sono focalizzati specificamente sulle tematiche inerenti la gestione dell’ambito socio – sanitario.
Proprio allo scopo di garantire l’effettiva utilizzazione delle metodologie didattiche attive, viene fissato un limite al numero di partecipanti che non potrà essere superiore a 30 unità per ogni singola classe del corso.
Il corso si conclude con un colloquio finale, tramite anche la presentazione e discussione di un elaborato, davanti ad una apposita commissione costituita secondo modalità disciplinate dalla Regione, della stessa dovranno comunque far parte docenti del corso.
Il superamento dell’esame finale comporta il rilascio, in copia unica, da parte della Regione del certificato di formazione (secondo il modello definito nell’allegato B all’accordo Stato Regioni).
Ciascuna Regione deve provvedere a costituire e mantenere un apposito albo pubblico, dove vengono iscritti i dirigenti sanitari cui è stato rilasciato il certificato di formazione manageriale.
I dirigenti sanitari che conseguono il certificato di formazione manageriale sono esclusi dall’obbligo di conseguire i crediti formativi dell’ECM di cui all’art. 16-quater del decreto legislativo n. 502/1992 nell’anno nel quale si conclude l’attività formativa.
L’accordo Stato Regioni prevede infine che la validità del certificato di formazione manageriale, una volta conseguito, resta ferma, ma il dirigente sanitario è comunque tenuto a partecipare con esito positivo ai corsi di formazione continua organizzati dalle Regioni nei trienni successivi alla data di conseguimento del certificato medesimo.
In questo modo è da ritenere abrogata per incompatibilità una disposizione poco assennata contenuta nel comma 1 dell’art. 7 del D.P.R. n. 484/1997, secondo cui l’attestato di formazione aveva un periodo di validità di sette anni dalla data del suo rilascio. Non era facile comprendere perché i dirigenti sanitari avrebbero dovuto tornare a svolgere un altro iter formativo dopo sette anni, quando il precedente corso aveva già fornito loro le necessarie conoscenze ed attitudini, arricchite e sviluppate in sette anni di esperienza pratica.
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1) E’ il caso di notare che, circa un anno dopo, l’art. 4 del decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517 (modificando l’art. 3 del decreto legislativo n. 502/1992), conferma la qualificazione delle Unità sanitarie locali come “aziende”, però non più come enti strumentali della Regione; per il resto vengono mantenute: la personalità giuridica pubblica e le varie forme di autonomia: organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile, gestionale e tecnica. Viene demandata alle Regioni la disciplina delle modalità di organizzazione e funzionamento delle nuove Unità sanitarie locali.
2) Per maggiore precisione, si può dire che la formazione manageriale fa la sua prima comparsa nell’art. 11 di un altro D.P.R., anche esso del 10 dicembre 1997, ma con il n. 483, ed avente ad oggetto: “Regolamento recante la disciplina concorsuale per il personale dirigenziale del Servizio sanitario nazionale”. Però, l’art. 11 contiene soltanto un fugace accenno all’attestato di formazione manageriale, rinviando per la effettiva disciplina al D.P.R. n. 484/1997.
3) Il decreto è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, Serie generale n. 300 del 27 dicembre 2000.
Pubblicato su AmbienteDiritto.it il 31 gennaio 2015
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