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Brevi considerazioni sull’art.18 della Costituzione.  

 

LIBERTÀ DI ASSOCIAZIONE E DOVERE DI SEGRETEZZA.

Brevi considerazioni sull’ art. 18 della Costituzione.

(Avv. Antonio Cogliandro cultore della materia area pubblicistica)

 

Il divieto delle associazioni segrete è associato con il divieto di quelle associazioni con finalità politiche perseguite attraverso organizzazioni di carattere militare. La dottrina si è soffermata spesso su questo comma. Per la verità, non è mancato chi ha compreso che dentro questo articolo 18 si cela, un groviglio di problemi di natura anche ideologica. E cosi A. Pace, che si è occupato dei diritti fondamentali e quindi anche del diritto di libertà di associazione ha scritto: “ma che senso ha proibire un associazione che persegua fini leciti solo perché coperta dal segreto?” Non è facile trovare la “ratio” del divieto sulla base dei principi generali della Costituzione relativamente alla tutela dei diritti fondamentali, tra i quali rientra anche, per molteplici ragioni, il diritto del cittadino di rendere o meno nota la sua adesione ad un associazione, nella misura in cui questa associazione non persegua fini vietati dall’ordinamento.

Bisogna quindi accennare rapidamente alla questione del diritto fondamentale generale garantito dall’ art. 18 Cost.,ovvero il diritto di libertà di associazione, che viene tutelato nella Costituzione repubblicana, mentre nello Statuto Albertino l’art. 32 riconosceva un diritto siffatto soltanto relativamente ad una libertà per cosi dire privata, sottoponendo “le adunanze in luoghi pubblici o aperti al pubblico… alle leggi di polizia”. In realtà, il diritto di libertà di associazione era inesistente nello Statuto e i Costituzionalisti dell’epoca cercarono invano di trarre una qualificazione dalla libertà di riunione. A ben vedere, è l’ idea stessa di un organizzazione sociale che entra nella sfera pubblica che lo Stato liberale classico guarda con sospetto. Non è un caso che in questa forma di Stato il partito politico è soltanto tollerato, tanto che esso sarà previsto in Costituzione solo prima con la legge fondamentale di Weimar e poi in Italia dall’ art. 49 della Costituzione, che ne farà anzi uno strumento di partecipazione democratica alla vita civile.

E’ poi certamente singolare il fatto che la Costituzione repubblicana del 1948 abbia conservato un divieto che è specifico del regime fascista e la cui ratio non è ovviamente conciliabile con la volontà del costituente di garantire la massima libertà di associazione, rimuovendo, ad esempio, il divieto di autorizzazione e ipotizzando anche un diritto concesso non soltanto ai cittadini, ma generalmente a tutti. Lo è ancor più se si considera che il divieto delle organizzazioni militari cui viene associato il divieto delle associazioni segrete è pensato con l’occhiata rivolta allo squadrismo fascista.

Ciò tanto più in quanto l’art.18. 1 Cost. non è soltanto il riconoscimento di un diritto fondamentale in senso lato, quanto di un diritto che entra a strutturare la forma stessa dello Stato che vien fuori dall’ epoca dei totalitarismi: Stato di diritto, democratico e costituzionale. Si tratta di garanzie che coinvolgono contemporaneamente i singoli e i gruppi nei quali i singoli esplicano la loro personalità e che da questo punto di vista si ricollegano all’ art. 2 della Costituzione, relativo al riconoscimento e alla tutela delle formazioni sociali. E’ vero che le formazioni sociali dell’art. 2 sono di natura prevalentemente organica e non volontaristica, ma non v’è dubbio che nella modernità il momento volontaristico della libertà ha senso solo se si esplica in una realtà di tipo comunitario, altrimenti sarebbe puramente anarchico e di conseguenza incapace di esplicare anche le sue funzioni di garanzia delle libertà individuali. Ne scaturisce, già a questo punto del discorso, che la “pubblicità” dei membri dell’ associazione, può ben arrivare a intaccare il diritto stesso del singolo sia alla riservatezza sia alla stessa libertà di associazione.

In effetti, la libertà associativa dell’ art. 18 è una libertà strumentale rispetto all’ esercizio di altre attività garantite dalla Costituzione. Tanto è vero che l’associazionismo qui previsto è di tipo generale.

Proprio in quest’ottica, ad esempio, Antonio Baldassarre, ha operato una connessione tra l’art.18 e l’art. 17 relativo alla libertà di riunione chiamando in campo la distinzione aristotelica tra il prattein e il poiein e quindi segnalando con forza il nesso tra norme costituzionali e strutture della personalità umana. Se la libertà di riunione ha a che fare con il prattein, cioè con la strumentalità dell’ agire individuale, il poiein implica una estrinsecazione necessaria della dimensione più profonda dell’essere individuo, con la evidente conseguenza che ogni limitazione di quel diritto -limitazione eccezionale quant’altra mai- deve trovare una giustificazione chiara e precisa. E ciò non a caso, in quanto l’art. 18 costituisce un limite innanzi tutto nei confronti del potere pubblico ad intervenire sul diritto riconosciuto, tanto che una delle più importanti e note conseguenze di norma della Costituzione repubblicana fu la scomparsa del potere prefettizio di scioglimento delle associazioni a seguito della sentenza n. 114/1967 della Corte costituzionale, e poi la cancellazione di una serie di norme del codice civile relative ad una regolazione delle attività delle associazioni. La libertà di associazione implica quindi una rimozione del “segreto”in quanto tale.

In altri termini, ciò che l’art. 18.1 riconosce è che l’ uomo è un animale politico e che questa politicità è insopprimibile e si esplica strettamente nel fine che l’ associazione intende raggiungere sulla base della natura della associazione stessa e della vocazione individuale.

L’obiettivo è uno “scopo comune” e la comunità dello scopo si autonomizza rispetto al momento genetico dell’associazione. Ciò significa che il diritto di associarsi si estende al tipo di organizzazione che gli associati hanno il diritto di darsi, una organizzazione che sia la più confacente agli interessi e sopra tutto allo scopo che essi si sono dati associandosi ed anzi in virtù e in ragione del quale hanno deciso di associarsi. Com’è stato osservato da A. Pace, ”il perseguimento di un fine è sempre condizionato dai mezzi di cui si dispone e, quindi, dalla struttura organizzativa utilizzata”. Non può essere dunque il tipo di organizzazione, che si avvale di quel “segreto” che altrove la stessa Costituzione garantisce come inviolabile, per esempio per quanto riguarda la corrispondenza, oggetto della proibizione del secondo comma dell’art. 18,bensi unicamente la finalità cui il carattere segreto dell’ associazione deve servire, sicché la segretezza, in questo caso, si riferisce a quelle associazioni ”veramente segrete”, come disse Tupini in Assemblea Costituente, ovvero quelle associazioni di cui, di fatto, si ignora l’ esistenza fino a quando o non vengono scoperte dalla magistratura o non si rivelano esse stesse nel momento in cui palesano il loro obiettivo anti-giuridico (cui la segretezza è funzionale).

In effetti, è evidente che la norma si riferisce in maniera esclusiva a finalità di eversione o che, meglio, per citare Paolo Barile, ”il legislatore ha voluto sottolineare la necessaria politicità delle associazioni segrete vietate”, le quali devono avere”finalità di usurpazione del potere”. Ciò significa che una sana comprensione dello spirito del dettato costituzionale, coglie il segreto come illecito soltanto nella misura in cui esso costituisce uno strumento per il raggiungimento di finalità politiche eversive.

E’ comprensibile che l’allarme suscitato dalle vicende della Loggia Propaganda 2 abbia prodotto delle reazioni, prima di opinione pubblica e poi anche a livello normativo, con la Legge 17/1982. Ad una lettura attenta di questa norma, si evince che il concetto di “segretezza” può essere applicato con una conseguenza punitiva solo nella misura in cui l’attività svolta in maniera occulta è finalizzata non soltanto ad interferire sulla vita civile del paese in generale, ma ad interferire in maniera illecita. Il concetto di segretezza viene correttamente interpretato in maniera restrittiva in quanto alla segretezza viene ascritto un significato anticostituzionale soltanto nella misura in cui dal fine, dallo scopo dell’ attività si inferisce la qualificazione di illecita alla segretezza dell’associazione. Ma, sopra tutto, si sottolinea l’occultamento dell’esistenza della associazione, come dire che segreta e quindi illecita, illegale e anticostituzionale è quella associazione di cui l’opinione pubblica e gli strumenti di informazione nulla sanno.

Ci si chiede, se la segretezza fosse di per sé un vizio, perché allora il fulcro della “privacy” è la riservatezza, che è solo una forma più consueta di segretezza, perché la violazione della segretezza della corrispondenza è ritenuta dagli ordinamenti giuridici moderni un reato?

Ha osservato Giuseppe Ugo Rescigno che la Costituzione punisce le associazioni segrete “per la loro antidemocraticità, giacché non consentono alcun controllo popolare sulla loro attività”. Se la segretezza deve essere proibita-ancora Rescigno”quella associazione che, sistematicamente e per programma, si adopera affinché la pubblica opinione sappia della sua esistenza e attività solo ciò che la stessa associazione decide di divulgare”, siamo sicuri che questa caratteristica non si adatta anche a molte associazioni, politiche, economiche, che fanno sapere alla gente solo ciò che loro conviene che la gente sappia?

A tal proposito citare un brano da un libro sullo Stato e le associazioni di un grande costituzionalista italiano dell’ ottocento, Gaetano Arangio Ruiz: dopo aver ammesso che solo nei governi dispotici le società segrete hanno legittimità e che negli Stati liberi ”il segreto non avrebbe ragion d’essere”, cosi continua: ”Il che non toglie che le associazioni segrete possano vivere tollerate nello Stato, quando questo non trova nulla da temere dalla loro azione occulta”.

Ci si chiede ancora, si può essere soddisfatti dello stato attuale delle cose e della legislazione vigente? Per certi aspetti, la risposta può essere positiva, per altri, invece, ancora negativa. Credo infatti che l’aver inserito in Costituzione questo riferimento alle associazioni segrete, specialmente nel momento in cui lo si è legato alle organizzazioni militari contemplate nello stesso comma, sia stata una leggerezza del Costituente, perché, nonostante interpretazioni corrette del concetto, quale in fondo quella dell’art. 1 della cd. Legge P2, resta incerto su altre, possibili interpretazioni estensive che finirebbero, in via pregiudiziale, con l’intaccare il principio stesso dell’art. 18, che mira invece a garantire il diritto di associazione quale diritto fondamentale di libertà connesso alla struttura profonda e più complessa dell’ essere umano. I limiti posti ad altre forme associative, quali la registrazione per i Sindacati(art. 39 Cost.) o il metodo democratico per quanto riguarda l’attività esterna dei partiti (art. 49Cost.), sono il risultato di una particolare finalità di quel tipo di associazioni, che non a caso sono specificamente regolate e previste dalla Costituzione in quanto tali e per le specifiche finalità che sono loro connesse in un ordinamento democratico e in uno Stato sociale di diritto.

In verità, il concetto di segretezza deve essere riservato, nella sua funzione antigiuridica, esclusivamente ad associazioni apertamente e dichiaratamente politiche, che fanno della segretezza uno strumento di sovversione, essendo antigiuridico il fine. Ma rispetto a ciò la legge di attuazione dell’ art. 18 Cost., dalle parole di G. Cuomo, appare piuttosto una norma preventiva, non proibitiva né repressiva di atti illeciti contemplati dall’ ordinamento, infatti: ”viene colpito il proposito, l’intenzione perché si colpisce l’attività prima che produca i suoi effetti; e quindi l’associazione è considerata vietata per l’art. 18 Cost. prima che la sua attività abbia interferito”, nella fattispecie sull’esercizio di pubbliche funzioni” di organi costituzionali, di amministrazioni pubbliche, anche ad ordinamento autonomo”. Più che l’ idoneità ad interferire – continua Giuseppe Cuomo – si colpisce l’intenzione perché l’associazione viene sanzionata anche se la sua attività non interferisce sull’ esercizio di pubbliche funzioni. Infatti ai sensi di legge il requisito richiesto non è l’ interferenza, ma l’attitudine ad interferire. Sicché con tale legge per la libertà di associazione si passa da un regime repressivo, tipico dei regimi democratici, a quello di prevenzione, sovvertendo la regola generale per la quale in tanto si è liberi in quanto si è responsabili e in tanto si è responsabili in quanto si è liberi”.

Bibliografia:
– A. Pace, Problematica delle libertà personali, Cedam
– A.Baldassare, Diritti delle persone e valori Costituzionali, Giappichelli
– On.Tupini, La Costituzione Repubblicana nei lavori preparatori
-P.Barile, Diritti dell’uomo e libertà fondamentali, Il Mulino
– G.U.Rescigno, Corso di Diritto Pubblico, Zanichelli
– G.Arangio Ruiz Le Associazioni e lo Stato
– G.Cuomo, Le Associazioni segrete

 

Pubblicato su AmbienteDiritto.it il 17 marzo 2015

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