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Lo status giuridico dello psicologo psichiatrico transita dall’esegesi del Giudice Amministrativo alla giurisdizione del Giudice del Lavoro.

di Carmine Cagnazzo e Fedele Bellacosa Marotti

 

La sentenza in commenta afferma i diritti economici di uno psicologo psichiatrico in attuazione della c.d. “equiparazione” al personale medico. Il precedente giurisprudenziale del Giudice del Lavoro fonda la decisione sulla storia professionale dello Psicologo appellante, come documentata in giudizio; storia che è il riflesso della evoluzione storica e giuridica della figura dello “psicologo psichiatrico” nella normativa pregressa e vigente.

Sono note le circostanze storiche e politiche che hanno condotto alla c.d. “chiusura dei manicomi” in Italia. All’epoca di quella storica stagione non era stato ancora compiutamente istituito il Servizio Sanitario Nazionale; né introdotte le AA.SS.LL; né tanto meno adottati i profili professionale del personale UU.SS.LL..

Era il corpus normativo sulla istituzione dei servizi territoriali di psichiatria che prevedeva anche norme specifiche per il personale sanitario ivi impiegato, con disposizioni pure di natura economica.

Il D.M. 6 dicembre 1968 disciplinava il trattamento economico del personale medico di ruolo in servizio presso le istituzioni psichiatriche dipendenti degli enti pubblici e stabiliva (artt. 3 e 6) la corresponsione di detto trattamento non solo ai medici ma anche in favore delle figure professionali sanitarie equiparabili per funzioni.

A corredo, la L. 21.6.71 n.515 ha espressamente disponeva: “a decorrere dal 1° luglio 1971 e fino alla data indicata all’articolo 1 è corrisposta ai medici e agli psicologi degli ospedali psichiatrici e dei centri o servizi di igiene mentale una indennità, non utile ai fini previdenziali e assistenziali, pari alla differenza tra il trattamento economico in godimento alla predetta data e quello attualmente in vigore per i medici dipendenti dagli enti ospedalieri di corrispondente funzione e anzianità” (art.3).

Dette norme trovavano (e trovano ancora) applicazione in favore del primo gruppo “storico” di “psicologo” assunto dalla Pubblica Amministrazione per l’assistenza psichiatrica territoriale (nella specie in commento gli psicologi del Servizio di Igiene Mentale della Provincia di Bari, assunti nel 1978).

Come spiega anche la sentenza della Corte d’Appello di Bari, il beneficio della c.d. “equiparazione” riguarda così solo gli psicologi di c.d. “prima generazione”, assunti presso le strutture di assistenza territoriali (comunque denominate), prima della istituzione del SSN.

Questa la conclusione a cui, dopo qualche iniziale incertezza, era pervenuto il Giudice Amministrativo.

“Nella ricordata decisione n. 6663 del 27 ottobre 2003 è stato anche precisato, a conforto delle argomentazioni ivi sviluppate, che è stata dichiarata manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale delle più volte ricordate n. 431 del 1968 e n. 515 del 1971, con riferimento agli articoli 3, 35, 36 e 97 della Costituzione, per la parte in cui non consentono che gli psicologi assunti successivamente alle predette leggi possono conseguire l’equiparazione ai medici psichiatri (C.d.S., sez. V, 2 marzo 2000, n. 1091), ritenendosi pertanto del tutto errate le considerazioni svolte dai primi giudici in ordine alla mancata previsione dell’attribuzione agli psicologi delle indennità riconosciute ai medici, biologi, chimici e fisici, atteso che la norma indicata a parametro della pretesa illegittimità (e cioè l’articolo 14, 3° comma, della legge 20 maggio 1985, n. 207) non aveva in alcun modo stabilito, in via generale e definitiva, l’equiparazione tra psicologi e medici e rilevandosi che non era neppure pertinente il richiamo operato nella impugnata sentenza alla legge n. 56 del 1989, che ha disciplinato la professione di psicologo, non solo perché tale normativa riguarda l’attività libero – professionale dello psicologo e non già quella espletata da tale figura professionale, quale dipendente del servizio sanitario nazionale, ma anche – e soprattutto – perché essa è successiva a quella del D.P.R. 20 maggio 1987, n. 270, e pertanto non può essere in alcun modo considerata quale elemento di comparazione della ragionevolezza e dalla razionalità della normativa contestata”1.

Secondo questo indirizzo, pienamente condiviso dal collegio, l’art. 14 comma 3 l. 20 maggio 1985 n. 207 (in forza del quale “gli psicologi psichiatri, equiparati agli psichiatri a norma delle l. 18 marzo 1968 n. 431 e 21 giugno 1971 n. 515, in quanto svolgenti funzioni psicoterapiche, hanno il trattamento giuridico normativo di equiparazione anche ai fini dell’inquadramento nei ruoli nominativi regionali”) ha natura interpretativa e transitoria, nel senso che l’equiparazione agli psichiatri degli psicologi psichiatrici dipendenti dalle Usl, ai fini dello svolgimento delle funzioni psicoterapiche presso ospedali psichiatrici o servizi e centri di igiene mentale, spetta soltanto a coloro che alla data di entrata in vigore del d.P.R. 20 dicembre 1979 n. 761 avevano già acquisito il diritto a tale equiparazione sulla base della previgente legislazione (Cons. Stato, Sez. V, 9 ottobre 1997, n. 1121; Cons. Giust. Amm. Sic., sez. Giurisdiz., 26 febbraio 1998, n. 105; 16 dicembre 1993, n. 1322 e 7 maggio 1994, n. 431, 23 novembre 1995 n. 1623)…

Pertanto, secondo questo indirizzo, dal quale il Collegio non ritiene di discostarsi, lo psicologo, dipendente dall’Unità sanitaria locale, può essere equiparato al medico psichiatra soltanto se abbia svolto funzioni psicoterapiche nelle strutture previste dalle menzionate leggi n. 431 del 1968 e n. 215 del 1971 anteriormente all’entrata in vigore del D.P.R. 761/1979

. In questo senso si è precisato che l’art. 14 comma 3 l. 20 maggio 1985 n. 207 si è limitato a prevedere un contenuto ed una estensione già inclusi nello “status” dei dipendenti beneficiari, consolidando tale posizione, anche ai fini del citato inquadramento. La funzione transitoria della norma, rende evidente che la disciplina dello status degli psicologi psichiatrici non deve intendersi “a regime” e non deroga, pertanto al sistema delineato dalla riforma sanitaria, che considera ben distinti i profili professionali dei medici e degli psicologi (Consiglio Stato sez. V, 7 maggio 1994, n. 431).……..

La disposizione, infatti mantiene una sua precisa funzione, in quanto è diretta a chiarire, in modo definitivo, che l’equiparazione precedentemente affermata continua ad operare anche nel nuovo assetto giuridico ed economico del personale ospedaliero e delle strutture sanitarie e di igiene mentale, determinato per effetto della riforma del 1978 e della sua attuazione (con riferimento allo stato giuridico del personale) realizzata mediante il D.P.R. 761/1979. ……..

Inizialmente, la legge 18 marzo 1968, n. 431 -recante provvedimenti per l’assistenza psichiatrica- dopo aver disposto agli artt. 2 e 3 la formazione, in ogni ospedale ed in ogni centro o servizio di igiene mentale, di équipes di sanitari con la partecipazione, tra gli altri, di un medico psichiatra e di uno psicologo, ha demandato (5° comma dell’art. 5) ad un decreto interministeriale la fissazione degli stipendi tipo per ciascuna categoria di personale addetto al settore; il decreto interministeriale 6 dicembre 1968, emanato ai sensi dell’anzidetta norma, ha determinato, all’art. 2, lo stipendio base pensionabile del “personale medico di ruolo” tra cui, nei livelli di primario ed aiuto, figuravano, accanto ai medici-psichiatri, anche gli psicologi…..

La menzionata legge n. 431 del 1968, con il relativo decreto interministeriale di esecuzione limitava, quindi, l’assimilazione tra le due categorie (medici psichiatri e psicologi) al solo trattamento economico, senza coinvolgere lo stato giuridico, mentre la legge n. 515 del 1971 non faceva altro che attribuire, agli uni e agli altri, una indennità non pensionabile, al fine di equipararne il trattamento economico a quello dei medici ospedalieri.

Peraltro, anche per ciò che riguarda il trattamento economico, l’assimilazione disposta dall’art. 3 della citata legge n. 515 del 1971 non aveva carattere definitivo, perchè era destinata a restare in vigore solo “fino all’entrata in funzione della riforma sanitaria relativamente all’ordinamento dell’assistenza psichiatrica”; lo stesso carattere contingente aveva l’art. 25 del D.P.R. 1 giugno 1979 n. 191, che manteneva l’equiparazione al trattamento economico del personale ospedaliero “in via provvisoria e in attesa dell’applicazione della legge istitutiva del servizio sanitario nazionale”.

Con l’entrata in vigore della riforma sanitaria, la posizione dei medici diviene nettamente separata e distinta da quella degli psicologi poichè questi ultimi sono ascritti a tabelle diverse ed ammessi in carriera attraverso prove di esame diversificate e distinti criteri di valutazione dei titoli. D’altra parte, in base al principio di omogeneizzazione delle posizioni giuridiche ed economiche del personale, posto dalla legge quadro sul pubblico impiego (art. 4 della legge 29 marzo 1983, n. 93) – ed al quale certamente si ispira il D.P.R. 25 giugno 1983 n. 348, con cui viene approvato il primo accordo di lavoro del personale delle unità sanitarie locali, ai sensi dell’art. 47, 8° comma, della legge n. 833 del 1978 e dell’art. 30 del D.P.R. 20 dicembre 1979 n. 761- la figura professionale dello psicologo è disciplinata in maniera univoca dagli artt. 16, 17 e 18 del D.P.R. 7 settembre 1984, n. 821, che determina le attribuzioni del personale “non medico” delle unità sanitarie locali2.

Come evidenziato, il beneficio ha contenuto essenzialmente economico; le norme richiamate prevedono la corresponsione di una indennità che ragguaglia il trattamento stipendiale dello psicologo psichiatrico a quello del medico; attualmente l’Amministrazione sanitaria attua il precetto corrispondendo in favore di questo personale, in aggiunta al trattamento contrattuale previsto per lo psicologo ASL, quelle indennità che i contratti collettivi di settore di volta in volta, prevedono in via esclusiva per il personale medico di corrispondente posizione funzionale.

Diritto dal contenuto patrimoniale (nel caso in commento garantito da giudicato) che consegue ad uno status giuridico che è stato assicurato e protetto nel tempo da successive norme di legge statale.

Tutela, come spiga la giurisprudenza, introdotta dall’art. 68  della L. n. 23 dicembre 1978, n. 8333 e confermata dall’art.14 della L.n.207/85. Norma, quest’ultima, specifica, che rafforza le previsioni legislativa di garanzia nel passaggio di questo personale al Servizio Sanitario Nazionale, previste dagli artt. 64 e 68 della L. 833/78 (Istituzione del servizio sanitario nazionale. Riforma sanitaria) e trasferisce quel diritto alla equiparazione del trattamento economico al rapporto di servizio presso l’amministrazione sanitaria di transito del servizio (SSN).

Il beneficio della c.d. “equiparazione” segue così (come conferma la Corte d’Appello di Bari) il dipendente in tutti suoi sviluppi di carriera e nei passaggi previsti ex lege tra vari enti di appartenenza.

Tutela che, come spiega la sentenza in commento, trova odierna conferma nelle disposizioni del codice civile 4.

In applicazione delle disposizioni del codice civile il Giudice del lavoro converge sull’orientamento del Giudice amministrativo, conferendo nuova attualità a quella consolidata esegesi di seguito richiamata nei suoi tratti essenziali.

Anche davanti al Giudice del Lavoro si confermano, così, principi consolidati in favore di una categoria che ha segnato la storia giuridica del contenzioso in materia; ancora attuale, benché personale prossimo al pensionamento.

Avv. Carmine Cagnazzo

Avv. A. Fedele Bellacosa Marotti

studiolegalemarotti@pec.giuffre.it

 

1 Cons .Stato n. 2252/06; in termini 1764/00; 1066/03; 2252/06.

2 Cons. Stato, sent. 1764/00.

3 L’art. 68  della L. n. 23 dicembre 1978, n. 833 (in rubrica: Norme per il trasferimento del personale di enti locali) infatti, prevede che ”1. Con legge regionale entro il 30 giugno 1979 è disciplinata l’iscrizione nei ruoli nominativi regionali di cui al quarto comma, numero 1), dell’art. 47 del personale dipendente dagli enti di cui alle lettere a) e b) del primo comma dell’articolo 66 nonché dai comuni che risulti addetto ai servizi sanitari trasferiti, in modo continuativo da data non successiva al 30 giugno 1977, salvo le assunzioni conseguenti a concorsi pubblici espletati fino alla entrata in vigore della presente legge. ……

4. Il personale di cui ai precedenti commi è assegnato alle unità sanitarie locali, nella posizione giuridica e funzionale corrispondente a quella ricoperta nell’ente di provenienza, secondo le tabelle di equiparazione previste dall’articolo 47, terzo comma, numero 3”.

4 L’art. 31 del d.lgs. 265/01 (“passaggio di dipendenti per effetto di trasferimento di attività”) che “ fatte salve le disposizioni speciali, nel caso di trasferimento o conferimento di attività, svolte da pubbliche amministrazioni, enti pubblici o loro aziende o strutture, ad altri soggetti, pubblici o privati, al personale che passa alle dipendenze di tali soggetti si applicano l’articolo 2112 del codice civile e si osservano le procedure di informazione e di consultazione di cui all’articolo 47, commi da 1 a 4, della legge 29 dicembre 1990, n. 428”.

L’art. 2112 c.c. (in rubrica: “mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d’azienda”) sancisce che: “in caso di trasferimento d’azienda, il rapporto di lavoro continua con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano.

Il cedente ed il cessionario sono obbligati, in solido, per tutti i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento. …………..

Ai fini e per gli effetti di cui al presente articolo si intende per trasferimento d’azienda qualsiasi operazione che, in seguito a cessione contrattuale o fusione, comporti il mutamento nella titolarità di un’attività economica organizzata, con o senza scopo di lucro, preesistente al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità a prescindere dalla tipologia negoziale o dal provvedimento sulla base del quale il trasferimento è attuato ivi compresi l’usufrutto o l’affitto di azienda.

Le disposizioni del presente articolo si applicano altresì al trasferimento di parte dell’azienda, intesa come articolazione funzionalmente autonoma di un’attività economica organizzata, identificata come tale dal cedente e dal cessionario al momento del suo trasferimento. ……….”

 

Pubblicato su AmbienteDiritto.it il 3 Novembre 2015
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TESTO INTEGRALE: SENTENZA N.1758/2015 CORTE DI APPELLO DI BARI (sez. Lavoro)

 Sentenza n. 1758/2015 pubbl. il 08/09/2015
RG n. 1985/2012
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del popolo italiano
LA CORTE DI APPELLO DI BARI
SEZIONE LAVORO
Dott. Liberato Paolitto – Presidente
Dott.ssa Manuela Saracino – Consigliere
Dott ssa Angela Arbore – Consigliere rel.
all’udienza collegiale del 28 maggio 2015, sulle conclusioni delle parti, precisate in narrativa, ascoltata la discussione, ha emesso la seguente
SENTENZA
nella controversia di lavoro iscritta sul ruolo generale degli affari contenziosi al n. 1985/12
TRA
Marinelli Maria Rosaria, rappresentata e difesa dall’avv. to Bellacosa Marotti e Augusto
APPELLANTE
E
ASL BT rappresentato e difeso dall’avv.to Pozzi
APPELLATO
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
Con sentenza dell’ 11 maggio 2012, il Tribunale del lavoro di Trani rigettava la domanda della dott.ssa Marinelli nei confronti della ASL BT.
Con ricorso del 3 luglio 2012 la Marinelli interponeva appello; si costituiva la ASL.
Va riportata la vicenda oggetto della fattispecie in esame
L’odierna appellante, con il ricorso proposto dinnanzi al Tribunale di Trani esponeva di essere dipendente di ruolo del Servizio Sanitario Nazionale, transitata – ai sensi della L. 833/78 – dall’ex Servizio di Igiene Mentale (S I M ) della Provincia di Bari, di essere psicologa con funzioni psico-terapeutiche, come accertato dalle sentenze TAR Puglia Bari, sez II, n 638/2003 e n 2885/2003, passate in giudicato.
Richiamava, quindi, la L. n. 207/1985 recante”disciplina transitoria per l’inquadramento diretto nei ruoli nominativi regionali del personale non di ruolo delle Unità Sanitarie Locali”, che all’art. 14 recita “le disposizioni di cui alla presente legge si applicano, ove ne ricorrano tutte le condizioni, anche al personale dei servizi sanitari tuttora gestiti da enti locali territoriali, purché il
trasferimento dei servizi stessi alle unità sanitarie locali avvenga entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge e sempre che l’onere per detti servizi sia già a carico del Fondo sanitario nazionale alla data del 31 dicembre 1983.
Gli psicologi psichiatrici, equiparati agli psichiatri a norma delle leggi 18 marzo 1968, n. 431, e 21 giugno 1971, n. 515, in quanto svolgenti funzioni psicoterapiche, hanno il trattamento giuridico-normativo di equiparazione anche ai fini dell’inquadramento nei ruoli nominativi regionali”.
Pertanto, in applicazione dell’art. 14 citato, lo psicologo psichiatrico ha diritto all’attribuzione in suo favore di una indennità che equipara il trattamento economico in godimento a quello corrisposto in favore del medico psichiatra.
Quindi, la ricorrente argomentava il perdurare dello svolgimento di funzioni psicoterapeutiche (come da certificato allegato in atti) e rivendicava la corresponsione di una indennità che ne ragguagli il trattamento economico a quello dei medici psichiatrici in servizio presso le UU SS LL, come del resto accertato dalle su richiamate pronunzie del G A
Infatti, esponeva che per le somme maturate nel periodo dal 01.10.94 al 31.12.94, la stessa era stata ammessa allo stato passivo della soppressa USL BA 4, Gestione Liquidatoria che ha liquidato, sia pure parzialmente, dette competenze retributive, per il periodo di riferimento; che il beneficio, riconosciuto dal TAR con efficacia retroattiva nei confronti della cessata USL BA 4, trovava applicazione anche rispetto alla ex A/USL BA2, che è succeduta alla ex USL BA 4 nella gestione del relativo personale;
– che con L.R. 14.06.94 n. 18, sono state istituite, a norma dell’art. 3 del D.Igs. 30.12.92, n. 502, e successive integrazioni e modificazioni, n 12 Unità Sanitarie Locali quali Aziende dotate di personalità giuridica pubblica, di autonomia organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile, gestionale e tecnica, con conseguente soppressione, a far data dalla immissione nelle funzioni dei Direttori Generali, delle Unità Sanitarie Locali esistenti alla data di entrata in vigore della Legge Regionale stessa (17.06.94); da tale data, la dott.ssa Marinelli ha cessato di essere dipendente della ex USL BA 4, passando alle dipendenze della AUSL BA 2; che a seguito dell’art. 5 della L.R. n. 39/06, dal 1.01.2007, sono state istituite 3 nuove ASL provinciali, nelle quali sono confluite per fusione le pre-esistenti Aziende USL, con la conseguenza che, la “ASL BA”, con sede in Bari, ha assorbito le A USL BA/2, BA/3, BA/4 e BA/5; che essendo “pacifica la successione delle Aziende nei rapporti di lavoro. delle cessate USL, e l’obbligo delle medesime di ottemperare al giudicato formatosi nei confronti delle suddette Unità sanitarie (in argomento per tutte, Sez. V, n. 5608 del 18 ottobre 2000) (Cons. Stato, sez. V, 14 giugno 2004, n 3811), “le gestioni stralcio hanno competenza solo per i rapporti obbligatori già di pertinenza delle soppresse USL; per rapporti di natura diversa, quali quelli relativi al personale dipendente, la competenza e delle aziende sanitarie subentrate in tutti i rapporti alle unità sanitarie locali” (T.A.R. Lazio Latina, sez. I, 04 dicembre 2007, n. 1484); che- dal 01.01.2006, su disposizione generale dell’AUSL BAT 1, la dott.ssa Marinelli è stata ricompresa nel ramo d’azienda ceduto dalla originaria Azienda USL BA/2 all’Azienda BAT/1, attuale BAT (L. R. n. 39/06), rivendicava pertanto le differenze retributive corrispondenti al suo status di psicologo-psichiatrico a far tempo dal 01.01.2006, e per tutta la durata del rapporto di servizio.
Il Tribunale di Trani rigettava , accogliendo l’eccezione di difetto di legittimazione passiva della ASL appellata.
L’appellante deduce, fondatamente, l’erroneità di siffatta statuizione.
In primo luogo, incontestato è che la fattispecie in esame attiene alla richiesta di pagamento di differenze stipendiali, rispetto alle quali la ricorrente vanta un vero e proprio diritto soggettivo,
accertato da due sentenze (rese nell’ambito dell’unico rapporto di lavoro) passate in giudicato.
Va riportato , a fini, chiarificatori, l’iter lavorativo dell’ appellante.
1-La stessa veniva assunta dalla Provincia di Bari quale psicologa di prima generazione (prima della entrata in vigore del DM 9.11.1982, attuativo del DPR n.761/79);è stata poi trasferita dal SIM Provinciale alla ex USL BA 4, in applicazione della L n 833/78, la prima sentenza del Giudice amministrativo ha accertato il titolo di “equiparazione” (come da specificazione in ricorso) che la deducente ha confermato anche presso l’Amministrazione ex USL BA 4 e, dunque, in via definitiva alle dipendenze del Servizio Sanitario Nazionale;
2. in data 17.06.90, transitata alle dipendenze della ex USL BA 2 ove ha lavorato fino al 31.12.2005;
3.da quella data, al servizio della ASL BA 1, con termine all’1.01.2006;
4. infine, dal quel giorno alla ASL BAT 1; dal 01.01.2007, ASL BAT.
Tutti trasferimenti avvenuti ex lege.
Pertanto, appare logico, secondo la ricostruzione sopra operata, che il legittimato passivo sia necessariamente il soggetto che riceve la prestazione lavorativa e corrisponde lo stipendio, ovvero il datore di lavoro.
Nella specie, poi, come correttamente argomentato dall’ appellante non è in contestazione nè l’esistenza del rapporto dì servizio nei periodi indicati, nè la decorrenza del beneficio, con riferimento alla data di trasferimento presso l’attuale amministrazione di appartenenza.
Dal 1 gennaio 2006, infatti, il nuovo datore di lavoro della dott.sa Marinelli è la ASL BAT, alla stregua proprio delle fonti normative richiamate dalla stessa ASL.
Il “Regolamento regionale Puglia 28/11/2005 n. 27” infatti così dispone “il Presidente della Regione, con proprio Decreto, da pubblicarsi sul BURP, costituisce, fissandone la data di origine al 1 Gennaio 2006, la nuova persona giuridica denominata “Azienda USL della Provincia di Barletta, Andria e Trani”, in breve “Azienda USL BAT/1″ determinandone la sede legale”
“3.2.3 Dotazioni Organiche
1. In fase di prima attuazione, fino a successiva disposizione della Giunta Regionale, la dotazione organica delle USL interessate dalle operazioni di rimodulazione di cui alla LR 11/05 è modificata in ragione delle variazioni intervenute nell’organizzazione della Azienda cedente e della subentrante per effetto del trasferimento dei rami di azienda
Tanto premesso, richiamando l’art 2558 Cod Civ (successione nei contratti), nel caso di trasferimento di ramo di attività:
a) l’Azienda USL beneficiaria subentra nei contratti connessi a detto ramo di attività in precedenza stipulati dalla USL cedente, salvo che tra dette parti non sia pattuito diversamente”
A corollario “11] Trasferimento dei titoli di proprietà di beni in precedenza iscritti nello stato patrimoniale di altra Azienda USL
1. Il presente regolamento costituisce titolo per la trascrizione in capo alla Azienda USL beneficiaria, a far data dal 1 Gennaio 2006, della proprietà e dei diritti reali sui beni rientranti nelle attività patrimoniali comprese nel ramo d’azienda acquisito a quella data per trasferimento dello stesso da parte della Azienda USL cedente.
Analogo termine iniziale di efficacia giuridica, dal 1 Gennaio 2006, è attribuito al trasferimento di proprietà dei residui beni della USL BA/1 in capo alla USL BA/2″
Quindi, l’appellante dopo aver proposto la sua rivendicazione (ratione temporis) nei confronti dei precedenti datori di lavoro, proponeva, con il ricorso per cui è causa, la stessa azione di accertamento e di condanna diretta a conseguire la pretesa indennità, nei confronti del soggetto cui è stato ceduto da ultimo il suo contratto di lavoro, e limitatamente al periodo di servizio presso questo datore.
Invero, la sentenza gravata ha ritenuto erroneamente che la pretesa dell’appellante riguardi somme arretrate maturate alle dipendenze della precedente ASL (cui effettivamente succede la ASL BA) e che quindi fosse stata erroneamente proposta nei confronti della ASL BT
Tanto premesso, la fondatezza del diritto azionato dalla Marinelli rinviene, in primo luogo, da quanto statuito dalla sentenza n.638/03 del TAR Puglia Bari ha accertato che la deducente ha diritto, “ai sensi dei DD PP RR 191/79, 810/80 e Leggi n 431 del 18.0.1968 e n 515 del 21. 06.1971 ad essere assimilato, in modo completo, al personale medico” e che, pertanto, con decorrenza 20.11.1978 e sino al 31.08.1985 spetta alla medesima deducente “il trattamento economico equiparato con le maggiorazioni di legge”. Sullo stesso solco, con successiva sentenza n 2885 del 03.07.2003, sempre il TAR Puglia Bari ha affermato che la sentenza n 638/03, che ha visto legittimata passiva la Provincia di Bari, ridonda i suoi effetti anche nei confronti della USL BA/4 quale soggetto giuridico nella cui organizzazione e transitata la ricorrente” ed ha, pertanto, dichiarato “l’obbligo della USL BA/4 a provvedere alla equiparazione economica (in uno con le maggiorazioni di legge) con conseguente condanna al pagamento delle somme di denaro spéttanti per il periodo 20.11.1978-31.08.1985”.
Tali decisioni sono peraltro espressione di orientamento consolidato della giurisprudenza amministrativa, tra le quali :” Nella ricordata decisione n. 6663 del 27 ottobre 2003 è stato anche precisato, a conforto delle argomentazioni ivi sviluppate, che è stata dichiarata manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale delle più volte ricordate n. 431 del 1968 e n. 515 del 1971, con riferimento agli articoli 3, 35, 36 e 97 della Costituzione, per la parte in cui non consentono che gli psicologi assunti successivamente alle 1 predette leggi possono conseguire l’equiparazione ai medici psichiatri (Cd.S., sez. V, 2 marzo 2000, n. 1091), ritenendosi pertanto del tutto errate le considerazioni svolte dai primi giudici in ordine alla mancata previsione dell’attribuzione agli psicologi delle indennità riconosciute ai medici, biologi, chimici e fisici, atteso che la norma indicata a parametro della pretesa illegittimità (e cioè l’articolo 14, 30 comma, della legge 20 maggio 1985, n. 207) non aveva in alcun modo stabilito, in via generale e definitiva, l’equiparazione tra psicologi e medici e rilevandosi che non era neppure pertinente il richiamo operato nella impugnata sentenza alla legge n. 56 del 1989, che ha disciplinato la professione di psicologo, non solo perché tale normativa riguarda l’attività libero professionale dello psicologo e non già quella espletata da tale figura professionale, quale dipendente del servizio sanitario nazionale, ma anche – e soprattutto – perché essa è successiva a quella del D.P.R. 20 maggio 1987, n. 270, e pertanto non può essere in alcun modo considerata quale elemento di comparazione della ragionevolezza e dalla razionalità della normativa contestata
Alla stregua delle ricordate considerazioni l’appello di cui si tratta è privo di fondamento, tanto più che la Corte Costituzionale con la sentenza n.271 del 23 luglio 2004 ha dichiarato manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 14, terzo comma, della legge 20 marzo 1985, n 287 (sollevata con riferimento agli articoli 3, 36 e 97 della Costituzione) (Cons Stato n 2252/06, in termini anche 1764/00, 1066/03, 2252/06)
Infondata, infine, appare l’eccezione di prescrizione formulata dall’ appellata posto che la domanda della Marinelli riguarda appunto le somme maturate dal 1.1.06 in poi, rispetto alle quali, atteso il deposito del ricorso in data 11.3.09, e l’ evidente erroneità della deduzione di siffatta eccezione in termini di omissione contributiva,dal percepimento del primo compenso da parte della appellante, nessuna prescrizione può dirsi sussistente
L’appello deve perciò essere accolto, con accoglimento delle richieste dell’appellante conformemente alle conclusioni rassegnate e su riportate.
Le spese del doppio grado seguono la soccombenza.
 
P.Q.M.
 
uditi i procuratori delle parti, definitivamente pronunciando sull’appello proposto da Marinelli Maria Rosaria, con ricorso del 3 luglio 2012, avverso la sentenza del Tribunale del lavoro di Trani in data 11.5.12 nei confronti di ASL BT, così provvede:
accoglie l’ appello, e, per l’ effetto, in riforma della sentenza impugnata, condanna la ASL appellata alla corresponsione, in favore dell’appellante, delle differenze retributive corrispondenti al trattamento di psicologo-psichiatra, dal 1.1.06, oltre accessori di legge;
condanna la appellata alla rifusione delle spese processuali del doppio grado, liquidate, per il primo grado, in € 1800,00 e per il secondo in € 2000,00 oltre IVA, CAP ed accessori di légge.
 
Così deciso in Bari, il 28 maggio 2015
Il Presidente
Dott. Liberato Paolitto
Il consigliere est.
Dr.ssa Angela Arbore
 
Consegnata in cancelleria per la pubblicazione in data 16 luglio 2015

 

Pubblicata 08 settembre 2015

 

 

 


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