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E’ legittima la coincidenza tra l’autorità che approva il piano e l’autorità designata ad esprimere il parere in materia di VAS?
Una recente sentenza della Corte di Giustizia impone di riaprire il dibattito nazionale.

MATTEO CERUTI*

Con la recentissima sentenza 20 ottobre 2011 emessa nel procedimento C 474/10, la Corte di Giustizia, chiamata ad esprimersi sulla domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte d’appello dell’Irlanda del Nord (Regno Unito), afferma principi importanti sull’interpretazione dell’art. 6 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 27 giugno 2001, 2001/42/CE, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente.

La questione interpretativa affrontata e risolta dalla Corte tocca un tema che va un po’ al cuore dell’istituto della VAS: quello del rapporto tra le autorità che elaborano ed approvano i piani o programmi (le “autorità procedenti” secondo l’art. 5, comma 1, lett. q), del d.lgs. 152/2006 e s.m.i.) e le autorità che debbono essere consultate in sede di VAS (le “autorità competenti” secondo l’art. 5, comma 1, lett. p), del d.lgs. 152/2006 e s.m.i.).

Il problema ha impegnato e diviso la giurisprudenza e la dottrina italiana, e di tale discussione si è già dato conto su questo Osservatorio1.

I Giudici europei sembrano ora interpretare l’art. 6, paragrafo 3, della direttiva 2001/42 (a mente del quale “Gli Stati membri designano le autorità che devono essere consultate e che, per le loro specifiche competenze ambientali, possono essere interessate agli effetti sull’ambiente dovuti all’applicazione dei piani e dei programmi”) in controtendenza rispetto agli approdi cui era sinora pervenuto il dibattito nazionale2.

La decisione trae origine dalle seguenti vicende. Il Ministero dell’ambiente dell’Irlanda del Nord aveva provveduto all’elaborazione di piani di sviluppo regionali tramite una propria agenzia (Planning service) ed aveva quindi consultato – ai fini della valutazione ambientale delle proposte di tali piani – un’altra sua agenzia (Environment and Heritage Service). In alcune controversie davanti ai Giudici nazionali si era dunque posto il problema se la direttiva 2001/42 debba essere interpretata nel senso che, allorché l’autorità che elabora un piano – rientrante nel campo di applicazione della direttiva medesima – sia essa stessa l’autorità con competenza generale in materia di ambiente nello Stato membro, incomba o meno a quest’ultimo l’obbligo di designare un organo consultivo diverso da tale autorità. Giunte le controversie dinanzi alla Corte d’appello dell’Irlanda del Nord, quest’ultima decideva di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte UE questione pregiudiziale.

Al predetto quesito i Giudici europei rispondono affermando che, in circostanze come quelle della causa principale, l’art. 6, n. 3, della direttiva 2001/42 non impone che sia creata o designata un’altra autorità consultiva .

Tuttavia, aggiunge la Corte, poiché la ratio della consultazione delle autorità con specifiche competenze in materia ambientale prevista dall’art. 6, n. 3, della direttiva va individuata nella “completezza ed affidabilità” delle informazioni (alla luce del 15° considerando)3, le disposizioni della direttiva 2001/42 sarebbero private di ogni “effetto utile” se – nell’ipotesi in cui l’autorità che elabora o adotta un piano o un programma sia essa stessa l’autorità designata per la consultazione – non esistesse nella struttura amministrativa dello Stato membro di cui trattasi nessun altro organo legittimato ad esercitare tale funzione consultiva.

E’ per questo che – conclude la Corte – in tali circostanze in seno alla medesima autorità (incaricata di elaborare il piano e designata per la consultazione in materia ambientale) deve essere necessariamente prevista una separazione funzionale, tale per cui un’entità amministrativa, interna a tale autorità, disponga di un’autonomia reale, la quale implica che essa abbia a disposizione mezzi amministrativi e risorse umane propri, e sia in tal modo in grado di fornire in modo oggettivo il proprio parere sul piano o programma previsto dall’autorità dalla quale essa promana. Tutti requisiti che debbono essere necessariamente verificati dal Giudice nazionale.

Vale peraltro la pena di sottolineare l’incipit da cui muove la Corte nel risolvere la suddetta questione pregiudiziale nei termini sopra ricordati: “in circostanze come quelle della causa principale”.

Per cui ci si pongono le seguenti domande: quid juris laddove non si ricada nell’ipotesi in cui ad elaborare ed approvare il piano sottoposto a VAS sia un’autorità specificamente preposta alla tutela ambientale? Anche in queste differenti ipotesi si può pervenire alla conclusione che l’art. 6, n. 3, della direttiva 2001/42 non impone che sia designata una differente autorità consultiva?

Non è agevole fornire una risposta a questi interrogativi. Quel che può dirsi sin d’ora è che la sentenza impone di riaprire il dibattito nazionale.

*Avvocato in Rovigo

1  Cfr. l’articolo di E. TANZARELLA, La VAS italiana: storia in itinere di un istituto maltrattato (con auspicio di lieto fine).
2  V. in particolare la conclusione cui era recentemente pervenuto il Consiglio di Stato (nella sentenza della Sez. V n. 133 del 12 gennaio 2011) secondo cui, alla luce delle previsioni del Codice dell’ambiente, “quasi fisiologica è l’evenienza che l’autorità competente alla VAS sia identificata in un organo o ufficio interno alla stessa autorità procedente” e che la questione sarebbe indifferente per la disciplina comunitaria.
3  Secondo il quale “Allo scopo di contribuire ad una maggiore trasparenza dell’iter decisionale nonché allo scopo di garantire la completezza e l’affidabilità delle informazioni su cui poggia la valutazione, occorre stabilire che le autorità responsabili per l’ambiente ed il pubblico siano consultate durante la valutazione dei piani e dei programmi e che vengano fissate scadenze adeguate per consentire un lasso di tempo sufficiente per le consultazioni, compresa la formulazione di pareri”.